sabato 21 gennaio 2023

Grandi Dei

 

Ho letto questo libro dopo averne sentito citare alcuni concetti da Telmo Pievani in una sua conferenza. Ara Norenzayan è professore di psicologia alla University of British Columbia e ha pubblicato questo interessantissimo saggio con lo scopo di spiegare in che modo le grandi religioni monoteiste e politeiste, le religioni appunto dei Grandi Dei, si sono diffuse conquistando la maggior parte delle menti nel mondo. È quindi un libro che spiega questi meccanismi, ma soprattutto, ed è l'aspetto ancora più interessante, è un libro che spiega come funziona il nostro cervello e la nostra mente. Il libro è molto corposo, articolato ed esaustivo e non posso certo riassumerlo in un post, mi limiterò quindi ad accennare brevissimamente alcuni degli aspetti che ho trovato più interessanti.

Uno di questi, a cui generalmente non si presta molta attenzione, è che per il 99,9% della storia umana le manifestazioni religiose hanno sempre avuto caratteristiche sciamaniche e politeiste. Il monoteismo come lo conosciamo oggi, tipico delle grandi religioni di massa (cristianesimo, islam, ebraismo, ecc.), è recentissimo e data più o meno a partire dall'avvento del cristianesimo. Ma anche la valenza morale delle religioni è altrettanto recente. Oggi facciamo molta fatica a immaginare che religione e moralità possano essere due cose distinte, ma per gran parte della storia umana è stato così, in particolar modo finché le comunità erano composte da piccoli gruppi. La moralità è sempre esistita nell'uomo, e il nucleo degli istinti morali si è evoluto molto prima che la religione si diffondesse nei gruppi umani.

La nascita progressiva di grandi dei onnipotenti, onniscienti, spesso immaginati con tratti fisici e psicologici compatibili con quelli umani, dei addirittura "controllori" delle attività umane, è stata graduale e concomitante alla trasformazione, cominciata nell'Olocene con l'invenzione dell'agricoltura, delle società da piccoli gruppi in grandi gruppi strutturati in maniera complessa. L'ascesa delle religioni è stata inarrestabile nel tempo e oggi, nonostante negli ultimi duecento anni molti abbiano predetto la loro scomparsa, la maggior parte delle persone in quasi tutte le società umane è ancora profondamente religiosa. Scrive l'autore: "Nel complesso, quasi due miliardi di persone, oggi, si definiscono cristiane. Anche la religione islamica, con 1,3 miliardi di fedeli, è in espansione; le tendenze fondamentaliste, inoltre, stanno crescendo in tutte e tre le fedi abramitiche. Il fondamentalismo cristiano, in particolare, si sta diffondendo al pari di un incendio incontrollato in luoghi come la Cina e l'Asia sudorientale e, soprattutto, nell'Africa subsahariana. Curiosamente, tra i paesi più religiosi ci sono gli Stati Uniti, che rappresentano la società più potente in termini economici e la più avanzata dal punto di vista scientifico. Oltre il 90% degli statunitensi crede in Dio, il 93% crede nel paradiso, l'85% crede nell'inferno; più o meno uno statunitense su due crede nell'interpretazione letterale della Genesi."

Confesso che il fatto che metà degli americani creda nel mondo creato da Dio in sette giorni, in Adamo ed Eva, l'albero, il serpente, la mela e tutto il resto, mi ha lasciato sconcertato, ma gli americani, si sa, sono sempre in grado di stupire. 

Ma quali sono i motivi del successo delle religioni? Su questa domanda è imperniata l'intera stesura del libro. Nonostante questo interrogativo rappresenti ancora per gran parte un rompicapo, gli studiosi sono in maniera concorde orientati verso due risposte: il nostro cervello e la cooperazione, ma soprattutto il primo. Perché c'entra il nostro cervello? Perché nella nostra specie, già nei bambini molto piccoli, sono presenti facoltà cognitive che sembrano avvicinare le menti umane alla credenza religiosa. Una di queste è chiamata teoria della mente o mentalizzazione, cioè la capacità di vedere persone o cose come agenti intenzionali provvisti di menti. A questa si aggiunge la teleologia, ossia la sensazione che eventi naturali o cose materiali esistano per uno scopo. Scrive Norenzayan: "Le intuizioni teleologiche compaiono in età molto precoce nel pensiero dei bambini e sembrano non essere inculcate dall'esterno. Già all'età di cinque anni, ad esempio, i bambini intuiscono che i leoni esistono perché noi possiamo andare a vederli allo zoo, le nubi servono per far piovere e le montagne per arrampicarsi. Anche gli adulti hanno simili convinzioni, qualche volta apertamente, altre volte in maniera più nascosta."

In pratica, quindi, già alla nascita il nostro cervello è "programmato" per pensare in termini deterministici di causa-effetto, che sono gli stessi termini su cui si impernia il pensiero religioso, che sostanzialmente vede il dio di turno come colui che ha creato tutto e quindi tutto esiste a causa sua. Ne consegue che, in linea generale, per la nostra specie il pensiero religioso è facile, immediato e intuitivo, mentre viceversa il pensiero razionale, scientifico e analitico è controintuitivo. Questo probabilmente spiega, ipotizza l'autore, perché il pensiero religioso è così diffuso mentre la cultura scientifica stenta così tanto ad affermarsi ed è generalmente considerata ostica.

La questione della cooperazione, invece, di cui parla Norenzayan, era già stata descritta magnificamente da Yual Noah Harari in Sapiens, da animali a dèi, e si fonda sull'assunto che gli appartenenti a grandi gruppi religiosi possono cooperare tra loro e fidarsi reciprocamente pur non conoscendosi. Quando i nostri antenati erano cacciatori-raccoglitori i gruppi umani erano formati mediamente da alcune decine di persone che si conoscevano personalmente tra loro e la fiducia e la cooperazione reciproche erano basate su questa conoscenza. Con l'invenzione dell'agricoltura e il conseguente allargamento dei gruppi umani, la religione è stata uno dei tanti sistemi (ce ne sono molti altri) che ha consentito il mantenimento di questa fiducia e cooperazione reciproche. Oggi in piazza san Pietro si ritrovano centomila persone che non si conoscono, ma si fidano (e all'occorrenza cooperano) reciprocamente in virtù dell'appartenenza allo stesso credo religioso. Un musulmano di Casablanca e un musulmano di Parigi possono incontrarsi e fidarsi reciprocamente grazie al solo credo che li accomuna. Questo è l'altro fattore che ha decretato il successo delle religioni (e della nostra specie): l'aggregazione sociale creata dalla religione.

Un altro fattore non meno importante che ha determinato il successo delle religioni è quello che nella tradizione giudaico-cristiana è noto come l'occhio di Dio, ossia l'idea che Dio veda tutto. Sia nel vecchio che nel nuovo testamento ci sono parecchi riferimenti in merito e chi di noi, quando è andato a catechismo, non si è sorbito le ammonizioni del prete a fare attenzione perché "Dio ti vede"? Non è prerogativa del dio cristiano, intendiamoci, tutte le grandi religioni monoteiste hanno un dio (che poi è sempre lo stesso con nomi diversi) che vede tutto, e l'idea di un essere sovrannaturale che ti sorveglia ("Chi è sorvegliato si comporta bene") ed è pronto a sanzionarti se sgarri è probabilmente la più ingegnosa e "terribile" forma di controllo sociale che l'uomo abbia mai inventato, e che ovviamente ha contribuito al successo del pensiero religioso.

Gli argomenti trattati nel libro sono ancora molti ma mi fermo qui. Se con queste brevi descrizioni ho acceso la curiosità di qualcuno, l'invito che faccio è di leggere questo libro. Non tanto e non solo per capire le connessioni tra la religione e la nostra vita di gruppo, ma anche solo per capire in maniera dettagliata come funzionano il cervello e il modo di ragionare di noi umani. E capire e comprendere se stessi è sempre un buon viatico per capire il mondo e starci dentro nel modo giusto.

2 commenti:

  1. Mi hai molto incuriosito e penso che lo prenderò.
    Intanto ho dei dubbi. Un musulmano di Casablanca e un musulmano di Parigi possono incontrarsi e fidarsi reciprocamente grazie al solo credo che li accomuna però poi Sciti e Sunniti si fanno la guerra.

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    1. Hai perfettamente ragione, ma era un concetto generale per sottolineare come persone lontane e sconosciute ma appartenenti a gruppi uguali cooperassero. Poi è chiaro che all'interno dei suddetti gruppi possono esserci sottogruppi in conflitto. Succede anche tra i cristiani, basta guardare ad esempio cattolici e protestanti.

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