Ieri mattina quasi tutti i quotidiani riportavano le dichiarazioni dell'attuale premier, esternate subito dopo aver appreso dell'arresto per presunte tangenti di Ottaviano Del Turco assieme ad un'altra decina di assessori e funzionari della regione Abruzzo. Secondo l'illustre statista - che è evidentemente anche avvocato di Del Turco - si tratta dell'ennesimo teorema accusatorio, di quelli spesso non confermati.
Ora, naturalmente, è sostanzialmente irrilevante il fatto che i magistrati inquirenti abbiano ribadito in conferenza stampa di essere in possesso di prove schiaccianti (ad esempio fotografie), così come è altrettanto irrilevante il fatto che il pm apra il fascicolo ed elenchi fatti dettagliati, circostanze e dichiarazioni raccolte in due anni di indagini. Per lui (lo statista), che evidentemente li conosceva già, rimangono teoremi. Qualcuno si spinge addirittura a dire che Del Turco è vittima della maledizione degli ex PSI (noto e terribile sortilegio il cui effetto principale è la tradotta in galera di molti ex appartenenti alla nota corrente craxiana).
Ovviamente non poteva finire qui. Ed ecco quindi l'ennesima uscita, volta a dare un contributo determinante per risolvere tutti i mali che attanagliano il nostro sistema giudiziario: bisogna riformare la giustizia. Non una riforma qualsiasi, ma una riforma radicale, che non passi inosservata. Sentire parlare di riforma radicale della giustizia subito dopo aver appreso dell'arresto per presunte tangenti di un intero consiglio regionale, suscita qualche perplessità. E anche qualche interrogativo, specialmente sulle modalità di questa ipotetica "riforma radicale".
Negli ultimi due tre mesi abbiamo avuto già qualche esempio piuttosto esplicativo di cosa intenda l'attuale esecutivo con "riforma della giustizia": tentativi di proibire la pubblicazione delle intercettazioni e degli atti - pena la galera o fortissime sanzioni per i trasgressori - anche quando non più secretati, blocco dei processi con pena sotto i 10 anni in modo da accelerare quelli più urgenti, cosa che ha la stessa credibilità di Babbo Natale che mette i regali sotto l'albero (tanto che è poi stata stralciata dal decreto sicurezza), e per chiudere, il mitico lodo Alfano, quello che mette al riparo le 4 più alte cariche dello stato da qualsiasi processo nell'arco del mandato (sulla quale qualcuno continua con una notevole faccia tosta a farci credere che sia utile per noi). A tal proposito ho come la sensazione che più la sparano grossa più la gente tende a crederci.
Sulla falsariga delle intenzioni di riforma della giustizia elencate sopra, qualcuno si è spinto a fare qualche ipotesi su come possa essere inquadrato il tutto. Anna Setari, ad esempio, in questo suo apprezzabile post ipotizza uno sradicamento tout court del sistema giudiziario, oppure una immunità perenne a chiunque ricopra qualsiasi carica pubblica, sia essa nazionale, regionale o locale, per chiudere, eventualmente, con l'istituzione di una sorta di diversificazione del tipo di tribunale in base al ceto sociale dell'imputato.
Una riforma che, così concepita, andrebbe sicuramente nella direzione intrapresa dall'attuale esecutivo, e cioè la sostanziale abolizione dell'articolo 3 della nostra Costituzione.
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Esprimo un modestissimo parere.
RispondiEliminaCondivido e sottoscrivo quasi appieno il post. Peraltro, solo chi non può o vuole vedere, non si accorge che quest’attuale politica è la solita storica strategia di facciata. Ma oggi va molto di moda l’immagine invece della sostanza, la quale ultima necessità di un po’ di impegno mentale e qualche confronto dialettico, tutti aspetti questi che sembrano essere divenuti dei disvalori.
L’unico punto che invece non posso apprezzare, ma qui forse incide la mia piccola esperienza personale in trincea, è l’uso generale del termine in senso assolutamente positivo de “i magistrati” oppure “la magistratura”.
Ci sono notoriamente interi distretti giudiziari che visibilmente, tranne per chi non può o vuole vedere, sono in mano a vere e proprie organizzazioni (senza generalizzare) di magistrati, avvocati, consulenti, baroni universitari, politici, parenti, amici e compari, i quali tutti insieme gestiscono il loro distretto come “cosa loro”.
Questi “sistemi” sono a detta di tutti pressoché “intoccabili”, poiché poi è chiaramente innaturale e pure umanamente irrazionale che a dovere indagare e giudicare queste, chiamiamole per comodità ... “logge”, dovrebbero essere altri “colleghi” in quanto, almeno personalmente, non credo agli “inviati di dio sulla terra”.
Invece, non ritengo utile per la lotta alla mafia questo “nascondersi” opportunamente da parte di “molti” dietro le grandi figure che hanno dato pure la vita per combattere la criminalità e lo “Stato deviato” o celarsi dietro grandi uomini attuali.
Infine sulla riforma della giustizia sarei d’accordo solo su tre cose. Primo, con le obbligate e civili garanzie, velocizzare le procedure processuali, perché la giustizia di oggi assomiglia ad un “obitorio”. Secondo, dividere le carriere tra giudici solo a condizione che si crei una figura di super-Pm-specializzato inquirente e requirente. Terzo, che non avvenga mai e poi mai che i PM siano eletti dalla politica, ma nominati solo ed esclusivamente attraverso concorsi seri e ferrei, ed anzi, ma questo dovrebbe valere per tutte, dico tutte le cariche medio e alte dello Stato (e non vessare lo sportellista da 800-1200 euro), sottoporre ogni sei-sette anni circa, tutti, dico tutti, persino “i 4 del lodo Alfano”, ad un test attitudinale e psichico.
Poi se dovesse essere definitivamente consentito il cosiddetto federalismo fiscale, che invece, sempre a mio modesto avviso, ha il sapore di un “federalismo mafioso” in cui governatori regionali, presidenti di provincia, sindaci, la politica nativa, la magistratura di distretto, i baroni provinciali, la locale polizia, ecc. possono decidere e fare ciò che vogliono nel proprio “feudo”, allora è evidente che noi italiani ci siamo bevuti anche l’ultima parte di cervello indipendente rimastaci..
Grazie per aver postato questo chiarissimo e argomentato commento, che condivido in toto.
RispondiEliminaAggiungo una mia breve riflessione alla questione da te menzionata della gestione parentale e oligarchica, se vogliamo, di certi distretti giudiziari.
Non ho, a differenza tua, esperienza in merito e quindi prendo ovviamente per buone le tue parole. E tuttavia, ben pensandoci, non è effettivamente poi così improbabile la cosa. Penso che faccia parte di una sorta - non saprei come chiamarlo - di "istinto naturale" quello di feudalizzare e gestire "in famiglia", con tutti gli annessi e connessi, certi tipi di realtà. Atteggiamenti, purtroppo, tutt'altro che rari (vedi università ad esempio).
Sinceramente non ho mai pensato che il positivo sia tutto nei magistrati e il negativo sia tutto nei politici. Tendo tuttavia a pensare, alla luce dell'analisi dei fatti di una certa rilevanza che accadono, che la bilancia del "positivo" penda comunque in misura maggiore verso i primi.
Per quanto riguarda la riforma della giustizia, i tre punti citati da te sono più che condivisibili. Ma il problema, a mio avviso, è altrove, e cioè nella storica non-volontà, a destra come a sinistra, di lasciare tutto così com'è. I primi 100 giorni di questo governo l'hanno dimostrato ampiamente. Basterebbe applicare gli stessi sforzi e le energie messi in campo finora da questo esecutivo per i propri (suoi) comodi, per fare una riforma seria della giustizia.
Buone cose.