La fortuna di Renzi, che è anche la fortuna di chi l'ha preceduto e di chi gli succederà, è che, tendenzialmente, le italiche genti non sono abituate a verificare, approfondire, leggere; si accontentano di slogan, annunci, specie se opportunamente rilanciati dalla grancassa mediatica degli azzerbinati di turno. Prendete la spinosa questione della responsabilità civile dei giudici, ad esempio, che Renzi va vantandosi di aver appena regolato con una magnifica legge partorita dal suo governo. Lui e i suoi galoppini ce la vendono come se tutti noi avessimo da guadagnarci, e del resto basta leggere i suoi tweet entusiastici per rendersene conto: "chi sbaglia paga", "la giustizia sarà meno ingiusta", "i cittadini saranno più tutelati" e via andare. Sono slogan e annunci che fanno breccia subito, specie nelle menti semplici. Prendete quel "chi sbaglia paga", ad esempio: è sacrosanto che sia così, deve essere così, la responsabilità diretta di ciò che si combina è uno dei pilastri su cui si regge ogni civiltà, e i giudici che sbagliano non devono esserne esenti. Infatti non lo sono mai stati, solo che i filtri che permettevano di arrivare a ottenere quel "chi sbaglia paga" erano regolati in modo che non ne risentisse l'autonomia e la serenità di giudizio del magistrato. Adesso quei filtri sono stati tolti, e, come spiega in maniera magistrale Gian Carlo Caselli (http://tinyurl.com/pemoylb), a guadagnarci non saranno tutti i cittadini, ma solo quelli di serie A, ossia chi ha maggiori disponibilità finanziarie e maggiore "peso" nella vita pubblica; saranno questi che avranno più probabilità di sfangare pene e gabbio, per i comuni mortali non cambierà niente. Anzi.
Sostanzialmente, Renzi ha dato la stura a quella che può essere definita una giustizia per censo. Mi si obietterà: non è sempre stato così? Sì, certo, e sarebbe appunto una ragione in più per cercare di legiferare in senso contrario, invece di ufficializzare la cosa.
Del resto, quella della responsabilità civile dei magistrati è stata, se ricordate, una delle grandi battaglie di B., e adesso non c'è certo da stupirsi che a portarla a compimento sia stato il suo delfino e naturale erede, così come non c'è da stupirsi che il Jobsact porti sul retro il marchio di fabbrica di B.
Ma, come già ribadito, alle italiche genti bastano gli annunci, poi di quel che c'è dietro chi se ne frega? In fin dei conti siamo il paese in cui prosperano appunto i Berlusconi, i Salvini, i Grillo, gente che ha costruito sugli slogan la propria fortuna politica e che in qualsiasi paese un pelino meno pirla del nostro avrebbe trovato lavoro giusto come usciere. Ecco quindi che una giustizia che avvantaggerà i ricchi e i potenti viene spacciata come più giustizia per tutti e una riforma del lavoro che riporta i diritti dei lavoratori agli anni '50 del secolo scorso viene spacciata come "ammodernamento".
Intanto noi siamo impegnati a capire il colore di un vestito.
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