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venerdì 30 aprile 2010

Mi viene un dubbio



Scusate, ma la nostra Costituzione non contiene un articolo che dice che ognuno ha diritto di manifestare liberamente quello che pensa, e che lo può fare con qualsiasi mezzo (compresi quindi striscioni e megafoni)?

No, perché a volte il dubbio che mi sbagli mi assale.

La legge del randello


Gli house organ di casa, come forse avrete notato, hanno da tempo preso di mira Fini. D'altra parte nessuno, neppure il co-fondatore del partito dell'amore, può pretendere di dissentire e di litigare col capo e passarla liscia.

Adesso, come vedete dalle aperture di stamattina di Libero e del Giornale, il randello mediatico ha spostato il tiro sul povero Bocchino. Il quale non ha la colpa di aver dato le dimissioni, ma quella di aver detto di essere stato epurato. Scusate se insisto con questa storia, ma penso che tra i miei lettori siano in parecchi a continuare a pensare che il Pdl è un partito democratico.

Risolto l'enigma Cucchi: non è stato ucciso da nessuno

Alla fine la verità è venuta a galla. Tutti pensavano che il povero Stefano fosse stato ucciso, e invece non è così. O meglio, è così ma non formalmente, tanto è vero che nessuno degli imputati è stato rinviato a giudizio con l'accusa di omicidio. L'avvocato della famiglia Cucchi "esprime soddisfazione", ma, sinceramente, non riesco a condividere questa soddisfazione per le decisioni dei pm.

E' vero, i medici che non l'hanno curato ("bastava un cucchiaino di zucchero per salvarlo") sono stati rinviati a giudizio con l'accusa di abbandono di incapace, che prevede una pena più severa dell'omicidio colposo ipotizzato inizialmente (8 anni di reclusione invece di 5), ma il fatto che alle guardie carcerarie l'iniziale omicidio preterintenzionale sia stato tramutato in "lesioni e abuso di autorità" a me dà parecchio da pensare. Insomma, in fin dei conti stiamo sempre parlando di una persona che è entrata nella "macchina" dello stato perfettamente in salute e ne è uscita orizzontale.

Scajola non si lascia intimidire

Il ministro Scajola (foto), uno dei grandi fautori del nucleare in Italia, dice che non si lascerà intimidire. Intimidire da cosa? Beh, pare che la procura di Perugia sia riuscita a ricostruire il percorso, su conti esteri, del denaro tramite il quale tale architetto Zampolini avrebbe acquistato una delle case ora di proprietà del ministro dello sviluppo economico.

Ora, a mio parere la cosa si potrebbe risolvere in un modo molto semplice. Facciamo un esempio. L'Enel mi manda una notifica per il mancato pagamento di una bolletta della luce del bimestre scorso, che io sono sicuro, invece, di avere pagato. Cosa faccio? Prendo la ricevuta, chiedo una mattinata di permesso dal lavoro e mi presento a uno sportello dell'Enel con la mia bella ricevuta per regolarizzare la mia posizione. Semplice, no?

Ecco, trasportate questo esempio al caso Scajola: quei cattivoni di magistrati lo accusano di avere acquistato una casa in nero e con soldi di provenienza illecita. Lui risponde che non si lascerà intimidire. Ma intimidire da chi? Se il ministro ritiene che i pm stiano prendendo un grosso granchio, cosa che pensiamo anche noi fino a prova contraria, ha un modo molto semplice per dimostrarlo. Si prende una mezza mattinata libera anche lui e fornisce i documenti e le carte che attestano la regolarità dell'acquisto del suo appartamento.

Possibile che una cosa così semplice non venga in mente a un ministro?

giovedì 29 aprile 2010

Anche Italo Bocchino ha capito cos'è il partito dell'amore



«Berlusconi mi ha chiamato la sera che dovevo partecipare a Ballarò. Aveva toni concitati e mi ha detto: 'Se vai, farai i conti con me. Dopo vedrai...'. Gli ho risposto - ha raccontato Bocchino - che non esiste in nessun partito democratico del mondo che il leader dica alla minoranza di non andare in televisione a spiegare le proprie posizioni. 'Ma quali posizioni, qua c'è solo una posizione', mi ha risposto. E poi: 'Io ti infilzo'». «Berlusconi - ha aggiunto il deputato finiano - commette un grave errore che è quello di colpire il dissenso, colpire chi è in vista per educarne cento. Ma questo non porterà il partito lontano». «Possono toglierci tutti i posti di responsabilità che abbiamo - è l'avvertimento di Bocchino - ma continueremo a combattere la nostra battaglia dall’interno. I presidenti delle commissioni non sono in discussione, a meno che Berlusconi non decida altre epurazioni».

Ci vuole del tempo. Giorni, mesi, magari anni, ma viene il momento in cui tutti, chi prima e chi dopo, capiscono cos'è in realtà il "partito dell'amore" e cosa intende veramente il "capo" col termine "libertà" con cui ha chiamato il suo partito.

Il 6 politico a tutti?

Se lo chiede in una lettera aperta il preside di un liceo romano.

Nel 2008 per i corsi di recupero furono stanziati 95 milioni, che nel 2007 - quando l'allora ministro Fioroni ripristinò le "rimandature" a settembre - ammontavano a 210 milioni. Ora, con un unico finanziamento complessivo per diverse attività i fondi sono drasticamente calati e le scuole non sanno che pesci prendere. Negli ultimi due anni la quota di ragazzi "rimandati" a settembre in una o più discipline è stata vicina al 29 per cento, pari a circa 735 mila studenti alle prese con le lezioni estive.

"Per fare i corsi integrativi di recupero, tanto necessari per i più deboli e svantaggiati - spiega il preside -, ci vorrebbero almeno quei finanziamenti certi, tempestivi e mirati dello Stato previsti dal decreto ministeriale n. 80 del 3 ottobre 2007 (art. 10 sul capitolo 1287) già elargiti nel 2008 e 2009, ora invece eliminati o peggio girati alle scuole private".

Ma ovviamente non c'è solo il problema dei corsi di recupero. Il prossimo anno scolastico, ad esempio, nella sola Emilia Romagna saranno mandati a casa 1.193 docenti che andranno a sommarsi ai 1.636 già tagliati nell'anno scolastico 2009/2010. Come padre con due figlie ormai grandine (2a e 3a media), mi sorgono spontanee due domande per il ministro Gelmini: che futuro ha un paese che taglia sull'istruzione? Il prossimo anno, alle mie figlie, oltre ai soldi per comprare carta igienica e materiale didattico vario dovrò dare un piccolo contributo per "acquistare" un professore?

Grillo all'assemblea degli azionisti Telecom

Come forse saprete già, Beppe Grillo da un po' di anni si presenta alle assemblee degli azionisti Telecom forte delle deleghe ricevute da decine di migliaia di piccoli azionisti.

E lui ci va.

Stefano Cucchi, rianimato tre ore dopo la morte

Ricordate la vicenda di Stefano Cucchi? Gli atti dell'inchiesta sono da ieri pubblici. Leggete cosa dice Ignazio Marino, senatore del Pd e presidente della commissione parlamentare d'inchiesta che indaga sul decesso del giovane:

Dal punto di vista personale [...] è evidente, e lo dico senza alcun sarcasmo perchè si tratta di qualcosa di drammatico, il fatto che Cucchi ha subito dei traumi senza i quali non si sarebbe in qualche modo avviata la sequenza di eventi che ha determinato il ricovero, il suo rifiutare cibo e acqua, e il determinarsi di quella condizione clinica che ha portato al decesso, a quel punto che i nostri periti hanno definito 'di non ritornò presumibilmente il 21 di ottobre.

Ma sentite questa, sempre dall'articolo del Gazzettino:

intorno alle 6,05 del 22 ottobre», mostrava «una rigidità dei muscoli del collo e una incipiente rigidità dell'articolazione temporo-mandibolare», segni «di un incipiente rigor mortis» che «secondo l'esperienza comune, si manifestano nel corso di due o tre ore rispetto al momento in cui il soggetto è morto. Pertanto pensiamo che il paziente fu rianimato per precauzione e non perchè ancora vivo e che probabilmente la sua morte si deve a due o tre ore prima» e «probabilmente anche il medico che amministrava queste misure sapeva già che il paziente era morto e da tempo.

Scusate, vado con metilparaben a vomitare.

Schifani chiede 720.000 euro al Fatto Quotidiano

Il Fatto Quotidiano dovrà versare 720.000 euro di risarcimento al presidente del Senato Renato Schifani. Questo, naturalmente, in caso Padellaro e soci dovessero perdere la causa civile intentata dallo stesso Schifani per diffamazione. Perché Schifani ritiene di essere stato diffamato? Perché il Fatto, a cavallo tra il 2009 e il 2010, pubblicò alcuni articoli in cui si parlava del suo passato di avvocato in quel di Palermo.

Uno degli articoli incriminati è questo, in cui si racconta di quando Schifani, siamo nei primi anni '90, prese le difese di un boss della mafia. Il Fatto Quotidiano è un piccolo giornale appena nato; non prende sovvenzioni pubbliche dallo stato e campa unicamente con le copie che vende e con gli introiti pubblicitari. Questo, naturalmente, non lo autorizza a scrivere balle. E infatti nell'articolo in cui è riportata la notizia si legge: "La somma richiesta è superiore al nostro capitale sociale, ma noi non ce ne lamentiamo. Schifani, al pari di qualsiasi altro cittadino, se si ritiene diffamato ha il diritto di rivolgersi al Tribunale per veder riconosciute le proprie ragioni". Poi, però, arriva un piccolo affondo del Fatto piuttosto interessante, che mette in evidenza come Schifani abbia preferito una causa civile piuttosto che un'azione penale (la diffamazione è un reato espressamente previsto dal nostro codice penale). Scrive infatti il Fatto: "...ci saremmo aspettati almeno una querela penale che, da una parte, avrebbe consentito al pubblico ministero di svolgere autonomamente indagini sui fatti contenuti negli articoli in maniera più ampia rispetto a quanto si può fare in sede civile. E che, dall'altra, sarebbe potuta sfociare, in caso di un nostro rinvio a giudizio, in un dibattimento pubblico senz'altro interessante per chi vuol conoscere i trascorsi della seconda carica dello Stato".

La faccenda andrà per le lunghe - la prima udienza è prevista per ottobre -, ma sarà interessante seguirne gli sviluppi, soprattutto nel caso in cui il giudice alla fine dovesse dare ragione al Fatto, magari spiegando che tutto quello riportato negli articoli incriminati corrisponde a verità. La vicenda non ha avuto molta eco in giro; la cosa abbastanza curiosa è che tra quei pochi che ne hanno parlato c'è Il Giornale. Sì, avete capito bene, Il Giornale, quello che pochi giorni fa è stato querelato da Emergency per come ha trattato tutta la vicenda del rapimento dei tre operatori in Afghanistan, e sempre quello che è stato recentemente condannato a risarcire 344.000 euro a Di Pietro per diffamazione. Peccato che Il Fatto non abbia le spalle coperte allo stesso modo.

mercoledì 28 aprile 2010

Nucleare? No, eolico (in Germania)

La Germania ha chiuso due centrali nucleari l'anno scorso, operazione che rientra nel programmato piano di progressivo e definitivo abbandono di questa forma di approvvigionamento energetico. Sempre la Germania, ieri, ha inaugurato il più grande impianto del mondo per la produzione di energia sfruttando il vento.

Noi abbiamo Berlusconi che va a parlare con Putin di nucleare.

Parte il lodo Alfano costituzionale

Come più volte preannunciato dal premier e dalla sua cricca, parte oggi il primo passo della grande riforma della giustizia tanto cara al centrodestra: il lodo Alfano costituzionale. Voi sapete che la prima versione di questa porcata è già stata mandata al macero dalla Consulta a ottobre dello scorso anno. Adesso che un po' di tempo è passato, ci riprovano con una nuova versione. Uno dei motivi per cui la Corte Costituzionale bocciò il provvedimento era la violazione degli articoli 138 (obbligo di ricorso a una legge costituzionale, non ordinaria) e 3 (uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge) della nostra carta Costituzionale.

Secondo loro questa nuova versione della porcata dovrebbe risolvere la questione dell'art. 138, mentre non è chiaro come pensano di aggirare l'art. 3 - chissà, forse la Consulta chiuderà un occhio? Boh...

La nuova veste di questa maialata ha, secondo quanto riporta l'Ansa, queste caratteristiche: scudo totale per presidente della Repubblica, presidente del Consiglio e ministri tutti, e poi "Il magistrato, sempre secondo quanto si apprende, deve invece comunicare alla Camera di appartenenza (Senato o Camera) del parlamentare o del ministro l'avvio del processo. La Camera ha 90 giorni di tempo per decidere se accogliere la richiesta o disporre la sospensione del processo fino al termine del mandato". Domanda da centomila dollari: secondo voi, all'occorrenza, come pensate si esprimerà la Camera?

Da aggiungere che sempre oggi, in Senato, ci sarà la votazione del famigerato ddl intercettazioni, che potrebbe arrivare in aula già la prossima settimana. Come forse ricorderete, dopo averci venduto questo obbrobrio legislativo (la Consulta farà a pezzi anche questo non appena gli capiterà tra le grinfie) come legge indispensabile per la nostra privacy, hanno cercato di rendere più digeribile anche questa porcata sostituendo gli "evidenti indizi di colpevolezza" con i "gravi indizi di reato" - ne avevo parlato qui. Naturalmente si tratta di fumo negli occhi. Scrive Il Fatto: "La retromarcia da 'evidenti indizi di colpevolezza' a 'gravi indizi di reato' (come prevede la legge attuale), per poter intercettare, è un bluff. Contemporaneamente sono stati posti tanti di quegli steccati, che intercettare sarà pressoché impossibile".

Ecco, tutto questo succede in Parlamento, dove persone pagate lautamente coi soldi delle nostre tasse dovrebbero fare leggi nell'interesse della collettività.

Se la SIAE chiede i diritti per l'inno di Mameli

Vabbé che la SIAE ormai ci ha abituato a tutto, o quasi - vedi ad esempio la vicenda dell'equo compenso -, ma quando pensi che non possa più esserci niente di nuovo (e di peggio) sotto il sole, ecco che arriva la smentita.

Pare infatti che a Messina la SIAE abbia preteso la bellezza di 1.094,40 euro da un'associazione no profit per aver suonato l'inno di Mameli durante le celebrazioni della Liberazione del 25 aprile. Qualcuno sicuramente obietterà: ma l'inno di Mameli non è di pubblico dominio essendo i suoi autori, Mameli e Novaro, deceduti da più di 70 anni? Sì, purché si tratti dell'opera originale, non di una elaborazione.

Quando avete finito di ridere (o di piangere, dipende), vi consiglio questo ottimo articolo di .mau.

Chi è che deve fare autocritica?

Napolitano è un presidente fantastico, perché riesce a interpretare il sentire e le impressioni dell'opinione pubblica meglio di chiunque altro. Un esempio, l'ultimo in ordine di tempo, ce l'ha dato ieri, con una serie di dichiarazioni che meritano di essere riportate e commentate perché sono qualcosa di fantastico (in tutti i sensi).

Siamo a Roma. Il presidente riceve al Quirinale i 289 giovani magistrati, vincitori dell'ultimo concorso, che si apprestano a iniziare il tirocinio in attesa di entrare a tutti gli effetti nella magistratura. "Deve prevalere in tutto il senso della misura, del rispetto, e infine della comune responsabilità istituzionale", ha esordito Napolitano. Che vuol dire? Sarà mica un sottile auspicio affinché politica e magistratura non si rompano le uova nel paniere a vicenda? Sì, potrebbe essere così, visto che anche il Corriere nel sottotitolo scrive: "Misura e rispetto tra giustizia e politica". Qual è il significato recondito annidato dentro questa bella esternazione di Napolitano? Forse che i magistrati debbono andarci con molta cautela quando si tratta di mettere il naso nelle faccende dei politici? E' un'ipotesi, naturalmente, ma è il primo pensiero che mi è venuto in mente.

Ma non è finita qui. "Occorre adoperarsi per recuperare l'apprezzamento e il sostegno dei cittadini. E a tal fine la magistratura non può sottrarsi ad una seria riflessione critica su se stessa, ma deve proporsi le necessarie autocorrezioni, rifuggendo da visioni autoreferenziali". Non so dire, esattamente, cosa intenda Napolitano con "adoperarsi per recuperare l'apprezzamento e il sostegno dei cittadini". Per quel che mi riguarda, la magistratura ha tutto l'apprezzamento possibile, soprattutto se si tiene conto delle condizioni in cui è costretta a lavorare e delle angherie a cui è frequentemente sottoposta da chi sappiamo. E' probabile che il presidente della Repubblica si riferisse al problema della lentezza della giustizia, ma se i magistrati devono recuperare il famoso apprezzamento ripetto a questo, beh, mi sa che Napolitano doveva rivolgere l'invito ai politici.

La lentezza della giustizia, infatti, e il conseguente - giustificato - disappunto dei cittadini e dell'opinione pubblica, dipende esclusivamente dal fatto che la politica si è da decenni sempre disinteressata al problema, oppure, quando si è interessata, lo ha fatto in maniera superficiale o controproducente. Oggi, la grande riforma in questo senso sulla quale un giorno sì e l'altro pure sentiamo sproloquiare Berlusconi, non ha niente a che vedere con la sua velocizzazione. Non sono previsti interventi tipo stanziamento di risorse e mezzi, migliore distribuzione e organizzazione degli uffici e dei distretti giudiziari sul territorio, depenalizzazione dei cosidetti reati "bagatellari" in modo da permettere ai magistrati di dedicare più tempo a quelli gravi e socialmente più pericolosi. A meno che, naturalmente, qualcuno non riesca a dimostrate che il ddl intercettazioni, il divieto per i giornali di pubblicare gli atti delle inchieste anche quando non sono più coperti da segreto, la separazione delle carriere, la riforma del CSM, il lodo Alfano costituzionale, il legittimo impedimento e cose di questo genere servano veramente a velocizzare la giustizia. Sarà dura...

Ma andiamo avanti perché il bello deve ancora arrivare. "Fate attenzione - dice sempre rivolto alle nuove leve - a non cedere a esposizioni mediatiche [...] oppure ancora a indulgere ad atteggiamenti impropriamente protagonistici e personalistici che possono offuscare e mettere in discussione l'imparzialità dei singoli magistrati". Qui il senso del pensiero di Napolitano è abbastanza chiaro, e infatti il Corriere scrive: "Ma i guai vengono anche da una certa predisposizione al protagonismo mediatico". Eh già: evidentemente il timore che i magistrati vadano troppo in tv alberga nella mente dell'anziano presidente. Strano, perché se si guarda una qualunque delle trasmissioni a sfondo politico, su qualunque rete, che quotidianamente ci vengono propinate mi pare che si vedano dei gran politici. Altroché i magistrati. Oddio, può anche capitare che qualche magistrato si permetta, ogni tanto, di andare in tv a spiegare ai meno attenti cosa si nasconde in realtà dietro le "riforme" della giustizia. Se questo, per Napolitano, significa peccare di eccessiva esposizione mediatica, beh, è un peccato che ai magistrati si perdona molto volentieri.

Per quel che mi riguarda, più ripenso a questa storia e più sono convinto di quanto ho scritto di getto su Twitter dopo aver letto le sue dichiarazioni.

martedì 27 aprile 2010

Calderoli e Berlusconi: c'eravamo tanto amati odiati

"Fini e Berlusconi stanno assassinando l’economia italiana. La loro è un’azione di banditismo politico che sta procurando danni terribili a tutti, escluso naturalmente il re dei debiti della Fininvest, che in questo modo, con la nostra moneta ridotta a carta straccia per colpa sua, vede diminuire i quattromila miliardi di debiti delle sue aziende, mai così vicine come oggi al dissesto. Ecco il vero volto dei fascisti e degli uomini della P2. Vogliono portare l’Italia allo sfascio per poi presentarsi come salvatori, ma i responsabili del disastro finanziario in corso sono loro. Non pensano al bene dei cittadini, hanno in mente di distruggere la democrazia. Fermiamoli". (Roberto Calderoli, Ansa, 3 marzo 1995).

Il buon Daniele si è preso la briga di fare una bella raccolta di "perle" tipo questa.

Il casco sarà obbligatorio per le biciclette

Sembra che il nuovo codice della strada, in via di approvazione, preveda, tra le altre cose, l'obbligo del casco per i ciclisti. Ora, intendiamoci, io sono perfettamente d'accordo che questo obbligo ci sia per le motociclette e i ciclomotori; così come ritengo sia giusto che gli automobilisti siano obbligati ad allacciarsi la cintura di sicurezza. Ma siamo sicuri che obbligare chi va in bicicletta a mettere il casco sia utile?

Non sarà, come scriveva il Sole24Ore stamattina, che "obbligare al casco è una forma di sussidiarietà che dispensa l'ente locale dai suoi compiti e grava solo sulle tasche del cittadino"? Insomma, prima di obbligare la nonnina che va a fare spesa con la bicicletta a mettere il casco, non sarebbe meglio obbligare le amministrazioni comunali e provinciali a chiudere qualche buca nelle strade?

Su e giù per l'Italia



Ultimamente scorrere le cronache locali della nostra penisola è diventato un esercizio molto istruttivo. Aiuta bene a rendersi conto verso dove stiamo andando.

La Grecia è lontana?

"L'Olanda è lontana dai nostri confini", cantava una ventina d'anni fa Ivan Graziani. E la Grecia invece? Come forse avrete letto, la Grecia da un certo periodo di tempo è sull'orlo della bancarotta. Il governo ellenico in questo ultimo periodo ha già varato alcune misure urgenti per tentare di evitare l'irreparabile: congelamento delle tredicesime, taglio delle pensioni, aumento delle tasse; insomma il piano Papandreu prevede lacrime e sangue nel prossimo futuro, e ovviamente molti non l'hanno presa bene.

Siccome, però, tutto questo non sembra sufficiente a evitare la catastrofe, sono già da tempo sul tavolo dell'UE i negoziati per tentare di salvare il paese, visto che anch'esso fa parte dell'Unione Europea. Questi negoziati, a sentire il ministro delle finanze greco, "stanno andando bene", e pare "che Italia, Francia, Olanda e Spagna sono già pronte a fare la loro parte per aiutare la Grecia". L'unico ostacolo è rappresentato dalla Germania. Nonostante infatti le posizioni possibiliste dell'ultima ora della Merkel, sembra che il ministro delle finanze tedesco prima di dare il suo assenso al piano che prevede lo stanziamento collettivo di 30 miliardi di euro pretenda qualche garanzia in più, pena il blocco dell'intero piano.

Qualcuno dirà: e noi cosa c'entriamo in tutto questo? Beh, in primo luogo c'è da dire che l'Italia è tra i paesi ampiamente favorevoli al piano di salvataggio della Grecia. Giusto ieri Tremonti dichiarava: "Quando la casa del vicino brucia i paesi grandi devono dimostrare di essere anche grandi paesi". Il problema è che se la Grecia brucia, come dice Tremonti, noi siamo nei paraggi. Secondo i dati Eurostat pubblicati la settimana scorsa, infatti, nel rapporto debito pubblico/pil noi siamo i primi in Europa, e subito dietro, guarda un po', c'è la Grecia (115,8% del pil noi, 115,1% la Grecia).

Abbastanza curioso che sui giornali e in tv questa cosa venga accuratamente oscurata. Meno curioso, invece, che il nostro ministro degli esteri, invece di preoccuparsi di questo, si preoccupi delle posizioni intransigenti della Germania e degli altri nei confronti della Grecia. "Credo che se il rischio della Grecia si contamina ad altri Paesi, si è parlato del Portogallo [e dell'Italia? ndr], questo vuol dire che è proprio la casa comune che dobbiamo salvare. E siccome nella casa comune ci siamo anche noi, è evidente che non possiamo non essere solidali". Non mi pare che occorra leggere eccessivamente tra le righe per capire cosa ha voluto dire Frattini.

lunedì 26 aprile 2010

Il quartier generale racconta/21


Oggi facciamo presto. Qui sopra vedete la prima pagina del Corriere e del Giornale. Il Corriere, come tutti i quotidiani in edicola stamattina, mette in bella evidenza la vicenda del pazzo assassino che nel mantovano ha ucciso tre persone, poi, stanco (parole sue), si è consegnato ai Carabinieri.

Voi cosa dite? Se l'assassino, invece che essere lombardo doc, fosse stato un extracomunitario, magari clandestino, il Giornale avrebbe accennato qualcosa?

La tolleranza sbagliata

Ricordate le parole di Maroni nelle ore immediatamente successive ai fatti di Rosarno? In seguito all'inchiesta che ne seguì, oggi sono stati arrestati 30 "caporali". Scrive l'Ansa: "Gli arresti dei caporali di Rosarno e l'ingente sequestro di aziende e terreni, per un valore di circa 10 milioni di euro, eseguiti nel corso dell'operazione 'Migrantes', ci confermano, purtroppo, una realta' malata nella quale uomini senza scrupoli costringono altri a vivere in condizioni di quasi schiavitu', non rispettandone la dignita' e violando i diritti fondamentali dell'uomo".

Ora, intendiamoci, l'analisi a caldo di Maroni non era sbagliata. Aveva solo fatto confusione circa i soggetti verso cui c'era troppa tolleranza.

L'albero di Falcone


A far fuori, simbolicamente, Paolo Borsellino, inserendolo tra i tarocchi d'Italia, ci avevano già pensato quelli del Pdl alla loro festa a piazza San Giovanni.

In Sicilia, per completare l'opera, qualcun altro ha pensato bene di devastare l'albero che raccoglie la memoria di Giovanni Falcone. In un paese normale ci sarebbe da stupirsi, magari da indignarsi; in Italia è tutto perfettamente normale.

I nuovi spot dell'otto per mille

Siamo in periodo di dichiarazioni dei redditi e, come da copione, da ieri dovrebbe essere cominciata in tv, giornali, radio e internet la martellante campagna annuale, organizzata dalla CEI, per la devoluzione dell'otto per mille dell'irpef alla Chiesa Cattolica. Ne dà notizia la stessa CEI sul suo sito ufficiale. Gli spot termineranno a luglio; ci aspettano quindi, come ogni anno, un paio di mesetti in cui saremo bersagliati dalla solita tiritera tipo "il tuo 8 x 1.000 andrà dove più c'è bisogno", "avete fatto molto" e cose di questo genere.

Quanto costa alla CEI questa ondata di spot promozional/televisivi? Non si sa con precisione. L'unico dato abbastanza attendibile, riferito al 2008 e pubblicato dall'agenzia Adista, parla di una cifra attorno ai 20 milioni di euro. Ora, io naturalmente non sono qui a dirvi di dare il vostro otto per mille alla chiesa oppure no: ognuno è libero di fare ciò che vuole. Quello che voglio segnalare, ancora una volta, è il meccanismo di attribuzione di questi soldi, che è tanto semplice quanto vagamente truffaldino.

Molto brevemente, quando si fa la dichiarazione dei redditi c'è la possibilità di devolvere l'otto per mille delle proprie tasse allo stato, oppure a una delle confessioni religiose autorizzate a beneficiare di questi contributi. Queste confessioni sono sette: Chiesa cattolica, valdese, evangelica luterana, Unione comunità ebraiche, Unione chiese cristiane avventiste del settimo giorno e Assemblee di Dio in Italia. Ora, sarebbe logico pensare che chi non ha intenzione di versare il suo otto per mille ad alcuno di questi soggetti risolva la faccenda semplicemente non apponendo nessuna firma. Una cosa tutto sommato logica, di carattere generale: io non voglio finanziare nessuno, quindi non firmo da nessuna parte. Quando però ci mette lo zampino la chiesa, sapete bene che la logica deve arrendersi alla "convenienza" (d'altra parte se il cristianesimo fosse una cosa logica non sarebbe certo una religione).

Il "trucchetto" è molto semplice: tutte le quote per le quali non è stata espressa alcuna scelta non rimangono all'interno del normale gettito irpef, come sarebbe logico aspettarsi, ma vengono redistribuite alle confessioni aventi diritto in maniera proporzionale alle preferenze ricevute da chi ha espresso la scelta. Se, a titolo di esempio, su 100 contribuenti 50 non hanno apposto nessuna firma e dell'altro 50 la maggioranza l'ha data alla chiesa cattolica, ecco che le scelte non espresse vengono redistribuite in questa proporzione. In pratica, per farla breve, la maggiore beneficiaria dell'otto per mille, la Chiesa Cattolica appunto, si cucca anche i soldi di chi non ha espresso nessuna scelta e non intendeva quindi finanziare né essa né tantomeno le altre. Una pagina esaustiva e ricca di particolari su tutta la gestione dell'otto per mille la trovate qui. Qualcuno dirà: ma allora come si deve comportare chi non vuole finanziare né la chiesa né lo stato? Non c'è scelta, occorre indicare espressamente una delle confessioni minori. Io, personalmente, per il terzo anno consecutivo il mio otto per mille l'ho dato ai valdesi, ma ognuno si regoli come vuole.

L'importante è sapere quello che (non) si sta facendo.

domenica 25 aprile 2010

Fischiettando trallallà

Non so se ci avete fatto caso, ma tra ieri e oggi sono stati oggetto di contestazioni e fischi Napolitano e Berlusconi alla Scala, la Moratti a Milano, la Polverini e Zingaretti a Roma (quest'ultimo pare si sia addirittura beccato un limone in un occhio).

Insomma, è un periodaccio per lorsignori. E' diventata dura anche farsi vedere in giro per la Liberazione (qui sotto il sequestro del megafono a Piero Ricca, un ottimo esempio di cosa vuol dire essere in democrazia).

Il 25 aprile delle comiche

Non pensavo di scrivere qualcosa sul 25 aprile, ma alcune delle cose successe ieri sera a Milano mi hanno fatto cambiare idea. Per festeggiare la liberazione d'Italia, il presidente della Repubblica Napolitano si è recato alla Scala. Lì ha incontrato Berlusconi e insieme hanno assistito al concerto Il Canto Sospeso, in memoria di Luigi Nono, di cui ricorre il ventesimo anniversario della morte.

Al termine Napolitano ha fatto il suo bel discorso, inserendo all'interno una citazione di quello fatto da Berlusconi un anno fa ad Onna in occasione della sua prima partecipazione a una festa della liberazione. Tanto è bastato per far aprire Libero, stamattina, come vedete.


Bellissimo il sottotitolo: "Napolitano gli intesta il 25 aprile", dimenticando che per buona parte degli italiani ci sarà motivo di festeggiare la liberazione solo quando Berlusconi avrà fatto le valigie da palazzo Chigi. Ma alcune delle cose dette da Napolitano nel suo discorso sono interessanri.

"Nel suo intervento al Teatro La Scala per il 65mo anniversario della Liberazione, il Presidente della Repubblica ha rievocato lo spirito che animò i Costituenti". Bellissimo questo. Una componente di questo spirito, è già stato ripetuto molte volte, si ritrova nella costituzione stessa della Costituzione (scusate il gioco di parole): molto rigida e diffilmente modificabile proprio per evitare tentazioni autoritarie di questo o quel governo. E, guarda caso, il signore che Napolitano aveva di fianco è quello che ripete da sempre che la Costituzione va cambiata, che è vecchia e cose di questo genere (arrivò a dire anche che era filo-sovietica, prima di essere sbugiardato e ridicolizzato addirittura da Andreotti). Bene, quindi, ha fatto Napolitano a ricordare questo spirito, e ancora meglio sarebbe stato se dal palco avesse fissato direttamente Berlusconi mentre ricordava questi princìpi.

La fase comica, invece, è cominciata dopo, quando Napolitano ha ricordato Pertini. "Il Presidente ha avuto alcuni momenti di commozione quando ha ricordato il suo predecessore Sandro Pertini nelle sue azioni da partigiano". Questa precisazione ("nelle sue azioni da partigiano") mi pare molto utile, perché se il confronto tra i due fosse stato fatto sul terreno politico, ho paura che il presidente attuale ne sarebbe uscito maluccio. Sarebbe stato utile, infatti, che Napolitano non si fosse solo limitato a ricordarlo come partigiano, ma come presidente della Repubblica che non faceva sconti. Pertini era quello che diceva: "se c'è qualche uomo politico che usa la politica per fare i suoi sporchi affari deve essere denunciato". E allora pensate se uno come Pertini avrebbe mai firmato delle vergogne come il lodo Alfano, o lo scudo fiscale e compagnia bella.

Buon 25 aprile.

Olanda

L'assolo di chitarra al minuto 2,20 contenuto in questo pezzo è, a mio avviso, uno dei più belli di tutta la musica rock d'autore italiana. Lui naturalmente è Ivan Graziani, scomparso prematuramente (troppo prematuramente) nel '97. Ovviamente per "scomparso" intendo fisicamente. Per i tantissimi che lo hanno apprezzato e amato è ancora qui. Buona domenica.

sabato 24 aprile 2010

Come fa Di Pietro a costruirsi le case?

Coi soldi che gli versa Il Giornale. Scriveva l'altro ieri Il Fatto:

Non è vero che Antonio Di Pietro abbia fatto pasticci con i rimborsi elettorali dell’Italia dei Valori e con l’acquisto di case. L’ha stabilito il Tribunale civile di Monza, che in tre sentenze ravvicinate spazza via anni e anni di campagne del Giornale, condannando in primo grado il quotidiano della famiglia Berlusconi a risarcire l’ex pm per un totale di 244 mila euro, avendolo più volte diffamato con una serie di articoli. Soccombenti l’ex direttore Mario Giordano, i giornalisti Gian Mario Chiocci, Massimo Malpica e Felice Manti, oltre all’ex deputato Elio Veltri. Ma, al di là dei nomi, il punto è un altro. Le denunce penali e civili sono rischi del mestiere di giornalista e può capitare a tutti di incappare in una parola di troppo, un’inesattezza dovuta alla fretta, un eccesso di sintesi o di critica, insomma in un errore in buona fede. Qui invece i giudici hanno accertato un modus operandi di assoluta malafede: quello delle sistematiche campagne diffamatorie di chi sa di avere le spalle coperte da un editore pronto a investire milioni di euro per screditare, sui giornali e le tv che controlla in conflitto d’interessi, i propri avversari politici. Qui non si parla di cronisti che sbagliano, ma di killer che mentono sapendo di mentire.

Ora, che il Giornale di Feltri raccontasse qualche balla era noto a tutti - ci ho fatto pure una rubrica fissa. Che queste balle si trasfomassero in soldi da versare a Di Pietro un po' meno. Per la precisione, gli articoli ritenuti diffamatori nella sentenza di primo grado emessa dal tribunale civile di Monza, sono ben tre: "I trucchi di Di Pietro per sfuggire alle intercettazioni", "L’Italia dei Valori. Immobiliari. Di Pietro ha investito quattro milioni di euro in case. Ecco il suo patrimonio" e "Vi racconto i maneggi del mio ex amico Di Pietro. Quando tesserò 241 criminali". Tutti questi articoli sono stati ritenuti pieni di balle e lesivi della reputazione del leader dell'Italia dei Valori. La somma totale che Di Pietro si vedrà risarcire è di circa 344 mila euro.

Già che siamo in tema, vale la pena ricordare alcuni fatti che riguardano Il Giornale. Il primo è che il suo attuale direttore, Vittorio Feltri, è stato sospeso un mesetto fa dall'ordine dei giornalisti della Lombardia per tutte le balle relative all'ormai famoso caso Boffo. Poi, forse qualcuno ricorderà, all'inizio della scorsa estate Maurizio Belpietro, allora direttore del Giornale, si beccò una bella condanna per diffamazione per le dichiarazioni nei confronti del medico Mario Riccio, colui che staccò la spina a Piergiorgio Welby.

Ieri, poi, per chiudere in bellezza, è arrivata la notizia che Emergency ha sporto denuncia contro Libero e il Giornale per come hanno "gestito" tutta la vicenda del rapimento dei tre cooperanti dell'organizzazione di Gino Strada. E' il giornalismo di casa nostra.

venerdì 23 aprile 2010

Il blogger non è un direttore di giornale

La vicenda risale al 2006, quando un blogger fu condannato in primo grado per diffamazione per alcuni dei contenuti apparsi sul suo blog. Oggi è arrivata notizia che la sentenza d'appello ha ridimensionato (1.000 euro invece dei 3.000 iniziali) quella di primo grado.

Totalmente scagionato, invece, lo stesso blogger, per quanto riguarda l'"omesso controllo". Secondo il giudice, infatti, chi gestisce un blog è responsabile dei soli articoli scritti da se stesso, non dei commenti inseriti dai visitatori. Insomma, il blogger è una cosa e il direttore di giornale un'altra. Pensando a Feltri e a Belpietro tutto ciò è consolante.

Il quartier generale racconta/20


Per la verità non era molto difficile intuire come avrebbero titolato i due principali house organ di casa Pdl, stamattina. Naturalmente, sia la stroncatura che il suicidio sono di Fini - a me pare che le cose stiano un po' diversamente, ma se lo dicono loro...

Tra i due editoriali, quello di Feltri e quello di Belpietro, non c'è storia: quello più divertente è come al solito a firma Feltri. Tra le cose che è riuscito a scrivere, ad esempio, c'è questa perla: "In realtà Fini non fa che polemizzare. Non gli va più a genio neanche il programma di governo: è roba scritta in altra epoca, bisogna aggiornare. Non gli passa per la mente che nel 2008 gli italiani votarono centrodestra proprio sulla base di quel programma".

Oddio, secondo me, invece, è proprio per quello che gli italiani hanno fatto la fuga dal Pdl. Feltri, infatti, fa finta di dimenticare che alle politiche del 2008 il Pdl viaggiava addirittura sopra il 38%. Un anno dopo - elezioni europee - era sceso al 35 e due anni dopo - regionali di quest'anno - siamo a un 27% scarso. Dal 2008 a oggi il Pdl ha perso qualcosa come 2,5 milioni di elettori. Chissà come mai a Feltri questo particolare è sfuggito... E' vero che nel 2008 gli italiani hanno votato centrodestra sulla base di quel programma, ma in quel programma non è minimamente menzionato il lodo Alfano, né il processo breve, né il ritorno all'immunità parlamentare, né il legittimo impedimento, né il lodo Alfano costituzionale, né l'allungamento del periodo venatorio, né l'aggiramento dell'art. 18 dei lavoratori con la norma, fortunatamente stracciata da Napolitano, sull'arbitrato nei contenziosi di lavoro. Devo continuare o basta così?

Quando Feltri, quindi, ricorda (giustamente) il programma di governo sottoscritto con gli elettori, farebbe bene anche a ricordare che quel programma è rimasto sostanzialmente lettera morta, sostituito con provvedimenti - quelli che ho elencato qui sopra dimenticandone sicuramente qualcuno - che non c'erano da nessuna parte. Ah, gran cosa la memoria...

Negozi in italiano

Scusate, ma voi, quando entrate in un negozio, qual è la prima cosa a cui badate? Che i prezzi siano decenti e la qualità di ciò che viene venduto sia buona, oppure che chi ve la vende parli bene l'italiano?

"Che fai, mi cacci"?



Non è che ci sia molto da aggiungere, rispetto a quanto raccontano le immagini, su quello che è successo ieri all'interno del partito di maggioranza di questo paese. Da parte mia solo due brevissime riflessioni.

La prima riguarda l'invito finale di Berlusconi a Fini: "Vuoi fare politica? Lascia la presidenza della Camera". Berlusconi ha scoperto il conflitto di interessi. Lo so, sembra incredibile ma è così: le sue parole sono inequivocabili (basta guardare la finale del video qui sopra). Un personaggio che è ed è stato da sempre l'emblema del conflitto di interessi, essendo titolare di aziende e affari privati che hanno spessissimo beneficiato delle leggi fatte dal governo di cui è capo, rinfaccia a Fini l'incompatibilità della carica che ricopre col ruolo politico che deriva dalle sue dichiarazioni e critiche. Quando si pensa di avere ormai sentito tutto, il cavaliere è capace di stupire ancora.

Altro aspetto interessante e inedito: Berlusconi è costretto a rispondere nel merito alle critiche che gli vengono rivolte da Fini. Insomma ha dovuto sostenere un contradditorio. Dev'essere stata una cosa incredibile per lui, abituato ai comodi e non certo pericolosi sofà di Porta a Porta o ad allontanare senza tanti complimenti chi si permette di fare domande scomode non concordate preventivamente. C'è sempre una prima volta.

Per il resto non ho molto da aggiungere. Certo, le idee di Fini, le sue continue richieste di maggiore democrazia interna, il suo rinfacciare a Berlusconi il vero scopo della "riforma" della giustizia e la versione corretta di quello che è successo nel Lazio col pasticcio delle liste, mi fanno sicuramente essere più vicino alle sue posizioni rispetto a quelle del premier. Ma questo non significa che io lo stimi. Anzi. Fini è co-fondatore del Pdl, è pappa e ciccia con Berlusconi da 17 anni e ha firmato molte delle leggi vergogna messe in campo dal governo anche nella precedente legislatura. Insomma, a Berlusconi lo conosceva bene.

Forse poteva anche pensarci prima.

Bloccano le intercettazioni? E noi le leggiamo in aula

Difficile capire esattamente se si tratti di una provocazione o una cosa seria. Fatto sta che l'IdV sembra fare sul serio, almeno stando a quanto si legge sul blog di Di Pietro. Voi sapete che il ddl intercettazioni, col quale si stanno apprestando a dare il colpo di grazia alla già disastrata giustizia italiana, prevede che i giornalisti non possano più pubblicare gli atti delle indagini, anche se concluse. Questa, naturalmente, viene spacciata come norma a nostra tutela (tutta la tiritera sulla privacy e balle collegate), mentre invece il nostro interesse sarebbe saperle le cose.

Bene. Di Pietro e i suoi hanno dichiarato che qualora questa porcheria diventasse legge, ogni volta che verranno in possesso di atti, intercettazioni o notizie di reato, li leggeranno a turno in parlamento rendendoli così pubblici attraverso i resoconti stenografici. I giornalisti, quindi, riprendendoli, non potranno essere incriminati secondo la legge voluta da Berlusconi e soci, in quanto non si tratterebbe di cronaca giudiziaria ma di atti parlamentari. Naturalmente ci auguriamo che tutto ciò non sia necessario; che ci pensi prima Napolitano (difficile) o la Consulta (più facile) a prendere tutto come sta e buttarlo nel cesso.

"Reticente per favorire Berlusconi"

Nell'indifferenza praticamente generale, sono state rese note, ieri, le motivazioni che hanno portato alla sentenza di prescrizione (non assoluzione, come dichiarò il tg1 di Minzolini) per David Mills. La Suprema Corte, ossia la Corte di Cassazione, cioè il tribunale di ultima istanza nel nostro sistema giuridico, ha certificato che "Il fulcro della reticenza di David Mills, in ciascuna delle sue deposizioni, si incentra nel fatto che egli aveva ricondotto solo genericamente a Fininvest, e non alla persona di Silvio Berlusconi, la proprietà delle società offshore, in tal modo favorendolo in quanto imputato in quei procedimenti". Tutto questo perché - scrive ancora la Cassazione - "si era reso necessario distanziare la persona di Silvio Berlusconi da tali società, al fine di eludere il fisco e la normativa anticoncentrazione, consentendo anche, in tal modo, il mantenimento della proprietà di ingenti profitti illecitamente conseguiti all'estero e la destinazione di una parte degli stessi a Marina e Piersilvio Berlusconi".

Ma non solo. "...per la Cassazione la sentenza con cui la Corte d'Appello di Milano, lo scorso 27 ottobre, aveva confermato la condanna a quattro anni e sei mesi di reclusione, accusato di corruzione in atti giudiziari per aver ricevuto 600 mila dollari in cambio di testimonianze reticenti, ha una 'struttura razionale' sorretta da un 'apparato argomentativo logico e coerente, esteso a tutti gli elementi offerti dal processo'". Sapete cosa vuol dire questo? Che i giudici, in tutte le fasi del processo, hanno svolto il loro lavoro in maniera impeccabile, coerente, logica ed efficace. Che non esiste nessun complotto dei giudici comunisti che vogliono sovvertire il responso popolare e balle simili. E significa anche, ma si sapeva già, che c'è un paese governato da un signore che il supremo organo di giustizia del medesimo paese ha riconosciuto, nero su bianco, essere un evasore fiscale e un corruttore di testimoni.

Quel paese, naturalmente, è l'Italia.

mercoledì 21 aprile 2010

Ho bisogno di un parroco

C'è qualche parroco tra i miei lettori? No, perché ho bisogno di capire questa cosa. Come forse ricorderete, al presidente Berlusconi è stato somministrato il sacramento della comunione durante la messa per i funerali di Vianello. Berlusconi è ufficialmente divorziato dalla prima moglie e in procinto di separarsi dalla seconda. Per la chiesa, quindi, a meno che non sia cambiato qualcosa in questi giorni, il presidente del consiglio non ne avrebbe avuto diritto.

La cosa ha fatto comprensibilmente un po' di rumore, tanto che un avvocato ha pure scritto al papa per chiedere spiegazioni, probabilmente anche in seguito ai tentennamenti del povero don Walter, che interpellato in merito ha dichiarato: "Io me lo sono trovato davanti, nella fila di chi era in attesa della comunione. E cosa potevo fare, negargliela? Non è certo durante una cerimonia che si può porre una questione simile. E poi, il prete che celebra la messa mica può essere a conoscenza dello stato civile di chi viene all’altare per prendere l’eucarestia!".

Naturalmente la Chiesa ha sempre una spiegazione a tutto. Ecco infatti fare capolino mons. Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita e cappellano di Montecitorio. L'alto prelato ha dichiarato: "Dopo la separazione dalla seconda moglie Veronica Lario, Silvio Berlusconi non vive piu' nel peccato e quindi puo' fare la comunione senza problemi". E ancora: "La Chiesa non ha mai cambiato idea: i divorziati che si sono risposati una seconda volta civilmente non possono accostarsi alla comunione. Con la separazione dalla seconda moglie, Berlusconi e' quindi tornato ad una situazione, diciamo così, ex ante".

Allora, aiutatemi un po' voi. Se non ho interpretato male le parole di Fisichella, se uno divorzia e si risposa civilmente non è in grazia di Dio; se divorzia o si separa per la seconda volta, ecco che torna in grazia di Dio in quanto la situazione in cui torna è quella "ex ante", cioè quella in cui si trovava prima del primo matrimonio. Quindi, riprendendo un po' il pensiero di metilparaben, se uno sfascia una sola famiglia non può fare la comunione; se ne sfascia due sì.

C'è il prete?

Arbitrato e caccia, tutto come prima (o quasi)

Due dei provvedimenti che in questo ultimo periodo hanno fatto parecchio parlare (e arrabbiare, perlomeno lo scrivente), si sono oggi risolti con un nulla di fatto, o quasi. Il primo riguarda la norma, inserita nella legge sul riordino del lavoro, che prevedeva il ricorso all'arbitrato invece che al giudice per le controversie tra lavoratore e datore di lavoro. In particolare era previsto che la famosa "clausola compromissoria" fosse inserita nel contratto di lavoro già all'atto dell'assunzione. Molti, in prima fila i sindacati, hanno visto subito in questa manovra un subdolo tentativo di aggiramento dell'art. 18 dello statuto dei lavoratori.

Tutto l'impianto di legge ha raggiunto l'onore delle cronache anche per il fatto di essere stato il primo, approvato dal Parlamento, che Napolitano ha rispedito alle Camere rifiutandosi di firmarlo (speriamo che il prossimo sia quello sulle intercettazioni). Oggi la commissione Lavoro della Camera ha spazzato via tutto, sostenendo che "La clausola compromissoria sull'arbitrato non può riguardare controversie relative al licenziamento".

Si è concluso tutto sommato positivamente anche il tira e molla, che tiene banco ormai da più di un anno, sulla famosa questione dell'allungamento dei tempi in cui è possibile cacciare. In pratica si può cacciare solo 10 giorni in più rispetto al normale calendario venatorio attualmente in vigore. Da segnalare che questa retromarcia del governo non è stata determinata solo dal lavoro dell'opposizione, ma anche, se non soprattutto, dalla frattura che si è creata su questo argomento all'interno del centrodestra. A cominciare dall'opposizione netta di due ministri di un certo "peso", la Brambilla e la Prestigiacomo, fino ad arrivare al piccolo esercito di deputati che addirittura hanno firmato un documento congiunto, inviato poi a Berlusconi, col quale si chiedeva di fermare "doppietta selvaggia".

I chili d'oro per Padre Pio? "Sono solo tre"

Ha fatto un certo rumore il trasferimento delle spoglie mortali di Padre Pio dalla teca dov'erano conservate alla nuova cripta, che si trova nella zona sottostante al santuario progettato da Renzo Piano. In primo luogo perché nella vecchia locazione è rimasta per ben 42 anni; in secondo luogo perché, scrive Repubblica, la nuova teca è d’argento ed oro e pesa 150 chilogrammi, tra gemme preziose e i celebratissimi mosaici di padre Ivan Rupnik.

Poi, ieri, la precisazione un po' stizzita dei frati cappuccini: "i chili d'oro sono solo tre". A mio avviso hanno sbagliato entrambi: la vera miniera d'oro si trova fuori.

Il governo ha "migliorato" il ddl intercettazioni

Da quanti anni, ormai, si parla di queste benedette intercettazioni? Meglio: da quanti anni, ormai, il governo Berlusconi ha elevato a ragione di vita il cercare in ogni modo di neutralizzarle? Ci siamo quasi. Come probabilmente ormai saprete, il famoso ddl che dovrebbe "regolarle" è in dirittura d'arrivo. Alla Camera è già passato un anno fa; manca il Senato, dove ultimamente ci si sta dando un discreto daffare - sapete com'è, c'è qualcuno che ha fretta. Siccome però questa porcata rischia seriamente di essere mandata indietro da Napolitano - lo so, lo so, lui firma tutto, ma qui sarebbe troppo sporca -, ieri il governo ha proposto qualche emendamento per cercare di renderla nel complesso più digeribile. Vediamo quindi quali sono i punti migliorati (secondo loro, ovviamente).

Dunque, la modifica più evidente riguarda i famosi "indizi di colpevolezza". Voi sapete che il testo proposto originariamente, quello già passato alla Camera, prevedeva che il requisito fondamentale per poter disporre un'intercettazione telefonica fosse quello degli "evidenti indizi di colpevolezza". Cosa vuol dire? Vuol dire che, secondo lorsignori, per poter mettere sotto intercettazione qualcuno occorre prima esser sicuri che sia lui il colpevole. Ora, non occorre neppure essere uno studente di giurisprudenza al primo anno per capire la portata di questa fesseria. Visto infatti che le intercettazioni servono appunto per scoprire gli autori di eventuali reati, se si sa già chi è il colpevole lo si prende e lo si chiude a chiave, che bisogno c'è di intercettarlo? Qui sarebbe roba da psichiatri, e Alfano pare averlo capito. Infatti, nella nuova versione di questa porcata, gli "evidenti indizi di colpevolezza" sono diventati "gravi indizi di reato". Uno potrebbe chiedersi: ma "gli indizi di reato" attualmente in vigore non andavano bene? No, perché altrimenti i magistrati avrebbero avuto carta bianca come prima: troppo rischioso.

Andiamo avanti. Scrive Repubblica: "Per poter intercettare, però, è necessario che l'utenza sia intestata (o effettivamente in uso) o all'indagato o a una terza persona che, già emersa dalle indagini come a conoscenza dei fatti per i quali si procede, si ritiene ne farà uso per conversazioni o comunicazioni che riguardino i fatti oggetto dell'indagine". Avete presente le intercettazioni di Trani da cui è scaturita l'inchiesta in cui è coinvolto il cavaliere? Si era partiti da una normale indagine per usura sulle commissioni delle carte di credito e si era arrivati a Berlusconi, Minzolini, ecc., per tutt'altro. Perché? Perché l'obbligatorietà dell'azione penale, prevista dalla nostra Costituzione, obbliga i pm a procedere in caso di notizie di reato. Insomma, per farla breve, se Tizio è intercettato e mentre parla al telefono con Caio (non intercettato) si scopre che quest'ultimo si è reso responsabile di un reato, per legge deve essere perseguito anche lui. Se passa la nuova legge non più. Se, ad esempio, uno dice al telefono che domani commetterà una rapina in banca ma non è lui l'intestatario dell'utenza intercettata, tanti saluti. Bello vero?

Ma aspettate, perché il meglio deve ancora arrivare. Il testo prevede infatti che questo principio si applichi anche alle riprese visive. Cosa significa? Pensate a una banca che ha le sue belle telecamere di sorveglianza. Siccome la legge dice che "I luoghi sottoposti a sorveglianza devono appartenere o essere utilizzati dall'indagato o da persone diverse sempre che risultino, dalle indagini, già a conoscenza dei fatti", provate a fare 2 + 2. Cosa ne esce? Ma andiamo avanti con un'altra perla. "Sarà il tribunale a decidere l'applicabilità delle intercettazioni, e non più il gip". Apparentemente questa sembra una norma di buon senso: un tribunale, infatti, ossia una collegialità di giudici, potrebbe offrire più garanzie rispetto alla decisione di un singolo magistrato. Ma qui si aprono tutta una serie di questioni: com'è possibile ad esempio che un singolo magistrato possa comminare una condanna all'ergastolo di un imputato ma non possa disporre un'intercettazione? Ha senso questa cosa? E come si concilia il fatto che col nuovo testo un'intercettazione deve essere disposta da un collegio di giudici - normalmente ne basterebbe uno - con l'organico di cui dispone la magistratura in Italia e, soprattutto, con la necessità di accelerare i tempi della giustizia? Mah, non si sa.

Ma andiamo con l'ultimo emendamento interessante: il "salva-casta". Scrive sempre Repubblica: "Se il magistrato intercetta qualcuno che conversa con un parlamentare, sarà necessaria comunque l'autorizzazione della Giunta di Camera o Senato. [...] E questo varrà soprattutto se si intercetta o si acquisiscono tabulati per accedere comunque alla 'sfera delle comunicazioni del parlamentare'". Ecco qua: i parlamentari (e chi parla con loro pur non essendolo) non si toccano. In queste poche righe è concentrato lo spirito e lo scopo principale di questa legge: l'intoccabilità di lorsignori. Già adesso, prima di mettere sotto controllo l'utenza di un parlamentare, occorre l'autorizzazione della Giunta di Camera e Senato (che regolarmente la nega. Ricordate la vicenda delle intercettazioni della Forleo nella vicenda D'Alema-Fassino-Consorte e i furbetti del quartierino?). Ecco, adesso questa autorizzazione sarà necessaria anche per chi viene intercettato a parlare con uno di essi. Scudo totale, insomma. Poi, naturalmente, c'è tutto il capitolo delle pene e delle sanzioni a carico dei giornalisti, ma lo lascio alla vostra lettura.

Questi i punti che mi sembrano più significativi. Naturalmente tutto questo viene messo in campo dallo stesso governo che ha fatto ipocritamente della sicurezza la sua bandiera, ma tanto chi ci fa caso? Ecco, davanti a una legge devastante, per la giustizia, come questa, qualsiasi opposizione degna di questo nome alzerebbe le barricate, farebbe ostruzionismo in parlamento, scenderebbe in piazza, allerterebbe i cittadini, i comitati locali, creerebbe dei gruppi in difesa della Costituzione. E invece sapete cos'hanno detto illustri esponenti del Pd? Che intravedono in questo ddl "dei passi in avanti".

Il quartier generale racconta/19


E' gravissimo: i tre di Emergency, appena liberati, non hanno ringraziato il governo che si è impegnato tanto per la loro liberazione. Poteva Il Giornale passare sopra a questo fatto di indicibile gravità? No, certo. Ecco quindi la prima pagina di stamattina con tanto di indignato editoriale di Feltri. Ma vediamo alcune delle scemenze cose scritte da quest'ultimo.

"I tre operatori sanitari di Emergency liberati grazie all'intervento decisivo del governo italiano non hanno rilasciato dichiarazioni su chi li ha salvati. Figuriamoci". Eh, certo, "figuriamoci", dice Feltri. Sono proprio degli ingrati cafoni. Proviamo a fare alcune ipotesi sui motivi di questo atteggiamento. Se un fatto del genere, arresto immotivato di tre persone appartenenti a un'organizzazione umanitaria di un'altra nazione, fosse capitato a qualsiasi altro paese, il relativo ministro degli esteri non penso che avrebbe pregato che non sia vero: avrebbe preso all'istante il telefono chiedendo immediatamente spiegazioni allo stato che li ha arrestati. O sbaglio? Invece da noi si fa tutto con calma, tanto che il solerte primo ministro nostrano si decide a scrivere una missiva a Karzai ben 5 giorni dopo il sequestro. Si vede che c'erano faccende più urgenti da sbrigare.

Ma Feltri si spinge oltre, tirando in ballo per l'ennesima volta la questione del presunto rifiuto dei tre (sacrilegio!) di tornare in Italia con un volo di stato. Poco importa che la polemica si sia sgonfiata dopo appena 30 minuti dal suo comparire: per Feltri bisogna battere il ferro finché è caldo (anche se ormai si era raffreddato) e mettere in evidenza il più possibile l'affronto. Alla fine, però, siamo punto e a capo. Ci sono: forse i tre hanno sentito La Russa tentare (senza riuscirci) di conversare con Gino Strada ad Annozero e hanno deciso di vendicarsi.

Perché faccio il tifo per il vulcano

È bene che ogni tanto la natura, indifferente, imparziale e moralmente amorale, ricordi all’uomo, che nella sua demenziale ubris, sta diventando la bestia più stupida del Creato, non è il padrone del mondo. Il vulcano islandese esplose già, con la stessa violenza, due secoli fa ma nessuno se ne accorse tranne i pochi abitanti di quelle terre lontane, mentre oggi sta mandando in tilt l’intero pianeta.

(Massimo Fini questa mattina)

Quel "caro" a Totti

Come forse avrete letto da qualche parte, il capitano della Roma, Francesco Totti, si è reso protagonista, nel derby di domenica scorsa, di uno spiacevolissimo episodio: aver fatto il pollice verso in direzione della curva della Lazio. Il giudice sportivo, per questo, lo ha punito a un'ammenda di ventimila (20.000) euro.

Secondo Repubblica, 20.000 euro a uno che ha appena firmato un contratto da 50 milioni si possono definire con un "costa caro".

Legittimo impedimento, per la seconda volta davanti alla Consulta

Quello che è già accaduto la settimana scorsa per il processo Mills si è ripetuto ieri. Il processo Mediaset, in cui Berlusconi è imputato a Milano per frode fiscale, è infatti da ieri sospeso. I giudici hanno inviato tutti gli atti alla Corte Costituzionale ritenendo che il legittimo impedimento violi l'art. 138 della Costituzione, perché "introduce una prerogativa diretta a tutelare non il diritto di difesa ma la carica istituzionale". In pratica, sostengono i magistrati, il legittimo impedimento doveva essere promulgato con legge costituzionale, non ordinaria.

Si tratta, comunque, di questioni di lana caprina per legulei. L'aspetto più divertente della vicenda, infatti, sta tutto nelle dichiarazioni di Ghedini (foto), avvocato difensore del premier nonché parlamentare del suo partito, il quale è riuscito a dire che il legittimo impedimento "è una legge dello stato che i giudici non vogliono applicare". E ancora: "Il nostro obiettivo è fare il processo e essere assolti...". Sì, avete letto bene. Dopo un'infinità di tentate leggi ad personam (lodo Schifani, lodo Alfano, processo breve, legittimo impedimento, immunità parlamentare), fatte apposta per svignarsela dai processi, hanno anche la faccia tosta di dire che il loro obiettivo è fare il processo e essere assolti.

E' tutta qui la considerazione che hanno questi signori per l'intelligenza degli elettori del Pdl?

I 30 ribelli contro la caccia lunga

Tempi duri per il Pdl. Non bastavano i guai, con litigate annesse, provocati da Fini; adesso arrivano anche i "dissidenti". Come ormai saprete, è passato all'esame del Senato il disegno di legge comunitaria 2009 con relativa modifica all'art. 43, che è quello che stabilisce la durata a discrezione dei governatori di regione dell'attività venatoria.

Ieri una delegazione di Legambiente, insieme a varie altre associazioni ambientaliste e animaliste, si è radunata davanti a Montecitorio per protestare e per chiedere al premier che si attivi affinché venga scongiurata questa sorta di vera e propria deregulation della caccia. Fin qui non ci sarebbe niente di strano: normale (e giustissimo) che gli ambientalisti protestino per questi motivi.

Quello che è meno normale, invece, è che a questi si siano poi aggiunti una trentina di esponenti del Pdl appartenenti alla Camera dei Deputati. Tutti insieme, ambientalisti e parlamentari, uniti in un'unica protesta contro questo disegno di legge. I deputati hanno quindi firmato una lettera, indirizzata a Silvio Berlusconi, in cui si legge: "Non intendiamo legittimare con il nostro voto il cedimento politico di alcuni a una piccola lobby di settore e di 750 mila cacciatori. Né, tanto meno, alla loro volontà di sparare indiscriminatamente tutto l'anno e contro qualsiasi specie animale".

Questo disegno di legge non è nato sotto una buona stella: già un anno fa, alla sua presentazione in parlamento, si levarono alte le proteste della Prestigiacomo e della Brambilla, ministri rispettivamente dell'Ambiente e del Turismo. Adesso arrivano i 30 deputati. Naturalmente è inutile sottolineare che si tratta dell'ennesimo disegno di legge che non era minimamente contemplato nel programma elettorale.