Leggo nel libro Le cose dell'amore, di Umberto Galimberti, che la parola desiderio deriva da de-sidera, dove "sidera" è riferito alle stelle.
Ai tempi dei romani i "desiderantes" (da cui "desiderio"), termine citato per la prima volta da Giulio Cesare nel De bello Gallico, erano le sentinelle che di notte si mettevano ai margini dell'accampamento ad aspettare i soldati che ancora non erano rientrati dalla battaglia. Trascorrevano quindi la notte sotto le stelle ("sidera") ad aspettare chi mancava. Da qui il connubio desiderio-mancanza. Perché io desidero ciò che non ho, ciò che mi manca. Una volta che ce l'ho non lo desidero più e mi limito a godere del suo possesso.
Bell'aneddoto. Ora si esprime un desiderio quando si osserva una "stella" cadente.
RispondiEliminaEsatto. Molto usato anche qua dalle mie parti.
EliminaIl sapere permette la piena comprensione e dà valore alle parole che pronunciamo anche distrattamente. Scrivi che la soddisfazione di un desiderio permette di godere del possesso... spesso non è così ma qui si entra in tutt'altro discorso.
RispondiEliminaBelle letture le tue.
Ciao Andrea.
Grazie Sari. Buona domenica :-)
RispondiEliminaMi inchino di fronte alla siderale cultura di Galimberti però, dal profondo della mia abissale ignoranza, noto che non spiega quel "de", chi in latino indica mancanza, come in demente, o diminuzione, come in degradare... Non dice altro il tuo libro?
RispondiEliminaNo, purtroppo non aggiunge altro. La cosa ha incuriosito anche me, a dire la verità.
Eliminamolto interessante... grazie. Elisa
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