sabato 25 ottobre 2014

Cambio dell'ora


Stanotte, quindi, ci sarà il famoso/famigerato cambio d'orario, quello che, ogni volta, almeno da tre settimane prima viene annunciato da giornali, siti e sapientoni vari come se fosse una specie di apocalisse, mentre invece tutto si risolve prendendo una sedia, salendo sul tavolo e spostando le lancette dell'orologio appeso al muro della cucina. "Eh, ma c'è tutta la questione dell'orologio biologico che si sfasa", ti senti ripetere dai sapientoni. Ma non diciamo cazzate, su, l'unico orologio che si sfasa, almeno qui a casa mia, è sempre quello di prima, della cucina, che ogni due o tre anni scarica la sua pila e si ferma. Poi, oh, può benissimo essere che a molti, effettivamente, questo passaggio dia fastidio, ma non è certo il mio caso. Per come la vedo io, stanotte si dorme un'ora in più e finita lì.
Pensandoci bene, però, c'è stato un periodo in cui questo passaggio creava qualche problema anche a me: quello dei vent'anni in cui ho fatto il turno di notte nell'azienda che distribuisce i giornali alle edicole, quella in cui lavoro tutt'ora, anche se da qualche anno sono passato a miglior vita (nel senso che adesso faccio il turno di giorno, ovviamente). Ma perché il suddetto passaggio ora legale/solare e viceversa, in quel frangente causava problemi? La faccenda richiede una premessa. Come molti di voi sicuramente sanno, i quotidiani in edicola escono tutti i giorni, domenica compresa. All'epoca in cui io lavoravo quando il resto del mondo dormiva, iniziavo il turno alle 4, per cui, quando cadeva la fatidica notte in cui c'era il cambio dell'ora, già da un paio di giorni prima cominciava a serpeggiare tra di noi la domanda da cento milioni di dollari: "a che ora veniamo sabato notte?" La risposta del direttore era invariabilmente sempre quella: "alle quattro, come sempre, che domande..."
"Sì, lo sappiamo, ma alle quattro dell'orario nuovo o di quello vecchio?"
"Di quello nuovo, no? Regolate la sveglia come se l'orario cambiasse alle 8 di sera e siete a posto."
Noi stavamo un po' a pensarci, poi ribattevamo: "è vero, ma i giornali vanno comunque in stampa a mezzanotte dell'orario vecchio, e l'orario cambia mentre sono in viaggio in autostrada, perciò anche se siamo già nell'orario nuovo loro arrivano qui al deposito conseguentemente all'ora in cui sono partiti, quindi perché dovremmo venire a lavorare con l'orario nuovo?"
A questo punto, anche per cercare di arrivare a una conclusione, la risposta era invariabilmente quella: "sentite, fate quel cazzo che vi pare. Va bene così?" Andava benissimo, ovviamente, tanto è vero che nei famosi vent'anni in cui ho fatto il turno di notte, al cambio dell'ora ognuno è sempre arrivato quando cavolo gli è parso: chi alle 3, chi alle 4, chi alle 5. Quello che è importante, comunque, è che i giornali, la domenica mattina, in edicola ci sono sempre arrivati.
Ah, a proposito: visto che mi è venuto in mente, l'orologio della cucina vado a metterlo a posto adesso, va'.

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