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martedì 30 novembre 2021

- 0,5°

È la temperatura esterna di questa mattina alle 5:10, quella che dà il colpo di grazia alle mie velleità ciclistiche mattutine. In altre parole, da stamattina andrò al lavoro in macchina e la bicicletta se ne starà nel garage. Peccato, è stato bello finché è durato :-(

lunedì 29 novembre 2021

Riprovo con Natalia Ginzburg

Un mesetto e mezzo fa avevo letto Le voci della sera, di Natalia Ginzburg, e l'avevo trovato gravemente noioso, come avevo scritto qui. Qualcuno, nei commenti, mi aveva suggerito di leggere Lessico famigliare. L'ho trovato e lo comincerò domani, poi vi dirò.

In un volo di storni


Ho appena terminato In un volo di storni. Le meraviglie dei sistemi complessi, un saggio scritto da Giorgio Parisi, lo scienziato italiano che ha vinto quest'anno il Nobel per la fisica "per la scoperta dell'interazione tra disordine e fluttuazioni nei sistemi fisici dalla scala atomica a quella planetaria" (non chiedetemi di spiegare cosa significhi, non ne ho la più pallida idea :-). 

Il libro è una sorta di autobiografia in cui lo scienziato romano racconta i suoi studi e il suo percorso accademico a partire dall'ingresso, nel 1966, all'Istituto di Fisica di Roma (dal retro, perché all'epoca gli studenti dei primi due anni non potevano passare dalla porta principale) e proseguendo, una volta conseguita la laurea, coi suoi studi pionieristici sulle particelle e le trasformazioni di stato.

La parte più interessante del libro, però, è quella che raccoglie i suoi pensieri e le sue considerazioni anche fuori dal campo della fisica, tra cui quelle sul dilagare delle tendenze antiscientifiche nella società di oggi, di cui la vasta schiera dei famosi novax è solo l'ultima propaggine, e del contestuale affermarsi delle pratiche astrologiche, omeopatiche e antiscientifiche in genere. Scrive Parisi: "È possibile che la sfiducia di massa nella scienza sia dovuta anche a una certa arroganza degli scienziati che la presentano come sapienza assoluta, rispetto agli altri saperi opinabili, anche quando in realtà non lo è affatto. [...] È il rifiuto di accettare i propri limiti che può indebolire il prestigio degli scienziati, i quali spesso sbandierano un'eccessiva sicurezza che non è autentica, davanti a un'opinione pubblica che in qualche modo ne avverte la parzialità e i dubbi".

Questo concetto è stato ribadito più volte anche da Telmo Pievani e altri (ne avevo parlato in uno dei punti elencati qui), in particolare quando rimprovera alla folta schiera di virologi, catapultati nell'olimpo mediatico con l'arrivo della pandemia, di non aver mai detto dei semplici e chiari "Non lo so!", specialmente quando la pandemia era agli inizi e del virus si sapeva ancora pochissimo, ma aver esternato fiumi di ipotesi e dichiarazioni spesso in contraddizione tra loro. In questo modo chi non è uno scienziato può essere spinto su posizioni irrazionali di fronte a una scienza percepita come magia inaccessibile e quindi a preferire alte speranza irrazionali. Come scriveva Marco D'Eramo ne Lo sciamano in elicottero: se la scienza diventa una pseudomagia, perché non scegliere la magia vera?

Infine, un accorato appello dello scienziato va anche alla difesa della cultura. "Se consideriamo anche il lento declino della scuola pubblica, il disinvestimento dell'impegno finanziario del governo italiano nei beni culturali (basti pensare che il Colosseo è stato restaurato con fondi privati e che il Fondo unico per lo spettacolo diminuisce ogni anno fino ad arrivare alla metà delle cifre stanziate vent'anni fa), ci rendiamo conto che tutte le attività culturali italiane sono in lento ma costante declino. Bisogna difendere la cultura italiana su tutti i fronti, non dobbiamo perdere la nostra capacità di trasmetterla alle nuove generazioni. Se gli italiani perdono la loro cultura cosa resta al Paese? Bisogna costituire un fronte comune di tutti gli operatori culturali italiani per affrontare e risolvere l'attuale emergenza culturale".

Ho imparato due cose che non sapevo, leggendo questo libro. La prima è che gli storni secoli fa vivevano nei mesi caldi nell'Europa del nord e andavano a svernare nel Nordafrica. Con l'aumento delle temperature dovute al riscaldamento globale, gran parte di essi oggi non attraversa più il Mediterraneo ma rimane a svernare in molte città costiere in Italia, come ad esempio Roma. Ma perché Parisi dedica un capitolo agli storni? Perché il loro modo di volare quando sono in gruppo, le loro acrobazie aeree, il loro comportamento collettivo, hanno costituito la base delle ricerche sui sistemi complessi che hanno poi portato lo scienziato ad avere il Nobel.

L'altra cosa che ho imparato, interessantissima, è la differenza tra il comune vetro, tipo quello delle nostre finestre, e il cristallo. Il vetro è composto di silicio ma anche di tante impurità, molecole di tipo diverso e di dimensioni diverse mischiate le une con le altre, il cristallo è invece composto di strutture regolari, questo è il motivo per cui il vetro non può cristallizzare. Questo spiega anche il fatto che il cristallo sia più pregiato del comune vetro.

Discordanze

Da una parte l'OMS parla di rischi molto alti riguardo alla nuova variante, dall'altra Burioni minimizza e tranquillizza. Due messaggi contraddittori che arrivano da fonti autorevoli. Continua così l'andazzo che ci trasciniamo dietro da quando è scoppiata la pandemia: voci diverse e contrastanti tra gli stessi scienziati che non fanno altro che confondere ulteriormente una platea che è già confusa di suo. È fisiologico, nella scienza, che ci siano voci e posizioni diverse e perfino contrastanti, perché la scienza è così che funziona, ma questa discordanza deve restare in ambito accademico, non mediatico.

Negli USA, ad esempio, è molto difficile trovare virologi senza guinzaglio che parlano a ruota libera su giornali e tv contraddicendosi tra loro, là c'è Anthony Fauci che fa conferenze stampa in tv o rilascia dichiarazioni sulla stampa dopo essersi riunito e consultato con la comunità scientifica, e parla per tutti con una voce sola, come si dovrebbe fare per cercare di limitare al minimo la confusione in questo delicato periodo. In questa cosa, ma anche in altre, gli americani sono molto più avanti di noi.

domenica 28 novembre 2021

Foto di gruppo

Leggo sul blog di Sara la notizia del riconoscimento dato allo studio legale che ha assistito la Gkn nella controversia che ha portato alla chiusura dello stabilimento e alla messa in mobilità di 430 dipendenti. Penso che, se fossi stato alle dipendenze di quello studio legale, non so se in quella foto ci sarei voluto essere.

Il continente orizzontale e gli effetti a lungo termine del vaccino

Vi siete mai chiesti perché, qualche secolo fa, noi europei siamo andati a scoprire le americhe attraversando l'oceano e non è stato il contrario? Cioè, perché siamo stati noi europei, con le nostre navi, ad andare dagli amerindi (e a perpetrare quello che è considerato il maggiore genocidio della storia umana) e non sono stati loro a venire qua da noi? La domanda è stata posta da un aborigeno della Nuova Guinea a uno dei più grandi antropologi viventi: Jared Diamond, che nel 1997 pubblicò Armi, acciaio e malattie, opera che gli valse il premio Pulitzer per la saggistica e che mi rammarico di non avere ancora letto - ma recupererò a breve. La risposta alla domanda potrebbe sembrare banale: perché noi europei conoscevamo l'arte della navigazione, conoscevamo le armi, tecnologicamente eravamo molto superiori agli amerindi che popolavano da circa quindicimila anni il continente americano. Tuttavia si tratta di una risposta che in realtà non soddisfa pienamente la domanda e che, a sua volta, ne fa nascere un'altra: se c'era questa differenza, questo divario tecnologico e culturale tra le due civiltà, quali ne erano le cause? 

Questa domanda spiazza Diamond, il quale comincia a pensare e a cercare di elaborare una risposta avvalendosi di studi, ricerche storiche e antropologiche. Finché giunge a una conclusione, a una risposta che non è sicura, cioè non è scientificamente provato che il motivo sia questo, diciamo che si tratta di una ipotesi, una traccia, che però trova un certo consenso all'interno della comunità scientifica. La risposta, secondo Diamond, sta nel fatto che l'Europa è territorialmente disposta sull'asse orizzontale est-ovest mentre il continente americano è disposto sull'asse verticale nord-sud. In altre parole, l'Europa è disposta geograficamente nel senso della latitudine, è "stesa", si potrebbe dire, l'America è disposta nel senso della longitudine. Questa risposta mi ha sorpreso perché, pur avendoci pensato un po', non sono riuscito a cogliere il collegamento tra la disposizione geografica del continente europeo rispetto a quello americano e la sua superiorità tecnologica. La spiegazione la dà Telmo Pievani a partire dal min. 35 circa della conferenza che posto qui sotto. Non la sto a riscrivere, se vi incuriosisce la potete ascoltare - dura circa un quarto d'ora - direttamente dal video. Segnalo anche, a partire dal min. 50 circa, alcune riflessioni molto attuali sul tema sempre abbastanza spinoso e controverso della globalizzazione.




***

Uno dei maggiori motivi di timore riguardo ai vaccini anti-covid è quello che riguarda i suoi possibili effetti collaterali a lungo termine. Molti dicono: Ok, io mi vaccino, ma come posso avere la certezza che fra dieci o vent'anni non insorgeranno problemi causati dal vaccino? La domanda è sensata, naturalmente, perché gli effetti collaterali a breve termine ormai li conosciamo tutti, quelli a lungo termine non li conosce nessuno. Qualche tempo fa aveva risposto a questa domanda uno dei più noti farmacologi italiani, Silvio Garattini, dicendo che i vaccini a mRNA sono sicuri perché si degradano - nell'organismo non ne rimane traccia - dopo uno o due giorni dalla somministrazione e, in linea generale, chi fa queste domanda chiede l'impossibile, perché con questo criterio non si potrebbe porre in commercio nessun farmaco.

La risposta più esauriente alla domanda, però, la dà Giacomo Moro Mauretto, studente di biologia evoluzionistica all'università di Padova, che qualche anno fa ha avviato un progetto di divulgazione scientifica tramite il canale Youtube Entropy for Life. Vi lascio il video qui di seguito. Dura poco più di una ventina di minuti ed è uno dei più chiari, esaustivi e scientificamente documentati che ho trovato sulla spinosa questione. L'intervento di Mauretto non si limita a esaminare la vicenda dei molto improbabili effetti collaterali a lungo termine del vaccino, ma, un po' provocatoriamente, si domanda perché pochi o pochissimi si interroghino con eguale petulanza circa gli effetti a lungo termine del covid, ma anche sui suoi effetti a breve termine. Perché ci si spaventa per possibili effetti futuri dei vaccini e non della malattia? Ah, un'altra cosa: perché il vaccino spaventa e le cinture di sicurezza della macchina no?


sabato 27 novembre 2021

La variante è nata là (e dove, se no?)

Non è un caso che la variante del SARs-CoV-2 di cui si parla in questi giorni sia arrivata dal sud Africa e sia nata da quelle parti. Così come non è stato un caso che la variante precedente, la Delta, sia nata in India e sia arrivata qua. Non è un caso perché le probabilità di mutazioni sono direttamente proporzionali alla circolazione del virus. Qua in Europa la percentuale media di vaccinazione è abbastanza elevata (in Italia è circa dell'85%), in Africa è attorno al 7% e in India grosso modo siamo lì. Teoricamente è possibile che una variante nasca anche qua, ma è molto meno probabile.

Dubito che il blocco degli arrivi dal sud Africa deciso dal governo serva a qualcosa, se non come misura emergenziale. Come puoi chiudere le frontiere in un mondo globalizzato? L'Africa è un continente povero, ci sono poche cure, pochi vaccinati ed è normale che il virus, là, si sbizzarrisca a giocare alla roulette delle varianti. Poi sale su un aereo, si fa la sua trasvolata nelle cellule di un ignaro turista o di un rappresentante di commercio e sbarca qua nella parte ricca del mondo. Siccome il virus è democratico e non guarda lo status economico di chi lo ospita, comincia quindi a fare qua quello che faceva là: si replica.

Cosa significa tutto questo? Significa che non ha senso che qua ci imbottiamo di vaccini se la metà povera del mondo non si vaccina a sua volta. È una barzelletta. Se il virus avesse una coscienza e qualche capacità intellettiva, si sbellicherebbe dal divertimento vedendo il modo in cui gli stiamo spianando la strada e continuiamo ad agevolarlo. Sorriderebbe e direbbe: Guarda che manica di coglioni, si dannano per vaccinarsi in un posto e dall'altra parte mi lasciano libero di fare quello che mi pare.

Sembra che la modifica ai vaccini per renderli efficaci contro questa nuova variante richiederà qualche mese. Nel frattempo, lo scaltro SARs-CoV-2 continuerà la sua allegra roulette delle varianti nei continenti dove può circolare liberamente e, quando noi avremo finalmente modificato i vaccini per la variante Omicron, un altro turista salirà su un altro aereo e saremo punto e a capo. Possiamo andare avanti così per sempre? Possiamo anche, ma è profondamente stupido. Eppure lo stiamo facendo; se ci limiteremo a elargire paternalisticamente i nostri sovrappiù di vaccini ai paesi poveri, da questo incubo non usciremo. Eppure non è un concetto difficile da capire, è probabilmente più difficile (e soprattutto economicamente non conveniente) da risolvere.

Cieli

Sono appena tornato da una delle mie solite passeggiate sulle colline qui attorno a casa (il tragitto, più o meno, è sempre il solito). La giornata, da queste parti, coi suoi 14° sembra quasi primaverile, nonostante dicembre sia praticamente alle porte. Mentre camminavo ho ascoltato una delle mie solite conferenze scientifiche su Youtube, che però vi risparmio per non tediarvi. Qualche foto, però, ve la faccio vedere, naturalmente confidando nella vostra comprensione, dal momento che come fotografo non ho mai brillato.






Moderazione

Ho messo temporaneamente i commenti sotto moderazione. È una seccatura, naturalmente, ma ho la libreria che trabocca di libri in attesa e mille altre cose da fare e non ho più né il tempo né la voglia di mettermi a discutere con novax assortiti e teorici di sostituzioni etniche, razzismi alla rovescia e baggianate simili, con gente il cui livello argomentativo è esaurientemente rappresentato dai commenti a questo post. Una volta lo facevo, mi mettevo lì e passavo ore a discutere con questa gente, adesso non più, mi limito a chiudere la porta e lasciarli fuori. È una questione di igiene. D'altra parte il web è grande e di spazio per i deliri più disparati, là fuori, ce n'è tanto.

Guerre puniche

Quelli del Post, in seguito alle polemiche nate dopo l'uscita del ministro Cingolani, hanno pubblicato un riassunto fatto molto bene della storia delle guerre puniche. Non so come faccia a dire, il ministro, che a scuola si studino quattro volte, a me pare a malapena di averne sentito parlare una volta sola, e neppure sono sicuro se alle medie o alle superiori. Ricordi molto vaghi, comunque, e principalmente legati alla celeberrima impresa di Annibale e i suoi elefanti che, partendo dalla Spagna, arrivarono qua da noi attraversando la catena alpina e arrivando poi fino in Puglia.

Per quanto riguarda l'uscita del ministro, non si capisce il motivo di tanta polemica. Ha semplicemente detto ciò che ormai sanno anche i sassi, e cioè che studiare le guerre puniche, e in senso lato la storia, oggi non serve a niente, dal momento che abbiamo strutturato la società in modo che la cultura umanistica sia considerata qualcosa meno di un inutile e fastidioso orpello. Anni e anni fa, quando Giulio Tremonti disse che con la cultura non si mangia, rese perfettamente l'idea di questo. Discorso chiuso.

venerdì 26 novembre 2021

Chi si spaventa


Non so se avete notato, ma tutti i titoli degli articoli che, con la consueta dose di immancabile allarmismo, parlano della pericolosità della nuova variante africana del SARs-CoV-2, si premurano di rimarcare gli effetti deleteri della suddetta variante sull'economia. Le borse giù, crollo dei listini, "la variante spaventa i mercati", scrive addirittura Repubblica. (Poi chissà, en passant si potrebbe spaventare anche la gente, ma è secondario, dato che la vita delle persone è decisamente insignificante rispetto alle strutture economiche che la governano.)

Noi umani abbiano da sempre la capacità - è una delle peculiarità della nostra specie - non solo di inventare e immaginare cose che non esistono, come il mercato, ma addirittura di umanizzarle, fino a conferire ad esse caratteristiche tipicamente umane, come quella di provare sentimenti. In fondo che cos'è quella cosa che regola le nostre vite chiamata mercato? Sono due assi cartesiani con su indicate la domanda e l'offerta; l'incrocio di esse determina il prezzo. Questo è in soldoni il mercato, e la nuova variante del covid è riuscita a spaventarlo.

Il lungo addio


Il lungo addio è un romanzo giallo dello scrittore americano Raymond Chandler, di cui ignoravo l'esistenza fino all'arrivo in casa di questo libro.  Fu pubblicato per la prima volta negli USA nel 1953 e nel 1955 vinse il prestigioso premio Edgar Award. Il protagonista è il solitario, duro e un po' malinconico investigatore privato Philip Marlowe. 

La storia si svolge a Los Angeles e comincia con l'incontro casuale, fuori da un night-club, tra Marlowe e Terry Lennox, un uomo gentile, con gravi problemi di alcolismo, che è stato appena scaraventato fuori dalla Rolls-Royce della ex moglie. Tra i due nasce una leale amicizia, che resterà tale anche quando, dopo che la ex moglie di Lennox verrà trovata assassinata, l'investigatore si troverà invischiato in una tormentata successione di eventi pericolosi. Comincia quindi un viaggio in un labirinto fatto di delinquenti, gangster, cadaveri che costellano le strade di una Los Angeles corrotta, di poliziotti brutali e poco inclini all'osservanza dei protocolli.

La trama è avvincente ma a tratti abbastanza intricata e in più di un'occasione ho dovuto fare mente locale per cercare di non perdere il filo che collega gli eventi, i personaggi e le situazioni. È comunque un ottimo romanzo, ricco di colpi di scena e a suo modo istruttivo. Piccola e triste curiosità: nell'anno in cui questo romanzo vinse l'Edgar Award, Raimond Chandler, in seguito alla morte della moglie e ai gravi problemi di alcolismo che lo attanagliavano, tentò il suicidio. Morirà qualche anno dopo, nel 1959, a causa di una polmonite, dopo vari soggiorni in diverse cliniche per tentare di disintossicarsi dall'alcol. 

Il classico scrittore maledetto, si potrebbe dire, che però ha scritto un romanzo maledettamente bello.

I vaccini e il babau

Il babau è il mostro immaginario che dalla notte dei tempi si utilizza per intimorire i bambini e attenuare le loro bizze. È stato ampiamente utilizzato anche in una certa letteratura di genere horror. Ricordo ad esempio un vecchissimo racconto di Stephen King, di cui mi sfugge il titolo, inserito in una raccolta chiamata Scheletri, in cui c'era questo bambino che, in procinto di addormentarsi nel suo lettino, notava la porta del rispostiglio socchiusa, si alzava per chiuderla e tornava di corsa a letto. Poi, dopo un po', accendeva la luce e la porta era ancora socchiusa. Chi c'era nel piccolo ripostiglio che la apriva una volta spenta la luce? Poteva essere solo il babau. 

Letteratura a parte, in senso più lato questo sostantivo viene usato ancora, a volte, per indicare persona o cosa che abbia fama di essere terribile. Come i vaccini anti-covid, ad esempio. Adesso poi che l'Ema ha dato il via libera alla somministrazione del Pfizer (manca solo il benestare dell'Aifa) ai piccoli dai 5 agli 11 anni, apriti cielo! Già il vaccino è un babau per gli adulti, che però sono appunto adulti, hanno le spalle larghe, possono combattere meglio contro questo brutto mostro, ma signora mia, i nostri piccoli, così fragili e indifesi? Chi li proteggerà dal babau-vaccino? E poco importa che i dati dell'ISS dicano che solo in Italia 5800 bambini sotto gli 11 anni hanno dovuto fare esperienza di ricovero in ospedale a causa del Sars-CoV-2, di questi 119 sono finiti in terapia intensiva e 19 sono morti in questa fascia di età. Volete mettere quanto sia più spaventoso il babau?

giovedì 25 novembre 2021

La "mamma" di Harry Potter e la transfobia

Da un paio d'anni J. K. Rowling, creatrice di Harry Potter e relativa saga, è oggetto di intimidazioni, stalkeraggi, molestie e reiterate minacce di morte per le sue posizioni giudicate transfobiche da attivisti per i diritti dei trans. Non entro nel merito della faccenda, mi limito a dire che ho letto i tweet incriminati e mi pare di non averci trovato niente che possa essere giudicato transfobico. Quello che un po' fa girare le scatole, e la vicenda della Rowling ne è l'emblema, è che, in generale, siamo arrivati a un punto in cui non si può più dire niente, non si può più esternare un'idea o un pensiero che generi anche solo vagamente il sospetto di essere contro il politically correct imperante, che subito si viene crocifissi. Guia Soncini, in un bel libro uscito l'anno scorso di cui ho accennato qui, definisce la nostra L'era della suscettibilità. Forse è il caso di cominciare a darci tutti una calmata, no?

mercoledì 24 novembre 2021

Rotture (di coglioni)

Anche il sempre morigerato e tranquillo Paolo Attivissimo, uno dei debunker più noti in Italia, alla fine si è rotto i coglioni :-)

(La metafora delle dita nella presa di corrente è geniale.)

martedì 23 novembre 2021

Mario

Mi chiedo cosa ancora debba accadere, quanto ancora si debba aspettare prima che in questo paese ci sia una legge che consenta di poter decidere liberamente come e quando andarsene. Senza dover ogni volta andare all'estero o mobilitare associazioni, comitati etici e attendere tutta la sequela di pareri delle più svariate commissioni. Una legge che, tra le altre cose, è stata sollecitata pure dalla Consulta. 

Se poi una persona ritiene, in base alle sue personali e sacrosante convinzioni etiche e morali, che restare dieci anni immobilizzati in un letto tra le sofferenze sia vita, benissimo, più che legittimo. Ma se uno, dopo dieci anni, come è successo a Mario, arriva a dire: "Non ne posso più", deve avere la possibilità di poter porre fine al suo supplizio. Non può definirsi civile un paese che non riconosce questo diritto.

Cacciari e il vasaio

La filosofia, ama ripetere Umberto Galimberti, non è un sapere. I filosofi non sono sapienti. Sapienti sono gli scienziati, i sacerdoti, chiunque abbia una competenza di qualsiasi tipo in un dato ramo della conoscenza umana. Il filosofo è come un vasaio, che picchia con le nocche delle dita sul bordo del vaso per capire se è di bronzo o di qualche altra lega meno nobile. Fuor di metafora, i filosofi sono quelli che hanno il compito di problematizzare le opinioni correnti, metterle sulla graticola, esaminarle, per vedere se stanno in piedi, se hanno un fondamento oppure no. Mi è venuta in mente questa cosa mentre leggevo le ultime dichiarazioni di Cacciari relativamente a green pass e vaccini anti-covid. Massimo Cacciari è un filosofo che ho sempre apprezzato, ascolto spesso sue conferenze su youtube e recentemente ho anche letto uno della sterminata mole di libri che ha scritto: Occidente senza utopie, un po' difficilino, a tratti, ma molto interessante. In generale, raramente l'ho sentito dire cose meno che intelligenti. Questo è il motivo per cui le esternazioni che da qualche tempo palesa riguardo a tutto ciò che ruota intorno alla pandemia mi lasciano parecchio perplesso.

Leggo, ad esempio, nell'articolo che ho linkato: "La nuova stretta sul Green pass è gravissima, intollerabile e anticostituzionale. Se lo Stato vuole l’obbligo vaccinale se ne deve assumere la piena responsabilità, anche degli effetti avversi. [...] quando vai a vaccinarti sottoscrivi una dichiarazione in cui elimini ogni responsabilità dello Stato e delle case farmaceutiche."  Gli aggettivi "gravissima" e "intollerabile", riferiti alla imminente stretta del governo sui green pass, sono giudizi soggettivi, quindi niente da dire in merito. Cacciari la giudica negativamente, come è suo diritto, altri la possono giudicare positivamente. Ma che sia incostituzionale non lo può dire. Ogni costituzionalista che si è espresso da un anno e mezzo in qua su questo, ha detto che non c'è nulla di incostituzionale in tutte le misure che sono state prese per tentare di arginare la pandemia. L'ultimo in ordine di tempo è stato Giovanni Maria Flick, che non sarà un filosofo ma è Presidente emerito della Corte costituzionale e magari su questi argomenti può essere un po' più ferrato di Cacciari. In una intervista rilasciata un paio di giorni fa a La Stampa, Flick ha detto chiaramente che "non esiste alcun limite costituzionale a una legge sull’obbligatorietà del vaccino. Anzi, la Costituzione permette di coniugare, come sancito dall’articolo 2, i diritti inviolabili di ciascuno con i doveri di solidarietà. E non esistono diritti senza doveri, non esiste una vera libertà che non tenga conto della libertà altrui e degli interessi sociali quali la salute collettiva e la sicurezza." Spiace che Cacciari non riesca a fare suo il concetto, di per sé abbastanza banale, secondo cui l'interesse collettivo viene prima di quello personale, non mi sembra così difficile da afferrare.

Altra palese sciocchezza riguarda la sottoscrizione, da parte di chi si vaccina, di una specie di liberatoria che esimerebbe case farmaceutiche e Stato da responsabilità in caso di effetti collaterali molto gravi provocati dal vaccino anti-covid. In realtà, chi si vaccina non sottoscrive alcuna liberatoria, si limita ad apporre la sua firma su un consenso informato riguardo a ciò che sta facendo, consenso che per legge è obbligatorio sottoscrivere ogni volta che si fa un vaccino di qualsiasi tipo, compreso quello annuale contro la normale influenza. Come ha già sentenziato la Corte costituzionale con la sentenza n. 118/2020, lo Stato è responsabile dei danni provocati da vaccinazioni, sia relativamente a quelle obbligatorie e sia relativamente a quelle fortemente consigliate (come è quella contro il covid). Per quanto riguarda le case farmaceutiche, una recente sentenza della Cassazione (n. 12225/2021) ha stabilito che le case farmaceutiche sono sempre responsabili per i danni derivanti da prodotto difettoso, "una responsabilità civile che implica la possibilità di ottenere risarcimento anche per i danni da vaccino covid".

Abbandonati i panni del costituzionalista, Cacciari indossa quindi quelli del virologo, come se di virologi non ne avessimo già a sufficienza in circolazione. "Mi chiedo perché continuiamo a vaccinarci con questo vaccino? I vaccinati contagiano e vengono contagiati." Beh, continuiamo a vaccinarci con questo vaccino perché abbiamo questo vaccino, è molto semplice. Riguardo al fatto che i vaccinati si possono contagiare e possono a loro volta trasmettere il contagio ho già parlato qui e non ci torno sopra. Mi limito a ribadire che, dati alla mano, chi è vaccinato si contagia meno, in maniera meno grave (ha molte meno probabilità di finire in qualche terapia intensiva) e, soprattutto, ha molte meno probabilità di contagiare qualcun altro. Il fatto che, cronache e numeri alla mano, i paesi in cui la diffusione del vaccino è più estesa la pandemia sia più contenuta e provochi molti meno danni, dovrebbe tagliare la testa al toro. Dice poi Cacciari: "Dovremmo iniziare a pensare ad una strategia di convivenza con il virus. Oppure dobbiamo continuare a vaccinarci per sempre?" Che con questo virus dovremo convivere ancora per parecchio tempo si sa già, lo ripetono fin dall'inizio tutti gli scienziati. E saremo obbligati a conviverci finché non si farà la famosa "azione killer": vaccinare tutto il mondo nel più breve tempo possibile. Finché non faremo questo, e finora non lo stiamo facendo, saremo sempre costretti a rincorrere le varianti con modifiche ai vaccini per ogni specifica variante, in una ridicola rincorsa al virus. Il guaio è che la velocità con cui il virus muta è molto maggiore della nostra nel preparare i richiami per quella specifica mutazione, e noi saremo sempre costretti a rincorrerlo, oltretutto spendendo molti più soldi, risorse ed energie di quelli che servirebbero a vaccinare tutti, una volta sola, nel più breve tempo possibile. 

Le mutazioni, nonostante quello che tempo fa diceva Salvini, altro virologo di un certo prestigio, non le crea il virus per aggirare i vaccini, ma si generano in maniera del tutto casuale proprio perché il virus circola e si replica; più circola e si replica e più ci sono possibilità che generi quegli errori di replicazione che noi chiamiamo varianti. Se il virus non circolasse, diminuirebbero drasticamente le probabilità di nascita di nuovi "errori", quindi di nuove varianti. Ma senza quell'azione killer di cui si sgolano inutilmente a parlare gli scienziati, saremo sempre costretti a rincorrere il virus e - qui Cacciari una cosa giusta l'ha detta - a vaccinarci per sempre. Con la conseguenza un po' paradossale che avremo sempre tanti Cacciari a chiedersi se dovremo vaccinarci per sempre. Un ipotetico Socrate-vasaio che andasse a battere le nocche delle dita sul vaso di Cacciari, temo che non troverebbe eccessive difficoltà a capire di quale tipo di lega è fatto.

lunedì 22 novembre 2021

Fino a mille euro

Non so per quante persone rappresenterà un problema il limite di mille euro per l'uso dei contanti a partire dal prossimo primo gennaio. Personalmente uso ormai il bancomat per quasi tutto, dalla spesa alla visita oculistica passando per il pieno di GPL alla macchina e il tagliando annuale alla concessionaria. Le monete le uso ormai solo per cappuccino e brioches al bar. Trovo che pagare con questo sistema sia di una comodità unica. 

Un paio d'anni fa, appena prima che scoppiasse la pandemia, sono stato qualche giorno a Graz, in Austria, a trovare mia figlia maggiore che soggiornava là col programma universitario Erasmus, e ho notato che là carte di credito e bancomat sono la regola in ogni dove, compreso il pagamento di un semplice caffè al bar. Anzi, da quelle parti i baristi ti guardano pure storto se apri il portafogli per pagare con banconote o monete.

Quello di cui dubito è che questo obbligo, introdotto dal governo per aumentare la tracciabilità dei pagamenti e tentare di contrastare l'evasione, abbia una qualche utilità, dal momento che i modi per aggirarlo non sono difficili da immaginare. Magari, però, è un passo avanti.

domenica 21 novembre 2021

Vorrei la pelle nera

Se ascoltate i dieci minuti che vanno dal minuto 27 circa in avanti, il genetista e biologo Guido Barbujani spiega perché, in generale, la fiducia nella scienza sia drasticamente calata, nell'arco di appena due anni, a cominciare dallo scoppio della pandemia a oggi. C'entra la televisione, naturalmente, ma anche gli scienziati ci hanno messo del loro.

Altre due cose interessantissime apprese da questa appassionante conferenza di Barbujani è che fino a 5-6000 anni fa tutti gli europei avevano la pelle scura e gli occhi chiari (pensate se lo sapesse Salvini); l'arrivo, tra i sei e settemila anni fa, di un'ondata migratoria, composta di persone con la pelle chiara partita dall'Anatolia e da quella parte di Medioriente, ha portato la pelle chiara in Europa. Paradossalmente, quindi, (sempre pensando a Salvini), oggi in Europa abbiamo la pelle chiara grazie agli immigrati. L'altra cosa interessante, probabilmente più nota, è che oggi si è stabilito scientificamente, con certezza, che il concetto di razza applicato agli uomini non ha senso; lo ha per i cavalli, i cani, le tartarughe ecc., per l'uomo no. Questa cosa l'aveva già capita Einstein, che pure non era un genetista, quando, fuggito in America negli anni Trenta perché in Germania cominciava a tirare una brutta aria, al doganiere che all'arrivo gli chiedeva di quale razza fosse, Einstein rispose che apparteneva alla razza umana.

Per circa due secoli, a partire da Linneo in qua, antropologi e biologi si sono accapigliati tra loro per cercare di stabilire i criteri con cui definire le razze umane senza mai riuscire a venirne a capo. Finché si è definitivamente capito che, nel caso nostro, il concetto di razza non può essere applicato; si può semmai parlare di differenze biologiche.


Giornata nazionale degli alberi

Gli Homo Sapiens sono quella curiosa specie di animali capaci di istituire la Giornata nazionale degli alberi e allo stesso tempo distruggere ogni anno, solo nella foresta amazzonica, una superficie boschiva pari a quella dell'intero Trentino Alto Adige.

sabato 20 novembre 2021

L'incomprensibile Popper


Ho appena terminato questo libro su Karl Popper, scritto da Roberto Maiocchi. Popper mi ha sempre incuriosito perché, oltre a essere stato uno dei più grandi filosofi del Novecento, è stato spesso citato da Umberto Eco, Telmo Pievani, Umberto Galimberti e altri. Mi sono quindi avventurato in questo libro per cercare di inquadrare il personaggio e capire qualcosa del suo pensiero. Devo dire, però, che il concetto filosofico che è un po' la colonna portante del suo pensiero mi risulta abbastanza incomprensibile. Per oggettivi limiti miei, ovviamente.  

Mi riferisco al cosiddetto principio di falsificabilità, elaborato da Popper stesso, secondo cui una teoria scientifica è vera solo se falsificabile, se cioè è in grado di suggerire quali osservazioni potrebbero confutarne la veridicità. In sostanza, dice il filosofo, per dimostrare la fondatezza di una teoria scientifica non bisogna basarsi sul risultato di esperimenti e processi empirici che ne confermino la veridicità, ma sull'individuazione dei suoi punti deboli. Questa teoria, quando Popper la espose, si pose in netto contrasto coi positivisti, secondo i quali "una teoria è scientifica se è possibile verificarla empiricamente, ciò che non si lascia verificare dall'esperienza è da considerarsi metafisica."

Il sistema di verifica empirica dei positivisti è strettamente legato al principio di induzione. Il metodo induttivo si sostanzia quando, partendo da asserzioni singolari, a cui si arriva tramite osservazioni ed esperimenti, si giunge ad asserzioni universali, quali ipotesi o teorie. Un esempio. Un osservatore che vedesse solo cigni bianchi sarebbe indotto (principio di induzione) a pensare che tutti i cigni sono bianchi e a ricavarne una legge valida scientificamente. Secondo Popper, invece, il fatto che siano stati osservati solo cigni bianchi non autorizza a concludere che tutti i cigni sono bianchi. Potrebbe nascondersi dietro l'angolo un cigno nero che vanifica l'asserzione generale. Un monito per gli induttivisti è la triste storia del tacchino, il quale vede che ogni giorno gli viene portato il cibo ed elabora la teoria che quella è e sarà sempre la sua vita. Finché arriva il giorno di Natale.

In sostanza, per Popper, dall'osservazione empirica non si può fare derivare alcuna legge perché le teorie non sono mai verificabili empiricamente e bisogna quindi scegliere un criterio che consenta di ammettere anche asserzioni che non possono essere verificate. Chiaro, no? Per me no, ma, come ho detto, si tratta di un limite mio, e comunque si tratta di un principio che io ho riassunto brutalmente ma che è molto più articolato e complesso. Se tra i miei 32 lettori ci fosse qualcuno a cui magari questo concetto è più chiaro, è il benvenuto.

Falsificabilità a parte, Popper ha scritto e discettato relativamente a tanti argomenti: storia, economia, politica, e anche attualità. È stato ad esempio un critico feroce della televisione, che definì eufemisticamente diseducativa, posizione che gli diede una certa notorietà qui in Italia. Popper la riteneva "l'elemento più diseducativo della civiltà di fine millennio, in grado di distruggere il tessuto civile a causa delle continue scene di violenza a cui sottopone gli spettatori più piccoli. In un'intervista a Rai Educational nel 1993, il filosofo austriaco, ricordando che in passato aveva lavorato a Vienna nella struttura creata dallo psicologo Alfred Adler per l'accoglienza di bambini abbandonati o vittime di violenze in famiglia, sostenne che una televisione non autoregolamentata è uno strumento per educare i bambini alla violenza in un crescendo di crudeltà e orrori."

A questo proposito, Popper propose la fondazione di un'Istituto per la televisione per promuovere corsi di formazione, conferire licenze e stabilire vincoli alla responsabilità professionale di quanti lavorano con la televisione, anche con la minaccia di provvedimenti disciplinari. "Tale istituzione" diceva Popper "non avrebbe rappresentato una limitazione alla libertà individuale, poiché ogni libertà deve essere limitata." E aggiunse, a tal proposito: "Non esiste libertà che non abbia bisogno di essere limitata. Dovunque ci sia libertà, la migliore forma di limitazione è quella che risulta dalla responsabilità dell'uomo che agisce."

Temo che, se il grande filosofo fosse ancora vivo oggi, guardando la società nutrirebbe seri dubbi sul grado di responsabilità (specialmente sociale) raggiunto da tanti. Ma magari se n'era già accorto quando scriveva queste cose.

I vaccini funzionano?

Il ritornello più gettonato dai refrattari al vaccino è noto, e tira in ballo il costante aumento dei contagi nelle ultime settimane nonostante gran parte della popolazione italiana (circa l'85%) sia vaccinata. Come mai i contagi aumentano se i vaccinati sono così tanti? si chiedono i refrattari al vaccino, pensando che tale argomentazione abbia sufficiente consistenza logica da giustificare la loro scelta di non vaccinarsi o corroborare la loro idea che vaccinarsi sia inutile. 

In realtà le cose hanno una loro spiegazione, una spiegazione che tira in ballo molteplici fattori e che è quindi più complessa, ed è noto che gran parte delle italiche genti ha grosse difficoltà a rapportarsi con la complessità. Per capire un po' meglio questo apparente paradosso (aumento dei vaccinati = aumento dei contagi) occorre tenere presente alcuni fattori. Il primo di questi lo si può constatare empiricamente girando per strada, entrando nei locali, andando al lavoro, a fare la spesa, facendo cioè la normale vita di ogni giorno: gran parte delle persone ha abbandonato qualsiasi precauzione. Pochissimi, ad esempio, ormai usano la mascherina, nessuno più si igienizza le mani entrando nei locali, nei negozi, sui mezzi pubblici; soprattutto, nessuno più si preoccupa di mantenere il distanziamento fisico con le altre persone. Tutto questo nella sbagliata convinzione che, una volta che ci si è vaccinati, il problema sia risolto e si possa abbandonare ogni accortezza. Naturalmente non è così, e questo gli scienziati l'hanno rimarcato fin dall'inizio: il vaccino aiuta ma occorre comunque mantenere le precauzioni raccomandate quando ancora il vaccino non era stato trovato. A tutto questo si aggiunge il fatto che, in media, il vaccino ha il grosso della sua efficacia nei primi sei mesi dal completamento del ciclo, poi decresce fino quasi a dimezzarsi. Questa cosa, naturalmente, ancora non si sapeva quando i vaccini furono introdotti; ora si sa e le autorità sanitarie cominciano ad organizzarsi tenendo conto di questo.

Vaccini e precauzioni vanno di pari passo, sono complementari gli uni alle altre, è questo il punto indigesto di tutta la faccenda. Indossare la mascherina è fastidioso, si sa, e il ragionamento che fanno molti novax è che se questo fastidio occorre subirlo anche dopo vaccinati, che senso ha vaccinarsi? Ha senso, e a dimostrarlo ci sono i numeri (altra bestia nera delle italiche genti). Esattamente un anno fa, come oggi, avevamo una media di 40.000 contagi giornalieri (per la precisione, il 13 novembre 2020 i casi di positività al coronavirus erano 40.902). Oggi la media è attorno ai 10.000 casi, un quarto rispetto a un anno fa. Un anno fa in terapia intensiva erano ricoverate 3.170 persone, oggi sono circa 400. Un anno fa, come oggi, erano già state attivate dal governo le varie zone a colori in base alla diffusione nelle regioni del contagio e c'era già il coprifuoco dalle 22 alle 5. Oggi si può girare liberamente dove si vuole (almeno finora). Un anno fa, come oggi, morivano mediamente 500 persone al giorno, oggi siamo attorno alle 50, che tra l'altro non fanno neppure più notizia, nonostante siano l'equivalente di un ponte Morandi al giorno che crolla. Insomma, tutti i numeri dicono che la situazione generale, pur nella sua precarietà, è molto migliore rispetto a un anno fa. Dipende sicuramente da più fattori, ma quello determinante è appunto il fatto che oggi abbiamo i vaccini e un anno fa no.

Altro scoglio difficile da superare e comprendere, perché molto controintuitivo, è il fatto che oggi nelle terapie intensive sono ricoverate alcune persone che hanno completato il ciclo vaccinale e che all'aumentare dei vaccinati aumentano anche i vaccinati ricoverati. Com'è possibile, dicono sempre i novax, che il 30-35% dei vaccinati sia ricoverato in terapia intensiva? Anche questo apparente paradosso ha una spiegazione che va cercata nei numeri e nelle percentuali. Quelli del Post (che il cielo li abbia in gloria) hanno spiegato magnificamente questo paradosso qui. Riassumendo brutalmente, si parte dal dato oggettivo che nessun vaccino esistente al mondo immunizza completamente tutti quelli che lo fanno dalla malattia che deve arginare, c'è sempre una percentuale di persone su cui non ha effetto e che quindi si possono ammalare. I vaccini contro il covid non fanno naturalmente (purtroppo) eccezione, e quindi, come per tutti gli altri vaccini, una percentuale di persone vaccinate si ammala e una certa quota di questi finisce in terapia intensiva. Ciò significa che se, ipoteticamente, in Italia la copertura della vaccinazione contro il covid avesse un'estensione del 100%, avremmo comunque una certa percentuale di persone che si ammalano. Quindi è vero che i 170-180 pazienti vaccinati sono circa il 35% dei 512 oggi ricoverati, ma se questi 170-180 li rapportiamo alla totalità dei vaccinati, che in Italia sono 45,6 milioni sopra i 12 anni, ecco che la percentuale passa dal 35 allo 0.0004%. In sostanza, il paradosso di cui sopra si spiega col fatto che esistendo una piccola percentuale di persone su cui il vaccino non ha effetto, all'aumentare dei vaccinati aumenta in proporzione anche questa piccola percentuale. 

Altro aspetto che va a supporto dell'utilità dei vaccini è che, dati empirici alla mano, i vaccinati hanno molte meno probabilità di contagiarsi e, quand'anche lo fossero, sono molto meno contagiosi dei non vaccinati. Soprattutto, chi si contagia da vaccinato è estremamente improbabile che finisca intubato in terapia intensiva e la malattia si risolve senza grossi problemi e in un tempo molto minore rispetto a chi non è vaccinato. Sono stati fatti, e sono in corso tuttora, numerosi studi su questo. Uno dei più completi è stato pubblicato dal New England Journal of Medicine. In sintesi, la risposta alla domanda se i vaccini funzionino è sì, anche se le apparenze esterne inducono a pensare che sia il contrario. Che poi, a proposito di apparenze, basta guardare cosa succede in questo momento in Europa e nel mondo: senza alcuna eccezione, i paesi dove la situazione pandemica è più grave sono quelli dove la percentuali di vaccinati è più bassa e viceversa. Magari qualcosa significa.

Detto questo, a me non importa nulla delle motivazioni di chi decide di non vaccinarsi (non mi riferisco, a scanso di equivoci, a chi non può per motivi indipendenti dalla sua volontà). Si può decidere di non vaccinarsi per ideologia, per timore, per non incorrere in effetti collaterali, per le convinzioni personali più varie, ma ciò che non si può fare è addurre il pretesto che vaccinarsi non serve a contenere la pandemia. Questo, se si è intellettualmente onesti, non si può fare.

La serendipità al bar

Se avete la possibilità, e sempre che la cosa vi interessi, sull'inserto Tuttolibri de La Stampa di questa mattina c'è una bellissima intervista a Telmo Pievani, in cui il grande scienziato parla del suo ultimo libro uscito in questi giorni: Serendipità. Leggo questa intervista seduto al tavolino del bar, mentre due tavoli più in là due cretini, senza mascherina, blaterano di dittatura sanitaria e stupidaggini simili.

Telmo Pievani è l'ultimo scienziato in ordine di tempo di cui mi sono innamorato. Perché sì, ho la brutta abitudine di innamorarmi di scienziati, scrittori, filosofi, tutti quei personaggi che fanno allargare gli orizzonti e aiutano a tenere il cervello in allenamento.



mercoledì 17 novembre 2021

La scuola breve

Mi è capitato sott'occhio questo articolo del Post, dove si parla di un decreto governativo tramite il quale si vorrebbe estendere la sperimentazione del cosiddetto "liceo breve", ossia la possibilità di conseguire la maturità con un ciclo di studi di quattro anni invece dei canonici cinque. Non entro nel merito delle motivazioni che spingono, da anni, vari governi a muoversi in questa direzione, mi limito solo a chiedermi come si possa pensare di diminuire l'istruzione in un paese, il nostro, dove il tasso di ignoranza è più alto rispetto a tutti gli altri paesi d'Europa.

Non è un assunto retorico. Questa classifica viene redatta ogni anni dall'istituto Ipsos e la rilevazione pubblicata nel 2018 ha certificato che l'Italia è il paese col maggior tasso di ignoranza in Europa, ed è addirittura al dodicesimo posto nel mondo. Ignoranza intesa nel senso letterale del termine, cioè la non conoscenza delle cose del mondo. Come se non bastasse, qualche anno fa l'Ocse aveva certificato che gli italiani sono all'ultimo posto in Europa nella comprensione di un testo scritto. Che non significa non sapere leggere, ma leggere senza capire ciò che si legge. Basterebbe solo questo a spingere verso un allungamento del periodo scolastico e magari a un aumento della qualità dell'offerta formativa. E invece, di fronte a questo dramma, cosa si fa? Si pensa di accorciare ulteriormente la scuola.

Sorrido pensando a chi blatera continuamente di democrazia. Come possiamo pretendere di essere un paese democratico senza cultura? Senza cultura non può esserci democrazia, questa cosa la diceva già Platone. Se non si ha conoscenza delle cose non dico del mondo, ma almeno del proprio paese; se non si hanno le basi per capire le dinamiche degli accadimenti di una società che è sempre più complessa, come si può essere in democrazia? Mancanza di cultura significa mancanza dei basilari strumenti per capire la differenza tra un politico e un imbonitore. Poi, dopo, non è che ci si può lamentare della qualità della classe politica o del fatto che sui vaccini si preferisce ascoltare Red Ronnie o la signora Brigliadori piuttosto che uno scienziato.

Boh, non so, non vedo prospettive rosee per il futuro.

martedì 16 novembre 2021

Pillon e il Re Sole

Al senatore Pillon, che dopo l'esibizione dei Maneskin a Budapest ha dileggiato Damiano per essersi presentato sul palco con reggicalze e sospensorio con cose tipo "tra poco arriveremo al reggiseno da uomo", vorrei fare vedere questa immagine:


Il tipo raffigurato qui sopra - Pillon l'avrà sicuramente riconosciuto - è Luigi XIV, altrimenti detto il Re Sole, sessantaquattresimo re di Francia, che ha governato il regno francese per settantadue anni dal 1643 al 1715. Questa è la posizione e l'abbigliamento tipici con cui amava farsi ritrarre. 

Si possono notare, riguardo all'abbigliamento, la lunga parrucca, le calze aderenti, le scarpe dal tacco alto, la postura da danzatore, tutti indumenti e atteggiamenti che nell'Europa contemporanea sarebbero considerati segni di effeminatezza, ma che nel sei-settecento erano considerati paradigmi di mascolinità. 

Ora, è chiaro che il modo in cui si è vestito Damiano ha valenza provocatoria, messa in atto in chiave di sensibilizzazione circa l'arretratezza del nostro paese sui diritti civili, ma ho messo lì Luigi XIV per spiegare a Pillon che la relazione tra modo di abbigliarsi e genere sessuale non è definita da paradigmi scritti nella pietra, ma è relativa ai contesti e ai periodi storici nella loro peculiarità. È ciò che si chiama relativismo, e che fa sì che un tipo di abbigliamento che in passato era riferibile a caratteri sessuali maschili oggi lo è a caratteri femminili e viceversa. Ed è ciò che fa sì che fra cento anni questa relazione sia ancora diversa, magari in modi che oggi neppure riusciamo a immaginare.

Capisco che per menti non eccessivamente elastiche e gravemente lacunose per quanto riguarda la storia dell'evoluzione dei costumi tutto ciò possa essere difficilmente comprensibile, ma questo è. E forse, un giorno, sarà normale che gli uomini indossino un reggiseno, magari quando Pillon e quelli come lui non ci saranno più e non potranno dileggiarli su facebook.

L'assassinio del Commendatore


Le ultime 150 pagine di questo avvincente romanzo di Murakami Haruki le ho lette oggi pomeriggio, mentre fuori pioveva senza soluzione di continuità.

Difficile riassumere in un post le oltre 850 pagine di cui è composto. Molto brevemente, la storia si svolge nel Giappone odierno e il protagonista è un pittore specializzato in ritratti, il quale, dopo sei anni di matrimonio, viene lasciato dalla moglie in seguito all'inizio di una relazione iniziata da quest'ultima con un altro uomo. Il pittore se ne va di casa e si trasferisce in un cottage situato in una vallata boscosa lontano da Tokyo. Il cottage è di proprietà del padre di un suo caro amico ed ex compagno dei tempi dell'accademia, ma di fatto è nella disponibilità di quest'ultimo, essendo l'anziano padre ricoverato in un istituto con una grave forma di Alzheimer. Il pittore, dopo gli iniziali dinieghi, accetta l'offerta di trasferirsi lì gratuitamente a patto di prendersi cura della casa in cui aveva sempre vissuto il padre dell'amico, a sua volta pittore.

Un giorno, casualmente, il ritrattista scopre nel sottotetto dell'abitazione un quadro che rappresenta un omicidio, dove è raffigurata la scena di un uomo che ne uccide un altro con una coltellata nel petto. Il titolo del quadro è appunto L'omicidio del Commendatore. La scoperta del quadro, che il vecchio padrone di casa dopo averlo dipinto aveva per inspiegabili motivi nascosto nel sottotetto avvolgendolo con spessi strati di carta, dà inizio a una lunga serie di eventi stranissimi e misteriosi, spesso ai limiti dell'assurdo, che cominciano una notte col trillo lieve di una campanella. Il ritrattista, svegliatosi, segue questo misterioso suono e scopre che arriva da una "buca" in terra che si trova sul retro della casa. Non è una buca, in realtà, è più una specie di pozzo senza acqua, ricoperto da assi e pietre, sul fondo del quale il ritrattista scopre la piccola campanella da cui si originava il suono. Cosa c'entra la campanella col Commendatore che nel quadro viene ucciso con una coltellata nel petto? Perché quel quadro era stato accuratamente nascosto dal pittore? Che legame c'è tra il quadro e il "pozzo"? E il "pozzo" è solamente una normale "buca" circondata da un muro di pietra o è anche un ingresso/uscita verso altri "luoghi"?

Il protagonista comincia quindi a vivere una serie di situazioni e di accadimenti stranissimi e inspiegabili, ma tutti legati tra essi da un rapporto causa/effetto, magari non immediatamente percepibile, ma che di fatto obbliga chi legge a restare incollato alle pagine per sapere come evolveranno gli eventi e come si sbloccheranno certe situazioni. Difficile definire questo romanzo. Direi che si colloca equamente tra il fantasy, il thriller, il drammatico e anche lo storico (il quadro, tra le altre cose, ha attinenza con certi fatti accaduti durante la Seconda guerra mondiale) e oltretutto le interazioni tra i vari personaggi offrono spesso anche parecchi spunti di riflessione come questo. Curiosità: in tutte le 850 pagine non viene mai citato il nome del protagonista.

Avevo letto un paio d'anni fa un altro romanzo di Murakami, After dark, e non mi era dispiaciuto; questo mi ha stregato.

Informazione presa a calci

Dispiace che Studio Aperto e Tg4, due noti pilastri italiani dell'informazione libera e non asservita italiana, vengano chiusi da Mediaset, che è un'azienda privata e fa logicamente quello che vuole. C'è però un lato divertente della vicenda: Emilio Fede, padre nobile del Tg4, che afferma che così l'informazione viene presa a calci nel sedere :-)

lunedì 15 novembre 2021

Mattarella e i confini orientali

C'è voluto Mattarella, nella totale indifferenza generale, a dire a voce alta che ciò che sta succedendo sui confini orientali dell'Europa è una vergogna e un tradimento dei valori e dei principî su cui (a parole) si fonda la suddetta Europa. Naturalmente Mattarella sa benissimo che i valori e i principî, in generale, hanno valore solo nella misura in cui questo valore viene ad essi conferito, altrimenti sono carta straccia. Sa benissimo che i diritti umani non sono un fatto naturale ma un prodotto della società, e se la società che li ha prodotti non ha intenzione di recepirli sono ancora carta straccia. In aggiunta a questo, Mattarella sa benissimo che i valori su cui si fonda l'Europa sono sostanzialmente economici e non etici.

Così, mentre l'Europa ricca e opulenta schiera l'esercito e alza i fili spinati e le transenne tra Polonia e Bielorussia per difendersi da uomini, donne e bambini afghani, curdi, siriani, iraqeni, i contadini polacchi che abitano nei pressi del confine si aggirano furtivamente di notte abbandonando zaini con generi alimentari vari e anche capi di vestiario, perché trascorrere le notti all'aperto da quelle parti non è uno scherzo, in questo periodo. Lo fanno di nascosto, cercando di non farsi vedere, perché il governo polacco sanziona con la pena del carcere chi viene scoperto a fornire assistenza ai profughi. E mentre un continente di 500 milioni di abitanti si attrezza con l'esercito per difendersi dalla gravissima minaccia rappresentata da poche migliaia di uomini, donne e bambini infreddoliti, illustrando coi fatti la qualità dei suoi valori fondanti, un pugno di contadini cerca di colmare la distanza che separa l'Europa delle persone da quella dei governanti.

Chiarezza

Roberto Burioni ha tanti difetti, specie a livello comunicativo. E a mio avviso soffre pure di una lieve forma di narcisismo. Ma ha una qualità: la chiarezza, e di questi tempi non è una brutta cosa sentire parlare in maniera chiara.

domenica 14 novembre 2021

Wilbur Smith


Non è mai stato, Wilbur Smith, uno dei miei scrittori preferiti, di quelli che rimangono dentro il cuore. Ho letto, parecchi anni fa, parte dell'imprescindibile saga dei Courtney a partire dal leggendario Il destino del leone, ma l'ho mollata all'ottavo o nono libro, non li ho letti tutti e quindici. Poi più niente.

Mi spiace, comunque, che se ne sia andato.

In direzione contraria

Oggi, qua a Santarcangelo, l'annuale fiera di san Martino vive il suo ultimo giorno. L'anno scorso, prima volta nella sua antichissima storia, non si è svolta a causa della pandemia, quest'anno è tornata e, complice il bel tempo e le temperature quasi estive, probabilmente farà il botto. Ho fatto un giretto veloce giovedì, nel primo pomeriggio, mentre in bicicletta tornavo dal lavoro, poi più niente, anche a causa della mia nota allergia al casino e al pigia-pigia. Sono però uscito di casa e mi sono incamminato, a piedi, in direzione esattamente contraria, sulle colline verso Poggio Berni. 




Ho camminato per un'oretta e mezzo in maglietta a maniche corte. È abbastanza sorprendente che a metà novembre ci siano 14°, ma questo è. Non so come sia il meteo nel resto dello stivale, ma qua la famosa "Estate di san Martino" sta dando il meglio di sé.

Durante la camminata ho ascoltato, presentato dal grande Alessandro Barbero, il racconto di una delle pagine più traumatiche della storia degli USA: il processo alle streghe di Salem. La vicenda si inserisce all'interno del più ampio periodo storico, che comprende tutto il XVII secolo, in cui nella zona dell'attuale New England si diffuse tra i coloni puritani inglesi la pratica della caccia alle streghe. Il puritanesimo fu un movimento sorto in Inghilterra, nell'ambito del protestantesimo calvinista, alla fine del 1500 e il suo obiettivo era quello di "purificare" la chiesa d'Inghilterra da tutto ciò che non era conforme alle sacre scritture.

Gran parte delle colonie britanniche del nord America era composta di aderenti a questo movimento, che tra le sue caratteristiche aveva quella di essere contraddistinto da una elevata dose di fanatismo. La caccia alle streghe, che quasi paradossalmente ebbe il suo massimo furore nell'America del nord nello stesso periodo in cui qua nel vecchio continente si spegnevano gli ultimi fuochi, maturò proprio in questo contesto sociale, fatto appunto di cieco fanatismo, furore religioso, superstizione, diffidenza, odio e paura. Una vicenda che, ascoltata nella sua interezza, dà l'impressione di essere una specie di horror story raccontata da qualche scrittore particolarmente fantasioso, mentre invece è, purtroppo, pura realtà storica.


sabato 13 novembre 2021

Partendo dall'ingegnerizzazione del virus

Il sars-cov-2 è stato ingegnerizzato (manipolato, in termini più semplici)? Il sars-cov-2 è stato creato artificialmente in laboratorio? Il sars-cov-2 può essere "fuggito" incidentalmente da un laboratorio? La risposta alle prime due domande è, alla luce di ogni evidenza scientifica, no; la risposta alla terza domanda è può darsi, ma non ci sono prove di questo. Al momento l'ipotesi più probabile circa l'origine del contagio è che il sars-cov-2, un virus che circola nei pipistrelli da circa una settantina d'anni, abbia fatto il salto di specie nel famoso/famigerato wet market di Wuahn. 

Ho ascoltato, affascinato, la lezione di Telmo Pievani che pubblico qui di seguito. Le speculazioni sull'origine del virus che da un anno e mezzo tiene in scacco noi Sapiens sono solo il punto di partenza dell'intervento del noto biologo e filosofo, intervento che poi si sviluppa e abbraccia tantissimi aspetti legati alla pandemia e agli effetti sociali, filosofici e morali coi quali il virus ci ha costretti a fare i conti. Ci sono, nell'insieme, due punti fermi: il primo è che la responsabilità della sua diffusione è nostra, il secondo è che non stiamo facendo assolutamente niente per fare sì che ciò che è successo non si ripeta, nonostante là fuori ci siano almeno 250.000 virus con caratteristiche simili al sars-cov-2 che aspettano solo l'occasione propizia per dare vita a una nuova pandemia. 

Mi sono appuntato schematicamente, qui di seguito, alcuni dei concetti più interessanti espressi dallo scienziato, contrassegnandoli col minuto in cui è possibile ascoltarli col relativo approfondimento. 

  • Perché il sars-cov-2 non può essere stato manipolato in laboratorio (min. 2:50)
  • Come sono nati i vaccini a mRna, che da adesso in poi saranno lo "standard" con cui verrano elaborati e creati tutti quelli futuri, e perché si è riusciti in soli nove mesi a realizzare quelli che stiamo utilizzando oggi per combattere il coronavirus (min. 4:30)
  • Si sapeva da almeno dieci anni che sarebbe arrivato un virus con queste caratteristiche che avrebbe fatto il salto di specie. Perché non è stato fatto niente per evitare che accadesse? (min. 16:40)
  • Perché è una bufala che i virus arrivino coi migranti, e qui mi viene in mente una passata campagna mediatica fortissima del solito noto che, come è sua deprecabile usanza, ha sapientemente utilizzato questa bufala per mero tornaconto elettorale (min. 23:15)
  • Due parole sui novax e sul loro concetto di libertà (min. 30.15)
  • Perché la fiducia nella scienza, a livelli altissimi allo scoppio della pandemia, è drasticamente calata oggi e in che misura questo calo è stato favorito dalle contraddittorie dichiarazioni pubbliche di virologi e scienziati (min. 39:10)
  • Il ruolo delle fake news in tutta la vicenda coronavirus, la loro diffusione e perché, secondo Pievani, forse non è una buona idea adoperarsi per sbufalarle col metodo del debunking (min. 52:50)


Come ho già scritto altre volte, ascoltare persone competenti, autorevoli, intelligenti, di buon senso, che sanno di cosa stanno parlando in mezzo al mare magnum di bufale, stupidaggini, sentito dire che girano in ogni dove, è una esperienza gratificante, coinvolgente e affascinante. Internet dà questa possibilità, non usiamola solo per scrivere stupidaggini su qualche social, usiamola anche per accrescere la nostra cultura e imparare.

Vedersi attraverso gli altri

Nel romanzo L'omicidio del Commendatore, che sto leggendo in questi giorni, ci sono alcune pagine molto belle. Ad esempio queste. 

La ragazzina arriva a casa del pittore che deve farle il ritratto e si siede. Il pittore le dice di rilassarsi e di non fare niente, penserà a tutto lui. Lei gli risponde che non è possibile non fare niente, perché bisogna comunque respirare, pensare. Il pittore ribatte che intende non fare niente di speciale, è ovvio che può pensare, ci mancherebbe. La ragazzina, però, non è convinta e dice al pittore che vorrebbe fare qualcosa, ad esempio aiutarlo a dipingerla. Il pittore rimane perplesso e la ragazzina aggiunge: "Spiritualmente, è ovvio." La perplessità del pittore rimane e la ragazzina aggiunge: "Se fosse possibile, vorrei entrare dentro di lei. Dentro di lei mentre mi dipinge. E guardarmi con i suoi occhi. In questo modo, forse riuscirei a comprendermi più profondamente. E anche lei, professore, riuscirebbe a capirmi meglio. [...] Però, sa, in certi casi è qualcosa che fa davvero paura."

Il pittore chiede quindi alla ragazzina se la paura è generata dal fatto che per comprendersi meglio è necessario ricorrere a qualcun altro. Lei risponde di sì e il pittore replica che, in realtà, per comprendersi meglio è necessario ricorrere a una terza parte. "Per capire il significato della relazione tra A e B è necessario mettersi da un terzo punto di vista, quello di C. Ci vuole una terza valutazione. Ed è questa terza valutazione che certe volte provoca paura." La ragazzina annuisce e il pittore aggiunge: "Se riuscirò a raffigurarti nel modo giusto, tu potrai vederti come ti vedo io, con i miei occhi. Se tutto funziona bene, ovviamente." La ragazzina risponde chiedendo: "È per questo motivo che abbiamo bisogno dei quadri?" Risposta del pittore: "Esatto. Proprio per questo motivo. Così come abbiamo bisogno di letteratura, di musica, di arte... questo genere di cose."

Queste pagine mi hanno fatto pensare a quante volte è successo anche a me di chiedermi a come mi vedono le persone che mi conoscono e a come mi vedrei io se mi guardassi coi loro occhi. In aggiunta a questo, mi capita spessissimo, ad esempio quando devo prendere una decisione particolarmente difficile, di mettermi nei panni di qualcun altro che conosco e di provare a immaginare cosa farebbe lui. Poi, certo, alla fine la decisione la prendo io, ma l'interrogativo su come si comporterebbe un altro al mio posto a volte me lo pongo. Probabilmente per compensare una mia insicurezza.

Tamponi e code

Sono andato in farmacia e ho atteso pazientemente per più di mezzora il mio turno. Non perché ci fosse la fila al banco, ma a causa della ressa dei tanti non vaccinati che, per potere ottenere il green pass, si sottopongono al rito del tampone (sapete com'è, il sabato sera si avvicina e bisogna farsi trovare preparati). Mi piace pensare che non siano gli stessi che, a inizio pandemia, strillavano e protestavano perché secondo loro il tampone rino-faringeo provoca gravi danni al cervello.

giovedì 11 novembre 2021

Perché lo trasmettono?

A me non scandalizza ciò che dice monsignor Viganò, perché è ovvio che non ce la si può prendere coi fuori di testa. Mi domando solo il motivo per cui in televisione si dia spazio a questa persone, perché si dia a loro visibilità mediatica invece di lasciarle nel nulla e nell'irrilevanza in cui meriterebbero di stare. Questa è la domanda.

lunedì 8 novembre 2021

Billy Summers



Billy Summers è un sicario, il migliore sulla piazza, ma ha una sua etica: accetta l'incarico solo se il bersaglio è un uomo davvero spregevole. Ora ha deciso di uscire dal giro, ma prima deve portare a termine un'ultima missione. Veterano decorato della guerra in Iraq, Billy è tra i più abili cecchini al mondo: non ha mai sbagliato un colpo, non si è mai fatto beccare – una specie di Houdini quanto si tratta di svanire nel nulla a lavoro compiuto. Cosa potrebbe andare storto? Stavolta, praticamente tutto. 

È uscito un nuovo romanzo di Stephen King, e l'uscita di un nuovo romanzo di Stephen King da queste parti non è una notizia come un'altra.

Antivaccinisti vintage

L'ostilità ai vaccini non nasce col covid ma ha radici antiche, talmente antiche che è contemporanea alla nascita dei vaccini stessi, e questo fatto ridimensiona, almeno in parte, il rapporto causa-effetto, ipotizzato da molti, tra internet e la disinformazione che vi regna e il proliferare dei gruppi novax.

Nel 1798 il medico inglese Edward Jenner scoprì, in maniera fortuita (le grandi scoperte che hanno fatto progredire l'umanità hanno quasi tutte carattere serendipico), quello che diventerà il primo vaccino della storia, il vaccino contro il vaiolo. Il governo inglese, visto il successo della scoperta di Jenner nel combattere quella terribile malattia, nella seconda metà dell'Ottocento approvò delle leggi che resero obbligatorio per i bambini il vaccino contro il vaiolo, prevedendo sanzioni per le famiglie che lo rifiutavano alla propria prole. 

In opposizione alle imposizioni governative, gruppi di persone sempre più numerosi cominciarono a pubblicare volantini, pubblicazioni, iniziative di sensibilizzazione contro l'obbligo vaccinale, dando vita a manifestazioni pubbliche a cui partecipavano a volte decine di migliaia di persone, che sfilavano nelle piazze esibendo striscioni, immagini irridenti Edward Jenner, addirittura bare di bambini, esattamente come i novax odierni che manifestano nelle nostre piazze. Nacquero in questo contesto le prime vere e proprie organizzazioni novax, la Anti Vaccination League e la Anti-Compulsory Vaccination League

Il governo inglese, sull'onda di queste mobilitazioni, istituì nel 1896 una commissione con l'incarico di approfondire gli studi su questo vaccino. La commissione, terminati gli studi, certificò l'efficacia della scoperta di Jenner ma, nel contempo, abrogò le sanzioni per chi rifiutava di vaccinarsi. Nel frattempo i movimenti antivaccinisti uscirono dall'Inghilterra e si diffusero negli Stati Uniti e in Canada, e poi un po' dappertutto, accompagnando per tutto il Novecento la nascita e la diffusione di ogni vaccino arrivato dopo quello contro il vaiolo.

Cosa accomuna i novax di un secolo fa con quelli di oggi? Principalmente una cosa: la refrattarietà ad accettare l'evidenza, e cioè che i vaccini (quello contro il vaiolo allora, quello contro il covid oggi e tutti quelli che nel Diciannovesimo e Ventesimo secolo sono stati scoperti) sono sicuri, hanno pochi o nulli effetti collaterali e sono efficaci nel combattere le malattie per cui sono stati creati. Ma anche alcuni argomenti retorici utilizzati dagli antivaccinisti odierni ricalcano quelli utilizzati un secolo fa, come ad esempio l'idea che siano i vaccini a indurre la malattia che dovrebbero prevenire, oppure che dietro l'obbligo vaccinale ci sia un complotto superiore ordito non si sa bene da chi per limitare la libertà delle persone e altri.

Insomma, l'antivaccinismo ha radici antiche e consolidate, e se ai tempi di Edward Jenner i dubbi e le perplessità potevano avere una loro ragione di esistere, dal momento che si trattava di una scoperta nuova che l'umanità non aveva ancora conosciuto, oggi non più. Eppure...

Salvare il Natale

Negli Stati Uniti un quarto dei consumi e di tutte le spese personali sostenute dagli americani si concentra nel periodo natalizio. Anche qua in Italia il Natale ha un volume d'affari simile. Nel 2018, prima dell'arrivo della pandemia, secondo Coldiretti ogni famiglia italiana ha speso mediamente 221 euro per lo shopping natalizio. Quando si leggono i grandi proclami secondo cui il governo farà di tutto per salvare il Natale, il tutto non va inteso in senso eroico-cavalleresco, ma va inteso nel senso di salvare quella consistente parte di Pil generata dal Natale. Che va bene, intendiamoci, non è che stiamo qua a fare i moralisti. È giusto per puntualizzare.

domenica 7 novembre 2021

Måneskin

I Måneskin, che a me piacciono dai tempi di Marlene che torna a casa (ma ci è tornata, poi?), hanno aperto il concerto dei Rolling Stones di ieri a Las Vegas, e dopo la loro esibizione si sono beccati pure i complimenti di Mick Jagger. Sì, lo so, ci sono gli schizzinosi e i puristi un po' snob che i Led Zeppelin, i Deep Purple, i Pink Floyd, i Genesis, i Queen, i Nirvana, i Police e quella era musica e blablabla. Lo so, lo so bene, ho cinquant'anni e sono anch'io di quella generazione lì, ma proprio perché ho questa età, ormai so bene che quella musica lì non torna più, è inutile stare a raccontarsela. Non torna più allo stesso modo in cui oggi non nascerà più nessuno che si chiama Beethoven o Mozart o Kant o Leonardo da Vinci. No, dico, ma avete un'idea di come sia la musica che gira oggi (e non mi riferisco solo a Sfera Ebbasta e quella roba lì)? 

Allora succede che ci sono quattro ragazzi che suonano strumenti veri: una chitarra, un basso e una batteria, che hanno un cantante che è bravo, che vanno in sala d'incisione e arrangiano i pezzi che scrivono, non li fanno "comporre" a un apposito programma di un computer e li arrangiano con i campionatori per poi caricarlo su YouTube, ma ci lavorano sopra. Allora basta fare gli schizzinosi, su. E comunque io sono perfettamente d'accordo con "Dado".

Due o tre cose

Quando dialogo con qualcuno ho l'abitudine di aspettare che quel qualcuno, chiunque sia, finisca di parlare prima che io ribatta. La differenza tra me e il mio interlocutore è che, tranne poche eccezioni, lui non aspetta che io finisca di dire la mia per poi replicare, no, lui comincia a replicare prima che io abbia terminato di ribattere. Questo atteggiamento, diffusissimo, lo trovo molto fastidioso, oltre che connotato da una certa maleducazione. Quando facevo le medie ricordo che una volta l'insegnante di italiano ci disse che una delle principali norme di buona educazione è non interrompere chi sta parlando. Non dico questa cosa per farmi bello o per dire quanto sono bravo, quanto sono educato io che non interrompo e cose così; non mi frega assolutamente niente, lo dico solo perché si tratta di una mia abitudine, tutto qua. Tuttavia, controbattere interrompendo è un atteggiamento comprensibile, specie quando il dialogo ha per oggetto un argomento su cui io e il mio interlocutore siamo in disaccordo. Io non interrompo, come ho detto, ma non posso negare che la tentazione di farlo, ogni volta che il mio interlocutore espone concetti con cui non concordo, c'è, ed è anche piuttosto pressante. 

Mi chiedevo perché, in genere, le persone non facciano altrettanto e una possibile spiegazione che mi sono dato potrebbe essere nel fatto che i miei interlocutori guardano la televisione, cosa che io ho abolito da tempo. Guardo volentieri film e serie TV su internet, ma questo è un altro discorso. Non guardo la televisione generalista e in particolare evito come la peste i talk show. I talk show sono quella perversa forma di comunicazione dove ci sono due o più persone che dibattono tra loro e lo fanno in modo scomposto, interrompendosi continuamente a vicenda e facendo a gara, spesso, a chi alza maggiormente la voce. Questo modo di interloquire è la regola, o almeno era la regola quando i talk show li guardavo io, oggi non so. Siccome la televisione è purtroppo una grande maestra e una subdola veicolatrice di modi di pensare e di atteggiarsi, la pessima abitudine di interrompere chi sta parlando potrebbe nascere proprio da lì, come inconscia emulazione di atteggiamenti che la scatola magica propina ogni giorno. Però non lo so, è una idea che mi è venuta così, prendetela per quello che vale. In ogni caso, la mia vecchia professoressa di italiano avrebbe parecchio di ridire, oggi, riguardo al dilagare di questa sgradevole abitudine.

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Da un paio di giorni Blogger ha deciso di eliminare le notifiche via mail dei commenti lasciati nei blog ospitati su tale piattaforma, come quello su cui state leggendo queste righe. Me ne sono accorto casualmente andando nella bacheca di controllo del blog alla sezione "commenti", dove ho appunto trovato commenti di alcuni lettori che Gmail non mi aveva notificato. Ho fatto un giretto nella sezione delle impostazioni e ho scoperto che, effettivamente, l'opzione di notifica via mail non esiste più. Peccato, era di una certa comodità, soprattutto perché, arrivandomi una mail con relativa notifica sonora a ogni commento, avevo la possibilità di replicare in maniera più celere. Ignoro i motivi di questa scelta di Blogger ma mi adeguo, che altro posso fare?

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Ho terminato il saggio Il tribunale della storia, di Paolo Mieli, e ho iniziato il romanzo L'assassinio del commendatore, dello scrittore giapponese Haruki Murakami. Il libro di Mieli mi è piaciuto abbastanza (di alcune vicende narrate nel saggio ho parlato in qualche post su queste pagine), ma mi è piaciuta soprattutto la morale che sottende l'intera opera (ebbene sì, anche i saggi possono avere una morale), e cioè che la storia, così come la scienza, non è mai definitiva ma è sempre relativa. Le vicende storiche, cioè, molto spesso, in seguito a scoperte di nuovi documenti o nuove fonti possono risultare diverse da come sono arrivate a noi o da come noi le abbiamo sempre conosciute. Nuove indagini, nuove scoperte, nuovi approfondimenti, nuovi studi possono a volte ribaltare totalmente fatti e vicende ormai dati per assodati. Per quanto riguarda Murakami, il romanzo in questione non è un poliziesco o un noir, come potrebbe sembrare dal titolo. L'assassinio del commendatore è il nome di un quadro, oltre che il titolo del romanzo, e la vicenda narrata nel corposo libro (oltre 800 pagine) è caratterizzata da tinte psicologiche e drammatiche. Ho letto solo un centinaio di pagine, finora, e lo sto trovando molto interessante soprattutto perché mi riconosco in molti aspetti caratteriali del protagonista, un pittore solitario che ama passare le sue giornate in casa a dipingere.


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Oggi piove. Le domeniche piovose sono sempre gravemente malinconiche, ma i libri sono sempre un buon rimedio. Qua a Santarcangelo è iniziato il periodo confusionario della fiera di San Martino, e oggi, prima domenica del mese, ci doveva essere anche il tradizionale mercatino dell'usato, dove su certe bancarelle di libri ho trovato a volte vere e proprie chicche. Invece piove, quindi immagino che non ci sarà niente. Peccato, un giretto l'avrei fatto volentieri.

sabato 6 novembre 2021

Da Troia ai novax

C'è un interessantissimo capitolo del saggio Il tribunale della storia, di Paolo Mieli, in cui si racconta come le varie pestilenze che nell'antichità affliggevano i popoli siano sempre state considerate castighi divini, cosa che più o meno è nota. Il capitolo prende avvio dalla terribile pestilenza che colpì l'esercito degli achei mentre assediava Troia. Perché l'esercito acheo fu colpito da quella pestilenza? La risposta va cercata sull'Olimpo e prende le mosse, secondo quanto racconta Omero, dal rapimento di Criseide, figlia di un sacerdote di Apollo, da parte di Agamennone. Apollo non gradì lo sgarbo e decise di castigare il re dell'Argolide con un'epidemia che decimò i suoi uomini. Agamennone, dopo alcune titubanze, restituì quindi Criseide al legittimo proprietario, se così si può dire, e al suo posto prese Briseide, l'amata di Achille, adducendo la motivazione "meglio l'ira di Achille che quella degli dei".
 
Dalla mitologia greca a quella biblica il passo è breve, e ciò è evidente sia nel Genesi che nell'Esodo, ma anche in tutto il resto della Bibbia, in cui "le pestilenze erano punizioni divine inflitte a chi aveva osato sfidare la volontà di Dio". Quel Dio, ad esempio, che mandò le piaghe contro il suo popolo colpevole di non essersi accontentato della manna. Oppure quell'ira divina contro il "popolo eletto", colpevole di aver profanato i santuari con immagini e pratiche immonde; ira divina che avrebbe provocato lo sterminio di un terzo dell'umanità proprio con il flagello della peste e della carestia, e si potrebbe continuare. C'è da notare che queste piaghe colpivano i popoli nel loro insieme, non i singoli peccatori, e quindi si poneva il problema dei tanti giusti che, poveretti, non c'entravano niente con chi peccava ma che si trovavano loro malgrado in mezzo al furore dell'ira divina. Le narrazioni dell'epoca volevano che i giusti avrebbero potuto scongiurare i flagelli pentendosi (di cosa, se erano giusti?), pentimento che si realizzava nel darsi da fare per convincere i peccatori a modificare il proprio comportamento e ritornare sulla retta via. Le cronache dell'epoca, tuttavia, non contemplano molti casi in cui questa via di fuga abbia funzionato.

Naturalmente anche nell'antichità c'erano persone illuminate che riuscivano ad avere intuizioni sensate. Ippocrate, ad esempio, il precursore dei medici di oggi, che visse alcuni secoli prima di Cristo, scrisse nel suo La malattia sacra, uno scritto riferito all'epidemia ateniese che si scatenò nel 430 a.C., che "nella peste non c'è niente di più divino o sacro di quel che c'è in altre malattie. Essa ha invece struttura naturale e cause razionali". Uno pensa che dai tempi della mitologia greca e biblica a oggi si siano fatti passi in avanti. E in effetti si sono fatti. Poi, certo, qualcuno che è rimasto ai tempi di Agamennone e di Mosè c'è ancora. Carlo Maria Viganò, ad esempio, arcivescovo e attuale nunzio apostolico negli USA, dice che la pandemia che ci sta flagellando è conseguenza sia del peccato originale (quello c'è sempre) che dei peccati di oggi commessi dagli uomini: eutanasia, aborto, divorzio, omosessualità, sodomia e chi più ne ha più ne metta (mi sarei aspettato un anatema anche contro la pedofilia ma qui, inspiegabilmente, ha soprasseduto). Anche nel caso di monsignor Viganò, volendo essere pignoli, si potrebbe sollevare l'obiezione biblica relativa ai tanti bravi cattolici che, pur non essendosi macchiati di alcuna delle perversioni summenzionate, vengono falciati dal covid. Ma, probabilmente, per quelli c'è sempre il peccato originale a cui aggrapparsi.

Monsignore a parte, che uno potrebbe dire: vabbe', poveretto, lasciamolo ai suoi deliri, c'è da notare che una certa parte della galassia novax è composta proprio da cattolici conservatori. Ne parla IlSole24Ore qui. Non sono tanti, intendiamoci; anzi, se si considera che sono una parte minoritaria di una galassia, quella appunto novax, che già di per sé è fortemente minoritaria rispetto ai favorevoli ai vaccini, si può dire che siano quasi trascurabili. Però ci sono. "E dentro questo micro-universo contrario a Pzifer e AstraZeneca è ben piantata una componente di cattolici ultratradizionalisti: solitamente molto attivi nelle campagne in difesa della cosiddetta famiglia tradizionale composta da uomo e donna - sposati in Chiesa e con figli concepiti e nati dentro la sacra unione - e contrari a ogni forma di assistenza sanitaria pubblica legata all'interruzione della gravidanza. Un mondo che in politica si considera vicino a Matteo Salvini e Giorgia Meloni – un tempo anche a Silvio Berlusconi - e idealmente a Donald Trump".

A proposito di Trump, mi viene in mente una conferenza di Telmo Pievani su Darwin nell'incipit della quale il biologo ed evoluzionista dice che l'evoluzione è quella cosa che, in tre miliardi e mezzo di anni, ci ha portati dall'ameba a Donald Trump: sta a noi giudicare se sia stato un progresso oppure no.