Confesso senza problemi che dei primi dieci minuti di questa conferenza di Umberto Galimberti, che ho ascoltato oggi pomeriggio mentre passeggiavo, non ho capito niente, a causa della mia mancanza di un adeguato background culturale. L'argomento trattato è complesso e riguarda i modi con cui il nostro corpo si relaziona alla propria soggettività e al mondo in cui vive. L'unico concetto che mi pare (ribadisco: mi pare) di avere capito è che esiste un accoppiamento corpo-io che a volte si realizza e altre volte no. Quando siamo stanchi, ad esempio, non diciamo "ho un corpo stanco" ma "sono stanco", segno di una perfetta corrispondenza tra corpo e soggettività. Oltre a questo, il buio.
A partire dal min. 13, invece, Galimberti affronta l'interessantissimo tema della nascita della psichiatria, menzionando i contributi e le intuizioni di grandi pionieri come Eugenio Borgna e Franco Basaglia. Il discorso si sposta poi su due delle maggiori patologie che oggi affliggono la nostra società: la schizofrenia e la depressione. Riguardo alla schizofrenia mi ha colpito molto il fatto che si tratta di una patologia episodica, cosa che io non sapevo. Non è come avere ad esempio un'ulcera o un'anemia, patologie di cui si soffre in maniera "continuativa". Lo schizofrenico ha le sue crisi, anche violente, per un breve periodo di tempo e poi, per un altro periodo di tempo, torna a essere una persona normale, con cui si può tranquillamente parlare e con cui relazionarsi. Uno schizofrenico non è schizofrenico sempre. Ha le sue crisi, i suoi parossismi, poi tutto torna a posto fino alla crisi successiva.
Riguardo alla depressione, invece, mi ha colpito molto il fatto che oggi, rispetto al passato, ha cambiato forma. Fino ad alcuni decenni fa, quando ancora si viveva nella società delle regole in cui c'era permesso/proibito, giusto/sbagliato ecc., la depressione era organizzata sul senso di colpa. Oggi, che le regole non esistono più, la depressione è organizzata sul senso di inadeguatezza. Ce la faccio o non ce la faccio a tenere i ritmi imposti dalla società, dal mondo del lavoro, dall'apparato di appartenenza? Una volta, dice il filosofo, chi lavorava con me era un mio compagno, oggi è un mio competitore, perché chi va meglio manda a casa l'altro. Ce la faccio o non ce la faccio a sopportare questo livello ansiogeno generato dalla sfrenata competitività della società in cui vivo? Se non ce la faccio, ecco la depressione. Ed ecco il motivo per cui nel nostro paese il 55% delle persone fa uso di psicofarmaci. Perché non ce la facciamo a tenere i ritmi che ci impongono la società e l'apparato a cui apparteniamo. E, a questo punto, qualche domanda sul modo in cui abbiamo organizzato la società in cui viviamo sarà il caso che cominciamo a farcela.
Un post davvero molto interessante. Per quanto riguarda la malattia riguardante la schizofrenia sapevo di queste crisi che avevano un andamento altalenante, la depressione, purtroppo, oggigiorno colpisce davvero molti, di qualsiasi età, sia per i motivi che tu hai ben descritto che per molti altri, alcuni dei quali strettamente soggettivi. Grazie Andrea.
RispondiEliminasinforosa
Di nulla. Mi sono limitato a riportare quanto ho ascoltato nella conferenza.
EliminaGrazie a te.
Ciao Sinforosa.
Giustissimo.
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