Questa notte ho lavorato. Mi fa sempre un certo effetto lavorare la notte del sabato contro la domenica, o comunque (come questa, appunto) ogni volta che mi capita il turno del prefestivo contro il festivo.
Traffico pressochè inesistente (tranne qualche "animale notturno" che torna a casa), strade deserte, pensieri che si affollano fino a formare quell'ingorgo che in situazioni come questa manca sulla strada.
Due istantanee catturate col telefonino:
Questo qui sopra è l'approssimarsi dell'incrocio tra la circonvallazione di Rimini e via Covignano, direzione Rimini-Riccione; una di quelle intersezioni che nei giorni normali ora che arrivi al semaforo fai tempo a leggerti un libro intero di Stephen King. Stamattina alle 6,30 era così.
Questo qui sopra invece è un tratto della superstrada Rimini-San Marino, 7/8 km prima del confine di stato. Anche questa una strada che di solito te la raccomando.
E allora, dicevo, in queste situazioni, quando le condizioni circostanti ti permettono quel minimo di rilassamento altrimenti impossibile (non c'è nessuno in strada da mandare a quel paese), comincia il turbinio di pensieri. Pensieri non legati da nessun tipo di filo conduttore: così, come vengono.
Magari alla radio passano un canzone che ti ricorda qualcosa, che ti evoca vecchi ricordi, e allora ci pensi su. Oppure guardi in giro, non vedi nessuno, le finestre delle case sono chiuse e ti viene in mente che potresti anche essere l'ultimo uomo sulla faccia della terra. Poi invece senti un clacson, torni in te, e ti accorgi che è verde, e che quello dietro ti ha mandato a cagare. E la prossima edicola si avvicina: magari l'edicolante è già lì che aspetta spazientito, e quando arrivi ti chiede dove sei stato.
E allora si corre. Ma verso dove? Corri di qua, corri di là, c'è da fare questo, c'è da fare quello, c'è sempre qualcuno che ha bisogno di qualcosa, che ti mette fretta. Ma perché poi? A che pro? Ci sbattiamo una vita: affanni, stress, per cosa? Per chi? Cosa rimane dopo? Cosa ci portiamo di là?
Forse lo facciamo per i figli. Per loro si fa tutto (troppo dice qualcuno), e magari ci dimentichiamo che probabilmente fra una decina d'anni ci manderanno a cagare, o, se va bene, si dimenticheranno di noi. Però ci pensi: i figli sono tutto: sono dolci, carini, affettuosi, invadenti, rompicoglioni, testardi, ci sono giorni che piangi per loro e giorni che li attaccheresti su a un muro. Dei giorni che benedici il giorno in cui son nati e altri che lo maledici.
Fra un pò torno a casa, ho finito. Io andrò a dormire e loro si alzeranno: "Ciao babbo, com'è andato il lavoro?" "Mah, si stava meglio a casa. Come siete messe coi compiti per domani? La mamma dorme?". Tutto pare banale routine, poi ti scappano fuori con cose come questa e rimani piacevolmente spiazzato.
E vabbé.
Poi magari scrivi un post come questo, un pò strano, un pò fuori dal normale (qualcosa tipo quei sassolini che ti trovi a volte nelle scarpe e che magari ti danno un pò fastidio) e, perché no, anche un pò... paranoico (mentre scrivo ho in sottofondo The Wall, chi lo conosce sa cosa voglio dire).
Buon 25 aprile (o quello che ormai ne resta).
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