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giovedì 30 settembre 2021

Mimmo Lucano e Luca Traini

Giacomo Galanti, su Huffingtonpost, fa notare che la pena inflitta a Mimmo Lucano è superiore a quella inflitta a Luca Traini, condannato a dodici anni di reclusione per strage (alcuni anni fa, a Macerata, sparò a dei migranti ferendone sei). 

La sentenza che condanna Mimmo Lucano a tredici anni di reclusione per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e altri capi d'imputazione mi ha abbastanza sorpreso. Ho letto che qualche esponente di sinistra ha parlato di sentenza politica, scimmiottando il refrain classico di una certa destra.

Personalmente non penso si tratti di una sentenza politica, si tratta di una sentenza emessa da un tribunale dopo un regolare (fino a prova contraria) processo. È una sentenza di primo grado, quindi suscettibile sia di essere confermata in appello, sia di essere ribaltata. Se venisse confermata anche in appello, a me personalmente dispiacerebbe, ma ne prenderei atto.

Amalia Signorelli

Come ho già scritto più volte su queste pagine, mi sono sempre risultate estremamente affascinanti le persone con una competenza, in qualsiasi campo. Da qualche tempo sto seguendo su YouTube, con un certo interesse, Amalia Signorelli, che è stata (è morta qualche anno fa) una accademica e una delle maggiori antropologhe italiane. Perché amo le persone competenti e preparate? Perché, nella stragrande maggioranza dei casi, dicono cose che vanno contro il senso comune, smontano i pregiudizi, le convinzioni stantie, le idee sedimentate e spesso incancrenite con cui amiamo trastullarci e dalle quali ci sentiamo confortati.

La chiacchierata tra lei e Corrado Augias che ripubblico qui sotto risale a qualche anno fa, e precisamente al periodo immediatamente precedente alla approvazione della legge che regolamenta le unioni civili, la cosiddetta legge Cirinnà. Come forse ricorderete, all'ultimo momento fu stralciato dalla legge l'articolo che prevedeva la possibilità di adozione del figlio del partner per le coppie omosessuali, perché signora mia, scherziamo, mica possiamo permettere uno scempio simile! E ve li immaginate quei poveri bambini come potrebbero crescere? 

In realtà, come è dimostrato dall'esperienza di tutti i paesi in cui le copie omosessuali possono adottare figli (in Inghilterra questa possibilità esiste da più di vent'anni), il sesso dei genitori non c'entra assolutamente niente con l'equilibrio della crescita della prole, perché i figli hanno come bisogni primari e assolutamente inderogabili quelli di essere amati, seguiti; hanno bisogno di risposte ai loro bisogni, cure, attenzioni, e queste cose non c'entrano niente col sesso di chi gliele da.

La chiacchierata tra Amalia Signorelli e Corrado Augias abbraccia questo tema e anche altri, come l'annoso discorso sulla famiglia naturale (anche qui, quanti pregiudizi...) e il ruolo della religione nella determinazione dei convincimenti collettivi. 

Ma ciò che più affascina della professoressa Signorelli sono la chiarezza e l'immediata simpatia che suscita il suo eloquio. Non sembra una docente universitaria di antropologia, di primo acchito sembra più la vicina di casa con cui si chiacchiera mentre si falcia l'erba.


mercoledì 29 settembre 2021

Bertinoro

Ieri, per una rara coincidenza, io e mia moglie avevamo entrambi il pomeriggio libero. Dopo aver sbrigato qualche commissione giù a Santarcangelo, complice la giornata ancora quasi estiva siamo andati a fare un giretto a Bertinoro. Bertinoro è un piccolo comune adagiato sulle colline attorno a Cesena, raggiungibile da Santarcangelo in un'oretta scarsa. È un paese che ha origini molto antiche e una storia lunga e composita, ben riassunta in questa pagina di Wikipedia.

È un paese tranquillo, senza caos, con poche macchine e molti ristoranti. Dalla piazza principale, Piazza della Libertà, è possibile ammirare il panorama che si apre verso la costa romagnola, con lo sguardo che, nelle giornate terse, abbraccia il tratto che va da Ravenna fino a Rimini. Purtroppo noi siamo arrivati che era già pomeriggio inoltrato e la Rocca e Palazzo Ordelaffi, le principali attrazioni storiche, erano già chiuse e ci siamo dovuti limitare a osservarli da fuori. Pazienza, sarà per la prossima volta, cioè fra una ventina d'anni (più o meno il lasso di tempo che è passato dall'ultima volta che ci sono stato, credo).

Anche se era ormai tardi e la luce scarsa, ho provato di fare qualche foto. Considerando le mie pessime qualità di fotografo, forse sono salvabili.


Questa qui sopra è la Colonna degli anelli, il monumento principale del paese. Risale al XIII secolo, è in sasso bianco e i dodici anelli visibili alla base servivano per legare le briglie dei cavalli. 

Nell'immagine qui sopra si vede la torre di palazzo Ordelaffi vista dalla Rocca. Sullo sfondo, il panorama. Nelle immagini qui sotto, una veduta (tagliata) della Rocca e uno dei vicoletti che salgono verso il centro storico.



Qui di seguito, invece, uno scorcio di palazzo Ordelaffi e alcune foto panoramiche.





Piccola curiosità. Il nome Bertinoro deriva, secondo una leggenda, da una frase pronunciata da Galla Placidia. "La leggenda narra che Galla Placidia, figlia dell'imperatore Teodosio, di passaggio in questi luoghi, assaggiato un vino servito in un'umile coppa di terracotta, dicesse: 'Non di così rozzo calice sei degno, o vino, ma di berti in oro'". Da qui il nome della città.

Differenze

Per qualche motivo i morti sul lavoro fanno rumore, nel senso che ogni decesso provoca veementi reazioni, tanto indignate quanto inutili, da parte della politica e dei sindacati, mentre dei 50/60 decessi giornalieri per covid sembra non importare più niente a nessuno.

Messaggi politici

In questo periodo alla radio, tra una pubblicità a un negozio di animali, a una salumeria e a un concessionario di macchine usate, fanno la loro comparsa i messaggi politico-elettorali di qualche candidato alle comunali. C'è ad esempio Bonferro Spaturno (nome inventato, naturalmente) che, ogni tanto, col suo romagnolo dalla essssse lunga come il campo da calcio di Olly e Benji dice: "Basssta burocrazia! Basssta essere schiavi di questo sistema. Per liberare cittadini e imprese dalla morsssa della burocazia, vota Bonferro Spaturno! Vota il cambiamento!"

A me sentire 'ste cose qua fa sempre sorridere. Mica per l'eloquio romagnoleggiante del tipo, o almeno non solo per quello, ma per la convinzione che ci mette. Secondo me Bonferro è realmente convinto che oltre a qualche parente qualcuno lo voterà, e magari qualcuno lo voterà per davvero. È questa convinzione che mi fa sorridere.

martedì 28 settembre 2021

Face to face

La radio ha appena passato Face to face, dei Twins, e immediatamente sono andato con la memoria ai tempi delle feste d'istituto delle medie, negli anni Ottanta. C'era una ragazzina, Valentina, che era il mio sogno (non solo il mio, a dire il vero). Ricordo che amava il nero: capelli neri, vestiti neri, scarpe nere, unghie nere. La chiamavamo "la darkettina". Ascoltava anche un certo tipo di musica totalmente fuori degli standard dell'epoca. Non mi ha mai cagato pari, ma come darle torto? Io ero poco interessante: timido fino a rasentare il patologico, impacciato, ero pure in sovrappeso, all'epoca, niente a che vedere col dio greco che sono oggi.

Sto scherzando, naturalmente. Ma chissà che fine ha fatto? Se fossi su qualche social magari la andrei a cercare, ma non ricordo neppure il cognome. E tutto questo a partire da Face to face.

lunedì 27 settembre 2021

Morisi e la droga

Non è obbligatorio sapere chi sia Luca Morisi, anzi si campa benissimo, forse addirittura meglio, senza saperlo. In ogni caso, il tipo in questione è colui che si cela, o meglio si celava, dietro le campagne mediatiache e social di Matteo Salvini. Il suo "guru", in pratica; e, verosimilmente, l'ideatore, un annetto fa, in piena campagna elettorale per le amministrative, della famosa scampanellata con telecamere al seguito a casa del ragazzo tunisino accusato di spacciare droga.

Per una sorta di nemesi, nei guai giudiziari per questioni di droga ci è ora finito lo stesso Morisi, indagato dalla procura di Verona per possesso e cessione di stupefacenti. Pronta, naturalmente, la solidarietà incondizionata dello stesso Salvini al suo nume tutelare. Perché chiunque può sbagliare, no? E tutto si può perdonare, l'importante è essere dalla parte giusta.

Dietro a facebook

Articoli come quello pubblicato da Paolo Attivissimo sono utili ma, temo, totalmente inefficaci. Inefficaci perché, pur sapendo cosa c'è dietro, chi ha un account su facebook difficilmente lo cancellerà. Si sa da anni chi e cosa c'è dietro la amichevole facciata blu del social di Zuckerberg, e lo scandalo Cambridge Analytica scoppiato nel 2018, in cui si scoprì che facebook aveva acquisito i dati personali di 83 milioni di utenti senza chiedere loro il permesso e li aveva poi usati per fare propaganda politica, è solo l'ultimo in ordine di tempo che certifica il marcio che si nasconde al suo interno. 

Ma, appunto, togliersi da facebook non è facile perché il social di Zuckerberg, ma è caratteristica comune di tutti i social, è congegnato in modo che sia difficilissimo abbandonarlo. Si crea infatti una sorta di sudditanza psicologica che è simile a quella dell'ostaggio in un rapporto sociale di soggezione. Come scrive l'autore nei commenti, chi ne è ostaggio "difficilmente ammette di esserlo e si rassegna a continuare a esserlo. Perché il costo di cercare di liberarsene è troppo alto."

domenica 26 settembre 2021

Pioggia

Le domeniche pomeriggio (praticamente è già sera) piovose aggiungono quel di più di malinconia alla malinconia già di per sé connaturata alla domenica. Il cielo è scuro, minaccioso, e laggiù nell'angolo, vicino al cancello, non c'è più neppure la rassicurante presenza dell'antico cipresso. 

Con questa pioggia, questo senso di greve oscurità, questo buio che già arriva così presto, quest'aria che comincia a sapere di freddo, non si chiude solo questa domenica o questa stagione, ma è come se si chiudesse un ciclo e ne cominciasse un altro, quasi un omaggio a quella ciclicità delle cose e della vita su cui gli antichi greci avevano costruito la loro civiltà.

E già si guarda a domani con occhi diversi.

sabato 25 settembre 2021

Cosa ci posso fare?

Uscita dal lavoro, mia moglie si è fermata in un bar per comprare qualche pasta da portare via. Indossava regolarmente la mascherina. Dentro il bar c'erano tre uomini, tutti senza mascherina, i quali, vedendo che all'entrata si igienizzava le mani con l'apposito dispenser, hanno cominciato a sghignazzare tra loro. Mia moglie ha quindi chiesto loro cosa ci fosse da ridere e perché nessuno di loro indossasse la mascherina, dal momento che la legge ne prescrive l'obbligo nei locali pubblici. Loro hanno continuato bellamente a chiacchierare tra loro, facendo finta di niente. Si è quindi rivolta alla barista chiedendole perché non obbligasse i clienti a indossarla. La barista ha allargato le braccia, sconsolata, come a dire: "Cosa ci posso fare?"

Eh già, cosa ci può fare?

Il caso Ziliani e le sue analogie con la vicenda di Erika e Omar

Mentre leggevo gli ultimi sviluppi della vicenda Ziliani, la mia mente tornava indietro al 2001 e alla tragica vicenda di Erika e Omar. Ci sono analogie tra i due casi? Sì, almeno un paio: i motivi che stanno alla base di entrambi e le reazioni emotive successive ai fatti. Il motivo principale, anzi direi unico, che ha causato gli omicidi in entrambi i casi è la cupidigia: figli che uccidono i familiari per impossessarsi dei loro averi (eredità nel primo caso, gestione del patrimonio immobiliare nel secondo). La seconda analogia riguarda le reazioni emotive degli assassini in entrambi i casi. Erika e Omar, il giorno dopo aver commesso il fatto, fecero quello che avevano sempre fatto ogni giorno, compreso andare al solito bar a bere la solita birra. Le figlie della Ziliani, dopo averla uccisa, parlavano tranquillamente tra loro dell'imminente vacanza che stavano già progettando.

Sono molte le riflessioni che si potrebbero fare partendo da queste premesse, e una di queste potrebbe riguardare quelle forme più o meno accentuate di psico-apatia dilagante nella nostra società. I due episodi citati si collocano infatti tra i tanti simili che si verificano e che poi scompaiono dalle cronache. Di questa psico-apatia, ossia questa incapacità di provare qualsiasi risonanza emotiva per ciò che succede attorno, parlava Umberto Galimberti in un suo libro di cui non ricordo più il titolo. Lo faceva citando un altro celebre caso di cronaca nera accaduto parecchi anni fa a Voghera, quello dei fratelli Furlan, che si divertivano a gettare sassi dai cavalcavia delle autostrade sulle auto che passavano sotto. Quando furono arrestati, dopo aver provocato la morte di una ragazza, Umberto Galimberti si recò in carcere per parlare con loro e quando gli chiese perché lo facevano risposero che per loro era come il gioco del bingo. Quando poi gli chiese se sapevano che all'interno delle macchine c'erano le persone, loro risposero: "Vabbe'..."

Stiamo lentamente e progressivamente diventando una società psico-apatica, per tanti motivi: mancanza di educazione ai sentimenti, perdita di valori, con precise responsabilità da parte della scuola e della famiglia. Come scrive Paolo Perticari ne L'obsoleto, stiamo progressivamente perdendo attenzione nei confronti di quella che Aristotele definiva philia, ossia, nella sua accezione più generale, "la relazione tra cittadini attraverso il legame sociale [...] minacciato da una società vuota, fatta di tanti divertimenti e distrazioni che alla lunga hanno allontanato l'uomo da quella philia di cui parlava Aristotele."

Senza scomodare Aristotele: in una società dove ormai contano solo l'efficienza e la produttività, e dove il denaro e il profitto sono ormai gli unici valori che la regolano, è quasi naturale che poi si torni a queste regressioni. Mi viene sempre da sorridere (amaramente) quando sento i soliti tromboni parlare di minacce alla nostra civiltà da parte di chi viene da fuori, di scontri di civiltà. Ripenso a ciò che scriveva Oriana Fallaci in certi suoi libri, in cui profetizzava la distruzione della nostra società da parte della cultura islamica dilagante. Oh, certo, non è detto che prima o poi non succederà, ma di questo passo temo che saremo molto più veloci noi ad autodisgregarci grazie al modo in cui l'abbiamo impostata. E quando e se i pericolosi islamici arriveranno troveranno solo le macerie.

Blade Runner (il libro)

Ho scoperto per caso che Blade runner, che vidi non so più quanti anni fa, è ispirato a un romanzo, questo:

 


Non lo sapevo, lo confesso. Avevo sempre pensato che fosse un film nato da una sceneggiatura inventata, poi mi sono imbattuto casualmente in questo libro e sul retro ho letto che è il romanzo che tanti anni fa ispirò appunto il celebre film di Ridley Scott. Lo leggerò non appena avrò terminato il libro su don Milani.

venerdì 24 settembre 2021

Interpretazioni

Stavo suonando al pianoforte Foreign Affair, di Mike Oldfield. Poi, mentre la suonavo, mi è venuta in mente Who wants to live forever, dei Queen. Ho quindi unito i due pezzi in uno solo che spero non risulti musicalmente blasfemo. Quando suono mi succede spesso: parto con un pezzo e poi, per motivi misteriosi, arrivo a tutt'altro, in una sorta di illusoria serendipità musicale :-)

Ho fatto il mio dovere

Quindici anni fa, quando aprii questo blog, in giro c'erano solo blog, i social dovevano ancora arrivare. C'era fermento, c'era vitalità. La lunga lista di quelli che amavo leggere era composta di blogger che scrivevano ogni giorno pubblicando articoli approfonditi, pensieri articolati, e spesso vergavano anche più di un post al giorno. 

Di quella lunga lista oggi ne sono rimasti tre o quattro, e questi tre o quattro pubblicano ormai un post ogni dieci o quindici giorni, il grosso della loro attività in rete si svolge oggi su facebook, Twitter, Instagram e compagnia bella. Tempo fa, uno di questi vecchi blogger scriveva, in uno dei suoi rari post, che effettivamente ormai il blog era sorpassato, che da tempo meditava di chiuderlo e continuava a scriverci qualcosa ogni tanto solo perché, avendolo da tanti anni, ci era affezionato e gli dispiaceva. Gli sembrava anche doveroso continuare a tenerlo aperto e buttarci dentro qualcosa ogni tanto.

Personalmente, se dovessi continuare a tenere aperto il mio blog per dovere, solo come memoria dei tempi d'oro del blogging o vestigia di un passato più o meno glorioso, preferirei chiuderlo. Vedere questi blog deserti, sparsi qua e là in rete come antiche navi naufragate su qualche spiaggia o isola deserta, dà anche una certa tristezza. 

Poi, per carità, ognuna faccia come crede.

giovedì 23 settembre 2021

L'azione killer

In India meno del 10% della popolazione è vaccinata. Per uno di quei paradossi che solo noi umani siamo capaci di mettere in scena, uno dei paesi che è tra i maggiori produttori al mondo di vaccini è anche uno di quelli in cui la popolazione è meno vaccinata. In generale, se nel ricco e opulento Occidente la copertura vaccinale è molto buona e la situazione generale non genera al momento particolari preoccupazioni, nella parte del mondo più povera la copertura vaccinale è gravemente deficitaria. 

Con solo mezzo mondo vaccinato non stiamo facendo quella che Telmo Pievani chiama l'azione killer: la distribuzione a tutti e nel più breve tempo possibile del vaccino. La variante delta, che da qualche tempo ci sta creando parecchie grane, è nata proprio in India nella primavera scorsa, quando là la situazione era fuori controllo e si abbandonavano i morti lungo le strade. Non siamo lungimiranti, non abbiamo una visione globale di ciò che sta succedendo e pensiamo di poter stare tranquilli in virtù del fatto che qua la situazione è (per ora) buona.

Ma mentre noi qua stiamo tranquilli, dall'altra parte del mondo il virus continua allegramente a giocare alla lotteria delle varianti, varianti che poi, in un mondo globalizzato e interconnesso, arrivano puntualmente fino a noi, e la partita ricomincia. Una partita che stiamo giocando malissimo.

La mia camminata tipo, tra degrado e colline

Sono appena rientrato da una delle mie quotidiane passeggiate e ho deciso di raccontarla, mettendo in conto che dei posti dove vado quando passeggio alla maggior parte dei miei 32 lettori non possa fregare di meno. Mi è venuta l'idea ispirandomi alla bravissima Romina, la quale, nel suo blog, ama scrivere post in cui illustra fotograficamente i percorsi delle sue camminate corredandoli di pregevoli descrizioni. Quella che vado a illustrare qui di seguito è la mia camminata "standard", diciamo così, cioè quella che faccio abitualmente. A volte, naturalmente, l'itinerario varia, perché qua la campagna è vasta e le possibilità di attraversarla sono molteplici. Camminando in modo tranquillo si copre in circa un'oretta; camminando in modo sostenuto ci si riesce in tre quarti d'ora. Piccola avvertenza: sono da sempre assolutamente negato per l'arte della fotografia, le mie foto sono spesso scure, sfuocate e chi più ne ha più ne metta; per una evidente e incolmabile tara mia non sono mai riuscito a fare foto decenti, quindi vi prego di essere comprensivi in questo senso. Cercherò di compensare le manchevolezze visive con le descrizioni. Le immagini sono di formato medio e si ingrandiscono cliccandoci sopra.

Allora, uscendo dal cancello di casa mia il primo scoglio da superare è l'attraversamento della Santarcangiolese. La Santarcangiolese è la provinciale abbastanza trafficata che parte da Santarcangelo e dopo aver attraversato il comune di Poggio Torriana si congiunge alla Marecchiese, la statale che parte da Rimini e si inoltra nella Valmarecchia. 

Una volta di là si imbocca via Santa Maria e ci si imbatte subito nella struttura dell'ex Unicem. L'Unicem è un ex cementificio del gruppo Buzzi dismesso ormai da parecchi anni e lasciato in stato di abbandono. Fu costruito negli anni a cavallo fra l'Ottocento e il Novecento e ci lavorò anche mio nonno. Oggi, come detto, si trova in stato di degrado e abbandono. Le discussioni su cosa fare nell'area ex Unicem si protraggono dall'epoca della sua chiusura ma, a tutt'oggi, non si è ancora presa una decisione. C'è chi vorrebbe costruire centri commerciali, chi appartamenti, chi parchi e aree verdi. Mentre si continua a non decidere, il degrado avanza.


Nella foto qui sopra (scura, naturalmente) si vede l'ingresso del piazzale su cui sostavano i camion che, quando il cementificio era attivo, attendevano di caricare il cemento. Ora è deserto e circondato da erbacce. Qualcuno ha messo dei birilli di segnalazione che descrivono un percorso, probabilmente sono i ragazzini della zona che vengono a farci la gincana con le bici o coi motorini. Nella foto qui sotto, la vista laterale del piazzale con l'ingresso che era utilizzato dai camion per entrare all'interno dello stabilimento.


Oltrepassato il piazzale, si abbandona la strada asfaltata e, superata la sbarra, ci si inoltra sulla stradina sterrata che va verso il fiume Marecchia. Qui comincia la campagna.


L'ex cementificio per buona parte della sua vita funzionò a carbone, poi, alla fine degli anni Sessanta, fu convertito all'energia elettrica, e allo scopo fu costruita nelle sue immediate adiacenze una centrale elettrica che serviva proprio a fornirgli l'elettricità necessaria. Naturalmente la suddetta centrale elettrica ha seguito la stessa sorte del cementificio, e oggi è infestata di arbusti e erbacce, come si vede nelle due immagini qui sotto.



Qui di seguito, altre immagini dello stato in cui versa l'ex cementificio.




Continuando a camminare, la stradina sterrata si immette sulla pista ciclabile e pedonale, realizzata alcuni anni fa, che costeggia il fiume Marecchia. Parte da Rimini e si inoltra lungo la Valmarecchia fino al santuario della Madonna di Saiano ma anche oltre, non so bene neppure io di preciso dove finisca. Nel punto in cui la stradina sterrata si congiunge alla ciclabile, sorge un vecchio frantoio. È uno dei tanti in cui ci imbatte sul percorso della ciclabile e che servivano per lavorare e caricare sui camion la ghiaia che veniva estratta dal Marecchia per fare il cemento. Naturalmente anche qui regnano degrado e abbandono.




A questo punto si imbocca la ciclabile pedonale verso monte, direzione Torriana, e dopo un centinaio di metri compare sulla destra un piccolo aereoporto. Oddio, il temine aereoporto credo sia improprio, diciamo che si tratta di un complesso formato da una pista di decollo e atterraggio ricoperta di erba e alcuni hangar su un lato. Qui si ritrovano nei fine settimana gli appassionati di volo ultraleggero: piccoli aerei monoposto, alianti e altro. Qualche anno fa, proprio su questa pista, precipitò un elicottero militare del Settimo Vega, di stanza a Rimini, durante una esercitazione. Il pilota, accortosi dell'avaria del velivolo, riuscì fortunatamente ad allontanarsi dal centro abitato e a dirigersi verso la campagna, venendo a schiantarsi proprio su questa pista. Qui c'è il video e qui l'articolo che ne parla. Fortunatamente nessuno ci lasciò le penne e i quattro componenti dell'equipaggio riportarono solo ferite (uno dei quattro rimase ferito piuttosto gravemente). Da queste parti gli elicotteri dell'Esercito di stanza a Rimini vengono spesso a fare esercitazioni, e a noi che abitiamo qui questa cosa non lascia particolarmente tranquilli. Ma questo è. Nelle due foto qui sotto si vede il piccolo "aereoporto".



A questo punto la mia camminata prosegue per alcune centinaia di metri, dopodiché la ciclabile segue il suo tragitto verso Torriana mentre io la abbandono e torno verso la Santarcangiolese. In questo tratto ci si imbatte in un ex casello ferroviario. Ai primi del Novecento esisteva una linea ferroviaria che collegava Santarcangelo a Urbino. Fu costruita nel 1909 per motivi militari e rimase funzionante fino al 1933, anno in cui ne fu abbandonata la costruzione. Sul suo percorso sono rimasti i caselli ferroviari che all'epoca regolavano i passaggi a livello e le strutture delle stazioni che si trovavano sul percorso. I caselli, molti dei quali in buono stato di conservazione, sono poi diventati normali abitazioni ancora oggi abitate, come quella che si vede nella due foto qui sotto. A questo link si trova invece la storia dell'antica ferrovia Santarcangelo - Urbino.



A questo punto attraverso nuovamente la Santarcangiolese e comincio a salire in collina. Imbocco via Ripa Bianca e dopo un paio di centinaia di metri comincio a intravvedere la struttura dell'antico palazzo Marcosanti.


Si tratta di un antico complesso fortilizio la cui costruzione risale alla metà del 1200. Nel corso dei secoli è stato più volte modificato, restaurato,  ma la struttura di base rimane quella originaria del XIII secolo. Ha una storia lunga e articolata e nel corso dei secoli ha cambiato infinite volte proprietà: è appartenuto ai Borgia, ai Malatesta, allo stato Pontificio, ai vari ducati della zona. È situato nel punto più alto delle colline circostanti e dalla sua posizione è possibile vedere le valli del Marecchia e dell'Uso. Nelle giornate terse si può osservare e scrutare senza difficoltà il tratto di costa che va da Cesenatico a Rimini. Oggi è proprietà di una facoltosa famiglia di Milano. La sua storia è raccontata nei dettagli in questa pagina di Wikipedia.



Di fianco al castello c'è una piccola chiesetta votiva, la cui costruzione è molto posteriore a quella del palazzo.


Oltrepassato palazzo Marcosanti ci si imbatte nella casa in cui abita "la marchigiana" (ne avevo parlato qui). 


Stamattina la signora non c'è, quindi niente chiacchiere di rito, proseguo verso casa. Circa duecento metri dopo, svoltando a destra si imbocca la via in discesa alla fine della quale, sull'intersezione con la Santarcangiolese, c'è casa mia. La mia camminata tipo è finita e il mio racconto anche.



Leggetelo!

Mi sono accorto che spesso, su queste pagine, quando parlo di un libro che mi ha entusiasmato, tendo a usare l'imperativo per invogliare qualcuno dei miei 32 lettori a leggerlo a sua volta. Cose tipo: "Leggetelo, merita!", oppure: "Compratelo, ne vale la pena!". Mi sono reso conto che non è elegante usare gli imperativi, sa quasi di imposizione. È molto più elegante e "neutro" che io descriva al meglio il libro in questione, ne magnifichi le peculiarità, se poi la mia recensione invoglierà qualcuno a leggere il libro che ho descritto, bene, altrimenti bene lo stesso.

mercoledì 22 settembre 2021

Otto ore

Spesso, quando sto per iniziare il turno di lavoro, come mi toccherà fare anche questo pomeriggio, mi chiedo perché le cose non siano andate diversamente. Mi chiedo cioè perché siamo obbligati a sacrificare otto ore del giorno, per cinque giorni a settimana, per lavorare. Sì, lo so, la risposta banale è che grazie al lavoro ci viene corrisposta una retribuzione e con quella retribuzione viviamo: niente lavoro, niente retribuzione; niente retribuzione, niente vita. Ma la domanda che mi pongo va a monte di questa banalità. Perché abbiamo inserito la nostra vita sul ricatto dei soldi? E anche: perché abbiamo vincolato il lavoro al denaro? Non si poteva fare diversamente?

Fino all'avvento del neolitico, quando a noi Sapiens è venuto in mente di inventare la maledetta agricoltura ed è iniziata la nostra schiavitù, i nostri antenati cacciatori-raccoglitori passavano le loro giornate andandosene a zonzo e raccogliendo e cacciando ciò che trovavano, poi, quando avevano fatto una buona caccia o avevano trovato frutti a sufficienza, se ne stavano in panciolle per tre o quattro giorni godendosi il frutto dei loro sforzi, poi ricominciavano. Non era meglio così? Non erano più liberi di noi? Sì, lo so, conosco l'obiezione secondo cui potevano lasciarci le penne mangiando un frutto o una radice avvelenati o venendo divorati da qualche animale, ma anche noi, oggi, possiamo lasciarci le penne investiti da una macchina o venendo fulminati dal phon, quindi cosa cambia, in fin dei conti? Ogni epoca presenta gli inconvenienti ad essa peculiari.

Vabbe', vado a lavorare, va'...

Compleanni e don Milani

Ieri hanno festeggiato il compleanno due personaggi a me molto cari: Ivano Fossati e Stephen King. Fossati ha festeggiato i suoi primi settant'anni, King settantaquattro. A dire il vero, Fossati non mi è mai "appartenuto" come cantautore, nel senso che non è mai stato, a differenza di altri, parte viva della mia vita, quei cantautori, cioè, di cui ho la discografia completa, di cui conosco la biografia, di cui conosco a memoria testi e musiche. Tuttavia ha scritto pezzi che per me sono stati importanti, specie nella mia giovinezza, e questo è sufficiente per farmelo stimare.

Di King non parlo perché questo blog trabocca di pagine in cui ne ho già abbondantemente parlato e non voglio tediare nessuno. Ribadisco solo che è stato lo scrittore che mi ha avvicinato ai libri e per questo non potrò mai ringraziarlo abbastanza.

Oggi inizio questo libro. Ho sempre desiderato leggere un libro su don Milani, il prete che prima ancora di essere un prete è stato un rivoluzionario. Poi, successivamente, leggerò anche uno dei libri scritti da lui. Intanto, però, mi faccio un'idea dettagliata del personaggio.

martedì 21 settembre 2021

Nati per credere


Nati per credere è un saggio antropologico pubblicato nel 2008 e scritto da tre personalità di primo piano nell'ambito della scienza e della psicologia: Vittorio Girotto, psicologo cognitivo; Telmo Pievani, filosofo della scienza e biologo; Giorgio Vallortigara, docente universitario di neuroscienze cognitive. È un saggio che, nonostante in alcune parti l'abbia trovato abbastanza complesso, mi ha entusiasmato e che ho letto praticamente tutto in un fiato.

Descrive, in sostanza, i motivi di ordine evoluzionistico e psicologico per cui il nostro cervello tende in maniera innata a fraintendere la teoria di Charles Darwin dell'evoluzione per selezione naturale. Non a fraintendere, in realtà, ma a preferire alla casualità dell'evoluzione della vita, che è alla base della teoria darwiniana, quella del famoso disegno intelligente (divino o naturale che sia). C'è da premettere, a questo proposito, che lo stesso Darwin, che elaborò la sua rivoluzionaria teoria nell'Inghilterra vittoriana di metà Ottocento, questa difficoltà l'aveva ampiamente prevista e messa in conto. In molti passaggi del suo corposo epistolario scriveva esplicitamente di essere conscio che la sua scoperta avrebbe incontrato fortissime resistenze, fino ad accettare e mostrare perfino comprensione nei confronti dei tanti che non l'avrebbero capita e accettata. Perché tutto ciò? Perché era, ed è ancora oggi, una teoria che andava contro il senso comune dell'epoca, metteva in discussione secoli e secoli di pensiero, ormai definitivamente sedimentato, che vedeva nell'origine del mondo, della vita, delle cose non quella casualità oggi definitivamente accertata dalla genetica, dalla biologia, dall'antropologia, ma un progetto concepito da qualcuno o da qualcosa, da una mente suprema.

Nonostante sia passato più di un secolo e mezzo da Darwin, ancora oggi questa resistenza ad accettare il meccanismo evolutivo casuale è diffusissima. Il neo-creazionismo americano, che oggi sta conoscendo una diffusione notevolissima, non è nient'altro che la versione odierna di quel rifiuto generalizzato di accettare l'evoluzionismo di cui parlava Darwin nei suoi scritti. Questo succede perché, come già accennato, il nostro cervello si è evoluto in modo da trovare più facile, più semplice, più gratificante l'idea di un disegno, di un progetto concepito da un dio o comunque da una mente superiore, specie quando il prodotto di questo progetto è particolarmente complesso, come l'uomo o il mondo. Scrive a questo proposito Telmo Pievani: "Se camminando per una brughiera noi incappiamo in un artefatto, per esempio un orologio di pregiata fattura, siamo portati automaticamente a ritenere, in virtù della sua forma e delle relazioni complesse tra le sue componenti, che sia esistito un orologiaio che lo ha progettato e costruito. Sappiamo cioè che si tratta del prodotto di un'attività intenzionale. Se invece inciampiamo in una pietra, siamo autorizzati a pensare che essa si trovi lì da sempre, senza alcuna ragione particolare, per puro caso. Allo stesso modo, quando volgiamo lo sguardo all'universo, ci accorgiamo della sua straordinaria armonia e articolazione, ben superiore a quella di un orologio. Non possiamo che dedurne, a maggior ragione, l'esistenza di una mente suprema che ha progettato l'universo, proprio come l'orologiaio ha progettato il suo congegno. Possiamo adesso articolare lo stesso ragionamento osservando le ingegnose opere della natura sul nostro pianeta, gli adattamenti perfetti delle specie, le forme degli animali: l'organizzazione complessa delle loro parti non può essere il prodotto di un processo casuale come il rotolare di una pietra. È in azione un "disegno intelligente", la cui natura, fatte le debite proporzioni con l'orologio di foggia umana, non potrà che essere divina. La trasformazione delle specie non è negata per principio: l'evoluzione esiste, ma è il frutto di un'intenzione progettuale. Si tratta di un ragionamento intuitivo, immediato, che non richiede di considerare né i tempi lunghi di un processo di trasformazione né una sequenza di meccanismi, ma solo la riconoscenza di fronte allo spettacolo della natura in sé. È una forma di pensiero diretta e persuasiva che risponde all'istinto con cui la mente di ciascuno di noi associa la complessità di un sistema all'esistenza di un progetto e la funzione di un organo a un fine."

Questa descrizione di Pievani del fatto che il nostro cervello associa in maniera automatica la complessità di un sistema all'esistenza di un progettista, mi ha fatto venire in mente un episodio che mi capitò da piccolo e che, in virtù dei misteriosi meccanismi che regolano il funzionamento della selettività della nostra memoria, mi è rimasto impresso fino a oggi. Una domenica pomeriggio stavamo facendo una gita in macchina con tutta la famiglia e la strada, a un certo punto, attraversò un bosco, con le sue varietà di alberi intervallati ogni tanto da prati verdi. Mia mamma, che è sempre stata fervente credente, a un certo punto, mentre ammirava lo spettacolo offerto dalla natura, disse (vado a memoria): "E poi dicono che non esiste Dio. Come fanno a dirlo davanti a tutto questo?" La domanda che fece allora mia mamma mi è tornata in mente più volte proprio mentre leggevo questo libro, quasi a conferma degli assunti esposti dai suoi autori, e cioè l'automatica associazione tra un sistema complesso e un progettista. 

Perché la nostra mente ragiona così? Non c'è una risposta univoca a questa domanda, ma la teoria più accreditata dalla maggior parte degli studiosi è che questo modo di pensare abbia radici nell'evoluzione e sia il frutto di adattamenti che hanno avuto lo scopo di ottenere vantaggi per la specie. Scrivono gli autori (il neretto è mio): "La tendenza a un'iperattribuzione delle caratteristiche di agente e di intenzione sembra un tratto tipico della nostra specie. [...] Noi tendiamo naturalmente ad attribuire segni di intenzionalità simil-umana alle cose più diverse, dalle nuvole agli uragani, dalle rocce ai treni e ai vulcani. È come se fossimo ipersensibili ai segnali di intenzionalità, specialmente a quelli convogliati dal movimento. Ci sono buone ragioni evoluzionistiche per una tale accentuata sensibilità: meglio cauti che morti. È una buona idea, in generale, interpretare un ramo spezzato come segno del recente passaggio di un nemico o di un predatore, cioè di un agente causale, piuttosto che di un fenomeno fisico naturale, come l'azione del vento."

In questo contesto evolutivo si inseriscono anche le nozioni soprannaturalistiche e le credenze religiose, peculiarità esclusive della nostra specie. Dal punto di vista darwiniano le religioni hanno rappresentato una formidabile forma di "collante" che ha permesso a determinati gruppi umani di ottenere vantaggi notevolissimi per se stessi a scapito di altri. Allargando il discorso - questa cosa la scriveva Yuval Noah Harari nel suo libro Sapiens, da animali a dèi, di cui ho parlato qui -, la capacità solo umana di immaginare cose che non esistono, come le religioni, le leggi, le istituzioni, le idee, e di fare sì che attorno ad esse si aggregassero e cooperassero gruppi umani composti da centinaia di migliaia, ma anche milioni, di individui è ciò che ha permesso a noi Sapiens Sapiens di sbaragliare la concorrenza. La nostra specie, in altre parole, ha conquistato il pianeta grazie alla sua immaginazione. Questo, naturalmente, mette in una prospettiva diversa e nuova la questione religiosa. Scrivono gli autori: "Le credenze sovrannaturali affondano le loro radici in alcuni meccanismi, quelli della psicologia intuitiva, che sono parte integrante dei nostri normali processi cognitivi; che sono anzi così importanti da definire la natura stessa della nostra umanità (giacché il modulo per l'attribuzione di stati mentali agli altri individui raggiunge la sua massima sofisticatezza nella nostra specie) e che nel caso in cui siano assenti o deficitari a causa di una patologia, come nell'autismo, rendono problematica la stessa sopravvivenza. Le credenze sovrannaturali, perciò, non devono essere considerate sinonimo di immaturità mentale, bensì il sottoprodotto naturale di una mente che si è evoluta per pensare in termini di obiettivi e intenzioni."

In questo libro, che io ho cercato di riassumere malamente in un post, si cerca in pratica di spiegare perché la nostra mente ragiona così. Quello che oggi la moderna psicologia e antropologia spiegano in maniera chiara ed esaustiva, Darwin l'aveva già intuito nella sua epoca, e furono proprio queste sue intuizioni che lo portarono a predire l'insuccesso e gli enormi ostacoli che avrebbe incontrato la sua scoperta. Paradossalmente, fu proprio un prodotto dell'evoluzione (l'idea intuitiva di un progettista) a rappresentare il maggior ostacolo alla sua comprensione. Ma questo fu, e il fatto che Darwin abbia lottato tenacemente in difesa della sua teoria (le battaglie contro i pregiudizi e contro il comune sentire sono le più difficili da combattere) non ha fatto altro che certificarne la grandezza.

Il nostro essere niente

Leggo nel saggio Nati per credere: "Torniamo un attimo a quanto dicevamo [...] a proposito dell'impensabilità radicale della morte per noi incapaci di immaginare l'inevitabile limitatezza delle nostre soggettività intenzionali. Dopo Darwin l'idea che le nostre esistenze siano brevi periodi di intenzionalità soggettiva che si instaura tra la nascita e la morte, che prima non c'eravamo e che dopo non ci saremo più, che veniamo da un buio di non esistenza al quale torneremo, può essere estesa alla possibilità che anche la storia naturale della nostra specie sia inscritta nel medesimo destino di finitudine. Sono fatti empirici a suggerirlo. Il 99% di tutte le specie vissute sulla Terra è già estinto. Homo sapiens è nato meno di 200.000 anni fa in Africa orientale e da qui a qualche tempo, come è successo per tutte le altre specie, non ci sarà più. La Terra stessa che ci ospita ha avuto un'origine, 4,5 miliardi di anni fa, e scomparirà insieme al Sole, quando questo esploderà fra 5 o 6 miliardi di anni. Quando succederà, si tratterà di un evento del tutto marginale nella storia del cosmo: la fine di una piccola stella posta alla periferia di una delle 50 miliardi di galassie dell'universo."

Ogni tanto credo faccia bene leggere queste cose, se non altro per riacquistare il giusto senso delle dimensioni e delle proporzioni tra la nostra ipertrofia egoica, la nostra illusione antropocentrica che ci fa immaginare di essere i signori dell'universo, e la nostra reale, profonda e completa insignificanza all'interno del suddetto universo. 

Sto leggendo un saggio che non smette di meravigliarmi. Ne scriverò esaustivamente non appena l'avrò terminato.

domenica 19 settembre 2021

Due mancati medici

Leggo che Umberto Bossi ha compiuto in questi giorni ottant'anni. Casualmente, sempre in questi giorni sto leggendo un libro su Darwin. C'è correlazione tra le due cose? A prima vista no, ma Darwin e Bossi hanno qualcosa in comune: sono entrambi medici mancati. Tutti e due hanno iniziato gli studi di medicina senza concluderli; Darwin perché non era attirato per niente dagli studi medici e aveva repulsione per le dissezioni dei cadaveri, Bossi non si sa bene perché, si sa solo - si legge su Wikipedia - che raccontava alla prima moglie di recarsi regolarmente alle lezioni universitarie mentre in realtà se ne andava chissà dove.

Le analogie tra i due finiscono qui, poi comincia l'abisso; Darwin è stato uno dei più grandi scienziati mai esistiti sul pianeta, che con l'elaborazione della teoria dell'evoluzione per selezione naturale ha per primo spiegato perché oggi siamo qui e perché siamo fatti così, mentre Bossi è stato una delle tante nullità diventate qualcuno per caso grazie alla politica. Al contrario del grande scienziato inglese, che ha dato un contributo enorme al progresso e alle conoscenze umane, il senatùr ha avuto il merito di contribuire in modo importante alla regressione umana, culturale, etica e morale iniziata nel nostro paese qualche decennio fa. Fine.

Tra cento o mille anni di Darwin si parlerà ancora, di Bossi non resterà traccia alcuna.

Amore

Sto leggendo un libro che mi sta letteralmente facendo amare Charles Darwin. Più di quanto lo amassi già.

sabato 18 settembre 2021

I rincari e mia nonna

Ogni volta che leggo degli imminenti, tradizionali rincari di energia elettrica e gas mi viene sempre in mente il periodo in cui abitavo con mia nonna. Ebbene sì, sono abbastanza vecchio da poter raccontare di aver vissuto, per alcuni anni della mia primissima infanzia, con mia nonna Tina nella "casa vecchia", in campagna. Non ci stavo per tutto l'anno, ma solo in alcuni periodi durante l'estate, quando i miei erano impegnati al mare con la pensione. Solo saltuariamente in inverno.

L'energia elettrica mi pare ci fosse già ma niente gas né acqua corrente. C'era un camino in cucina, mentre nella sala una vecchia stufa a kerosene. L'acqua si prendeva dal pozzo di fuori e si scaldava mettendola in un pentolone vicino al camino. L'acqua calda per cucinare e cuocere la pasta, invece, si otteneva facendo bollire una pentola sulla stufa a kerosene. Il kerosene, quando finiva, andava a prenderlo a Santarcangelo mio nonno con la 500, con una apposita tanica che poi sistemava sul sedile dietro. La legna per il camino, invece, la si acquistava da un venditore della zona che poi provvedeva a consegnarcela col suo camion. Le camere erano di sopra, al primo piano, ed erano ovviamente senza riscaldamento. Durante l'inverno si dormiva sotto pesanti coperte di lana e nel letto, sotto le suddette coperte, si teneva il "prete", che non era il parroco ma... vabbe', se non sapete cosa era vuol dire che siete ancora giovani :-)

Era un tipo di vita spartana, richiedeva capacità di adattamento notevoli; vista con gli occhi di oggi poteva sembrare un tipo di vita pieno di sacrifici, ma contestualizzata al periodo non lo era affatto. Avere una stufa a kerosene, ad esempio, era allora considerato avveniristico. Tutto sta a sapersi a rapportare ai tempi. Oggi, con le moderne caldaie, il gas, l'elettricità, che permettono di avere acqua alla temperatura desiderata a qualsiasi ora, magari semplicemente chiedendolo ad Alexa, queste cose fanno sorridere. Allora no. A quei tempi mia nonna avrebbe sorriso vedendo le nostre incazzature causate da quegli aumenti del 30/40% delle bollette.

Depenalizzazione della cannabis

Stamattina ho firmato la richiesta di referendum per la depenalizzazione della cannabis. A differenza di quello sull'eutanasia, che ho sottoscritto in maniera convinta, su questo qualche dubbio ce l'avevo. Mi sono messo allora, come faccio sempre in questi casi, a leggere e a documentarmi in maniera approfondita riguardo alle motivazioni dei favorevoli e dei contrari. Alla fine ho trovato molto più convincenti e razionali le ragioni dei favorevoli e ho firmato.
Ho poi letto che il numero di firme necessarie, 500mila entro la fine di settembre, sono già state raggiunte qualche giorno fa e quindi la mia firma, e quella di chi lo farà da qui in avanti, sono una specie di di più, che comunque non guasta.

venerdì 17 settembre 2021

Domande che mi pongo

Il romanzo Lo sbaglio, dello scrittore greco Antonis Samarakis, è di una noia mortale, lo tiro a finire solo perché è scorrevole e le pagine vanno veloci. Pensare che - leggo nel risvolto di copertina - è stato tradotto in più di trenta lingue, e sempre nel risvolto sono riportati giudizi entusiasti di Agatha Christie, Graham Greene, Arthur Miller, oltre a testate come The New York Times e The Observer. Mi viene da pensare che o io non capisco un cavolo di libri o molti di quei giudizi sono inventati.

La signora Palombelli e gli uomini esasperanti

Pare che ieri, in una trasmissione televisiva, la signora Palombelli, riguardo alla gravissima questione degli uomini che uccidono le donne, abbia detto: "A volte però è lecito anche domandarsi: questi uomini erano completamente fuori di testa, completamente obnubilati, oppure c’è stato anche un comportamento esasperante e aggressivo anche dall’altra parte?" 

Ho riletto un paio di volte quanto dichiarato dalla conduttrice, cercando qualche appiglio semantico che permettesse di non giungere alle conclusioni a cui inevitabilmente si giunge leggendolo, e cioè che parte della responsabilità di un femminicidio potrebbe essere addebitata alla vittima in virtù di certi suoi atteggiamenti o comportamenti, un po' l'equivalente del "se l'è cercata" riguardo agli stupri, ma non ne ho trovato alcuno. 

Rimane da capire se è possibile che la signora sia stata così sprovveduta da non intuire la gravità di quanto affermato, oppure, più maliziosamente, che sapesse benissimo le implicazioni di quanto detto ma l'abbia detto lo stesso per motivi o calcoli suoi.

Sapere di non sapere

Questa bellissima mini-lezione di Telmo Pievani sull'ignoranza, spunto da cui parte per parlare anche di altro, mi ha un po' rincuorato. C'è un'ignoranza buona e una cattiva, dice lo scienziato, ma la vera ignoranza non è quella di chi non sa ma quella di chi si rifiuta di sapere, di chi mette in atto qualsiasi meccanismo o strategia per evitare di imparare cose nuove. E queste strategie possono avere diverse cause: ideologiche, politiche; possono essere dovute a indifferenza, interesse. Quando Donald Trump, ad esempio, ripeteva su twitter che i cambiamenti climatici sono una costosa bugia, mentiva sapendo di mentire, aveva tutto l'interesse, cioè, a nascondere una cosa che si sa e che è riconosciuta dagli stessi americani (la locuzione climate change l'hanno inventata loro).

C'è poi un'ignoranza incolpevole, diciamo così, che è quella di chi non sa di non sapere, e qui il discorso si allaccia ai social network. Chiunque bazzichi sui social si sarà sicuramente imbattuto in una delle innumerevoli, estenuanti e lunghissime discussioni su qualsiasi argomento imbastite dai tanti che credono di sapere tutto mentre in realtà non sanno niente. Pievani ne parla negli ultimi cinque minuti del suo intervento, chiedendosi se un giorno sarà possibile trasformare i social network in un luogo costruttivo, in cui il posto della sicumera dilagante e ottusa sarà preso dal dubbio, dalla curiosità, dalla voglia di imparare da chi ha realmente una competenza. Personalmente penso che sia pura utopia, ma magari sbaglio e in futuro sarà davvero così.

Perché mi ha rincuorato questa mini-lezione di Pievani? Perché io, che non ho studiato e non so niente, sono conscio di non sapere ma non metto in atto strategie per evitare di imparare cose nuove, faccio l'esatto contrario, e un po' mi sento inquieto come lo erano Galileo o Darwin. Darwin, dice Pievani, è stato un uomo inquieto per tutta la vita, ammantato da una frustrazione che nasceva dalla consapevolezza che le cose che aveva imparato e scoperto erano una minima parte di ciò che ancora rimaneva da scoprire, e che la sua vita non gli sarebbe bastata per farlo.

In fondo, coi doverosi distinguo, è la stessa frustrazione che provo io quando nella mia libreria continuo ad accumulare libri che forse non leggerò mai; quando nella sezione "Guarda più tardi" di Youtube continuo a salvare lezioni e conferenze di Pievani, Galimberti, Barbero, Tonelli, Cacciari, Andreoli, Barbujani, Hack, Giorello ecc., pur sapendo che non avrò mai tempo sufficiente per guardarle tutte. Ma continerò a farlo lo stesso: so di non sapere, ma non mi arrendo.

   

giovedì 16 settembre 2021

Terra spaccata

Oggi pomeriggio, camminando, ho incontrato la "marchigiana". È un'anziana signora, una contadina, che abita su in collina e che se ne sta sempre seduta su una sedia vicino alla porta di casa che dà sulla stradina. La saluto come faccio sempre: "Buon pomeriggio!" Lei mi guarda e mi sorride, come al solito. Ma è un sorriso che si spegne subito. 
"Non è un buon pomeriggio," mi risponde in un tono tra il triste, l'arrabbiato e il rassegnato. "Perché?" le chiedo rallentando la camminata. "Perché non piove da troppo tempo, la terra è secca, è crepata, è spaccata, è bruciata, e se non piove come facciamo, noi, a lavorarla?" Non ho saputo cosa risponderle. Ho accennato un laconico "Mi dispiace". Avrei voluto aggiungere qualcosa ma non sapevo cosa.

L'uomo che guarda


Non avevo mai letto nulla di Moravia. Così, a pelle, ho sempre avuto l'idea che fosse il classico scrittore ermetico, introspettivo, psicologico, quindi riguardo a questo romanzo, il primo suo che ho letto, mi ero creato certe aspettative, mettendo pure in conto un suo abbandono in corso di lettura. In parte queste aspettative sono state soddisfatte. L'uomo che guarda narra le vicende di un professore di lettere 35enne, Edoardo, ex sessantottino in perenne conflitto ideologico col padre (nel '68 erano dalle parti opposte della barricata), che ama guardare, osservare lo svolgersi della propria vita e di quella degli altri.

Vive in un grande appartamento a Roma assieme alla moglie Silvia e al padre, un anziano "barone" universitario. Il suo voyeurismo, sia erotico che esistenziale, lo porterà, un passo alla volta, a scoprire la relazione clandestina tra sua moglie Silvia e l'anziano padre, una scoperta che lo sconvolgerà e che, inevitabilmente, modificherà i rapporti tra i protagonisti e aprirà la porta a una lunga serie di domande relative al suo rapporto matrimoniale e al rapporto col padre.

In una delle sue riflessioni, Edoardo dice: "Alla fine mi dico che, in realtà, io non voglio né sono capace di accettare il nuovo rapporto creato tra mio padre e me dalla scoperta del suo rapporto con Silvia. La vita è una questione di rapporti, non di giudizi morali; e bisogna rendersi conto in tempo che un rapporto nuovo modifica tutti gli altri che preesistevano."

È un romanzo ad alto tasso di erotismo ma anche introspettivo e dalle molteplici ramificazioni psicologiche. Alcuni anni fa Tinto Brass girò un film ispirato a questo libro.

Senza internet

Secondo giorno senza adsl in casa. I tecnici Tim dicono che si tratta di un guasto generalizzato in zona, tenteranno di risolvere entro oggi. Nel frattempo mi attacco al wi-fi aperto del bar di fianco a casa. Realizzo che essere senza connessione, oggi, è quasi come essere senza aria.

mercoledì 15 settembre 2021

Libri letti da altri

Leggere libri comprati al mercatino dell'usato significa, spesso, imbattersi in sottolineature, segni, note lasciati dal precedente proprietario del libro. In qualche modo credo sia possibile farsi una vaga idea della sua personalità proprio dalle frasi sottolineate e dai concetti evidenziati. Il tipo che prima di me ha letto L'uomo che guarda, di Alberto Moravia, immagino sia in qualche modo gravemente attirato dal sesso.

Referendum digitali

Quando avevo firmato per il referendum sull'eutanasia non era ancora stata introdotta la possibilità di farlo per via telematica tramite SPID e l'avevo quindi firmato nella maniera tradizionale, recandomi di persona a un banchetto in piazza a Santarcangelo. Da qualche settimana questa possibilità esiste e la relativa comodità di poterlo fare tramite cellulare senza muoversi da casa ha dato un notevole impulso alle altre iniziative referendarie in cantiere, come quella sulla abolizione della caccia e la legalizzazione della cannabis.

La proposta referendaria per l'abolizione della caccia la condivido e la sottoscriverò, quella relativa alla legalizzazione della cannabis la devo ancora valutare bene, ma sono orientato a sottoscrivere anche questa.

Scrive Il Post che la relativa facilità con cui è possibile raggiungere il quorum grazie al sistema di sottoscrizione digitale sta facendo storcere il naso a qualcuno, tanto che già si pensa di portare il numero di firme necessario per richiedere un referendum da 500mila a 800mila. C'è però uno scoglio di notevoli dimensioni da superare per poter ottenere questo risultato. Le 500mila firme necessarie sono infatti previste dalla Costituzione in un apposito articolo, che per essere modificato richiede una lunga e complessa procedura di revisione costituzionale. Ci provò Renzi nel 2014 ma senza fortuna (non ha mai avuto molta fortuna con le modifiche alla Costituzione, come è noto).

Comunque, in generale, questa possibilità di sottoscrivere referendum tramite firma digitale è sicuramente apprezzabile. Rimane comunque - almeno così dicono - anche la possibilità di farlo recandosi ai banchetti. In fondo, parlare faccia a faccia coi promotori, scambiare opinioni, è sempre buona cosa.

Modena e Pàvana

Ieri ho concluso la tre giorni sull'Appennino tosco-emiliano facendo una veloce tappa a Modena, prima di rientrare nella mia amata Santarcangelo. I portici del centro storico di Modena assomigliano un po' a quelli di Bologna: stessa fattura, stessa umanità che vi cammina sotto, fatta di giovani annoiati, signore con la borsa della spesa, persone che parlano al cellulare in tutte le lingue del mondo e qualche mendicante. Come in tutte le grandi città ho notato quella lieve forma di degrado fatto di biciclette male in arnese abbandonate, accenni di sporcizia lungo i viali più periferici, persone che camminano sotto gli anonimi palazzoni con fare sospettoso e lievemente intimorito, come se si guardassero dal pericolo imminente di essere aggredite da qualcuno. Su uno dei grandi viali che dalla stazione degli autobus, dove ho parcheggiato, conducono al centro storico mi sono imbattuto in una rissa tra alcuni giovani, e lì mia moglie mi ha sollecitato ad accelerare il passo. 

Per motivi di tempo mi sono limitato a visitare Piazza Grande, Palazzo Ducale e il duomo: bellissimi. Il duomo, in particolar modo, in stile romanico e con la Ghirlandina di fianco, mi ha ricordato vagamente il bellissimo duomo di Bergamo, che visitai in luglio mentre trascorrevo qualche giorno in Val Seriana. 

Alcune immagini del duomo e di Piazza Grande.







Prima di arrivare a Modena ho fatto tappa a Pàvana. Pàvana è un piccolo borgo appenninico, poche case, che si trova sulla Porrettana a una manciata di chilometri da Pistoia. Qui, anni fa, si è ritirato a vivere Francesco Guccini, uno dei miei miti musicali e letterari di sempre, e io sono venuto in questo posto semi-sperduto proprio con la speranza di vederlo e magari strappargli un autografo e un selfie. Purtroppo, niente da fare.

Inizialmente mi sono recato al mulino di proprietà della sua famiglia che si trova fuori Pàvana, tra i boschi, e fiancheggia il fiume Limentra, dove so che abita e dove ha registrato e inciso il suo ultimo album in studio prima del ritiro dall'attività musicale: L'ultima Thùle. Purtroppo il mulino, raggiunto dopo una abbastanza impegnativa scarpinata, l'ho trovato chiuso e una signora lì nei paraggi mi ha detto che Guccini non abita più lì da tempo ma nella sua casa nel borgo di Pàvana. Sono quindi risalito in auto e mi sono fermato nell'unico bar della frazione, che dà sulla Porrettana, uno di quei piccoli e anonimi bar che all'occorrenza vendono anche giornali e qualche genere alimentare, con i due o tre vecchi di paese di fuori al tavolino che giocano a carte e parlano di come si stava bene ai loro tempi, tipo gli avventori dei bar di certi romanzi di Marco Malvaldi. 

Sono entrato e ho notato subito, appesa a una parete, una fotografia in cui si vedono Guccini e Ligabue al banco del bar che ridono e bevono qualcosa. Ho chiesto alla ragazza del bar dove abiti Guccini e lei, con l'aria leggermente contrita, mi ha indicato la casa che si vede dalla vetrata del bar dall'altra parte della strada. Poi mi ha detto che Francesco, da quando abita lì, ha sempre ricevuto chiunque si presenti alla sua porta per autografi, foto, chiacchiere. Purtroppo, da quando è comparso il covid, sua moglie l'ha segregato in casa (sorride) e non riceve più nessuno. D'altra parte ha ormai più di ottant'anni. Sono uscito dal bar e mi sono avvicinato al cancello aperto, mi sono inoltrato lungo il vialetto, sperando magari di vederlo di fuori, ma niente da fare. Sono stato tentato di arrivare al portone e suonare, ma poi, a malincuore, alla fine ho deciso di lasciare perdere. Pazienza. 

Come consolazione mi sono fatto fare da mia moglie una foto davanti all'entrata del suo mulino. Magrissima consolazione.


martedì 14 settembre 2021

Libri già letti

Non è la prima volta che mi succede: comincio a leggere un libro e mi accorgo, prima o dopo, di averlo già letto. Mi è accaduto recentemente con Ti prendo e ti porto via, di Niccolò Ammanniti, e mi è accaduto in questi giorni con La rabbia e l'orgoglio, di Oriana Fallaci. Forse sono cose che succedono, specie quando si leggono decine e decine di libri ogni anno, o forse è l'età che avanza, chi lo sa? 

Ma l'aspetto curioso della faccenda è che il libro della Fallaci mi sono accorto di averlo letto dopo averlo terminato. Stavo per iniziare a scrivere qualche impressione qui sul blog quando ho trovato, seguendo l'etichetta Oriana Fallaci, il post in cui l'avevo già recensito. Tanto vale, quindi, linkare quello. Nel frattempo io vado a farmi qualche domanda sulle implicazioni dell'età che avanza.

lunedì 13 settembre 2021

Femminicidi

Spulciando il sito dell'Ansa ho letto che oggi due donne sono state uccise dal marito, una in Lombardia e una in Calabria. Poi mi è venuto in mente che anche ieri avevo letto di un femminicidio, e anche il giorno prima. Per curiosità sono andato a cercare qualche numero. Nel 2020 in Italia sono state uccise 71 donne dai rispettivi partner o ex partner. Quest'anno, alla data di oggi, 13 settembre, sono 46. Così, a occhio, se il trend rimarrà costante, in questo 2021 le donne uccise dai partner potrebbero essere in numero superiore rispetto all'anno passato, e quel 71 dell'anno scorso era già superiore alle 69 del 2019.

A me sembra che ci siano tutti gli estremi per parlare di emergenza, ma mi pare che non siano in molti a concepirla in questo modo. Ogni volta che succede, e ormai succede quasi giornalmente, appare la notizia e poi quasi subito sparisce, inghiottita dal fiume in piena di notizie che invadono le home page dei siti. Forse si tende a non classificare il fenomeno del femminicidio come emergenza perché consci che si tratta del classico problema senza soluzione. D'altra parte, ogni volta che succede si tende sempre a tirare in ballo il famoso raptus, e per definizione i raptus non si possono né prevedere né, quindi, prevenire.

Ma si tratta veramente di raptus? Tempo fa sentii Umberto Galimberti (qui) che in una trasmissione televisiva diceva che i raptus sono fantapsicologia, non esistono, si tratta di invenzioni prodotte dal senso comune che cerca sempre una giustificazione, e le cause di questi atti omicidi vanno ricercate nelle biografie di chi li compie. Non so se sia così, non sono assolutamente competente in materia. Sia come sia, il problema rimane, e la mancanza di una sua soluzione pure.

domenica 12 settembre 2021

Ma qualcuno controlla il Green pass?

Un giorno, speriamo presto, finiremo anche di parlare di Green pass, perché nella vita tutto passa e anche lui inevitabilmente passerà. Ma fino a quel giorno con questo benedetto documento verde dovremo farci i conti, perché possederlo o non possederlo è ciò che fa la differenza tra vivere una vita normale e una vita da pària. 

In realtà non so se sia davvero così, almeno per ciò che riguarda l'accesso ai locali pubblici. Non sono un frequentatore assiduo di ristoranti, pizzerie e compagnia bella, ma capita che a volte ci vada, specialmente nei bar (colazione con cappuccino e brioche, la mattina presto prima di andare al lavoro, è un rituale al quale rinuncio con fatica). Bene, a me il Green pass non l'ha mai chiesto nessuno. L'unica volta che è successo è stato in una pizzeria di Cesena in cui mi sono recato un sabato sera in agosto con alcuni amici. Per il resto, niente. Oppure mi è stato chiesto sulla fiducia. "Lei ha il Green pass?" "Sì, glielo mostro." "No, non ha importanza."

Come non ha importanza? E allora cosa me lo chiedi a fare? È come se a un posto di blocco la polizia mi chiedesse se ho la patente di guida ma senza volerla vedere. Questa cosa nella giornata di oggi mi è successa ben due volte, in un bar a Santarcangelo e in un ristorante a Porretta Terme. In entrambi i casi i gestori si sono limitati a chiedere a me e a mia moglie se avessimo il Green pass ma senza volerlo controllare. A questo punto che differenza fa averlo o non averlo?

Ora, non dico che questa cosa sia la regola, non pretendo che la mia esperienza sia generalizzata, ma qualche domanda e qualche perplessità mi sorgono. Tutte le discussioni, le proteste, le litigate sui social e fuori a causa del Green pass a cosa servono se poi all'atto pratico nessuno lo controlla?

Vabbe', Green pass o non Grenn pass, mi sono capitati tra capo e collo tre giorni di ferie e ne ho approfittato per scappare da Santarcangelo e rifugiarmi tra i boschi dell'Appennino tosco-emiliano, sulle montagne del Corno alle Scale. Ho con me il mio fidato Green pass, ma so già che tanto non me lo chiederà nessuno. Queste qui sotto sono alcune immagini di Porretta Terme. 

sabato 11 settembre 2021

Bella d'estate

Mango è stato un cantautore che ha scritto musiche molto belle, raffinate, evocative, tanto che era molto apprezzato anche da Battiato. 

Oggi pomeriggio mi ronzava in testa questo suo vecchio pezzo che ascoltavo, ricordo, quand'ero giovane. Mi sono seduto al pianoforte e ne ho accennato alcune battute, improvvisando un po' (andavo a memoria). 

È una registrazione alla buona: cellulare appoggiato di fianco alla tastiera e finestre della sala aperte, col rumore delle macchine che passavano sulla strada a fare da sottofondo. A condire il tutto, il pianoforte leggermente scordato (mi riprometto ormai da un anno di farlo accordare ma rimando sempre, in perfetto stile dei nostri politici). Mango, da di là, mi perdonerà l'affronto.

11 settembre

L'11 settembre di vent'anni fa, mentre le torri crollavano, ero su un camion e percorrevo la tratta Ravenna - Santarcangelo carico di giornali, le rese stagionali delle edicole del comprensorio di Ravenna e dei lidi ferraresi. Non avevo ancora il cellulare, all'epoca, ma mentre guidavo sentivo alla radio ciò che stava succedendo. In particolare, ricordo la voce concitatissima di Enrico Mentana che raccontava in diretta la tragedia. 

In ogni posto in cui mi fermavo a caricare mi accorgevo dell'apprensione e della paura vera delle persone con cui parlavo, che apprendevano dalle immagini delle dirette televisive i dettagli dell'atto terroristico. Ricordo che anche io avevo paura, non era difficile capire che stava succedendo qualcosa di completamente nuovo e dalle implicazioni future imprevedibili. 

Rientrai in azienda verso le sei del pomeriggio, quando le torri erano crollate e tutto era compiuto, e ricordo l'affannarsi concitato del personale aziendale per organizzare al meglio il lavoro della notte che sarebbe arrivata, a causa dell'aumento impressionante di tiratura dei principali quotidiani, che poi noi avremmo dovuto distribuire e consegnare alle edicole.

Vent'anni sono quasi una generazione e chi, come le mie figlie, all'epoca era troppo piccolo per capire la portata di quello che stava succedendo, tende oggi a inserire quei fatti nell'ambito delle normali conoscenze storiche che si leggono sui libri. Sì, si sa che è accaduto ma rimane un fatto comunque "lontano", che non ha inciso più di tanto la coscienza, un fatto paragonabile a una delle tante vicende di storia passate che si leggono sui libri di scuola. Per chi l'ha vissuto, invece, nonostante la inevitabile sedimentazione di quella tragedia dovuta al trascorrere dei decenni, l'incisione rimane.