Due notizie sull'annosa questione della pirateria digitale. Una arriva dalla Francia ed è riportata da Repubblica. Secondo una ricerca dell'università di Rennes, nell'ultimo periodo si sarebbe assistito ad un notevole aumento delle attività illecite degli utenti della rete, ma la cosa curiosa è che non c'è stato un aumento del traffico sui circuiti p2p, che viceversa è diminuito, ma sulle piattaforme di streaming. Scrive Repubblica: "Non è bastata l'introduzione di Hadopi, l'autorità per la protezione del diritto d'autore su internet, voluta dal governo Sarkozy, per fermare il file-sharing. La creazione dell'organismo di controllo e di leggi specifiche per regolamentare il traffico illegale sul web ha però funzionato molto bene come deterrente per gli utenti di piattaforme Peer To Peer, anche perché tra le sanzioni paventate per chi scambia file illegalmente c'è la sospensione fisica della connessione internet. Ma ci sono aree che la regolamentazione introdotta dal governo al momento non copre, nello specifico lo streaming di contenuti multimediali e il download da siti di condivisione ad accesso gratuito e 'premium', a pagamento. Insomma, succede che grazie al miglioramento costante della qualità delle connessioni, molti utenti decidono di non scaricare un film sul proprio computer ma preferiscono guardarlo on line, 'trasmesso' in visione web da uno dei tanti siti-archivio rintracciabili in rete".
L'altra notizia invece arriva dagli states, dove lo US Copyright Group si prepara a perseguire qualcosa come 50.000 utenti pizzicati a scaricare e condividere illecitamente musica e film. Una strategia che sembra segnare una svolta rispetto al già famoso "colpirne uno per educarne cento". Basandosi infatti sull'indirizzo ip e su una tecnologia tedesca in grado di tenere traccia in tempo reale dei download via BitTorrent, le major si preparano a sferrare un attacco antipirateria di cui, probabilmente, nel prossimo periodo sentiremo parlare non poco.
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mercoledì 31 marzo 2010
Il quartier generale racconta/11
"Ora silvio vada giù duro": un titolo che è tutto un programma. E infatti è questo il succo dell'editoriale di Feltri di stamattina. In sostanza il direttore del Giornale sprona Silvio ad approfittare di questa "vittoria" per fare 'ste bendette riforme, ammettendo impicitamente ciò che solo gli elettori col paraocchi del Pdl non vogliono ammettere: finora sono volate solo chiacchiere. D'altra parte è Feltri stesso a scrivere nel sottotitolo "Il successo elettorale gli consente di lavorare per gli italiani", segno appunto che finora non è che abbia fatto granché, perlomeno per i famosi italiani - per se stesso il discorso è ovviamente diverso. Peccato che Feltri, nel suo pur pregevole pezzo, nasconda ad arte quello che tutti nel Pdl cercano di nascondere: l'emorragia di voti, cosa che ho già messo in evidenza qui e su cui quindi non torno sopra.
Per cercare di non parlare di questa cosa analizza solamente la situazione del Pd, che tra l'altro ha avuto effettivamente anch'esso la sua bella emorragia: niente di nuovo neppure sotto questo versante. Scrive l'illuminato Feltri: "In realtà il Pd avrebbe buona ragioni per piangere. Ha perso voti a vantaggio di Di Pietro e perfino di Grillo". Certo, questo è vero, così come, allo stesso modo, è vero che la stessa sorte è toccata al Pdl nei confronti della Lega, con un travaso di voti che negli ultimi due anni è stato pressoché inarrestabile e ha consentito al senatùr di superare il 12%, mentre il Pdl dal 38 del 2008 è adesso al 27%. Ma questo a Feltri non importa, lui vede solo i terremoti degli altri; e d'altra parte mettetevi un po' nei suoi panni: non può certo rompere l'idillio e il momento magico. Ma andiamo avanti.
"Dieci giorni fa qualcuno nella maggioranza e molti nell'opposizione gli avevano già preparato il funerale politico [a Berlusconi, ndr]. Girava insistente la voce che avrebbe avuto un crollo nel gradimento popolare e sarebbe stato costretto a mollare. E' successo il contrario...". E' esattamente quello che è successo, invece, altroché il contrario. Berlusconi l'ha scampata solo grazie all'astensionismo, che per una volta ha fatto vittime sia a destra come a sinistra.
Vabbé, alla fine il Giornale si consola col fatto che nonostante la Lega abbia sfondato, l'astensionismo ha inciso in piccola misura anche lì. Meglio che niente.
Napolitano rinvia alle Camere la legge sul lavoro
Ricordate la legge di modifica in materia di lavoro diventata effettiva ai primi di marzo? Napolitano non l'ha firmata e l'ha rispedita questa mattina alle Camere. Non capita sovente che questo presidente della Repubblica si rifiuti di firmare qualcosa, anzi, è semmai vero il contrario, quindi quando succede mi sembra doveroso segnalarlo. La legge in questione, fortemente voluta da Sacconi e dal governo tutto, è quella che al suo interno conteneva la famosa norma che agevolava (anzi, in alcuni casi obbligava proprio) il ricorso all'arbitrato piuttosto che al giudice in caso di controversie tra lavoratore e datore di lavoro, cosa questa che aveva messo in allarme sindacati e lavoratori - la Cgil era pure scesa in piazza un paio di settimane fa.
L'unica "pecca" sta nel fatto che Napolitano si è giocato il bonus. E' noto, come ho già detto, che questo qui in genere tende a firmare qualsiasi cosa gli capiti sotto tiro - vedi lodo Alfano, poi bocciato dalla Consulta, vedi scudo fiscale, ecc... -, quindi è molto improbabile che rimandi indietro due leggi consecutivamente. E questo proprio mentre Berlusconi, galvanizzato dal "successo" delle regionali, ha dato ordine ai suoi legulei di ripartire in tutta velocità col ddl sulle intercettazioni - seguirà poi, eventualmente, processo breve, lodo Alfano costituzionale e immunità. Insomma, una vagonata di leggi potenzialmente incostituzionali sta per invadere il Parlamento e quindi il Quirinale per la firma, e Napolitano un bonus l'ha già sprecato.
L'unica "pecca" sta nel fatto che Napolitano si è giocato il bonus. E' noto, come ho già detto, che questo qui in genere tende a firmare qualsiasi cosa gli capiti sotto tiro - vedi lodo Alfano, poi bocciato dalla Consulta, vedi scudo fiscale, ecc... -, quindi è molto improbabile che rimandi indietro due leggi consecutivamente. E questo proprio mentre Berlusconi, galvanizzato dal "successo" delle regionali, ha dato ordine ai suoi legulei di ripartire in tutta velocità col ddl sulle intercettazioni - seguirà poi, eventualmente, processo breve, lodo Alfano costituzionale e immunità. Insomma, una vagonata di leggi potenzialmente incostituzionali sta per invadere il Parlamento e quindi il Quirinale per la firma, e Napolitano un bonus l'ha già sprecato.
Elezioni 2010, analisi a mente fredda
Lo so, la sbornia non è ancora terminata - si narra che la Polverini abbia festeggiato la vittoria in discoteca -, ma siccome i dati sono ormai definitivi direi che si può fare qualche riflessione su come sono andate realmente le cose e se veramente chi ha vinto ha vinto e chi ha perso ha perso. Partiamo dalle dichiarazioni, entrambe abbastanza ridicole, dei leader dei due partiti principali: Berlusconi e Bersani. Il primo, sull'onda dell'ormai grottesca dicotomia odio/amore, che nonostante la palese ridicolaggine fa evidentemente presa sulle italiche menti, ha dichiarato ieri che "L'amore ha vinto sull'invidia e sull'odio, gli elettori ci hanno dato ragione". Il suo collega Bersani, invece, con una faccia di bronzo di quelle che faranno storia ha detto: "Non è sconfitta". Certo, sulla carta non è una sconfitta, visto che la competizione è terminata 7 a 6, ma se si fa il paragone con le regionali precedenti, in cui il centrosinistra governava in undici regioni, non so come faccia a dire il segretario del Pd che non è stata una sconfitta.
Naturalmente, il fatto che per Berlusconi l'amore abbia vinto sull'odio significa chiaramente che lui considera queste elezioni vinte. La cosa, per la verità, è abbastanza comprensibilie. E' noto, infatti, che neppure il miglior ottimismo a cui ci ha abituati il cavaliere gli avrebbe mai permesso di pronosticare il possesso di 6 regioni - erano date per sicurissime solo Veneto e Lombardia, in bilico Piemonte e Lazio. Tuttavia, se rispetto alle aspettative il cavaliere può legittimamente parlare di vittoria, il discorso è un po' diverso se si guardano i numeri. E adesso che questi numeri sono finalmente definitivi, possiamo usarli per togliere di mezzo qualsiasi interpretazione elettorale/propagandistica e guardare in faccia la realtà.
I dati definitivi dicono che il Pdl ha preso complessivamente 5.994.741 voti, che equivale al 26,78% delle preferenze. Alle europee dell'anno scorso il partito dell'amore viaggiava ben oltre il 35%. Se poi si va ancora più indietro fino ad arrivare alle politiche del 2008, si vede chiaramente come il Pdl fosse addirittura al 38% con ben 13.628.865 voti. Quindi, ricapitolando: 2008 = 38%, 2009 = 35%, 2010 = 27%. E lui è contento, ben sapendo che in realtà la sua presunta "vittoria" non è nient'altro che il risultato (a) dell'exploit della Lega e (b) della pochezza dell'opposizione. Si tratta insomma di quel famoso travaso di voti che Berluconi ha sempre temuto come la peste e che puntualmente si è verificato. Bastano due dati per dimostrarlo: la Lega nel 2008 era all'8,3% e oggi è abbondantemente oltre il 12. Nel corso di questi due anni, quindi, in concomitanza col progressivo ridimensionamento del Pdl c'è stato l'altrettanto progressivo ingrandimento della Lega. Questi sono i numeri, poi loro vi potranno raccontare quello che vogliono; e i numeri dicono che il Pdl oggi è al 26,78%, mentre gli elettori che fisicamente sulla scheda hanno messo la croce sul simbolo del partito dell'amore sono stati appunto poco meno di 6 milioni su 41 e passa di aventi diritto e soprattutto sui 13 e passa delle politiche del 2008. La percentuale la potete calcolare da voi.
Alla luce di questi numeri, è facile capire - ma si sapeva benissimo anche prima - che il 61% del consenso nei confronti del "leader più amato dell'occidente" era una delle tante barzellette con cui il falso leader ha riempito la testa degli italiani nel corso ormai dell'ultimo ventennio. Una strategia comunicativa, quella di raccontare corbellerie, che evidentemente non mostra i segni del tempo e fa sempre breccia nelle italiote menti. Naturalmente, nell'olimpo celeste del consenso che dipinge il cavaliere, in particolar modo rispetto a quanto è successo domenica, non manca qualche macchia che mi pare divertente segnalare. Nonostante l'exploit della Lega al nord, ad esempio, il comune di Lecco ha mandato a casa al primo turno il leghista Roberto Castelli in favore del pidino Virginio Brivio, che ha ottenuto subito oltre il 50% delle preferenze. Da segnalare anche l'esclusione al primo turno del mitico Brunetta dalla corsa a sindaco di Venezia, in favore dell'esponente di centrosinistra Giorgio Orsoni passato al primo turno con oltre il 52% delle preferenze. Peccato...
Ma il bello (si fa per dire) viene adesso. Perché ci sono tre anni, fino alla fine della legislatura, in cui Berlusconi deve governare, non ha alternative. Finora ha fatto sostanzialmente due anni di campagna elettorale in vista delle consultazioni, europee e regionali, che hanno contraddistinto il 2009 e il 2010. Adesso non c'è più niente fino al 2013. Adesso non ha più alibi, e non può quindi pensare di andare avanti per tutto il tempo che rimane a forza di slogan su amore, odio, giudici comunisti, eccetera: la (sua) gente, quella che ancora è rimasta, mangerebbe la foglia. E quel misero 27% che ha oggi potrebbe quindi ridimensionarsi fino a non essere più sufficiente per vincere le politiche del 2013, specialmente se nello stesso tempo il centrosinistra avrà la forza (e il coraggio) di rinnovarsi un po', mandare a casa un po' di vecchiume e proporre candidati nuovi e credibili - la vedo dura.
Ma lo scenario che si apre adesso è tutt'altro che rassicurante per il cavaliere. E non per colpa dell'opposizione (c'è da morir dal ridere), ma per colpa del dilagare della Lega al nord. Un dilagare che, di riflesso, oltre a verificarsi sul territorio si verificherà in contemporanea anche dentro gli equilibri della coalizione - cosa per la verità già iniziata da tempo. E il primo esempio si è verificato ieri, quando Bossi, trionfante, si è dovuto scontrare con gli altolà di Fini e La Russa dopo aver annunciato la sua auto-candidatura come prossimo sindaco di Milano. E questo è solo l'inizio. Nei prossimi mesi ne vedremo delle belle. Forse una cosa giusta, l'unica finora, Bersani ieri l'ha detta: "Il tramonto di Silvio Berlusconi può avere dentro elementi di pericolo".
Naturalmente, il fatto che per Berlusconi l'amore abbia vinto sull'odio significa chiaramente che lui considera queste elezioni vinte. La cosa, per la verità, è abbastanza comprensibilie. E' noto, infatti, che neppure il miglior ottimismo a cui ci ha abituati il cavaliere gli avrebbe mai permesso di pronosticare il possesso di 6 regioni - erano date per sicurissime solo Veneto e Lombardia, in bilico Piemonte e Lazio. Tuttavia, se rispetto alle aspettative il cavaliere può legittimamente parlare di vittoria, il discorso è un po' diverso se si guardano i numeri. E adesso che questi numeri sono finalmente definitivi, possiamo usarli per togliere di mezzo qualsiasi interpretazione elettorale/propagandistica e guardare in faccia la realtà.
I dati definitivi dicono che il Pdl ha preso complessivamente 5.994.741 voti, che equivale al 26,78% delle preferenze. Alle europee dell'anno scorso il partito dell'amore viaggiava ben oltre il 35%. Se poi si va ancora più indietro fino ad arrivare alle politiche del 2008, si vede chiaramente come il Pdl fosse addirittura al 38% con ben 13.628.865 voti. Quindi, ricapitolando: 2008 = 38%, 2009 = 35%, 2010 = 27%. E lui è contento, ben sapendo che in realtà la sua presunta "vittoria" non è nient'altro che il risultato (a) dell'exploit della Lega e (b) della pochezza dell'opposizione. Si tratta insomma di quel famoso travaso di voti che Berluconi ha sempre temuto come la peste e che puntualmente si è verificato. Bastano due dati per dimostrarlo: la Lega nel 2008 era all'8,3% e oggi è abbondantemente oltre il 12. Nel corso di questi due anni, quindi, in concomitanza col progressivo ridimensionamento del Pdl c'è stato l'altrettanto progressivo ingrandimento della Lega. Questi sono i numeri, poi loro vi potranno raccontare quello che vogliono; e i numeri dicono che il Pdl oggi è al 26,78%, mentre gli elettori che fisicamente sulla scheda hanno messo la croce sul simbolo del partito dell'amore sono stati appunto poco meno di 6 milioni su 41 e passa di aventi diritto e soprattutto sui 13 e passa delle politiche del 2008. La percentuale la potete calcolare da voi.
Alla luce di questi numeri, è facile capire - ma si sapeva benissimo anche prima - che il 61% del consenso nei confronti del "leader più amato dell'occidente" era una delle tante barzellette con cui il falso leader ha riempito la testa degli italiani nel corso ormai dell'ultimo ventennio. Una strategia comunicativa, quella di raccontare corbellerie, che evidentemente non mostra i segni del tempo e fa sempre breccia nelle italiote menti. Naturalmente, nell'olimpo celeste del consenso che dipinge il cavaliere, in particolar modo rispetto a quanto è successo domenica, non manca qualche macchia che mi pare divertente segnalare. Nonostante l'exploit della Lega al nord, ad esempio, il comune di Lecco ha mandato a casa al primo turno il leghista Roberto Castelli in favore del pidino Virginio Brivio, che ha ottenuto subito oltre il 50% delle preferenze. Da segnalare anche l'esclusione al primo turno del mitico Brunetta dalla corsa a sindaco di Venezia, in favore dell'esponente di centrosinistra Giorgio Orsoni passato al primo turno con oltre il 52% delle preferenze. Peccato...
Ma il bello (si fa per dire) viene adesso. Perché ci sono tre anni, fino alla fine della legislatura, in cui Berlusconi deve governare, non ha alternative. Finora ha fatto sostanzialmente due anni di campagna elettorale in vista delle consultazioni, europee e regionali, che hanno contraddistinto il 2009 e il 2010. Adesso non c'è più niente fino al 2013. Adesso non ha più alibi, e non può quindi pensare di andare avanti per tutto il tempo che rimane a forza di slogan su amore, odio, giudici comunisti, eccetera: la (sua) gente, quella che ancora è rimasta, mangerebbe la foglia. E quel misero 27% che ha oggi potrebbe quindi ridimensionarsi fino a non essere più sufficiente per vincere le politiche del 2013, specialmente se nello stesso tempo il centrosinistra avrà la forza (e il coraggio) di rinnovarsi un po', mandare a casa un po' di vecchiume e proporre candidati nuovi e credibili - la vedo dura.
Ma lo scenario che si apre adesso è tutt'altro che rassicurante per il cavaliere. E non per colpa dell'opposizione (c'è da morir dal ridere), ma per colpa del dilagare della Lega al nord. Un dilagare che, di riflesso, oltre a verificarsi sul territorio si verificherà in contemporanea anche dentro gli equilibri della coalizione - cosa per la verità già iniziata da tempo. E il primo esempio si è verificato ieri, quando Bossi, trionfante, si è dovuto scontrare con gli altolà di Fini e La Russa dopo aver annunciato la sua auto-candidatura come prossimo sindaco di Milano. E questo è solo l'inizio. Nei prossimi mesi ne vedremo delle belle. Forse una cosa giusta, l'unica finora, Bersani ieri l'ha detta: "Il tramonto di Silvio Berlusconi può avere dentro elementi di pericolo".
martedì 30 marzo 2010
La CEI collabora
Non è ben chiaro se la mossa dei Vescovi serva a dare l'idea di un cambiamento di rotta rispetto al trend consolidato ormai da decenni, ma l'uscita di oggi di Bagnasco ("i vescovi italiani non si oppongono, ma anzi convergono, con una leale collaborazione con le autorità dello Stato, a cui compete accertare la consistenza dei fatti denunciatimi pare sia una mezza ammissione della sostanziale") mi pare sia una formale ammissione che finora la Chiesa non ha fatto granché per combattere il fenomeno. E' già un passo avanti.
Addio alla Resistenza
Non mi sto riferendo agli ultimi brandelli di resistenza che, scomparendo, hanno consentito allo strapotere mediatico di Berlusconi & c. di vincere sulla ragione. Mi sto riferendo a quanto riportato questa mattina da ItaliaOggi, e cioè l'intenzione della Gelmini di togliere lo studio della Resistenza dai testi di storia scolastici. Scrive il quotidiano: "Semplicemente non c'è. Nei nuovi programmi di storia che si studieranno dal prossimo anno nei licei non si parla di Resistenza. Così come antifascismo e Liberazione non sono neanche citati. Il buco è al quinto anno, dedicato allo studio dell'epoca contemporanea, dall'analisi delle premesse della I guerra mondiale fino ai nostri giorni".
Il motivo ufficiale di tale decisione sarebbe da ricercare nel fatto che troppo spesso non si riesce neppure a fare la seconda guerra mondiale. Insomma, bisogna sfoltire, eliminare gli argomenti di troppo. E da dove si comincia? Ma naturalmente dalla Resistenza e dall'antifascismo, così le nuove generazioni di studenti non sapranno mai delle formazioni partigiane che si battevano contro l'invasione della Germania nazista e contro i repubblichini. L'antifascismo è ufficialmente abolito. Così, giusto per indirizzare bene fin da subito le nuove generazioni di studenti e prepararli adeguatamente all'ingresso in società.
Il motivo ufficiale di tale decisione sarebbe da ricercare nel fatto che troppo spesso non si riesce neppure a fare la seconda guerra mondiale. Insomma, bisogna sfoltire, eliminare gli argomenti di troppo. E da dove si comincia? Ma naturalmente dalla Resistenza e dall'antifascismo, così le nuove generazioni di studenti non sapranno mai delle formazioni partigiane che si battevano contro l'invasione della Germania nazista e contro i repubblichini. L'antifascismo è ufficialmente abolito. Così, giusto per indirizzare bene fin da subito le nuove generazioni di studenti e prepararli adeguatamente all'ingresso in società.
Chi ha vinto?
Questo articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
Ovviamente non posso rispondere, perché al momento in cui scrivo questo post (sono le 22) è tutto ancora in alto mare. Quello che si può dire con una certa sicurezza è che al centrosinistra vanno Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Puglia e Basilicata. Il centrodestra, invece, si aggiudica sicuramente Lombardia, Veneto, Campania e Calabria. Sono ancora in bilico il Piemonte e il Lazio. Nel primo è in vantaggio Cota (537.085 voti contro i 528.519 della Bresso), mentre nel lazio si continua a viaggiare ul filo di lana, con la Bonino che adesso ha 857.374 voti contro 846.394 della Polverini.
Al di là di come andrà a finire in queste ultime due regioni in bilico, solo tre vincitori sono sicuri. Uno è l'astensionismo record di questa tornata, e questo lo abbiamo visto ed è stato ampiamente previsto dai sondaggi (nonostante i ripetuti appelli del cavaliere). Poi c'è sicuramente la Lega, la quale vola al 26% in Lombardia mentre il leghista Zaia conquista il Veneto con una percentuale che gira attorno al 60%. Il terzo, inaspettato vincitore è invece il Movimento 5 Stelle, al quale anche io ho dato il voto. Io non so se Grillo si aspettasse o meno questo risultato, ma un'Emilia-Romagna in cui Favia prende il 7% (ore 22) permettendo alla lista di superare addirittura l'Udc e l'Italia dei Valori, penso farà molto pensare e discutere nei prossimi giorni. Anche nelle altre regioni in cui era presente, la lista è andata molto bene, posizionandosi ovunque sopra il 3%. Addirittura, sempre al momento in cui scrivo, il 3,8% preso dai grillini è assimilabile allo scarto che divide Cota dalla Bresso, tanto che quelli del Giornale hanno già ringraziato Grillo per aver fatto un favore al Pdl.
Ah, dimenticavo: rimane la domanda del titolo: chi ha vinto alla fine?
Aggiornamento 6,27.
Lazio e Piemonte sono andate al centrodestra. Alla fine la situazione è questa.
Che dire? Evidentemente l'assalto mediatico e l'occupazione da parte di Berlusconi di tv e telegiornali degli ultimi giorni ha avuto il suo peso.
Scusate, sono di corsa. Qualche altro approfondimento nel pomeriggio.
Ovviamente non posso rispondere, perché al momento in cui scrivo questo post (sono le 22) è tutto ancora in alto mare. Quello che si può dire con una certa sicurezza è che al centrosinistra vanno Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Puglia e Basilicata. Il centrodestra, invece, si aggiudica sicuramente Lombardia, Veneto, Campania e Calabria. Sono ancora in bilico il Piemonte e il Lazio. Nel primo è in vantaggio Cota (537.085 voti contro i 528.519 della Bresso), mentre nel lazio si continua a viaggiare ul filo di lana, con la Bonino che adesso ha 857.374 voti contro 846.394 della Polverini.
Al di là di come andrà a finire in queste ultime due regioni in bilico, solo tre vincitori sono sicuri. Uno è l'astensionismo record di questa tornata, e questo lo abbiamo visto ed è stato ampiamente previsto dai sondaggi (nonostante i ripetuti appelli del cavaliere). Poi c'è sicuramente la Lega, la quale vola al 26% in Lombardia mentre il leghista Zaia conquista il Veneto con una percentuale che gira attorno al 60%. Il terzo, inaspettato vincitore è invece il Movimento 5 Stelle, al quale anche io ho dato il voto. Io non so se Grillo si aspettasse o meno questo risultato, ma un'Emilia-Romagna in cui Favia prende il 7% (ore 22) permettendo alla lista di superare addirittura l'Udc e l'Italia dei Valori, penso farà molto pensare e discutere nei prossimi giorni. Anche nelle altre regioni in cui era presente, la lista è andata molto bene, posizionandosi ovunque sopra il 3%. Addirittura, sempre al momento in cui scrivo, il 3,8% preso dai grillini è assimilabile allo scarto che divide Cota dalla Bresso, tanto che quelli del Giornale hanno già ringraziato Grillo per aver fatto un favore al Pdl.
Ah, dimenticavo: rimane la domanda del titolo: chi ha vinto alla fine?
Aggiornamento 6,27.
Lazio e Piemonte sono andate al centrodestra. Alla fine la situazione è questa.
Che dire? Evidentemente l'assalto mediatico e l'occupazione da parte di Berlusconi di tv e telegiornali degli ultimi giorni ha avuto il suo peso.
Scusate, sono di corsa. Qualche altro approfondimento nel pomeriggio.
lunedì 29 marzo 2010
E' iniziato lo spoglio delle schede
E' iniziato lo spoglio delle schede di questa tornata elettorale. Segnalo tre link interessanti per chi volesse seguirne l'andamento via internet: Repubblica, Stampa e il blog di Di Pietro.
Se siete abbastanza forti di stomaco, verso metà pomeriggio dovrebbe esserci anche la diretta di Fede su Rete4. :-)
Tempo permettendo farò un po' di liveblogging, aggiornando questo post man mano che escono le proiezioni. A dopo.
16,30. Prime proiezioni. In Lombardia Formigoni, governatore uscente sostenuto dal centrodestra, è in vantaggio su Penati: 55,4% lui contro il 33, del candidato sostenuto dal centrosinistra. Ovviamente qui non c'è nessuna novità; la vittoria di Formigoni era ampiamente prevista (salvo ovviamente improbabili sorprese nel corso della giornata). Qua in Emilia Romagna, invece, altra regione che in genere riserva poche sorprese, è in vantaggio Errani (52,8%) sulla Bernini, attualmente ferma al 35,3. In Toscana Rossi (centrosinistra) è in vantaggio su Faenzi 59 a 34. Pure Marche, Puglia e Umbria vedono al momento una netta affermazione del centrosinistra. Da segnalare il non larghissimo margine di Vendola, in Puglia, sull'antagonista Caldoro - le previsioni mi pare dessero un margine di vittoria molto più ampio a Vendola.
16,47. In Veneto non ce n'è per nessuno. Luca Zaia, candidato leghista in quota centrodestra viaggia sul 62% abbondante, mentre il concorrente Bortolussi è attualmente fermo al 28. La Lega, scrive il Giornale, "è il primo partito in regione, con una percentuale tra il 31 e il 33% delle preferenze. Seguono il Pdl con preferenze tra il 23,5-25,5% e il Pd con 20,5-22,5%".
17,00. Butta male per il centrosinistra nelle due regioni che fino all'ultimo sono state considerate in bilico, quelle cioè su cui i sondaggi non hanno saputo dare un'indicazione chiara in un senso o nell'altro. In Piemonte, ad esempio, attualmente il leghista Roberto Cota ha il 52,9% contro il 42,7 della Bresso. Nel Lazio, invece, regione contraddistinta dai famosi casini pre-elettorali che hanno portato all'esclusione delle liste del Pdl, la polverini è al 64% contro il 35,8 della Bonino.
17,15. Le proiezioni delle 17 hanno cambiato qualcosina. La Polverini e la Bonino nel Lazio sono adesso in perfetta parità: entrambe al 49,7%. Si è assottigliato anche il margine di Cota sulla Bresso in Piemonte: 48,1% lui, 47,8 lei. Complessivamente, in questo momento 6 regioni sono al centrosinistra e 4 al centrodestra.
17,46. Direi che dopo le proiezioni delle 17,30 è inutile continuare a parlare di quelle regioni dove, a meno di sorprese, il verdetto è sicuro. Escludiamo quindi Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Basilicata (conquistate dal centrosinistra), Lombardia, Veneto, Calabria e Campania (centrodestra). Rimangono in bilico Puglia, Piemonte e Lazio. In Puglia sembra molto probabile la vittoria di Vendola (attualmente ha il 47,1% contro il 44,1 di Rocco Palese). In Piemonte Cota è al 48,4 contro il 46,8 della Bresso. Nel Lazio invece continua l'incredibile testa a testa tra Polverini e Bonino. In questo momento viaggiano entrambe sul 49,7%. Lo so, sono di parte: forza Bonino! :-)
18,19. Bresso avanti a Cota in Piemonte, Bonino dietro nel Lazio.
18,51. 7 regioni al centrosinistra (Emilia, Toscana, Marche, Puglia, Liguria, Umbria, Basilicata), 5 al centrodestra (Lombardia, Piemonte, Veneto, Calabria, Campania), 1 in perfetta parità (Lazio).
19,35. In Piemonte, purtroppo, Cota allunga sulla Bresso (48,8 lui, 45,9 lei). Peccato. Per quanto riguarda il Lazio, invece, probabilmente nessuno tra i vari sondaggisti avrebbe mai pronosticato un testa a testa di questo genere. Qui mi sa che ci sarà da stare svegli fino a tardi. In questo momento è tornata in testa la Bonino: 373.447 voti contro 365.436. Le sezioni scrutinate sono 1640 su 5266. Nel frattempo emergono alcune curiosità. La "trota" (copyright Bossi) pare abbia preso una barca di voti a Brescia, mentre il Movimento 5 Stelle che fa capo a Grillo pare che in molte regioni abbia superato il 3%. In Piemonte questo risultato avrebbe, secondo il Corriere, danneggiato il centrosinistra e Di Pietro.
20,36. Riaperta la partita in Piemonte. In questo momento Cota ha 387.666 voti e la Bresso è salita a 390.635. Le sezioni scrutinate sono appena la metà. La Bonino ha adesso 622.516 voti contro i 609.068 della Polverini quando mancano ancora la metà delle sezioni da scrutinare. Vendola, in Puglia, può rilassarsi e festeggiare: 50% dei voti contro il 42 di Palese. Comunque vada a finire, comunque, un vincitore sicuro c'è: l'astensione. Su questo i dati sono pressoché definitivi: solo il 63,6% degli aventi diritto si è recato alle urne, un trend che è in continua ascesa anche alla luce delle consultazioni precedenti. Insomma, alla fine, con un elettore su 3 che è rimasto a casa, non so che significato possa avere la vittoria o la sconfitta.
22,17. Per la Bresso si sta mettendo male: 46,3% contro il 48,3 di Cota. Polverini e Bonino, invece, continuano a viaggiare appaiate: 49,6% la prima, 49,8% la seconda. Probabilmente si andrà a notte fonda. Io mollo qui perché mi cala la palpebra. Grazie a chi mi ha seguito nei commenti. A domani.
Chiesa e pedofilia, non è ora di passare ai fatti?
Gli ultimi sviluppi dello scandalo che molti, ancora, qui da noi si ostinano a descrivere come "casi isolati", vedono la discesa in campo della chiesa cattolica austriaca. E non per dire, ipocritamente, "così fan tutti", ma con un'azione concreta e determinata. Scriveva ieri il Corriere: "La Chiesa cattolica austriaca ha deciso di nominare una donna come «rappresentante indipendente» delle vittime, per indagare sui casi di abusi sessuali commessi da esponenti del clero". Sempre ieri, invece, è arrivata la notizia che "la presidente della Confederazione elvetica, Doris Leuthard, vuole l'istituzione di una lista nera dei preti pedofili". Ma non è finita. Ci spostiamo infatti negli USA, dove "due corti federali americane in Oregon e in Kentucky, hanno ammesso nei mesi scorsi la possibilità di azioni legali contro il Vaticano per casi di abusi sessuali".
Cosa si evince da tutto ciò? Una cosa molto semplice: in molte parti del mondo ci si attiva a più livelli per tentare di capire le reali dimensioni del fenomeno, portare alla luce i moltissimi casi insabbiati dalla chiesa negli ultimi decenni e cercare di fare qualcosa per evitare che si ripetano. Insomma, lo scandalo viene elevato al rango di "caso": se ne occupa la stampa, la tv e, soprattutto, le autorità. Qui da noi, invece, non solo si assiste a una sostanziale inerzia, agevolata dal tradizionale servilismo informativo della maggior parte dei media nei confronti del Vaticano, ma addirittura si sentono dichiarazioni che sembrano voler inserire la chiesa nel ruolo di perseguitata, e non, in questo caso, carnefice. Ieri, ad esempio, papa Ratzinger, accusato nei giorni scorsi da autorevoli media americani di aver coperto religiosi cattolici macchiatisi di questo tipo di crimini, ha dichiarato: "Da Dio viene il 'coraggio che non si lascia intimidire dal chiacchiericcio delle opinioni dominanti'". Certo, non c'è stato il riferimento esplicito alla scandalo che sta travolgendo anche qui da noi la chiesa, ma è proprio alla luce di questo che le parole del papa si prestano molto facilmente a essere lette e interpretate.
Una sostanziale inerzia e un patetico continuare un'assurda autodifesa a priori proprio di fronte ai dati nudi e crudi sull'ampiezza del fenomeno; fenomeno, oltretutto, che non pare conoscere soste (qui, se siete forti di stomaco, la testimonianza dell'ultimo presunto caso). Una inerzia, c'è da aggiungere, che diventa irritante quando si viene a sapere che le vittime di questi abusi che protestano in San Pietro vengono identificate dalla Polizia. Non mi pare, arrivati a questo punto, che bastino le sibilline dichiarazioni di Ratzinger o il famoso "così fan tutti" degli alti esponenti vaticani per rimediare. Sempre ammesso che si possa ancora rimediare.
Cosa si evince da tutto ciò? Una cosa molto semplice: in molte parti del mondo ci si attiva a più livelli per tentare di capire le reali dimensioni del fenomeno, portare alla luce i moltissimi casi insabbiati dalla chiesa negli ultimi decenni e cercare di fare qualcosa per evitare che si ripetano. Insomma, lo scandalo viene elevato al rango di "caso": se ne occupa la stampa, la tv e, soprattutto, le autorità. Qui da noi, invece, non solo si assiste a una sostanziale inerzia, agevolata dal tradizionale servilismo informativo della maggior parte dei media nei confronti del Vaticano, ma addirittura si sentono dichiarazioni che sembrano voler inserire la chiesa nel ruolo di perseguitata, e non, in questo caso, carnefice. Ieri, ad esempio, papa Ratzinger, accusato nei giorni scorsi da autorevoli media americani di aver coperto religiosi cattolici macchiatisi di questo tipo di crimini, ha dichiarato: "Da Dio viene il 'coraggio che non si lascia intimidire dal chiacchiericcio delle opinioni dominanti'". Certo, non c'è stato il riferimento esplicito alla scandalo che sta travolgendo anche qui da noi la chiesa, ma è proprio alla luce di questo che le parole del papa si prestano molto facilmente a essere lette e interpretate.
Una sostanziale inerzia e un patetico continuare un'assurda autodifesa a priori proprio di fronte ai dati nudi e crudi sull'ampiezza del fenomeno; fenomeno, oltretutto, che non pare conoscere soste (qui, se siete forti di stomaco, la testimonianza dell'ultimo presunto caso). Una inerzia, c'è da aggiungere, che diventa irritante quando si viene a sapere che le vittime di questi abusi che protestano in San Pietro vengono identificate dalla Polizia. Non mi pare, arrivati a questo punto, che bastino le sibilline dichiarazioni di Ratzinger o il famoso "così fan tutti" degli alti esponenti vaticani per rimediare. Sempre ammesso che si possa ancora rimediare.
domenica 28 marzo 2010
sabato 27 marzo 2010
Se li è fatti tutti?
Ieri, ultimo giorno di campagna elettorale, il nostro iper-attivissimo premier si è concesso sbrodolanti interventi in tutti i telegiornali di maggior ascolto: Studio Aperto (video), Tg4, Tg1, Tg5, Tg2 ed anche al Gr1 delle 19. Nel pomeriggio è stato anche intervistato per circa un'ora da Sky Tg24. E' bella questa cosa: il gusto delle competizioni giocate ad armi pari con l'avversario. E' emozionante; un capo di governo, che è anche padrone di metà delle televisioni del paese che governa, si auto-convoca nei suoi telegiornali invitando apertamente a votare per il suo partito.
Un esempio bellissimo e drammaticamente lucido del concetto che ha questo signore di dignità, rispetto delle regole, rispetto dell'avversario e democrazia. La democrazia televisiva del terzo millennio.
Un esempio bellissimo e drammaticamente lucido del concetto che ha questo signore di dignità, rispetto delle regole, rispetto dell'avversario e democrazia. La democrazia televisiva del terzo millennio.
Notizie in pillole (46)
Human Highway su Raiperunanotte. Luca Conti segnalava ieri sera, via Twitter, il rapporto della società specializzata in ricerche online Human Highway riguardo la trasmissione Raiperunanotte. Secondo questa rilevazione, la trasmissione è stata seguita mediamente da circa 4 milioni di utenti così suddivisi: 60% tv satellitari e locali e 40% internet. Abbastanza giustificata, quindi, sia la contentezza del conduttore che l'incavoltaura del presidente del Consiglio.
La mappa del nuclare (secondo i Verdi). Una delle più grosse incognite di questa campagna elettorale è stata la mancata dichiarazione ufficiale da parte del governo dei siti dove saranno costruite le future centrali nucleari. Il motivo è facilmente intuibile: tutti ne parlano ma nessuno le vuole (il famoso "not in my garden"), perché dal punto di vista della popolarità sarebbe stato molto controproducente (in termini di voti) enunciare la localizzazione dei siti. Quindi silenzio di tomba. I Verdi, però, pare che la sappiano un po' più lunga, e hanno quindi fornito alcune indicazioni più precise. Ve le riporto come pubblicate dal Corriere: "La prima centrale nucleare di Italia sarà con molta probabilità quella di Montalto di Castro in provincia di Viterbo. Poi, tra i possibili siti atomici, ci sono Caorso in provincia di Piacenza e Trino Vercellese (Vercelli) e per il deposito nazionale di scorie radioattive la località di Garigliano a cavallo tra le province di Latina e Caserta. [...] 'Il governo - osserva Angelo Bonelli, presidente dei Verdi - non ha avuto il coraggio di rivelare prima delle elezioni regionali i luoghi in cui verranno costruite le centrali' e in cui verranno 'sprecati almeno 30 miliardi di euro dei contribuenti italiani'. Ecco allora la cartina delle sedi che produrranno energia atomica, secondo le indicazioni dei Verdi: Caorso (Pc), Trino Vercellese (Vc), Monfalcone (Go), Chioggia (Ve), San Benedetto del Tronto (Ap), Scarlino (Gr), Montalto di Castro (Vt), Borgo Sabotino (Lt), Garigliano (Lt-Ce), Termoli (Cb), Mola di Bari (Ba), Scansano Jonico (Mt), Oristano, Palma di Montechiaro (Ag)".
Domani si vota. Domani e lunedì, se avete voglia, in molte regioni si vota per il rinnovo dei governi. Che si fa? Andare? Non andare? Andare turandosi il naso? Mah... La cosa curiosa è che pur trattandosi sostanzialmente di elezioni locali, il convulso evolversi degli avvenimenti di queste ultime 4 settimane ha fatto sì che alla fine abbiano assunto una valenza da test nazionale. E in questo, ovviamente, Berlusconi ci ha messo del suo, trasformando come al solito anche questa tornata elettorale in una sorta di test nazionale sul suo gradimento.
Contrariamente a quanto fatto in altre occasioni, questa volta andrò a votare, anche se al momento sono combattuto tra due opzioni: IdV o Lista Civica 5 Stelle. L'IdV mi piace perché è l'unico partito che finora ha dimostrato di saper fare un'opposizione degna di questo nome a Berlusconi e alla sua banda, senza tentennamenti e senza i continui "no, ma..." del Pd - anche se ultimamente quest'ultimo sembra aver imboccato una linea abbastanza ferma. Fate caso al trattamento riservato continuamente a Di Pietro e ai suoi dai berluscones (capo compreso): è la prova provata che si tratta di opposizione vera. Certo, alcune scelte fatte dall'ex magistrato sono molto discutibili (vedi l'avallo alla candidatura di De Luca in Campania), ma, complessivamente, nel panorama desolante attuale l'IdV mi sembra una scelta più che valida (ottimo anche il programma).
E poi c'è la Lista Civica 5 Stelle che ha come referente (non candidato) Beppe Grillo. E' presente in 5 regioni (Campania, Emilia Romagna, Piemonte, Lombardia e Veneto) e ha un programma molto valido e concreto basato essenzialmente sulla valorizzazione di beni comuni, sulla trasparenza e così via (qui il programma e qui le istruzioni per il voto in Emilia Romagna). Molto allettante anche questa opzione: un voto senza compromessi in stile "turarsi il naso". L'obiettivo dichiarato è l'elezione di un consigliere per regione.
Deciderò domenica al seggio.
La mappa del nuclare (secondo i Verdi). Una delle più grosse incognite di questa campagna elettorale è stata la mancata dichiarazione ufficiale da parte del governo dei siti dove saranno costruite le future centrali nucleari. Il motivo è facilmente intuibile: tutti ne parlano ma nessuno le vuole (il famoso "not in my garden"), perché dal punto di vista della popolarità sarebbe stato molto controproducente (in termini di voti) enunciare la localizzazione dei siti. Quindi silenzio di tomba. I Verdi, però, pare che la sappiano un po' più lunga, e hanno quindi fornito alcune indicazioni più precise. Ve le riporto come pubblicate dal Corriere: "La prima centrale nucleare di Italia sarà con molta probabilità quella di Montalto di Castro in provincia di Viterbo. Poi, tra i possibili siti atomici, ci sono Caorso in provincia di Piacenza e Trino Vercellese (Vercelli) e per il deposito nazionale di scorie radioattive la località di Garigliano a cavallo tra le province di Latina e Caserta. [...] 'Il governo - osserva Angelo Bonelli, presidente dei Verdi - non ha avuto il coraggio di rivelare prima delle elezioni regionali i luoghi in cui verranno costruite le centrali' e in cui verranno 'sprecati almeno 30 miliardi di euro dei contribuenti italiani'. Ecco allora la cartina delle sedi che produrranno energia atomica, secondo le indicazioni dei Verdi: Caorso (Pc), Trino Vercellese (Vc), Monfalcone (Go), Chioggia (Ve), San Benedetto del Tronto (Ap), Scarlino (Gr), Montalto di Castro (Vt), Borgo Sabotino (Lt), Garigliano (Lt-Ce), Termoli (Cb), Mola di Bari (Ba), Scansano Jonico (Mt), Oristano, Palma di Montechiaro (Ag)".
Domani si vota. Domani e lunedì, se avete voglia, in molte regioni si vota per il rinnovo dei governi. Che si fa? Andare? Non andare? Andare turandosi il naso? Mah... La cosa curiosa è che pur trattandosi sostanzialmente di elezioni locali, il convulso evolversi degli avvenimenti di queste ultime 4 settimane ha fatto sì che alla fine abbiano assunto una valenza da test nazionale. E in questo, ovviamente, Berlusconi ci ha messo del suo, trasformando come al solito anche questa tornata elettorale in una sorta di test nazionale sul suo gradimento.
Contrariamente a quanto fatto in altre occasioni, questa volta andrò a votare, anche se al momento sono combattuto tra due opzioni: IdV o Lista Civica 5 Stelle. L'IdV mi piace perché è l'unico partito che finora ha dimostrato di saper fare un'opposizione degna di questo nome a Berlusconi e alla sua banda, senza tentennamenti e senza i continui "no, ma..." del Pd - anche se ultimamente quest'ultimo sembra aver imboccato una linea abbastanza ferma. Fate caso al trattamento riservato continuamente a Di Pietro e ai suoi dai berluscones (capo compreso): è la prova provata che si tratta di opposizione vera. Certo, alcune scelte fatte dall'ex magistrato sono molto discutibili (vedi l'avallo alla candidatura di De Luca in Campania), ma, complessivamente, nel panorama desolante attuale l'IdV mi sembra una scelta più che valida (ottimo anche il programma).
E poi c'è la Lista Civica 5 Stelle che ha come referente (non candidato) Beppe Grillo. E' presente in 5 regioni (Campania, Emilia Romagna, Piemonte, Lombardia e Veneto) e ha un programma molto valido e concreto basato essenzialmente sulla valorizzazione di beni comuni, sulla trasparenza e così via (qui il programma e qui le istruzioni per il voto in Emilia Romagna). Molto allettante anche questa opzione: un voto senza compromessi in stile "turarsi il naso". L'obiettivo dichiarato è l'elezione di un consigliere per regione.
Deciderò domenica al seggio.
venerdì 26 marzo 2010
Il quartier generale racconta/10
Difficile immaginare che il Giornale potesse aprire in altro modo. Come probabilmente avrete letto, e magari l'avete anche seguita, ieri sera è andata in onda, non in tv ma sul web, la versione internettiana di Annozero: Raiperunanotte, che tra l'altro pare aver avuto un ottimo successo. Poteva il Sallusti non commentare, ovviamente a suo modo, la serata? No di certo. Vediamo un po' con cosa ci ha deliziato quest'oggi.
"Ci siamo liberati si Santoro", titolone a tutta pagina. Se uno non prosegue nella lettura dell'articolo, la prima cosa che pensa è che Sallusti abbia bevuto, visto che forse mai come ieri sera la trasmissione ha avuto tanta pubblicità e richiamo. Vabbé, andiamo avanti. "Per la prima volta i cittadini non hanno pagato per il suo show". Beh, io ho pagato. Per la precisione 2,50 € via PayPal per sostenere la trasmissione, e lo rifarei volentieri ogni giovedì se servisse a evitare le menate di Sallusti e ad assicurare tre ore di spettacolo, divertimento e informazione. Ma lasciamo perdere il sottotitolo e buttiamoci sull'articolo. "Annozero è finalmente senza lacci, ma anche noi lo siamo. Liberi di non versare a Santoro 700.000 euro l'anno per farci insultare". Sallusti naturalmente si riferisce al versamento del canone da parte degli utenti che serve anche a pagare lo stipendio a Santoro. Dimentica però un paio di cose: (1) col canone non si paga solo lo stipendio a Santoro, ma anche a Bruno Vespa. Se permettete preferisco finanziare lo stipendio di Santoro, o magari della Gabanelli e del suo Report piuttosto che quello di Vespa. Certo, se uno si diverte di più coi plastici di Cogne in studio o vedendo un conduttore genuflettersi sistematicamente davanti al potente di turno, per di più evitando accuratamente di fare domande scomode, liberissimo, ognuno ha i suoi gusti. (2) Sallusti evita accuratamente di dire che Annozero potrebbe benissimo andare in onda anche se non ci fosse il canone, visto che gli altissimi ascolti di ogni giovedì consentono di coprire i costi della trasmissione con i soli sponsor (e ce n'è anche d'avanzo).
"Ci siamo liberati della libera faziosità pubblica", prosegue poi il Sallusti. Pensate cosa arriva a dire, a proposito di faziosità, chi ha come direttore quel Feltri appena sospeso dall'albo dei giornalisti per 6 mesi per tutte le balle raccontate su Boffo. Vabbé, alla prossima puntata.
Calderoli bruciato da Colombo
Il 24 marzo, data da ricordare oramai con quelle date fasciste
del salto del fuoco dei federali del duce e dell’oro alla Patria,
Roberto Calderoli ministro della Semplificazione ha realizzato davanti
a tutti, un complicatissimo rito di dimensioni colossali. Ha bruciato
in pubblico, in una caserma dei Vigili del Fuoco 375 mila “leggi
inutili”. Ha realizzato un falso, una truffa mediatica e – quasi
certamente – un danno grave alla Repubblica. Il falso consiste nella
cifra, tipica di una dittatura: inventata, esagerata, non
verificabile, se non altro perché manca una definizione univoca e
corretta di ciò che è stato distrutto. La truffa mediatica è nel far
credere e scrivere ai giornali che semplificazione (oggetto
dell’inesistente attività ministeriale di Calderoli) equivalga a
cancellazione. Non è vero, un ministro può proporre leggi o
cancellazioni di leggi, ma non può farlo. Farlo tocca al Parlamento.
Il danno è grave e ovvio. Tutte le leggi italiane fanno riferimento ad
altre leggi. Al momento – e senza che siano intervenuti cambiamenti in
Parlamento – tali incroci sono obbligatori. Nelle mie poche proposte
di legge da deputato e da senatore ho sempre evitato il riferimento ad
altri testi. Gli uffici legislativi di Camera e Senato li hanno sempre
reintrodotti ogni volta che la materia nuova richiamava qualcosa di
esistente. Calderoli ha cancellato senza potere e senza sapere perché
gli interessava lo spettacolo. O si tratta di una pagliacciata e
speriamo che ne tengano conto gli elettori. O si tratta di avere
stracciato a caso ciò che gli capitava fra le leggi italiane,
inventando le ragioni e il numero. E allora gli chiederà conto il
presidente della Repubblica.
(Furio Colombo via Google gruppi - 26/03/2010)
del salto del fuoco dei federali del duce e dell’oro alla Patria,
Roberto Calderoli ministro della Semplificazione ha realizzato davanti
a tutti, un complicatissimo rito di dimensioni colossali. Ha bruciato
in pubblico, in una caserma dei Vigili del Fuoco 375 mila “leggi
inutili”. Ha realizzato un falso, una truffa mediatica e – quasi
certamente – un danno grave alla Repubblica. Il falso consiste nella
cifra, tipica di una dittatura: inventata, esagerata, non
verificabile, se non altro perché manca una definizione univoca e
corretta di ciò che è stato distrutto. La truffa mediatica è nel far
credere e scrivere ai giornali che semplificazione (oggetto
dell’inesistente attività ministeriale di Calderoli) equivalga a
cancellazione. Non è vero, un ministro può proporre leggi o
cancellazioni di leggi, ma non può farlo. Farlo tocca al Parlamento.
Il danno è grave e ovvio. Tutte le leggi italiane fanno riferimento ad
altre leggi. Al momento – e senza che siano intervenuti cambiamenti in
Parlamento – tali incroci sono obbligatori. Nelle mie poche proposte
di legge da deputato e da senatore ho sempre evitato il riferimento ad
altri testi. Gli uffici legislativi di Camera e Senato li hanno sempre
reintrodotti ogni volta che la materia nuova richiamava qualcosa di
esistente. Calderoli ha cancellato senza potere e senza sapere perché
gli interessava lo spettacolo. O si tratta di una pagliacciata e
speriamo che ne tengano conto gli elettori. O si tratta di avere
stracciato a caso ciò che gli capitava fra le leggi italiane,
inventando le ragioni e il numero. E allora gli chiederà conto il
presidente della Repubblica.
(Furio Colombo via Google gruppi - 26/03/2010)
Gioacchino Genchi sospeso per la terza volta dalla Polizia
Nell'indifferenza quasi generale, Gioacchino Genchi (foto) è stato sospeso dalla Polizia per la terza volta. Qualcuno dirà: chi è Gioacchino Genchi? E qualcun altro: perché è stato sospeso? Ho già scritto in passato alcuni post riguardo alla sua vicenda, e quindi non sto a tornarci sopra. Molto brevemente (qui la sua pagina su Wikipedia e qui il suo blog), dico solo che si tratta di un poliziotto - attualmente è vice questore a Palermo - con una grande esperienza come informatico. Questa sua esperienza l'ha messa al servizio di molte procure e tribunali; cosa, questa, che alla fine gli ha procurato più grattacapi che elogi - tutto partì dalle false accuse, da parte di Berlusconi, di essere al centro del più grande scandalo intercettazioni della storia della Repubblica.
Ma cos'ha fatto di così terribile quest'uomo per meritarsi la terza sospensione di fila dal corpo della Polizia? Una cosa gravissima. Scrive la Stampa: "Gioacchino Genchi, l’ex consulente del pm Luigi De Magistris, è stato sospeso a tempo indeterminato dalla Polizia di Stato perchè nel corso di un dialogo via web avvenuto sul suo blog avrebbe reso dichiarazioni 'lesive per il prestigio di istituzioni dello Stato. [...] Considerato che il funzionario in data 19 marzo 2009 ha pubblicato sulle pagine web del blog da lui stesso creato e denominato legittima difesa -si legge sul provvedimento- un dialogo con un giornalista del settimanale Panorama in merito alle note vicende che lo vedono attualmente coinvolto e ritenuto che dall’esame del dialogo, anche in questa occasione, il dottor Genchi non ha richiesto la preventiva autorizzazione al competente ufficio del dipartimento' e che il suo comportamento 'si traduce sostanzialmente in un atto contrario ai doveri derivanti dalla subordinazione' decreta la sospensione di Genchi cautelarmente dal servizio".
Eh, povero dott. Genchi: l'ha proprio fatta grossa. Vale la pena riportare quanto scriveva ieri Travaglio, sul Fatto, in merito a questa vicenda.
Lo so che è bizzarro, almeno in Italia. Ma chi scrive,
fra guardie e ladri, ha sempre scelto le guardie,
convinto che la magistratura e le forze dell’o rd i n e
abbiano sempre ragione fino a prova contraria. Il
guaio è che, sempre più spesso, dalle forze dell’o rd i n e
giungono prove contrarie. I casi di detenuti o fermati
massacrati di botte, morti in circostanze misteriose
coperti di lividi, come i casi di contestatori prelevati e
trascinati lontano da manifestazioni del centrodestra per
aver osato contestare civilmente o sventolare cartelli
critici, fanno temere che qualcosa di spiacevole stia
accadendo fra i “tutori della legge”. E le reazioni
prudenti, ai limiti della reticenza, dei vertici lasciano la
sgradevole sensazione che non si tratti di casi isolati, delle
solite mele marce.
La sensazione diventa qualcosa di più
concreto quando si legge che il capo della Polizia,
Antonio Manganelli, vuole cacciare il vicequestore
Gioacchino Genchi, esperto informatico al servizio di
Procure e Tribunali, già consulente di Falcone e
uomo-chiave nelle indagini sulle stragi del 1992. L’anno
scorso Manganelli aveva sospeso Genchi per aver
risposto su Facebook a un giornalista che gli dava del
bugiardo; e l’aveva ri-sospeso per avere financo rilasciato
un’intervista sul suo ruolo di consulente: condotte
“lesive per il prestigio delle Istituzioni” e “nocive per
l’immagine della Polizia”. Ora ha disposto la terza
sospensione, che porterà automaticamente alla
destituzione dopo 25 anni di onorato servizio
(sempreché il Tar non accolga i ricorsi di Genchi),
peraltro preannunciata dal settimanale berlusconiano
Panora ma e sollecitata dall’apposito Gasparri (“Se il capo
della Polizia Manganelli si avvalesse ancora di un
personaggio del genere, la cosa sarebbe sconcertante e
non priva di conseguenze…”). Senza dimenticare la
violenta campagna scatenata da L i b e ro contro il pm
romano Di Leo che ha affidato a Genchi una consulenza
sulla truffa Fastweb-Di Girolamo, mentre la stessa Procura
indaga su di lui (per iniziativa dall’indimenticabile Achille
Toro). Stavolta il peccato mortale di Genchi è aver
accettato di intervenire al congresso Idv, come se un
poliziotto, per giunta sospeso, fosse un libero cittadino
con libertà di parola. Curiosamente la sanzione gli è stata
notificata un mese dopo il congresso, il 22 marzo,
proprio un giorno prima che Genchi riprendesse
servizio. E proprio mentre il Pdl cannoneggiava la Polizia
per aver osato smentire il mirabolante dato sul milione di
manifestanti in piazza San Giovanni: meglio non sollevare
altre polemiche consentendo a Genchi di rientrare in
servizio il 23 marzo.
E pazienza se il vicequestore, per 25
anni, ha sempre ottenuto un punto in più del massimo
nelle valutazioni di merito per le sue “eccezionali doti
m o ra l i ” e le capacità operative. E pazienza se la Polizia
non sospende nemmeno i suoi uomini condannati in
primo grado per stupro e omicidio. E pazienza se tutti i
poliziotti condannati in primo e/o secondo grado per le
violenze e le torture alla scuola Diaz e alla caserma di
Bolzaneto durante il G8 di Genova nel 2001, o per le
violenze dell’anno precedente sui no-global a Napoli
sono rimasti in servizio, e in alcuni casi han fatto
addirittura carriera. Vincenzo Canterini, condannato a 4
anni in primo grado per la mattanza alla Diaz, è stato
promosso questore e ufficiale di collegamento Interpol a
Bucarest. Michelangelo Fournier, condannato a 2 anni in
primo grado, è al vertice della Direzione Centrale
Antidroga. Alessandro Perugini, celebre per aver preso a
calci in faccia un quindicenne, condannato in primo
grado a 2 anni e 4 mesi per le sevizie a Bolzaneto e a 2
anni e 3 mesi per arresti illegali, è divenuto capo del
personale alla Questura di Genova e poi dirigente in
quella di Alessandria. Evidentemente le loro condotte
non erano “lesive per il prestigio delle Istituzioni” e la
loro permanenza in servizio non è “nociva per
l’immagine della Polizia”. Mica hanno scritto su Facebook
o parlato a un congresso.
Ma cos'ha fatto di così terribile quest'uomo per meritarsi la terza sospensione di fila dal corpo della Polizia? Una cosa gravissima. Scrive la Stampa: "Gioacchino Genchi, l’ex consulente del pm Luigi De Magistris, è stato sospeso a tempo indeterminato dalla Polizia di Stato perchè nel corso di un dialogo via web avvenuto sul suo blog avrebbe reso dichiarazioni 'lesive per il prestigio di istituzioni dello Stato. [...] Considerato che il funzionario in data 19 marzo 2009 ha pubblicato sulle pagine web del blog da lui stesso creato e denominato legittima difesa -si legge sul provvedimento- un dialogo con un giornalista del settimanale Panorama in merito alle note vicende che lo vedono attualmente coinvolto e ritenuto che dall’esame del dialogo, anche in questa occasione, il dottor Genchi non ha richiesto la preventiva autorizzazione al competente ufficio del dipartimento' e che il suo comportamento 'si traduce sostanzialmente in un atto contrario ai doveri derivanti dalla subordinazione' decreta la sospensione di Genchi cautelarmente dal servizio".
Eh, povero dott. Genchi: l'ha proprio fatta grossa. Vale la pena riportare quanto scriveva ieri Travaglio, sul Fatto, in merito a questa vicenda.
Lo so che è bizzarro, almeno in Italia. Ma chi scrive,
fra guardie e ladri, ha sempre scelto le guardie,
convinto che la magistratura e le forze dell’o rd i n e
abbiano sempre ragione fino a prova contraria. Il
guaio è che, sempre più spesso, dalle forze dell’o rd i n e
giungono prove contrarie. I casi di detenuti o fermati
massacrati di botte, morti in circostanze misteriose
coperti di lividi, come i casi di contestatori prelevati e
trascinati lontano da manifestazioni del centrodestra per
aver osato contestare civilmente o sventolare cartelli
critici, fanno temere che qualcosa di spiacevole stia
accadendo fra i “tutori della legge”. E le reazioni
prudenti, ai limiti della reticenza, dei vertici lasciano la
sgradevole sensazione che non si tratti di casi isolati, delle
solite mele marce.
La sensazione diventa qualcosa di più
concreto quando si legge che il capo della Polizia,
Antonio Manganelli, vuole cacciare il vicequestore
Gioacchino Genchi, esperto informatico al servizio di
Procure e Tribunali, già consulente di Falcone e
uomo-chiave nelle indagini sulle stragi del 1992. L’anno
scorso Manganelli aveva sospeso Genchi per aver
risposto su Facebook a un giornalista che gli dava del
bugiardo; e l’aveva ri-sospeso per avere financo rilasciato
un’intervista sul suo ruolo di consulente: condotte
“lesive per il prestigio delle Istituzioni” e “nocive per
l’immagine della Polizia”. Ora ha disposto la terza
sospensione, che porterà automaticamente alla
destituzione dopo 25 anni di onorato servizio
(sempreché il Tar non accolga i ricorsi di Genchi),
peraltro preannunciata dal settimanale berlusconiano
Panora ma e sollecitata dall’apposito Gasparri (“Se il capo
della Polizia Manganelli si avvalesse ancora di un
personaggio del genere, la cosa sarebbe sconcertante e
non priva di conseguenze…”). Senza dimenticare la
violenta campagna scatenata da L i b e ro contro il pm
romano Di Leo che ha affidato a Genchi una consulenza
sulla truffa Fastweb-Di Girolamo, mentre la stessa Procura
indaga su di lui (per iniziativa dall’indimenticabile Achille
Toro). Stavolta il peccato mortale di Genchi è aver
accettato di intervenire al congresso Idv, come se un
poliziotto, per giunta sospeso, fosse un libero cittadino
con libertà di parola. Curiosamente la sanzione gli è stata
notificata un mese dopo il congresso, il 22 marzo,
proprio un giorno prima che Genchi riprendesse
servizio. E proprio mentre il Pdl cannoneggiava la Polizia
per aver osato smentire il mirabolante dato sul milione di
manifestanti in piazza San Giovanni: meglio non sollevare
altre polemiche consentendo a Genchi di rientrare in
servizio il 23 marzo.
E pazienza se il vicequestore, per 25
anni, ha sempre ottenuto un punto in più del massimo
nelle valutazioni di merito per le sue “eccezionali doti
m o ra l i ” e le capacità operative. E pazienza se la Polizia
non sospende nemmeno i suoi uomini condannati in
primo grado per stupro e omicidio. E pazienza se tutti i
poliziotti condannati in primo e/o secondo grado per le
violenze e le torture alla scuola Diaz e alla caserma di
Bolzaneto durante il G8 di Genova nel 2001, o per le
violenze dell’anno precedente sui no-global a Napoli
sono rimasti in servizio, e in alcuni casi han fatto
addirittura carriera. Vincenzo Canterini, condannato a 4
anni in primo grado per la mattanza alla Diaz, è stato
promosso questore e ufficiale di collegamento Interpol a
Bucarest. Michelangelo Fournier, condannato a 2 anni in
primo grado, è al vertice della Direzione Centrale
Antidroga. Alessandro Perugini, celebre per aver preso a
calci in faccia un quindicenne, condannato in primo
grado a 2 anni e 4 mesi per le sevizie a Bolzaneto e a 2
anni e 3 mesi per arresti illegali, è divenuto capo del
personale alla Questura di Genova e poi dirigente in
quella di Alessandria. Evidentemente le loro condotte
non erano “lesive per il prestigio delle Istituzioni” e la
loro permanenza in servizio non è “nociva per
l’immagine della Polizia”. Mica hanno scritto su Facebook
o parlato a un congresso.
giovedì 25 marzo 2010
Sarà mica ora che qualcuno in Vaticano cominci a vergognarsi sul serio?
E magari cominci pure a rispondere nel merito, invece dei continui, vaghi e patetici "così fan tutti".
mercoledì 24 marzo 2010
Il quartier generale racconta/9
Il Giornale, oggi, apre nel solco tracciato da Bagnasco ieri, cercando di spiegare, semmai ci fosse qualcuno che ancora non ha capito, "Perché i vescovi sono con il premier". Pensate che sforzo di pensiero occorre fare per riuscire a capire una cosa di questo genere. Per i lettori del Giornale ecco la spiegazione nel sottotitolo: "Burlando non tutela la famiglia, la Bresso è per la pillola abortiva, la Bonino a Roma è dirompente come Zapatero nella cattolicissima Spagna. E il Vaticano si difende. Votando". Ecco qua. Eccoli serviti quelli che ancora credono alla chimera della "libera Chiesa in libero Stato". Ed è inutile che quelli del Giornale spiattellino una serie di patetiche scuse (Burlando in Liguria, la Bresso in Piemonte, Zapatero, ecc...) per tentare di giustificare questa ennesima invasione di campo da parte dei vescovi. La realtà, infatti, è che sia il Vaticano che il governo vedono come la più grossa disgrazia che possa capitare una eventuale vittoria della Bonino. Il governo per ovvii motivi; il Vaticano perché sarebbe un affronto senza precedenti consegnare la regione in cui ha sede il quartier generale di tutta la cristianità a una che si batte per l'aborto, per la pillola abortiva, per il diritto all'eutanasia, per i diritti dei gay, per le coppie di fatto. E' noto infatti che la Chiesa, storicamente, ha sempre visto molto male chi si batte per l'emancipazione e per la libertà della persona di scegliere e decidere in autonomia. Pace e amen.
Libero, invece, in piena campagna elettorale anche lui, apre elencando una serie di sprechi e finanziamenti poco chiari che avrebbero per protagoniste le regioni e le province rosse: "Assunzioni a Napoli, fondi gay a Torino, 4 milioni ai pacifisti di Firenze", ecc... Naturalmente, nell'articolo, non un cenno agli sprechi e al malaffare nelle regioni "azzurre"; non una parola, ad esempio, sul fatto che la Sicilia, da tempo immemorabile fortino del centrodestra, abbia il record nazionale di dipendenti pubblici (record pure l'entità degli stipendi); non una parola sulla bancarotta del comune di Catania dopo 10 anni di amministrazione del centrodestra, comune a cui Berlusconi nel 2008 ha regalato 140 milioni di euro di soldi pubblici per tentare di chiudere qualche buco - qualcuno ha sentito per caso strillare quelli della lega? Per Libero tutto questo non esiste. Si sa, la campagna elettorale lo esige.
La vipera Bonino
Dopo l'entrata a gamba tesa, ieri, di Bagnasco nella campagna elettorale, Radio Maria, l'emittente cattolica più diffusa e ascoltata, ha fatto il bis oggi, dando molto gentilmente della "vipera" alla "signorina" Bonino. L'autore di questo gentile e garbato complimento è il famoso padre Fanzaga, quello che dichiarò dai santi microfoni dell'emittente che il terremoto in Abruzzo l'ha voluto il Signore.
Diamo atto alla famosa radio cattolica di essere definitivamente entrata a far parte del grande partito dell'amore, e ringraziamo per aver tolto i dubbi residui agli elettori cattolici del Lazio.
(via metilparaben)
Diamo atto alla famosa radio cattolica di essere definitivamente entrata a far parte del grande partito dell'amore, e ringraziamo per aver tolto i dubbi residui agli elettori cattolici del Lazio.
(via metilparaben)
Il sacro fuoco di Calderoli
Il signore intento a incendiare la catasta di carta che vedete nell'immagine qui sopra (fonte: repubblica.it) è Roberto Calderoli, ministro della Semplificazione (qualunque cosa voglia dire). Siccome in campagna elettorale tutto fa brodo, questa bella sceneggiata serve a far capire all'elettorato che lui in questi due anni mica ha scaldato la sedia del ministero, ma ha eliminato tutto questo bel malloppone di leggi inutili. Prendiamo atto, e su suggerimento di Sergio Rizzo aspettiamo che tagli anche qualcuna delle 50.000 poltrone e 34.000 enti inutili promessi l'anno scorso.
p.s.
Scusate, ma non c'era nessuno che spiegasse a Calderoli che la carta non si brucia ma si ricicla?
C'è posta per te (7.000.000 di lettere)
Pare che un'ondata di lettere stia per invadere le famiglie italiane. Anzi, stando a quanto si legge in giro molti l'avrebbero già ricevuta. Per la precisione sono più o meno 7 milioni di missive che in questi giorni raggiungeranno altrettanti nuclei familiari con lo scopo di magnificare i mirabolanti risultati conseguiti dal governo in carica in questi due anni di legislatura. Il mittente è ovviamente il capo del governo, il quale, forse più per auto-convincimento che altro, ha deciso di far conoscere i risultati conseguiti agli italiani che stanno per recarsi alle urne. Ma cosa ci sarà scritto in questa bella lettera? Il Mattino lo spiega in maniera abbastanza chiara. Vediamo alcuni passaggi.
"Ciascuna lettera è personalizzata e si apre con 'Caro...' e a seguire il nome di battesimo del destinatario". Perbacco, 7 milioni di lettere personalizzate non sono uno scherzo. Chi pensa però che il cavaliere sia per una volta riuscito a inventarsi una formula originale, un qualcosa che esca dal solito ritornello che ci propina da un numero infinito di anni resterà deluso. In quelle destinate al lazio, ad esempio, si legge: "Le elezioni regionali nel Lazio ci vedono contrapposti a una sinistra che, invece di misurarsi democraticamente col voto, semina menzogne, invidia e odio". Ok, abbiamo capito: solita solfa preparata su misura per l'elettore medio del Pdl, quello che crede a qualunque balla senza pensarci un attimo. Infatti la lettera continua con le solite baggianate sull'esclusione dal voto per colpa della sinistra (mica di Milioni), dei giudici, ecc., insomma il solito repertorio a cui siamo da tempo abituati, con l'unica differenza che invece di sentircelo ripetere dalla tv ci arriverà comodamente nella cassetta delle lettere.
Dopo aver elencato per bene tutto quello che (non) è stato fatto, la chiusura: "Con questo positivo bilancio di risultati e con la pubblicazione allegata, intendo rinnovare l'impegno asssunto con Lei e con tutti gli italiani in occasione delle elezioni politiche 2008: lavorare per cambiare in meglio l'Italia, perché so bene che abbiamo ancora tanto da fare". Diciamo che, forse, un "abbiamo ancora tutto da fare" ci stava meglio, ma pazienza. Due curiosità: (1) quanto costa tutta l'operazione? (2) Chi paga? Voglio dire, 7 milioni di lettere (tra l'altro contenenti un pieghevole di 12 pagine) non sono una spesa non indifferente, eppure non sono riuscito a trovare niente in proposito. Pagherà lui?
"Ciascuna lettera è personalizzata e si apre con 'Caro...' e a seguire il nome di battesimo del destinatario". Perbacco, 7 milioni di lettere personalizzate non sono uno scherzo. Chi pensa però che il cavaliere sia per una volta riuscito a inventarsi una formula originale, un qualcosa che esca dal solito ritornello che ci propina da un numero infinito di anni resterà deluso. In quelle destinate al lazio, ad esempio, si legge: "Le elezioni regionali nel Lazio ci vedono contrapposti a una sinistra che, invece di misurarsi democraticamente col voto, semina menzogne, invidia e odio". Ok, abbiamo capito: solita solfa preparata su misura per l'elettore medio del Pdl, quello che crede a qualunque balla senza pensarci un attimo. Infatti la lettera continua con le solite baggianate sull'esclusione dal voto per colpa della sinistra (mica di Milioni), dei giudici, ecc., insomma il solito repertorio a cui siamo da tempo abituati, con l'unica differenza che invece di sentircelo ripetere dalla tv ci arriverà comodamente nella cassetta delle lettere.
Dopo aver elencato per bene tutto quello che (non) è stato fatto, la chiusura: "Con questo positivo bilancio di risultati e con la pubblicazione allegata, intendo rinnovare l'impegno asssunto con Lei e con tutti gli italiani in occasione delle elezioni politiche 2008: lavorare per cambiare in meglio l'Italia, perché so bene che abbiamo ancora tanto da fare". Diciamo che, forse, un "abbiamo ancora tutto da fare" ci stava meglio, ma pazienza. Due curiosità: (1) quanto costa tutta l'operazione? (2) Chi paga? Voglio dire, 7 milioni di lettere (tra l'altro contenenti un pieghevole di 12 pagine) non sono una spesa non indifferente, eppure non sono riuscito a trovare niente in proposito. Pagherà lui?
martedì 23 marzo 2010
Il quartier generale racconta/8
Il Giornale oggi parte all'attacco. Di chi? Ma di Santoro e Travaglio, ovviamente, che diamine! E' una costante, fateci caso: quando non si hanno più argomenti per attaccare gli avversari si mette in piazza quanto guadagnano - se siete forti di stomaco l'articolo di Feltri è qui. Ma perché questo attacco? In fondo Annozero è chiuso per censura fino alle elezioni, che bisogno c'era di muovere i reggimenti? Beh, il motivo è semplice. Santoro e soci hanno trovato il modo di aggirare la censura utilizzando - pensate un po' - la rete. E grazie quindi a una miriade di siti internet, blog, radio e piccole reti locali, giovedì sera saranno regolarmente in onda e visibili in streaming via internet su ogni computer collegato alla rete. E siccome la voce si sta spandendo - stamattina ne parlavano quasi tutti i quotidiani - e ci sono serie possibilità che questa puntata "clandestina" di Annozero faccia gli stessi ascolti della normale versione tv, gli house organ non potevano restarsene con le mani in mano, impotenti, con travaso di bile in corso. Ecco quindi l'attacco.
Non la tiro per le lunghe, oggi. Mi limito a segnalare un interessante (e spassoso) articolo, a forma Giancarlo Perna, dal titolo emblematico - lo vedete qui a fianco. Voi sapete che Obama, dopo poco più di un anno che è alla guida dell'America, ha realizzato una delle più importanti riforme promesse in campagna elettorale: la riforma sanitaria. Il povero Perna, interpretando probabilmente i pensieri di molti berluscones, ammette che "Obama è stato il più veloce a mantenere le promesse" e si chiede come mai a Berlusconi questi miracoli non riescono. Ovviamente il Perna non si rende conto che il solo paragone tra i due personaggi è improponibile e rasenta il ridicolo. Da una parte un presidente, Obama, che pur essendo vistosamente sceso nei sondaggi è andato avanti a testa bassa con quello che voleva fare realizzandolo in poco più di una anno; dall'altra, qui da noi, un mezzo zoticone che è dal '94 che promette mari e monti senza essere mai riuscito a fare un tubo. Ah no, dimenticavo, anche a lui qualcosa è riuscito: il lodo Alfano. Peccato che la Corte Costituzionale gliel'abbia mandato al macero.
Pianeti (e presidenti) diversi.
Non voglio più sentire queste cose
Fino a che punto è lecito spingersi nei comizi? Quale partito, quale personaggio o rappresentante della politica e/o delle istituzioni si è mai sognato (e permesso), in campagna elettorale, di brandire la sconfitta del cancro come strumento per intercettare voti? E il prossimo passo quale sarà? annunciare il vaccino contro l'aids? Come si può essere così cinici e abietti da usare queste cose come merce di scambio elettorale? Non ci dovrebbero essere dei paletti, dei limiti oltre i quali anche i militanti di un partito capeggiato da uno così dovrebbero rivoltarsi e mandarlo una volta per tutte affanculo?
Scusate, mi rendo conto che ultimamente mi lascio andare con una certa frequenza a un tipo di linguaggio che non è mia usanza utilizzare. Ma siamo arrivati a un punto in cui penso sia lecito aggrapparsi a tutto.
Campagna elettorale: scende in campo la Chiesa
A pochi giorni dal voto, per bocca del cardinal Bagnasco (foto) ecco che scende in campagna elettorale pure la Chiesa. Con una indicazione chiara, ai cattolici, su come orientare il voto del prossimo weekend: "Quale solidarietà sociale è possibile se si rifiuta o si sopprime la vita, specialmente la più debole? [...] In questo contesto, inevitabilmente denso di significati, sarà bene - scandisce il card. Bagnasco - che la cittadinanza inquadri con molta attenzione ogni singola verifica elettorale, sia nazionale sia locale e quindi regionale". Traduzione (per chi non ci fosse arrivato): non votate per quei partiti che sono favorevoli all'aborto.
Probabilmente la concomitanza è casuale, ma nel pomeriggio di ieri, poco prima che la Chiesa indicasse ai cattolici come devono votare, Berlusconi si era profuso in uno sbrodolante elogio nei confronti di Ratzinger e della sua lettera pastorale, inviata domenica ai cattolici irlandesi, con la quale il Papa (e sarebbe ora) sembra voler prendere di petto la questione dei preti pedofili. Niente di nuovo in tutto questo: è noto che il parlamento pullula da sempre di baciapile di ogni risma e colore, ed è dalla notte dei tempi che l'elettorato cattolico fa gola alla destra come alla sinistra. Tra le numerose coincidenze di questa patetica pantomina, poi, va segnalato che giusto pochi giorni fa il Consiglio superiore di Sanità "ha deliberato che la pillola abortiva RU486 in Italia possa essere somministrata soltanto con ricovero ospedaliero ordinario", col risultato paradossale che "chi abortirà chirurgicamente lo potrà fare in day hospital, mentre chi vuole evitare il bisturi dovrà restare in ospedale".
Ecco, il cardinal Bagnasco e la Chiesa tutta, ieri, a modo loro, hanno trovato il modo di rendere il favore al governo. Naturalmente quanto disse Ratzinger in ottobre riguardo alla netta distinzione tra Chiesa e politica è solo una delle tante balle che la Chiesa stessa rifila regolarmente ai fedeli. Niente di nuovo neanche qui.
Probabilmente la concomitanza è casuale, ma nel pomeriggio di ieri, poco prima che la Chiesa indicasse ai cattolici come devono votare, Berlusconi si era profuso in uno sbrodolante elogio nei confronti di Ratzinger e della sua lettera pastorale, inviata domenica ai cattolici irlandesi, con la quale il Papa (e sarebbe ora) sembra voler prendere di petto la questione dei preti pedofili. Niente di nuovo in tutto questo: è noto che il parlamento pullula da sempre di baciapile di ogni risma e colore, ed è dalla notte dei tempi che l'elettorato cattolico fa gola alla destra come alla sinistra. Tra le numerose coincidenze di questa patetica pantomina, poi, va segnalato che giusto pochi giorni fa il Consiglio superiore di Sanità "ha deliberato che la pillola abortiva RU486 in Italia possa essere somministrata soltanto con ricovero ospedaliero ordinario", col risultato paradossale che "chi abortirà chirurgicamente lo potrà fare in day hospital, mentre chi vuole evitare il bisturi dovrà restare in ospedale".
Ecco, il cardinal Bagnasco e la Chiesa tutta, ieri, a modo loro, hanno trovato il modo di rendere il favore al governo. Naturalmente quanto disse Ratzinger in ottobre riguardo alla netta distinzione tra Chiesa e politica è solo una delle tante balle che la Chiesa stessa rifila regolarmente ai fedeli. Niente di nuovo neanche qui.
lunedì 22 marzo 2010
Il quartier generale racconta/7
Oggi dobbiamo accontentarci di quello che racconta Il Giornale (Libero non esce di lunedì). "Effetto Silvio, il vento è cambiato", titola a tutta pagina il quotidiano del fratello del premier. "La piazza scuote il centrodestra", troviamo invece scritto nell'occhiello. Che il centrodestra abbia avuto una scossa da quello che è successo sabato in piazza è fuor di dubbio. Probabilmente però non è quel tipo di scossa a cui allude il Giornale, e si capisce benissimo da quel "Quanti erano davvero?" pronunciato dal premier appena sceso dal palco. Finché, a mettere la parola fine sulla reale entità dei partecipanti alla manifestazione di sabato arriva oggi lo stesso Maroni: 120, massimo 140.000 e non se ne parli più. Con buona pace dei Cicchitto e dei Gasparri che per una giornata intera hanno voluto cavalcare una polemica che è servita solo a dimostrare la loro ottusità e incapacità di arrendersi pure di fronte alle evidenze. Ma fin qui niente di nuovo. Veniamo adesso a quello che scrive il solito Sallusti nel suo editoriale, perché anche oggi c'è da divertirsi.
"I giornali di ieri hanno sezionato e radiografato la piazza di centrodestra che sabato a Roma ha acclamato Silvio Berlusconi. La prima è stata promossa (persino Scalfari nell'omelia domenicale su Repubblica ne ha riconosciuto il valore), il secondo, ovviamente bocciato. Non sorprende. La prova della malafede e dell'odio sta proprio nel non riconoscere mai, direi a prescindere, il ben che minimo merito all'uomo di Arcore". Ovviamente non è vero: che Berlusconi sia ad esempio il più grande (tele)imbonitore della storia politica in Italia la sinistra l'ha detto spesso. Non è un merito questo? No, perché se ce ne sono altri che si possono evidenziare da quel famoso 1994 in qua, francamente mi sfuggono. "Ieri alcuni esperti della politica italiana hanno bocciato come «buffonata populista» l'intervento di Berlusconi". Perché, era qualcosa di diverso? Una manifestazione che si conclude recitando in coro l'equivalente del Credo che si recita alla messa domenicale non è populismo? "A chiudere il cerchio ci ha pensato Bersani appassionandosi alla polemica su quanti fossero davvero in piazza. Un milione o duecentomila?". Attenzione, perché qui c'è il primo colpo forte della giornata: Sallusti prende in considerazione per la prima volta l'ipotesi che in piazza fossero effettivamente 200.000 (che sarebbe comunque sempre di più di quanto certificato dalla questura e da Maroni). Non è male come mezza ammissione, considerando i titoloni sul milione di ieri.
"Come se la cosa (taroccare le cifre delle manifestazioni è uno sport nazionale inventato dalla Cgil) avesse la ben che minima importanza". Qui Sallusti scopre l'acqua calda, e cioè che ogni organizzazione, di qualunque provenienza e orientamento, ha sempre gonfiato le cifre sulle partecipazioni alle manifestazioni, cifre che regolarmente la questura e/o il Viminale ridimensionano. Cosa verissima. Peccato che l'arguto editorialista eviti accuratamente di menzionare il fatto che non risulta che ci sia mai stato nessuno, a memoria d'uomo (e di cronaca), che abbia messo in dubbio la credibilità di questi organismi, tantomeno dando dell'ubriaco a qualche suo funzionario. Ma al Pdl, si sa, tutto è concesso.
Ma lasciamo l'editoriale di Sallusti e addentriamoci all'interno del prestigioso quotidiano, perché subito a pag. 2 troviamo un articolo del noto docente di Estetica, Stefano Zecchi, dal titolo che è tutto un programma: "Ecco come riesce a stregare la folla". Ve ne riporto un passaggio; il resto, se siete abbastanza forti, potete leggervelo da soli. "Il linguaggio di Berlusconi, quando parla dal palco di fronte al suo popolo, è simile a un petardo: non si capisce dove andrà a cadere, ma si sa perfettamente che esploderà. Chi ascolta, finisce per immedesimarsi nell’oratore, perché è come se partecipasse a un rito di cui egli stesso, con la sua presenza, è una parte decisiva. Questo coinvolgimento elimina la barriera tra la parola e il suo ascolto. È il segreto dei grandi oratori, consapevoli che la loro efficacia dipende dal grado di coinvolgimento del proprio uditorio. Un segreto di pulcinella, ma questo non significa affatto che, svelato l’arcano, si diventi automaticamente abili comunicatori". Bellissima analisi; peccato che la spiegazione sull'immedesimazione di chi ascolta sia un tantino più semplice.
Il senso dello stato (di Gasparri)
Curioso che uno come il premier, al comizio-farsa di sabato, abbia accusato la sinistra di non avere "senso dello stato". Specie se si considera che del suddetto governo fanno parte gente come Cicchitto ("alla questura di Roma c'è qualcosa che non funziona") e come Gasparri, il quale è pure riuscito a dare dell'ubriaco al questore di Roma perché ha osato far notare che il famoso milione era un'emerita cretinata. Scusate se insisto su questa cosa, ma qui stiamo parlando di un ministro, cioè di un rappresentante dello stato, che insulta un questore, cioè un rappresentante della Polizia di Stato, forse la massima espressione sul territorio dello stato stesso.
Questo solo per dire a che punto di cialtroneria siamo arrivati. Anche Maroni, che per quanto sia è pur sempre ministro dell'Interno, ha pregato i suoi illustri "colleghi" di smetterla con la stronzata del milione. Vale la pena, prima di mettersi a piangere, riportare la giusta e sacrosanta replica dell'Associazione nazionale funzionari di Polizia, sperando (inutilmente) che Gasparri ne faccia tesoro.
«L'insistenza con la quale il senatore Maurizio Gasparri contraddice i più elementari fondamenti della logica, della matematica e della geometria ci induce a ritenere che le sue dichiarazioni siano frutto di una scarsa serenità»: così il segretario dell'Associazione nazionale funzionari di polizia (Anfp), Enzo Letizia, risponde al capogruppo al Senato del Pdl, Maurizio Gasparri, che anche oggi ha rinnovato le critiche al questore di Roma per i dati relativi alla manifestazione di ieri a San Giovanni, sottolineando che quello del calcolo dei partecipanti «è problema di quinta elementare».
«A Roma sono arrivati 770 pullman, secondo le stime di funzionari di polizia comandati in piazza - dice Letizia - Tenuto inoltre conto che il numero massimo per metro quadro è di 4 persone, che i funzionari hanno visto le riprese effettuate dagli elicotteri per l'intera durata della manifestazione e che essendo nota la superficie della piazza e delle vie adiacenti, il calcolo approssimativo dei manifestanti è problema di quinta elementare. Perciò invitiamo il senatore Gasparri a farsi fare i conti da persone che abbiano la dovuta competenza, evitando di pensare che eventuali problemi organizzativi possano essere mascherati accusando i funzionari di polizia della questura di Roma».
Questo solo per dire a che punto di cialtroneria siamo arrivati. Anche Maroni, che per quanto sia è pur sempre ministro dell'Interno, ha pregato i suoi illustri "colleghi" di smetterla con la stronzata del milione. Vale la pena, prima di mettersi a piangere, riportare la giusta e sacrosanta replica dell'Associazione nazionale funzionari di Polizia, sperando (inutilmente) che Gasparri ne faccia tesoro.
«L'insistenza con la quale il senatore Maurizio Gasparri contraddice i più elementari fondamenti della logica, della matematica e della geometria ci induce a ritenere che le sue dichiarazioni siano frutto di una scarsa serenità»: così il segretario dell'Associazione nazionale funzionari di polizia (Anfp), Enzo Letizia, risponde al capogruppo al Senato del Pdl, Maurizio Gasparri, che anche oggi ha rinnovato le critiche al questore di Roma per i dati relativi alla manifestazione di ieri a San Giovanni, sottolineando che quello del calcolo dei partecipanti «è problema di quinta elementare».
«A Roma sono arrivati 770 pullman, secondo le stime di funzionari di polizia comandati in piazza - dice Letizia - Tenuto inoltre conto che il numero massimo per metro quadro è di 4 persone, che i funzionari hanno visto le riprese effettuate dagli elicotteri per l'intera durata della manifestazione e che essendo nota la superficie della piazza e delle vie adiacenti, il calcolo approssimativo dei manifestanti è problema di quinta elementare. Perciò invitiamo il senatore Gasparri a farsi fare i conti da persone che abbiano la dovuta competenza, evitando di pensare che eventuali problemi organizzativi possano essere mascherati accusando i funzionari di polizia della questura di Roma».
Incentivi (elettorali?)
Il governo ha varato venerdì scorso il pacchetto di incentivi a favore dei settori in crisi. Ufficialmente si tratta dell'ennesimo tentativo di rilanciare un po' i consumi, questi stramaledetti consumi ai quali sono legate indissolubilmente le sorti economiche (e sociali) di qualsiasi paese. In pratica verranno stanziati 300 milioni di euro (200 subito, gli altri chissà quando) per invogliare la gente a cambiare la cucina, comprare uno scooter nuovo, un frigorifero, ecc... Per carità, niente da dire. Visto come siamo messi, qualsiasi intervento che serva a ridare un po' di "ossigeno" al sistema è il benvenuto. Quello che lascia un po' perplessi è la tempistica dell'entrata in vigore di questo provvedimento, nonché la sua efficacia. Come è noto siamo infatti sotto elezioni, e una mossa di questo genere sembra più avere una valenza elettorale piuttosto che di utilità economica vera e propria.
Lasciando da parte le dichiarazioni di Bersani, che pur essendo a mio avviso abbastanza fondate vanno comunque lette in chiave politica, c'è da mettere in conto anche ciò che ha detto Confindustria, la quale non può essere certo inquadrata come organizzazione di sinistra. Pur avendo dato atto al governo che vista la situazione contingente di più non si poteva fare, ha ammesso infatti che "Le misure adottate 'sono finanziariamente limitate e molti settori in difficoltà non possono beneficiare dei vantaggi previsti dagli interventi'". Ha aggiunto poi la Marcegaglia: "'E' un piccolo aiuto a settori che hanno avuto andamenti molto negativi, sono pochi soldi ma e' un supporto' [...] Anche perche' i fondi sono limitati ed e' previsto un meccanismo a semaforo: finite le risorse si blocca lo sconto". Insomma, mi pare che gli ingredienti che consentono di inquadrare il tutto più come una manovra elettorale che altro ci siano a tutti - qualche associazione dei consumatori ci va giù pure in modo più pesante. Piccola nota a margine: 300 milioni di euro sono quasi l'equivalente del costo annuo per mantenere il Quirinale, e non sono che una piccola parte rispetto al miliardo e mezzo di euro (dati 2007) che lo stato spende ogni anno per la sola Camera dei Deputati. Chissà se un giorno qualcuno penserà di prelevare qualcosa anche da lì?
Restando in tema di decreti annunciati in pompa magna e poi rimasti lettera morta, vale la pena ricordare quello sulla lotta alla corruzione. Ricordate no? Era il primo marzo e Berlusconi e il fido Alfano, sull'onda degli scandali e delle inchieste che ruotavano attorno alla Protezione Civile, appalti al G8 e riciclaggio nella vicenda Telecom-Fastweb, annunciavano in pompa magna un grande decreto per combattere la corruzione. Qualcuno ne ha più sentito parlare? Qualcosa in proposito scriveva il Sole24Ore di sabato scorso: "Che fine ha fatto il pacchetto di misure anticorruzione varato di gran carriera dal governo Berlusconi il 1° marzo? A venti giorni da quella decisione, il disegno di legge non è mai arrivato in Parlamento. Non sono tempi fisiologici. [...] I contrasti continuano oggi su altri aspetti di quel Ddl che non sembra più tanto urgente come avevano detto Angelino Alfano e Silvio Berlusconi: resta fermo al Dagl, il dipartimento per gli affari giuridici e legali di Palazzo Chigi". Insomma, nelle intenzioni si vorrebbe combattere la corruzione, ma nei fatti non si sa bene come - i motivi sono facilmente intuibili.
Tutto questo, comunque, rientra a pieno titolo nel modus operandi del "governo del fare" (annunci).
Lasciando da parte le dichiarazioni di Bersani, che pur essendo a mio avviso abbastanza fondate vanno comunque lette in chiave politica, c'è da mettere in conto anche ciò che ha detto Confindustria, la quale non può essere certo inquadrata come organizzazione di sinistra. Pur avendo dato atto al governo che vista la situazione contingente di più non si poteva fare, ha ammesso infatti che "Le misure adottate 'sono finanziariamente limitate e molti settori in difficoltà non possono beneficiare dei vantaggi previsti dagli interventi'". Ha aggiunto poi la Marcegaglia: "'E' un piccolo aiuto a settori che hanno avuto andamenti molto negativi, sono pochi soldi ma e' un supporto' [...] Anche perche' i fondi sono limitati ed e' previsto un meccanismo a semaforo: finite le risorse si blocca lo sconto". Insomma, mi pare che gli ingredienti che consentono di inquadrare il tutto più come una manovra elettorale che altro ci siano a tutti - qualche associazione dei consumatori ci va giù pure in modo più pesante. Piccola nota a margine: 300 milioni di euro sono quasi l'equivalente del costo annuo per mantenere il Quirinale, e non sono che una piccola parte rispetto al miliardo e mezzo di euro (dati 2007) che lo stato spende ogni anno per la sola Camera dei Deputati. Chissà se un giorno qualcuno penserà di prelevare qualcosa anche da lì?
Restando in tema di decreti annunciati in pompa magna e poi rimasti lettera morta, vale la pena ricordare quello sulla lotta alla corruzione. Ricordate no? Era il primo marzo e Berlusconi e il fido Alfano, sull'onda degli scandali e delle inchieste che ruotavano attorno alla Protezione Civile, appalti al G8 e riciclaggio nella vicenda Telecom-Fastweb, annunciavano in pompa magna un grande decreto per combattere la corruzione. Qualcuno ne ha più sentito parlare? Qualcosa in proposito scriveva il Sole24Ore di sabato scorso: "Che fine ha fatto il pacchetto di misure anticorruzione varato di gran carriera dal governo Berlusconi il 1° marzo? A venti giorni da quella decisione, il disegno di legge non è mai arrivato in Parlamento. Non sono tempi fisiologici. [...] I contrasti continuano oggi su altri aspetti di quel Ddl che non sembra più tanto urgente come avevano detto Angelino Alfano e Silvio Berlusconi: resta fermo al Dagl, il dipartimento per gli affari giuridici e legali di Palazzo Chigi". Insomma, nelle intenzioni si vorrebbe combattere la corruzione, ma nei fatti non si sa bene come - i motivi sono facilmente intuibili.
Tutto questo, comunque, rientra a pieno titolo nel modus operandi del "governo del fare" (annunci).
domenica 21 marzo 2010
Alla questura di Roma c'è qualcosa che non va
Badate che la cosa è seria. Ora, finché si tratta di controbattere tesi e opinioni è normale che ognuno sia libero di dire ciò che crede. Ma qui c'è un parlamentare, l'elemento che vedete nella foto, che non solo si rifiuta di accettare la realtà delle immagini, ma contesta pure le cifre confermate da un organo terzo e indipendente come la questura di Roma. Dopo i magistrati avremo anche i "questurini rossi"?
Vi riporto quanto dichiarato da Cicchitto, perché è spettacolare (ed inquietante).
Questa gente non smette di stupirmi. E non c'è molto da aggiungere o commentare. Qui non è più questione di destra o sinistra. Qui c'è solo da aver paura, perché un conto è disquisire su teorie od opinioni, cosa più che legittima, un conto è negare l'evidenza e tacciare di "poca credibilità" chi questa evidenza si permette di certificare. Non la vedo bene.
Vi riporto quanto dichiarato da Cicchitto, perché è spettacolare (ed inquietante).
"Siamo francamente stupefatti da cio' che ha affermato la Questura di Roma a proposito del numero delle presenze alla manifestazione di San Giovanni [...] Quando la piazza e' strapiena - prosegue l'esponente del Popolo della libertà in un comunicato - il numero dei presenti e' molto piu' vicino alla cifra affermata dall'on. Verdini [il famoso milione, ndr] che a quella indicata dalla Questura, che, dando il numero di 150mila, ha perso di credibilita'. Cio' lo diciamo al netto del fatto che noi abbiamo sempre difeso le ragioni delle forze dell'ordine, ma evidentemente, non solo da cio' che e' avvenuto ieri, ricaviamo l'impressione che alla Questura di Roma c'e' qualcosa che non funziona".
Questa gente non smette di stupirmi. E non c'è molto da aggiungere o commentare. Qui non è più questione di destra o sinistra. Qui c'è solo da aver paura, perché un conto è disquisire su teorie od opinioni, cosa più che legittima, un conto è negare l'evidenza e tacciare di "poca credibilità" chi questa evidenza si permette di certificare. Non la vedo bene.
Tocca a Giuseppe Uva
Questo articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
Qualche telegiornale, ieri, è riuscito a infilare la notizia qua e là, tra le idiozie dette dal capo del governo a Roma e la vicenda Frisullo. Dei casi precedenti - Bianzino, Aldrovandi, Cucchi, solo per citare quelli venuti alla luce - ho già scritto qualcosa. Adesso è arrivato il quarto. Si chiamava Giuseppe Uva e, a meno che l'inchiesta in corso riesca alla fine a dimostrare il contrario, è morto ammazzato di botte in una caserma dei Carabinieri. In Italia. Nel2010 2008.
Poco dopo sopraggiungono due volanti della polizia, Biggiogero verrà spinto a forza in una di queste, Uva verrà invece costretto in quella dei carabinieri. Le tre macchine arrivano in caserma verso le 3.30 (i quattro poliziotti vengono raggiunti dagli altri due in servizio quella notte, tutti e sei rimangono in caserma per le successive due ore e saranno due di loro, tra l’altro, ad accompagnare in ambulanza Uva al pronto soccorso, seguendo una procedura anomala). I due amici vengono separati, Biggiogero resta nella sala d’attesa controllato a vista. Da lì, per un lunghissimo lasso di tempo, sente chiaramente le urla di Uva provenienti da un'altra stanza. Grida ai presenti di smettere di “massacrarlo” e viene minacciato di subire la stessa sorte. Verso le 4, approfittando degli attimi in cui viene lasciato solo, chiama con il proprio cellulare il 118.
(qui Unità e qui Repubblica)
Aggiornamento 11,00.
Contrariamente a quanto ho erroneamente scritto nel post, ora corretto, l'episodio si sarebbe verificato nel 2008, non quest'anno. Vi lascio qui sotto il servizio di SkyTg24 di questa mattina.
Qualche telegiornale, ieri, è riuscito a infilare la notizia qua e là, tra le idiozie dette dal capo del governo a Roma e la vicenda Frisullo. Dei casi precedenti - Bianzino, Aldrovandi, Cucchi, solo per citare quelli venuti alla luce - ho già scritto qualcosa. Adesso è arrivato il quarto. Si chiamava Giuseppe Uva e, a meno che l'inchiesta in corso riesca alla fine a dimostrare il contrario, è morto ammazzato di botte in una caserma dei Carabinieri. In Italia. Nel
Poco dopo sopraggiungono due volanti della polizia, Biggiogero verrà spinto a forza in una di queste, Uva verrà invece costretto in quella dei carabinieri. Le tre macchine arrivano in caserma verso le 3.30 (i quattro poliziotti vengono raggiunti dagli altri due in servizio quella notte, tutti e sei rimangono in caserma per le successive due ore e saranno due di loro, tra l’altro, ad accompagnare in ambulanza Uva al pronto soccorso, seguendo una procedura anomala). I due amici vengono separati, Biggiogero resta nella sala d’attesa controllato a vista. Da lì, per un lunghissimo lasso di tempo, sente chiaramente le urla di Uva provenienti da un'altra stanza. Grida ai presenti di smettere di “massacrarlo” e viene minacciato di subire la stessa sorte. Verso le 4, approfittando degli attimi in cui viene lasciato solo, chiama con il proprio cellulare il 118.
(qui Unità e qui Repubblica)
Aggiornamento 11,00.
Contrariamente a quanto ho erroneamente scritto nel post, ora corretto, l'episodio si sarebbe verificato nel 2008, non quest'anno. Vi lascio qui sotto il servizio di SkyTg24 di questa mattina.