martedì 30 gennaio 2007
Lo so
Lo so, certe cose non si possono dire, non sono politically-correct, come si usa dire. E quindi non dirò che la CEI ha rotto le scatole, anche se lo penso.
Una volta si diceva - ricorderete - "libera Chiesa in libero Stato", a indicare che ognuno dei due soggetti era libero di esternare le proprie idee all'interno dei rispettivi ambiti. Oggi qualcosa è cambiato: lo Stato può fare delle leggi purché abbiano il benestare dell'entourage papale, il quale (altro segno di cambiamento) può permettersi il lusso di giudicare "superflua" una legge dello Stato, e può (come potete leggere nell'immagine in alto) addirittura suggerire delle modifiche al codice civile.
Siamo arrivati al punto che mi tocca per una volta condividere le parole di uno come Fassino, che ha invitato con pochi giri di parole i Vescovi a farsi... beh, insomma, avete capito. Difficile a questo punto non pensare a una futura discesa in politica del Vaticano, magari alle prossime amministrative.
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Altra cosa che mi ha sconvolto: in una delle tante dichiarazioni, uno dei prelati della Cei (non ricordo chi) ha detto qualcosa che suonava come una mezza intenzione di ricorrere al referendum se passasse una legge sulle unioni civili.
RispondiEliminaPerché non fondano un partito? Questa sarebbe politica pura. Non discuto che i cittadini più osservanti dei dettami vaticani possano autonomamente decidere di impegnarsi per promuovere un referendum abrogativo come e quando vogliono, essendo liberi cittadini. Cosa diversa è se in tale organizzazioni rientrasse, come ispiratrice esplicita e diretta o peggio come fautrice, la Cei stessa.
E poi mi chiedo a loro cosa importi: per loro perfino la legge che regola i matrimoni dovrebbe essere ininfluente, dato che loro stessi non riconoscono alcuna validità sacramentale al matrimonio civile. Il matrimonio religioso resta tale in quanto tale, legge o non legge, matrimonio civile o non matrimonio civile, unione di fatto o non unione di fatto. Non vedo nemmeno perché un matrimonio religioso e civile debbano essere interrelati. Non potrei sposarmi in chiesa rimanendo celibe per lo Stato? O facendo una unione civile? Quello non rimarrebbe un sacramento a tutti gli effetti? La chiesa non mi considererebbe come sposato con mia moglie?
Effettivamente sono tanti gli interrogativi che ci si potrebbe porre. Ma a mio avviso sono essenzialmente due i punti salienti di questa ormai assurda situazione:
RispondiElimina1 - la Chiesa, come tutti, ha il sacrosanto diritto di dire la sua. E questo è un diritto sancito dalla nostra costituzione.
2 - io, come laico, ho l'altrettanto sacro diritto di fregarmene di quello che dice e decidere in base a quello che mi dice la mia coscienza.
In più trovo inconcepibile l'assurda pretesa di suggerire di cambiare alcune regole del codice civile su consiglio dei vescovi. Già fanno abbastanza casini da soli i nostri politici, ti immagini se ci si mettono anche i preti?
Sarebbe, per fare un paragone, come se qualche parlamentare si permettesse di suggerire delle modifiche al codice canonico. Te l'immagini come reagirebbero Ruini e company?
Quindi, ripeto, la chiesa ha il diritto di dire la sua su quello che vuole, ma io ho l'altrettanto sacro diritto di fregarmene e di pensarla come mi pare.