Maroni e Alfano sono scesi in campo, a fianco del Pdl, per stigmatizzare la decisione dei magistrati di rimettere in libertà (in attesa di processo) i giovani accusati di essere i responsabili dei tafferugli di martedì scorso a Roma.
Maroni, naturalmente, non condivide la decisione, e dice che "sarebbe stato più logico mantenere lo stato di fermo". Noi, ovviamente, rispettiamo quello che pensa, ma allo stesso modo ricordiamo al ministro - non pensavo ce ne fosse bisogno - che le decisioni della magistratura non seguono una linea di logicità dettata dalle pulsioni e dagli stati d'animo del momento, ma seguono ciò che prescrive la legge in materia di mantenimento o meno della custodia cautelare. Se i giudici hanno deciso di rimetterli fuori in attesa del processo, evidentemente hanno valutato che non esistono i requisiti per tenerli dentro. Possibile che lo debba spiegare io a Maroni?
Alfano naturalmente non è da meno, e per vederci chiaro ha mandato, tanto per cambiare, gli ispettori ministeriali per cercare di fare luce sul misterioso rilascio. Anche qui, mi permetto sommessamente di far notare all'illustre guardasigilli che il suo compito non mi risulta essere quello di mandare ispettori a destra e a manca per valutare l'operato dei giudici. Per queste cose qui, infatti, esistono già gli appositi organi di controllo (Tribunale della Libertà, del Riesame, ecc...), che hanno proprio il compito di valutare la correttezza delle misure applicate.
Compito del ministro della Giustizia, semmai, è adoperarsi perché la giustizia funzioni, fornendo risorse, implementando gli organici, fornendo alle procure e ai tribunali le fotocopiatrici, le stampanti, il materiale d'ufficio. Questo deve fare a mio avviso il guardasigilli, non preoccuparsi dei singoli procedimenti. Ma devo essere io a spiegarlo?
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