Ieri mattina presto, mentre ero in giro col furgone aziendale per il mio solito giro di consegna dei giornali alle edicole, mi sentivo strano, anzi, direi quasi "osservato". Forse perché camion e furgoni in giro non ce n'erano a causa dello sciopero dei camionisti. Mi è anche capitato di sentirmi dire, da un arzillo vecchietto mentre ero intento alle operazioni di scarico a un'edicola di San Marino: "Oh, com'è bravo lei che non fa sciopero...".
Il poveretto, evidentemente, non sapeva che io con lo sciopero non c'entravo niente in quanto è stato proclamato dalle associazioni di categoria dei padroncini, ossia dei proprietari dei mezzi. In ogni modo, per non dargli una delusione, mi sono preso su il mio "bravo", ho ringraziato e ho proseguito.
Mi pare comunque che l'episodio che mi è capitato sia sintomatico di quello che sta succedendo in queste ore a causa della protesta degli autotrasportatori. Ora, su questa protesta sono già stati spesi fiumi di parole e di inchiostro e quindi non è che io possa aggiungere granché. Loro, sicuramente, avranno le loro buone ragioni per scioperare, nessuno lo mette in dubbio, rimane da vedere (domanda che ci si pone ogni volta che a scioperare è una categoria fondamentale per l'economia del paese) se il metodo adottato sia corretto. Se sia giusto cioè lasciare la gente senza beni di prima necessità (la foto che vedete in alto l'ho scattata in uno dei pochi distributori aperti che ho trovato nella mattinata di ieri durante il mio giro di consegne).
Certamente tutto ciò ha dimostrato (se mai ce ne fosse ancora bisogno) quanto sia fragile tutto il meccanismo su cui si regge la normalità della vita quotidiana. Se bastano infatti due giorni di sciopero di una sola categoria di lavoratori per impedire che ci si possa recare in un negozio di alimentari ad acquistare il pane, qualche interrogativo dovrebbe sorgere.
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