Pagine

martedì 31 gennaio 2017

I veri dittatori

Mark Zuckerberg è uno dei nomi più noti che si sono pubblicamente schierati contro il "dittatore Trump". La cosa non è ovviamente passata inosservata dalle parti del Giornale, dove il neo eletto presidente USA è particolarmente amato e apprezzato. Ecco quindi che stamattina zio Tibia ha dato alle stampe un altro dei suoi leggendari editoriali-bastone, in perfetto stile metodo Boffo, con cui ha provato a bastonare il padrone del social network più usato al mondo. Trump è un dittatore? Ma va' là, il vero dittatore è Zuckerberg, che sul suo social "detta a suo piacimento regole e condizioni". E mica va bene, scherziamo? Come si permette il padrone di casa di pretendere che in casa sua si rispettino le regole che vuole lui? (Regole, tra l'altro, che all'utente vengono notificate all'atto dell'iscrizione e che è liberissimo di rifiutare qualora non gli stiano bene.) Ma mica finisce qui. Vogliamo tralasciare che Zuckerberg è uno spione ("entra nelle [...] vite con metodi subdoli senza alcuna garanzia di riservatezza come fanno gli spioni")? Uno che ha il potere di controllare l'informazione globale ("questi capi di Stato controllano anche l'informazione primaria generata in tutto il mondo dai loro social")? Uno che si diverte a "pagare meno tasse possibile usando tutti i trucchi già noti ai furbetti e al malaffare, tipo le sedi legali in paradisi fiscali"?
Poi, magari, a qualcuno con un minimo di memoria storica potrebbe venire all'improvviso un flash, e ricordarsi, a proposito di spioni, che il da Sallusti amato cavaliere, nonché ex padrone del Giornale, si è beccato alcuni anni fa una bella condanna per aver diffuso proprio sul Giornale diretto da zio Tibia un'intercettazione coperta da segreto istruttorio con lo scopo di danneggiare un avversario politico (Prodi). Poi qualcuno si potrebbe ricordare, a proposito di paradisi fiscali e furbetti del malaffare, che il tipo delle cene eleganti è da sempre un affezionato beneficiario dei servigi offerti dalle famose società offshore di cui Sallusti accusa (senza prove, solo facendo illazioni) Zuckerberg di beneficiare. E si potrebbe continuare. In pratica, Sallusti ha rinfacciato a Zuckerberg di fare le stesse cose che Berlusconi fa da una vita.
Probabilmente gli è sfuggito.

lunedì 30 gennaio 2017

Scarafaggi

Avete presente gli scarafaggi? Quegli insetti abbastanza schifosi, chiamati anche comunemente blatte (sono della famiglia dei Blattoidei), che amano scappar via a grande velocità non appena si aziona un interruttore elettrico e in un ambiente si passa dall'oscurità alla luce? Ecco, mi sono venuti in mente quando, a ormai parecchie ore dall'accaduto, nessuno dei suddetti scarafaggi, in altre occasioni sempre così solerti a riempire di tweet cretini le loro pagine, ha ancora postato alcunché su quanto successo in Canada.

domenica 29 gennaio 2017

La lingua batte dove il dente duole



A dire il vero ho preso in mano questo libro senza troppa convinzione, immaginando che l'avrei trovato a tratti parecchio palloso. Mi sono ricreduto dopo le prime dieci pagine, e mi è piaciuto talmente che è probabile che in futuro lo rileggerò di nuovo. Molto brevemente, si tratta di un dialogo tra Andrea Camilleri e Tullio De Mauro, purtroppo recentemente scomparso, incentrato sulla lingua italiana: come è nata, come è cambiata, come sta cambiando, l'influenza dei dialetti sulla sua nascita, il tutto abbracciando un arco temporale che va dal Trecento ad oggi, passando attraverso Dante e Boccaccio e arrivando fino a noi. Cito dal retro di copertina: "Cos'è la lingua, e cos'è il dialetto? Cosa esprimiamo con l'una e cosa con l'altro? In un susseguirsi di riflessioni, aneddoti, memorie, in cui trovano posto Manzoni e Gassman, Pasolini e il commissario Montalbano, oscuri maestri elementari e professori di educazione fisica, poesia, romanzo e teatro, i due autori raccontano come la lingua esprima chi siamo veramente."
È un libro che consiglio a chi ama la lingua italiana e desidera saperne di più su di essa. Io l'ho trovato bellissimo.

Lo può fare?

Lo può fare? Sì, lo può fare. È democratico? Sì, è democratico. Trump sta eseguendo alla lettera quanto promesso in campagna elettorale, e la maggioranza che lo ha messo su quella sedia ce lo ha messo sulla base di quel programma. È inutile protestare adesso, ormai è tardi, c'è da chiedersi semmai come sia stato possibile arrivare a questo punto, e le risposte sono tante, ognuno ha la sua, probabilmente anche le legioni di progressisti sulla carta che non sono riusciti a impedire questo scempio hanno la loro.
Personalmente, ho i conati quando vedo i ghigni di soddisfatta approvazione per l'operato di Trump da parte di certi politicanti nostrani, quelli che un posto al sole ce l'hanno sempre e le chiappe al caldo pure.

sabato 28 gennaio 2017

In Russia picchiare moglie e figli non sarà più reato?

Quando i giornaloni nostrani la smetteranno coi titoloni acchiappa clic, forse sarà possibile farsi un'idea più precisa dei fatti che i relativi articoli vorrebbero illustrare. Se si dà infatti retta a come titolano Corriere e Repubblica ("Russia, picchiare la moglie non è reato" e "Mosca, picchiare moglie e figli non sarà più reato") è facile trarre frettolose conseguenze. Ma le cose non stanno così, sono un pelino più complesse, e si sa che illustrare la complessità non è mai stato molto di moda. Riassumendo, la nuova legge prevede che alcune forme di violenza domestica, riguardanti i rapporti tra genitori e figli e tra coniugi, siano declassate da reato penale a illecito amministrativo, ma ciò avviene solo quando non si tratti di violenze reiterate (deve essere la prima volta) e solo nel caso in cui non si siano procurate lesioni che richiedano cure ospedaliere o congedi dal lavoro, in tutti gli altri casi il reato rimane di tipo penale. Mi pare sia parecchio differente da come ce la raccontano i titoli.
Fatta questa doverosa distinzione, si può comunque dire che si tratta di una pessima legge, ed è quanto meno ridicolo l'intento che secondo il legislatore dovrebbe soddisfare: salvaguardare l'integrità delle famiglie quello ufficiale, lavare i panni sporchi in famiglia quello reale. Ancora più ridicolo l'assunto secondo il quale l'introduzione di queste modifiche porterebbe a una riduzione del numero di aggressioni in famiglia - lo ha dichiarato tale Olga Batalina, una delle sostenitrici della legge, citando il pensiero di un non meglio precisato campione di intervistati. Come poi sia possibile che da un reato depenalizzato ne consegua una sua minore diffusione, beh, questo ce lo dovrebbero spiegare i promotori della legge, tra i quali c'è anche la senatrice Elena Mizulina, già autrice della legge contro la propaganda gay. E ho detto tutto.

giovedì 26 gennaio 2017

Tempo che non basta mai

Leggere e scrivere sono due attività che richiedono tempo, e sono due attività che amo, quindi a volte sono costretto a scegliere tra le due, perché quando arrivo a casa alle quattro del pomeriggio, dopo nove ore di magazzino, il tempo che mi resta non è molto, e poi una volta arrivato a casa spesso ho altre cose da fare, incombenze da sbrigare, faccende da ultimare ecc. Vorrei una vita con più tempo libero da dedicare ai miei interessi. Grazie, direte voi. Eh, lo so, ma che ci devo fare? È anche per questo che mi irrito quando, certi pomeriggi, al rientro dal lavoro vedo nugoli di ragazzotti fuori dei bar a cazzeggiare senza nulla da fare, seduti sui loro motorini. E mi chiedo perché non si appassionino di qualcosa, perché non trovino qualcosa di interessante da fare. Certo, il mio lavoro, rispetto ad altri, mi offre dosi di tempo libero superiori, e quindi dovrei teoricamente starmene zitto e smettere di lamentarmi, eppure a me non basta e quindi mi lamento. D'altra parte un blog serve anche per lamentarsi, no?

Italicum

L'Italicum dichiarato parzialmente illegittimo, ieri, dalla Corte costituzionale, è lo stesso Italicum che è stato imposto da Renzi con ben tre voti di fiducia, ed è la legge elettorale che, blaterava, "tra cinque anni sarà stata copiata da mezza Europa" (23.3.2015). Non si hanno ad oggi notizie di quale sia la mezza Europa che ha intenzione di copiarla, si hanno solo notizie di una delle tante leggi alla cazzo, fatte da quella armata Brancaleone di incompetenti, che dopo l'intervento della Consulta è diventata una mezza legge.

mercoledì 25 gennaio 2017

E anche il secondo Harry Potter è andato

Ho terminato poco fa di leggere il secondo libro della saga di Harry Potter, Harry Potter e la camera dei segreti. Sto quindi tenendo fede alla promessa che feci tempo fa alle mie figlie, quella appunto di leggere tutti i libri della ormai leggendaria saga della Rowling. Mi fa un certo effetto dedicare tempo a un tipo di lettura come la narrativa fantastica, adatta più che altro a un pubblico di ragazzini, che raramente, anzi quasi mai, ha trovato spazio tra i miei interessi letterari, composti principalmente da narrativa "per adulti" e saggistica, e devo dire che i primi due libri della saga non mi sono dispiaciuti per niente. Mentre li leggevo provavo a immedesimarmi nei panni di un ragazzino di tredici o quattordici anni che li leggesse per la prima volta, per riuscire a capire le sensazioni che potesse avere provato, ma credo di essere ormai troppo grande per poter paragonare l'approccio mio a quello di un adolescente. I libri comunque non sono male, non mi sono annoiato nel leggerli, e devo dare atto alla signora Rowling di aver saputo costruire storie che bene o male catturano l'attenzione e in qualche modo legano il lettore alle pagine - tenete conto che io di Potter non avevo mai letto né visto niente - inculcandogli costantemente il desiderio di girarle per conoscere il prosieguo delle vicende. 
E niente, in fin dei conti è un modo come un altro per permettere anche ai vecchi rottami come lo scrivente di tornare ragazzini.

p.s.
Ah, mi sono ricordato che in un passato lontano anche io sono stato per una notte Harry Potter :-)

Renzi ritorna, con un blog

Torna sulla scena il nostro amato ex presdelcons, e lo fa aprendo una nuova pagina su internet, ché facebook, Twitter e matteorenzi.it non bastavano. Torna sulla scena aprendo un blog tutto suo, e il già il titolo del primo post, "Il futuro, prima o poi, torna", è tutto un programma. Rappresentare infatti il ritorno al futuro utilizzando il mezzo del blog, un vecchio arnese informatico da anni in caduta libera per quanto riguarda utilizzo e apprezzamento degli internauti, specie dopo l'invasione di facebook e twitter, non mi pare proprio il passo migliore per iniziare questo percorso verso il futuro. Comunque, contento lui...
Chi ha letto il post in questione sperando di trovarvi qualche novità rispetto a tutto ciò che ci ha propinato nei due sciagurati anni del suo governo, è sicuramente rimasto deluso, dal momento che non è niente di più che una riproposizione delle stessa pappardella con cui ha ammorbato web, giornali e televisione nell'ultimo biennio. "Oggi l’Italia ha qualche diritto in più e qualche tassa in meno", scrive ad esempio il nostro (una frase pescata a caso). Come no? Si vada a vedere l'andamento della pressione fiscale durante i suoi due anni, e qualche diritto in più lo vada a dire a chi subisce oggi le conseguenze dell'istituzionalizzazione del precariato e dell'abolizione dell' articolo 18, due dei meravigliosi doni del suo famigerato Jobs Act.
Comunque sia, il (suo) futuro a volte ritorna, una minaccia che, al confronto, quella contenuta nel celeberrimo romanzo di Stephen King è una dolce caramella, e che dà piena idea del valore che aveva quel "Se perdo il referendum, non è soltanto che vado a casa, ma smetto di far politica" (12.1.2016), e cioè zero.

martedì 24 gennaio 2017

Società malata

Ci sono tantissimi segnali che indicano che la nostra è una società malata. La ragazzina che nel salernitano a tredici anni si suicida perché vittima di bullismo di stampo razzista e i tre ragazzi aggrediti e pestati nel milanese, all'uscita di un locale, perché omosessuali sono solo gli ultimi dei tanti sintomi che certificano questa malattia. Una malattia della nostra società che probabilmente affonda le sue radici nell'ignoranza, nel cinismo, nella stupidità, nel vuoto di valori e nella mancanza di umanità imperanti. Credo anche che parte della responsabilità sia da addebitare a chi ogni giorno mette al centro delle proprie "battaglie" la criminalizzazione di chi viene considerato diverso, sia a causa dell'etnia che a causa delle preferenze sessuali. E qui si potrebbero fare nomi e cognomi di queste persone di merda a cui, si spera, qualcuno un giorno presenterà il conto.

domenica 22 gennaio 2017

Via Craxi

Che questa benedetta via gli sia dedicata e la faccenda sia chiusa lì. Con tutto quello che succede nel nostro paese, il paese dei facili e disinvolti revisionismi storici e delle spericolate riabilitazioni postume, la cui proliferazione è da sempre agevolata dalla spessa coltre di ignoranza storica riguardo al nostro passato recente - su quello più remoto stendiamo un velo pietoso -, con tutto quello che succede, dicevo, non sarà aggiunta di maggior nocumento alle già agonizzanti credibilità e autorevolezza nazionali l'intitolazione di una via al grande statista socialista. Si faccia, ordunque, e si prenda ogni accorgimento affinché la scelta cada su una via di periferia, poco conosciuta e poco frequentata, possibilmente isolata. Si faccia e ci si tolga così una volta per tutte il doloroso dente, onde poter di nuovo convogliare le tonnellate di discussioni al riguardo verso argomenti più nobili, tipo ad esempio la De Filippi a Sanremo.

sabato 21 gennaio 2017

L'artista dal cappotto scuro

L'uomo infilò il coltello sporco di sangue in un sacchetto di plastica nero. L'aveva portato con sé proprio per quel motivo: nascondere l'arma del delitto mettendola al riparo da sguardi indiscreti per poi liberarsene una volta uscito dal palazzo. Si incamminò verso l'uscita dell'appartamento, afferrò la maniglia della porta e la aprì. Si girò un attimo per concedersi di gettare un ultimo sguardo alla ragazza distesa a terra in un lago di sangue, come un pittore che si fermi a contemplare la sua opera una volta ultimata. Anche lui, a suo modo, era un pittore, un artista. Era un artista della morte. Chiuse la porta dietro di sé e si incamminò nel lungo corridoio che portava alla tromba delle scale. Su quel corridoio si affacciavano altre porte, altri appartamenti. Dietro ad alcune di queste porte c'era silenzio, dietro ad altre si udivano voci; dall'interno dell'ultimo appartamento arrivava la voce soffusa di una annunciatrice - forse veniva da una radio, forse da una tv - che annunciava pioggia in serata e durante la notte. L'uomo scese velocemente le scale, il sacchetto col coltello nascosto nella parte interna del cappotto scuro, arrivò alla porta, la aprì. Una volta sulla strada, si tolse velocemente i guanti, quelli che aveva indossato per non lasciare impronte mentre eseguiva la sua opera, li gettò in un cestino dell'immondizia che trovò sul suo cammino, sotto i portici del centro storico. Andando ancora più avanti si imbatté in un cassonetto. Si fermò. Si guardò attorno per assicurarsi che nessuno badasse a lui. Lo aprì e vi gettò dentro il sacchetto nero di plastica con al suo interno il coltello. Poi se ne andò.
"Scusi, lei, sa mica dirmi che ore sono?" gli chiese l'anziana signora appena arrivata, trafelata, sotto la pensilina. Aveva due borse della spesa in mano che appoggiò per terra mentre riprendeva fiato. "Aspetta anche lei il 126?" La seconda domanda della donna con le borse della spesa all'uomo dal cappotto scuro ottenne la stessa risposta della prima: silenzio. La donna ristette. Pensò alla maleducazione di quell'uomo e provò un moto di rabbia. Poi decise di tornare alla carica ancora. "Sa, io prendo l'autobus a questa fermata tutti i giorni ma mi pare di non averla mai vista. È nuovo di queste parti?" Silenzio. Quando la donna stava per rinunciare definitivamente, l'uomo dal cappotto scuro lentamente si girò, impassibile, la squadrò, incrociò i suoi occhi, poi disse: "Sì, sono nuovo." L'anziana donna rimase turbata dall'espressione impassibile e fredda dell'uomo, e anche dalla freddezza della risposta, ma nonostante questo azzardò, pur con una notevole dose di titubanza, un'altra domanda: "Che mestiere fa, se non sono indiscreta? Sa, così, a prima vista, mi dà l'idea di un poliziotto in borghese o qualcosa di simile..." L'uomo dal cappotto scuro accennò a qualcosa che assomigliava a un sorriso, si prese un po' di tempo poi rispose: "Non sono un poliziotto, sono un artista, un pittore." La donna ebbe un moto di meravigliata sorpresa. "Davvero? E cosa dipinge di solito?" L'uomo ghignò. "Amo le nature morte." La donna rabbrividì, brividi che lentamente si trasformarono in paura, una paura di cui lei non riusciva a stabilire la causa.
Arrivò il 126. Il conducente aprì le porte, la donna raccolse le sue borse della spesa e si affrettò a salire a bordo. L'uomo dal cappotto scuro rimase immobile. Il conducente chiuse le porte e si avviò. "Che strano tipo, quello che era vicino a lei sotto la pensilina," disse il conducente dell'autobus rivolgendosi alla signora con le borse della spesa. "Stranissimo," rispose lei, "direi quasi inquietante. Mi ha detto che è nuovo di queste parti, è un artista, un pittore, dipinge nature morte." Il conducente del bus stava per rispondere ma restò zitto e alzò il volume della radio, da cui stavano dando la notizia di una ragazza ritrovata morta in un appartamento lì della zona. La ragazza era stata uccisa con una decina di coltellate. Sulla parete bianca della stanza in cui era adagiato il corpo, qualcuno aveva disegnato con un tratto nero lo schizzo di una natura morta.

Charlie Hebdo e Rigopiano

In tutta sincerità, io non riesco a vedere nella vignetta di Charlie Hebdo riferita alla tragedia dell'albergo Rigopiano la presunta carica di oltraggio alle vittime che ha dato la stura all'ondata di indignazione generale che invade in queste ore il web, né tanto meno riesco a vederci gravi forme di irrisione della tragedia o delle persone in essa decedute, in ogni caso niente che arrivi a giustificare certi commenti dei soliti leoni da tastiera, i tenori di alcuni dei quali li pongono eventualmente su un piano morale ben più basso rispetto a ciò che è oggetto dei loro strali. Guardando la vignetta, in cui si vede semplicemente la nera signora con la falce scendere sorridente su un paio di sci, vedo semmai una forma di irrisione nei confronti della morte in generale; è la morte stessa, infatti, che in quell'immagine si fa caricatura, non le vittime della tragedia. Poi, certo, il riferimento alla tragedia dell'albergo Rigopiano è evidente, ed è dato sia dalla tempistica della pubblicazione che da alcuni particolari contenuti nell'immagine stessa. Penso però che in questo caso la tragedia rappresenti più una forma di spunto per irridere la morte che non l'oggetto ultimo dell'irrisione, e ciò mi porta a pensare che il grosso dell'indignazione collettiva sia originato più che altro da una non corretta interpretazione della vignetta, unita all'irrefrenabile impulso, tipico di ogni indignazione di massa, di salire sul treno in corsa.
Intendiamoci, è innegabile che quell'immagine possa dare fastidio, possa apparire gravemente fuori luogo, inopportuna, specie da un punto di vista della tempistica, dal momento che si stanno ancora tirando fuori le persone dalle macerie, ma la satira da che mondo è mondo si è sempre fatta anche sulla morte, e in questo caso ne è l'oggetto principale. L'oltraggio vero alle vittime non lo vedo in questa vignetta, lo vedo semmai in certi squallidi personaggi politici che pur di raccattare qualche voto in più non hanno esitato a recarsi sul posto, spargendo selfie, rigorosamente con macerie sullo sfondo, a destra e a manca, per poi magari recarsi in qualche studio televisivo con ancora i doposci ai piedi.

Aggiornamento.
Devo dire che l'interpretazione di Natalino Balasso è sicuramente più corretta della mia.

mercoledì 18 gennaio 2017

Terremoto, Salvini e tutti gli immancabili altri

Salvini è riuscito a sciacallare a scosse ancora in corso; i decerebrati che strillano al complotto sulla falsificazione della magnitudo, che ovviamente è una bufala, sono arrivati subito dopo. Ha fatto capolino anche la signora Brigliadori - un'altra che ha bisogno di tanto aiuto - con un pezzo straordinario su faccialibro che per leggerlo occorre dotarsi di bombole, pinne e occhiali per mancanza di virgole. Manca ancora il malato di mente che dia la colpa del terremoto alle unioni civili e anche stavolta ci siamo tutti. Come in tutte le occasioni precedenti, al dramma vero e proprio del sisma c'è da aggiungere il dramma della lunga serie di zucche piene di aria che approfittano di queste tragedie per dimostrare la vastità del vuoto che alberga nelle loro povere teste.
E non è mai un bello spettacolo.

martedì 17 gennaio 2017

Al cinema

E pensare che ci hanno rotto le appendici pendule per anni con la storiella che download e streaming illegali sarebbero stati la rovina dell'industria cinematografica. E giù intimidazioni, avvertimenti, minacce legali e chi più ne ha più ne metta. Poi quando si vanno a vedere i dati si scopre che la gente continua tranquillamente ad andare al cinema, e ogni anno la percentuale di chi ci va addirittura cresce.

Clandestini al caldo



E quindi niente, siamo davanti a uno dei più grandi drammi dell'epoca contemporanea, quello delle migrazioni, masse immense di persone che si spostano da un punto all'altro del pianeta con l'unico scopo di sopravvivere, un dramma che addirittura nel medio o breve termine potrebbe avere effetti devastanti sugli equilibri sociali di interi paesi europei, compreso il nostro, e che appunto per questo motivo andrebbe affrontato utilizzando mille cautele e in maniera seria, prudente, intelligente, ponderata, mettendosi tutti a tavolino per cercare di gestire questo particolarissimo periodo storico nel migliore dei modi. C'è chi lo fa, o almeno prova a farlo, pur tra mille difficoltà. E poi ci sono quelli come lui, che imboniscono la massa di decerebrati che gli danno credito riproponendo sempre le stesse balle, come un disco rotto, ogni ora, ogni giorno, sempre. D'inverno i clandestini stanno negli hotel, al caldo, d'estate sempre negli hotel, con l'aria condizionata, un martellamento incessante di stronzate, e tra l'altro stronzate estremamente pericolose, in quanto moltiplicatrici di quella paura e tensione xenofoba che ha sempre trovato terreno estremamente fertile nell'ignoranza e nella superficialità dilaganti. Questo è, Salvini: un pericoloso fomentatore di odio sociale in un periodo storico in cui c'è bisogno di tutto tranne che di questo, e tutto per mero calcolo politico, esclusivo tornaconto personale e bisogno assoluto di conservare i privilegi faticosamente conquistati sulla pelle di chi ha avuto la sfortuna di nascere nella parte sbagliata del mondo.
Durerà ancora un po', ma non per sempre. Anche la merda che esce fuori dai tombini di una strada allagata, una volta smesso di piovere ritorna da dove è venuta.

lunedì 16 gennaio 2017

Librerie che chiudono

Chiude un'altra libreria, questa volta a Roma. Notizie come questa si leggono un po' tutti i giorni, magari nascoste in piccoli trafiletti delle cronache locali. Sono notizie che provocano ovviamente dispiacere, specie a chi, come lo scrivente, campa di libri. Tuttavia non mi inserisco tra quelli che si disperano e indicano queste chiusure come segnali di un progressivo impoverimento culturale della società. Negli ultimi vent'anni, infatti, non sono progressivamente sparite solo le librerie, ma anche ad esempio i negozi di dischi. Ciò non significa che la gente ha smesso di ascoltare musica; semplicemente, invece di farlo tramite cd acquistato in negozio lo fa tramite internet sul pc di casa o sul lettore mp3. Non sono quindi calati i fruitori di musica, è semplicemente cambiato il mezzo utilizzato per ascoltarla. Per i libri è probabilmente lo stesso discorso: non sono diminuiti i lettori, cosa che sarebbe drammatica dato che siamo già uno dei paesi al mondo in cui si legge meno, è il libro che da cartaceo si sta via via sempre più spostando sui supporti digitali.
O almeno è quello che spero.

20 anni di botte

La donna, l'ennesima, uccisa dal marito, questa volta a Milano, prima di essere arrivata all'epilogo della sua esistenza ha subito violenze per vent'anni - la prima coltellata infertale dal marito risale al 1995, scrive l'Ansa. Ecco, io mi chiedo sempre, quando leggo queste cose, cosa spinga una donna a restare per due decenni accanto a un uomo che le usa violenza. Non è un giudizio, il mio, badate bene, non giudico quella povera donna per non essersene andata, quello che mi chiedo è quale sia il meccanismo psicologico che in casi come questo impedisce la fuga da una vita all'insegna delle vessazioni.

domenica 15 gennaio 2017

Interviste

Il lato comico dell'intervista a Renzi pubblicata stamattina su Repubblica, intervista che dà ancora una volta, se mai ce ne fosse stato bisogno, la misura della cialtroneria di quest'uomo, non è l'intervista in sé, ma i commenti lasciati dai lettori di Repubblica in calce all'articolo. Certo, tre o quattrocento commenti non costituiscono un campione sufficiente a investire di rappresentatività quanto espresso nei commenti stessi, ma un'idea la dànno, e quell'idea va a confortare e corroborare di nuovi elementi l'impressione relativa alla cialtroneria del soggetto di cui sopra.

sabato 14 gennaio 2017

Brancicare

Nell'episodio contenuto in Harry Potter e la pietra filosofale in cui Harry, assieme ad Hermione, Ron e Neville, rimane intrappolato nel corridoio buio di Hoghwarts in cui il cane a tre teste è a guardia della botola, a un certo punto si legge: "Harry brancicò in cerca del pomello della porta." Qui mi sono fermato, perché quel brancicò, coniugazione del desueto verbo brancicare, mi ha colpito, e mi ha colpito perché il suddetto verbo l'ho già sentito, in passato, ma lì per lì non sono riuscito a ricordare né dove né quando. Ho quindi proseguito la lettura, facendo un orecchio a quella pagina e appuntandomi mentalmente di tornarci sopra successivamente, perché è noto che se si cerca in tutti i modi di ricordare una cosa, quella difficilmente torna alla memoria, mentre se invece la si lascia andare ecco che, dopo qualche tempo, inaspettatamente lei si lascia quasi beffardamente ricordare. (In realtà credo sia niente di più di una diceria di quelle che, ricordo, mi raccontavano da bambino, dal momento che mi è capitato spessissimo di ricordare qualcosa mentre mi sforzavo di farlo, ma facciamo finta di niente.)
Dicevo del verbo brancicare. Mentre proseguivo nella lettura, all'improvviso mi è venuto in mente qualcosa tipo "...come un cieco... ...brancicare attorno..." e ripetendo queste parole più volte, ho avvertito la stessa sensazione che si prova quando si è intenti a comporre un puzzle e lentamente, una dopo l'altra, le tessere vanno al loro posto componendo l'immagine completa, e mi sono alla fine ricordato come in un'illuminazione che le suddette parole sono inserite in una strofa di una vecchia canzone di Francesco Guccini. Tacchete! Alla fine mi è venuta in mente la strofa quasi completa, la canzone in cui è inserita, che si chiama Bisanzio, e ovviamente l'autore, Guccini appunto, e pure l'album di cui fa parte: Metropolis, che da ragazzo ho ascoltato fino a consumare i solchi del vinile - sono un estimatore del cantautore emiliano praticamente da quando sono nato. A questo punto, citare per intero la strofa che tanto mi ha fatto penare è d'obbligo. Eccola: 
"Io, Filemazio: protomedico, matematico, astronomo, forse saggio. Ridotto come un cieco a brancicare attorno, non ho la forza o il coraggio per fare questo oroscopo, per divinar responso. E resto qui ad aspettare che ritorni giorno, e devo dire, devo dire che sono forse troppo vecchio per capire."
Fa sempre un certo effetto rendersi conto di come lavori la nostra memoria, il nostro cervello, e di quali e quanti meccanismi mnemonici vengano innescati leggendo per caso una parola in un libro.
Ah, per chi se lo chiedesse: sì, ho cominciato a leggere la saga letteraria del mago nato dalla fantasia della Rowling.

giovedì 12 gennaio 2017

La D'Urso e il troppo amore

Non avrei mai pensato di sprecare un post per commentare la infelice (eufemismo) uscita odierna della signora D'Urso. È che a un certo punto mi sono chiesto, e pure con una certa curiosità, se questa cosa la conduttrice televisiva la pensi davvero o se sia stata magari una uscita infelice che, successivamente, le abbia fatto pensare: ma 'sta stronzata l'ho detta per davvero? No, perché se è valida la seconda opzione c'è ancora un piccolo margine di possibilità che il cervello della signora non sia completamente in pappa; se invece è valida la prima, beh, allora temo non ci sia ormai più niente da fare, ammesso che in un passato più o meno lontano ci sia mai stato qualcosa che si potesse fare.
Così, a naso, propendo per la prima, ma magari sbaglio.

Nella prossima vita

[Post scazzati mode ON]
Nella prossima vita (cosa a cui non credo, faccio finta solo per stavolta) mi voglio organizzare diversamente, cercando di programmarla fin dai suoi albori in modo che non la debba vivere sempre di corsa. Eh, perché di corsa sul lavoro, di corsa a casa, di corsa per cercare di arrivare in tempo di qua, di là, dappertutto. Dopo dice che uno sbrocca.
Per forza.
[Post scazzati mode OFF]

martedì 10 gennaio 2017

Poletti e i social

Se l'infelice frase di Poletti riguardo ai giovani che vanno all'estero fosse stata detta, che ne so?, poniamo nel 1975, sempre da un suo pari, il tutto si sarebbe risolto con l'invio da parte di qualche indignato cane sciolto di infiammate lettere di protesta a qualche redazione di giornale, giornale che naturalmente avrebbe cestinato le suddette lettere con la stessa nonchalance con cui si tira la catena dopo essere stati al cesso. Oggi, nell'epoca dei social e della possibilità per chiunque di replicare alle scemenze di un ministro, non è più così. Le proteste fanno massa, fanno numero, diventano valanghe di generale indignazione su cui i grandi media posano poi le loro attenzioni, con conseguente consegna del malcapitato e imprudente ministro alla gogna mediatica, che nel caso di Poletti ha prodotto come conseguenza delle inevitabili pubbliche scuse. Nel 1975, l'equivalente dell'odierno Poletti manco si sarebbe reso conto dell'entità della scemenza detta e relativa irritazione provocata, e quand'anche ne avesse avuto sentore, il massimo della reazione sarebbe stata una infastidita alzata di spalle. Ma c'è altro.
Quando Poletti dice che "considera allarmante la campagna di insulti e minacce che si è sviluppata sui social media contro di lui", finge di ignorare che quei social che lui indirettamente demonizza sono in realtà l'argine che fa sì che la rabbia che cova in ampi strati della popolazione abbia sfoghi che potrebbero andare ben al di là di inviperiti e virtuali insulti sui social, e non ci vogliono grosse dosi di immaginazione per capire a cosa mi riferisco. Ovviamente, chi scrive si augura che la famosa rabbia latente di cui sopra rimanga confinata a sfoghi meramente virtuali, e si augura altresì che Poletti e soci tirino un sospiro di sollievo, non di allarme, quando le campagne di odio si limitano agli sfoghi collettivi su Facebook o Twitter e non sconfinano in qualcosa di meno virtuale e più reale, che giusiticherebbe eccome il suddetto allarme.

Catalogazioni

Quindi, ricapitolando, se muovi una leggerissima critica al Dibba o a qualcuno di simile vieni automaticamente etichettato come pidino; se muovi una leggerissima critica a una Serracchiani o a qualcuno di simile vieni automaticamente etichettato come grillino o, peggio, leghista; se non prendi immediatamente e violentemente posizione contro una qualsiasi cazzata sparata dagli schiachimisti vieni automaticamente etichettato come schiachimista - tra l'altro, anche volendo sarebbe improbo replicare a ogni cazzata sparata da quelli, perché uno nella vita ha anche altre cose da fare, eh. Se affermi pubblicamente che la legge sulle unioni civili è una buona legge - non è così ma facciamo finta - ecco che automaticamente diventi un renziano doc, e via andare.
Insomma, la gente ha bisogno di inquadrarti, classificarti, inserirti in qualche categoria, perché così può... può fare che? Boh. C'è questo bisogno latente, che poi tanto latente non è, di trovare persone che abbiano una qualche forma di affinità, politica soprattutto, ma non solo, specialmente sui social, e se ci si imbatte in qualcuno che non è affine in qualcosa ecco che scatta, inesorabile, la diffidenza. C'è questo bisogno di fare gruppo, forse per contarsi e, di conseguenza, contare di più. Forse sono solo le vestigia moderne, e tutte umane, di ancestrali riti tribali che si perdono nella notte dei tempi. In fondo, già i primi uomini che hanno messo piede sulla terra istintivamente si aggregavano per sopravvivere. 
Non lo so, è solo un'analisi psicologica da quattro soldi, la mia, probabilmente senza capo né coda.

lunedì 9 gennaio 2017

Bauman

Ti accorgi che i figli cominciano a passarti avanti e a saperne più di te - nel mio caso non ci vuole granché - quando arriva Michela e ti dice: "Ba', hai sentito che è morto Bauman? Mi spiace, lo conoscevo bene, ho preparato due esami studiando le sue cose." E tu concordi col suo dispiacere in una maniera che dà ad intendere che si tratta anche di una tua vecchia conoscenza, mentre in realtà il suo nome ti dice poco e niente.

Il Monte Bianco in Sardegna

Credo che sarebbe scorretto catalogare semplicisticamente come gaffe la risposta del baldo giovanotto che in un quiz televisivo in cui gli si chiede dove sia il Monte Bianco, domanda corredata pure di opzioni di risposta, risponde affermando che si trova in Sardegna. E non credo neppure che sia una scusante l'emozione generata dalle telecamere. A giudicare dalle immagini, il ragazzotto in questione ha tra i 20 e i 25 anni, e a quell'età si deve sapere dove sta il Monte Bianco, andiamo. Se non ricordo male dovrebbe essere roba che si apprende in terza elementare o giù di lì, e io ricordo bene la signora Silvana che proprio alle elementari ci aveva fatto studiare la cartina dell'Italia con le regioni, le province, i fiumi e i monti. E dove sta il Monte Bianco è una di quelle cose che si imparano subito, ancora prima del Padre Nostro, almeno all'epoca in cui le elementari le ho fatte io. 
Magari adesso è diverso.

Cretini in zona

C'è un cretino nascosto sotto le sembianze di uno spammer che ha preso di mira questo blog, inserendo in modalità random, anche su post molto vecchi, commenti contenenti frasi ingiuriose e diffamatorie nei confronti di un avvocato ligure, che ovviamente ho già contattato e messo al corrente della faccenda. Finché il cretino in questione non si dà una calmata sono quindi costretto a mettere sotto moderazione i commenti che da oggi in poi mi arriveranno, e che ovviamente provvederò a sbloccare quanto prima. 
Confido nella vostra pazienza.

domenica 8 gennaio 2017

La paranza dei bambini



Quando ho preso in mano questo libro, venerdì mattina, uno dei due che mi ha regalato Chiara per Natale, ho messo in conto che avrei anche potuto non terminarlo. Tale supposizione era giustificata dal fatto che Gomorra, uno dei due precedenti libri di Saviano, che lessi qualche anno fa, non mi piacque per niente e lo finii con fatica. In effetti, come avevo già accennato in uno dei post qui sotto, tutta la prima parte del libro l'ho trovata piuttosto pesantina e priva di mordente, solo da metà in poi tutta la storia ha acquistato un certo interesse, generato dalla capacità con cui l'autore ha saputo costruire le vicende relativa ai molti personaggi presenti e al modo in cui è riuscito a legarle tra loro. A generare qualche difficoltà supplementare hanno provveduto i dialoghi diretti tra i personaggi, dialoghi espressi in dialetto napoletano, in una forma comunque abbastanza "edulcorata" in modo da renderlo comprensibile a tutti i lettori, non solo a quelli campani, come spiega l'autore nella postfazione.
La trama è praticamente inesistente ed è limitata unicamente alla narrazione dei vari passaggi che portano un gruppo di amici ancora neppure adolescenti a intraprendere il cammino che li trasformerà in paranza, ossia uno degli innumerevoli bracci armati affiliati alla Camorra.
Non davo molto credito, all'inizio, a questo libro, ma alla fine devo dire che mi è piaciuto.

Ciao, Ukip

La decisione improvvisa di Grillo di divorziare dall'Ukip di Farage e di fare comunella in Europa con Alde (Alleanza dei liberali e democratici per l'Europa), se ci fate caso segue le stesse dinamiche di presa in giro che nel 2014 caratterizzarono la decisione di imparentarsi col fascistone/razzista, decisione precedentemente presa a tavolino da Grillo e Casaleggio e rivestita di un'aura di finta democrazia da una consultazione online farsesca, in cui venivano capziosamente presentate tre opzioni che in realtà conducevano tutte ad avallare l'alleanza col destrorso Farage e respingevano qualsiasi altra soluzione, come ad esempio un'alleanza coi Verdi chiesta a gran voce da gran parte dell'elettorato grillino. Elettorato composto per buona parte da Ovis aries dal belato inconfondibile.

sabato 7 gennaio 2017

Tra De Magistris e Saviano

La polemica di queste ore tra De Magistris e Saviano va ad aggiungersi al lungo elenco di polemiche costruite sul nulla, oziose, sulle quali il popolo dei social ama buttarsi a capofitto in mancanza di meglio da fare, specie in questi giorni di festa. Costruite sul nulla perché, volendo proprio entrare nel merito, entrambi i contendenti hanno parti di ragione e parti di torto, a mio parere, ma soprattutto perché trattasi di polemica di nessuna utilità per quanto riguarda il contrasto del fenomeno camorristico. Trovo molto più utile parlare di ciò di cui si ha diretta esperienza, piuttosto che scannarsi in merito ad argomenti di cui non si sa niente, limitandosi ad argomentare esclusivamente su input dettati dalla maggiore o minore simpatia che si provi per l'uno o l'altro dei due contendenti.
A proposito di esperienza diretta, ad esempio, di Saviano posso dire qualcosa del suo ultimo libro, La paranza dei bambini, regalatomi da Chiara per Natale assieme a Fine turno di King e di cui ieri ho letto una settantina di pagine. È abbastanza noioso, in generale, anche se alcuni passaggi riescono comunque a catturare l'attenzione. La trama non è granché e sostanzialmente tutta incentrata sulle gesta di un gruppo di ragazzini che scorrazzano per Napoli sui loro motorini e sulla loro progressiva affiliazione a gruppi camorristici legati a qualche famiglia locale, affiliazione agevolata dal degradato contesto familiare e sociale in cui sono costretti a crescere. La prosa è caratterizzata da frequenti incursioni nel dialetto napoletano, rese tutto sommato comprensibili anche grazie al contesto in cui sono inserite. Per il resto, niente di speciale.
Credo comunque che, pure con qualche sforzo, arriverò alla fine, anche perché la curiosità in merito alla conclusione della vicenda di Nicolas, il ragazzotto protagonista del libro, è tutto sommato abbastanza forte. E anche perché, come forse sapete già, è molto difficile che io lasci a metà un libro, pure se non mi entusiasma. E questo, effettivamente, non mi entusiasma.

venerdì 6 gennaio 2017

Le foto di quei bambini non servono

Quando tutti ripubblicavano sui social la foto del piccolo Alan Kurdi, il bimbo siriano annegato durante la traversata dalla Turchia alla Grecia, organizzata dalla famiglia per sfuggire alla guerra civile siriana e all'Isis, io non lo facevo, e anzi ricordo di aver amichevolmente rimbrottato qualcuno di quelli che la ripubblicavano dicendo che non serviva a niente farlo, in primo luogo perché si rischiava di cadere in quella che da qualche tempo viene denominata "pornografia del dolore", e in secondo luogo forte della convinzione che si trattava di un gesto totalmente inutile. Convinzione confortata poi dai fatti, dal momento che i bambini che annegavano in mare prima che si pubblicasse quella foto sono continuati, purtroppo, a morire anche dopo. Per il medesimo motivo mi sono quindi rifiutato di ripubblicare anche l'immagine del piccolo Mohammed Shohayet, il profugo birmano di 16 mesi annegato con mamma e fratellino nel tentativo di attraversare il fiume Naf per fuggire in Bangladesh dall’Arakan birmano.
C'è chi pensa che la ripubblicazione di queste immagini strazianti costituisca una forma di lotta all'indifferenza nei confronti delle tragedie legate al fenomeno delle migrazioni. A mio avviso non è così. Per come la vedo io, serve solo a innescare inutili e sterili dibattiti in rete, che regolarmente costituiscono l'input da cui partire per poi buttarsi in altrettanto sterili discussioni politiche tra buonisti e razzisti. Null'altro.

giovedì 5 gennaio 2017

I giornalisti non sono colpevoli delle bufale

Fa un po' sorridere la difesa dell'onorevole corpo dei giornalisti da parte di Mario Calabresi, difesa dall'accusa di essere tra i maggiori responsabili della propagazione, in rete e fuori, di bufale e falsità varie assortite. E fa un po' sorridere perché, senza arrivare alle ridicole ed esagerate generalizzazioni di Grillo, che tra l'altro è uno che con le bufale ha da tempo una certa dimestichezza, è un dato di fatto che una certa quota di giornalisti, quelli con la G maiuscola e con tanto di iscrizione all'ordine, sono, dati alla mano, dei propagatori di notizie false di tutti i tipi. Si va dagli strafalcioni scientifici ai servizi finti, per non parlare di carrellate di orrori grammaticali che farebbero inorridire pure la signora Tamagnini (la mia prof di italiano delle medie). 
Bufale a parte, poi, c'è la questione - da tempo sotto gli occhi di tutti, basta aprire un qualsiasi sito o sfogliare qualsiasi quotidiano - della progressiva perdita di qualità dell'informazione stessa. Aprite un Corriere o una Repubblica qualsiasi, troverete in home page succulente "gossippate" su Belen, sulla De Filippi, sulla conduttrice del tal tiggì che sembra in mutande grazie a un riflesso generato da una particolare concomitanza di effetti di luci col piano di vetro della sua postazione. Il giornalismo è ormai 'sta roba qua, e cerca di reagire alla ormai ventennale emorragia di lettori propinando ciò che i giornalisti credono attizzi di più il lettore.
Ma Calabresi queste cose le sa benissimo.

Tullio De Mauro

Ho provato dispiacere nel leggere della morte di Tullio De Mauro, anche se non ho mai letto alcuna delle sue opere. Ho provato dispiacere perché era un linguista e chi, come lo scrivente, ha tra le sue passioni la lettura e la scrittura prova sempre una specie di stretta quando se ne va chi allo studio della lingua ha dedicato la vita. Apprendo dalla sua pagina su Wikipedia che è stato autore di un numero impressionante di opere, anche se, a giudicare dai titoli, la maggioranza di queste sembrano più pensate per gli addetti ai lavori che per le persone normali.
Comunque sia, inserirò sicuramente qualche suo libro tra quelli che ho in programma di leggere quest'anno.

mercoledì 4 gennaio 2017

Giovanardi e i lunghi silenzi

Dice Giovanardi (Il Fatto, 03/01/2017) che "Gli omosessuali hanno un tipo di sessualità che è meno indirizzata alla monogamia", affermazione che genera come logica conseguenza il teorema secondo cui gli eterosessuali hanno in generale, secondo l'illustre senatore/sessuologo (meglio: sessuofobo), una maggiore propensione alla fedeltà rispetto agli omosessuali. Una delle tante uscite di Giovanardi che rendono ancora più preziosi di quanto già non lo siano i lunghi periodi in cui sta zitto.

Commenti chiusi

Dopo Malvino, anche Formamentis chiude i commenti. Credo che questa cosa (ne avevo scritto qui) a certi blogger stia un tantino sfuggendo di mano.

Update
Malvino li ha riaperti. :-)

L'Asl della Regione Toscana e la bufala della meningite portata dai migranti



Posto su facebook l'immagine che vedete qui sopra e la corredo con questo commento: "La meningite arriva coi migranti. I coglioni, invece, ce li abbiamo già in casa." Mi sembra di essere stato fin troppo buono a limitarmi ad apostrofare come coglioni quelli di Forza Nuova, di solito ci vado giù un pochino più pesante. Ma non è questo il punto. Tra i commenti arriva infatti quello di un tale che inserisce semplicemente un link che rimanda a questo post sul social di Zuckerberg. L'autore del post linkato scrive semplicemente: "Usl della Toscana afferma che la meningite arriva dall'Africa." L'immagine che proverebbe questa affermazione è questa:



Come si può vedere, non contiene alcun riferimento a qualsivoglia Asl, né in alcun punto questa fantomatica Asl afferma che "la meningite arriva dall'Africa." L'immagine in questione, infatti, non è altro che una specie di bugiardino che invita le persone in procinto di partire genericamente per l'Africa a vaccinarsi. A certificare che si tratta di una bufala è, tra i tanti, il sito Bufale.net (qui). E sapete quanto ci ho messo a trovarlo? 30 secondi, forse meno, giusto il tempo di dare in pasto a Google le parole Asl, Toscana, meningite, migranti. Chi invece ha postato quel link tra i commenti su fb, l'ha fatto senza nemmeno prendersi la briga di sprecare 30 secondi per controllare.
Si fa un gran parlare in questi giorni di bufale sul web e sui giornali e sui sistemi più adatti per cercare di contrastarle. Non credo esista sistema. L'unico modo sarebbe quello di mettere in atto una gigantesca forma di consapevolizzazione e di inculcamento di massa di massicce dosi di senso critico condite con un quanto basta di diffidenza. Ma non si può fare. Ragion per cui con le bufale, volenti o nolenti, ci dovremo convivere sempre.

La Cassazione ritiene responsabili i blogger dei commenti lasciati dai lettori?

Sta avendo una certa risonanza la notizia della condanna, da parte della Cassazione, del gestore di un sito a causa di un commento diffamatorio lasciato da un utente. La risonanza e la preoccupazione generate, risiedono nel fatto che la suddetta sentenza va nella direzione opposta a quanto la giurisprudenza, sia italiana che europea, ha sempre stabilito in questi casi, e cioè che il gestore di un sito/blog non può essere considerato responsabile di ciò che scrivono gli utenti nei commenti. In realtà, però, la faccenda è un pelino più complessa, ed è spiegata molto bene dall'avvocato Guido Scorza in questo esauriente articolo pubblicato su L'Espresso. Riassumendo brevemente, e sempre che io abbia capito bene, i giudici di Cassazione hanno condannato il responsabile del sito perché, pur essendo venuto a conoscenza del commento diffamatorio, non si è adoperato per rimuoverlo, comportamento che avrebbe dato vita di fatto a una forma di corresponsabilità nella generazione dell'illecito. Secondo Scorza, però, sentenziando in questo modo i supremi giudici avrebbero preso una sonora cantonata, perché - cito - "Avere notizia dell’avvenuta pubblicazione da parte di un terzo all’interno di un proprio sito internet di un determinato contenuto ed avere, di conseguenza, l’opportunità di valutarne la liceità non basta a rendere il gestore di una piazza online responsabile per l’eventuale illiceità del contenuto in questione. A tal fine serve, almeno, che il gestore del sito [...] abbia notizia del carattere illecito del contenuto in questione. Si tratta di un insuperabile principio di civiltà giuridica scolpito da oltre 15 anni nella disciplina europea sul commercio elettronico a tutela proprio della Rete come volano e megafono della libertà di informazione."
In altre parole, non spetta al gestore del sito valutare se un commento sia diffamatorio o meno, ma è un giudice che deve stabilirlo ed eventualmente intimare al responsabile della piattaforma di rimuoverlo. Ora, può darsi che la preoccupazione nata da questa sentenza sia effettivamente fuori luogo, come dimostra ad esempio la decisione, a mio parere esagerata, di Malvino di eliminare tutti i commenti del suo blog e di impedire la pubblicazione di nuovi, è però anche vero che spesso certe preoccupazioni hanno comunque un qualche fondamento.
Staremo a vedere.

Scilipoti alla Nato

Questo signore qui è stato nominato vicepresidente della commissione scienze, tecnologia e sicurezza della Nato.
Così, per dire.

lunedì 2 gennaio 2017

Paolo Fox non deve mai saltare

Le proteste inviperite di legioni di telespettatori dopo che la Rai, ieri, ha fatto saltare Paolo Fox e il suo oroscopo per fare spazio alle notizie e agli aggiornamenti che arrivavano da Istanbul, sono lo specchio di questo povero paese. E non è questione di Istanbul. I poveretti che hanno protestato sarebbero stati dalla parte del torto pure se Paolo Fox fosse stato fatto saltare per fare spazio, che ne so?, a una puntata di Peppa Pig. Perché pure Peppa Pig dal punto di vista culturale è un gigante rispetto alle farneticanti balle astrologiche propinate a spron battuto dalla tv di Stato. Poverini, loro, i telespettatori, quelli che "un po' di svago ci vorrebbe". Eccerto, scherziamo? E poco importa che, come certificano ogni anno quelli del Cicap, gli astrologi non ne azzecchino mai una. Ai poveri di spirito sono rimaste solo le balle. E chi è la Rai per togliere loro anche quelle?

domenica 1 gennaio 2017

Odio

Non vedo grosse giustificazioni alla stigmatizzazione dell'odio. L'odio esiste, fa parte della natura umana, come l'amore, e addirittura Erich Fromm diceva che la natura umana è più propensa all'odio che all'amore - non so dire se avesse ragione o meno, né in fondo mi interessa. L'odio non è deleterio in sé, perlomeno finché resta circoscritto all'ambito dei sentimenti e non si traduce in azioni concrete contro chi o cosa ne sia l'oggetto. Io posso odiare chi voglio. Non mi risulta che sia proibito, e del resto il nostro Codice penale mica contempla questa azione come reato.
E niente, facevo queste riflessioni mentre leggevo la parte di discorso di Mattarella relative all'odio.

Nel segno della continuità




Per quelli di Repubblica il 2017 si apre nel segno della continuità col 2016, ma anche col 2015 e precedenti, dove per continuità si intende la spiccata tendenza a censurare notizie fastidiose per il governo fotocopia di Renzi, cioè quello di Gentiloni. Questo spiega la decisione da parte della redazione del quotidiano di Scalfari di omettere, nel resoconto del discorso di Mattarella di ieri sera, il passaggio (è sottolineato in rosso nello screen qui sopra, catturato dal sito de La Stampa) in cui dice che anche i giovani che lasciano l'Italia hanno diritto di essere rispettati, frase che è ovviamente da intendersi in senso critico nei confronti di ciò che disse qualche giorno fa il ministro Poletti, e cioè che in fondo quelli che se vanno è meglio non averli tra i piedi (le due pagine web salvate qui e qui).
Insomma, per Repubblica si apre un altro anno all'insegna del giornalismo serio e imparziale.