In prima battuta imbattersi in riviste come questa può fare sorridere. In realtà il fatto che circolino, e che abbiano anche un certo mercato, non deve stupire. Non perché gli angeli esistano davvero o perché la preghiera abbia un’efficacia dimostrabile, ma perché la credenza in entità invisibili e intenzionali è parte integrante della natura umana. L’idea di poter invocare qualcuno che veglia su di noi, che ascolta, che interviene, non è un accidente culturale recente né una semplice manipolazione commerciale: è una predisposizione della mente umana. Meglio scambiare il vento tra i cespugli per un predatore inesistente che non accorgersi di uno reale. Questa iper-attribuzione di intenzionalità è stata una strategia adattiva. Chi ha letto saggi come Nati per credere sa a cosa mi riferisco.
Dal punto di vista evolutivo, l’essere umano è una specie che ha imparato a sopravvivere attribuendo intenzioni: qualcuno che agisce, che osserva, che decide.
È un meccanismo adattativo antico studiato da psicologi cognitivi ed evoluzionisti come Daniel Dennett, che ha parlato di una mente umana naturalmente portata a "vedere agenti ovunque". Il problema è che questo stesso meccanismo continua a funzionare anche quando non serve più (difficile, oggi, imbattersi in un predatore uscendo di casa la mattina), portandoci a vedere volontà e protezione dove non ce ne sono.
Non è un caso che molti bambini abbiano un amico immaginario. È una presenza che consola, rassicura, ascolta. Come ha mostrato lo psicologo Paul Bloom, questa tendenza a separare mente e corpo - a immaginare menti disincarnate - è spontanea e precoce. Crescendo, questa struttura mentale non scompare: viene semplicemente riformulata. Gli angeli, le divinità, i santi svolgono una funzione molto simile, con la differenza che sono culturalmente accettati e condivisi. La preghiera, quindi, non funziona perché qualcuno interviene dall’alto, ma perché agisce su chi prega. Riduce l’ansia, dà una narrazione al caos, offre l’illusione di non essere soli. È una strategia psicologica efficace, come mostrano molti studi sul coping religioso, ma non è una prova dell’esistenza del soprannaturale. Come ricordava Richard Dawkins, il fatto che una credenza sia consolatoria non la rende vera.
Queste credenze resistono perché parlano alla parte più antica della mente umana, quella che è naturalmente predisposta a costruire esseri "quasi umani": invisibili, potenti, intenzionali. La scienza, al contrario, non rassicura: dubita, corregge, ammette di non sapere. Ed è proprio per questo che funziona. Credere negli angeli non dice nulla sugli angeli, dice però molto su di noi. E forse la domanda giusta non è come invocarli per guarire, ma perché continuiamo ad averne bisogno.

Mi stupisce di più che sia una rivista, cioè una publicazione "periodica".
RispondiEliminaÈ un mensile. E non è il solo di questo genere.
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