Pagine

lunedì 22 marzo 2010

Incentivi (elettorali?)

Il governo ha varato venerdì scorso il pacchetto di incentivi a favore dei settori in crisi. Ufficialmente si tratta dell'ennesimo tentativo di rilanciare un po' i consumi, questi stramaledetti consumi ai quali sono legate indissolubilmente le sorti economiche (e sociali) di qualsiasi paese. In pratica verranno stanziati 300 milioni di euro (200 subito, gli altri chissà quando) per invogliare la gente a cambiare la cucina, comprare uno scooter nuovo, un frigorifero, ecc... Per carità, niente da dire. Visto come siamo messi, qualsiasi intervento che serva a ridare un po' di "ossigeno" al sistema è il benvenuto. Quello che lascia un po' perplessi è la tempistica dell'entrata in vigore di questo provvedimento, nonché la sua efficacia. Come è noto siamo infatti sotto elezioni, e una mossa di questo genere sembra più avere una valenza elettorale piuttosto che di utilità economica vera e propria.

Lasciando da parte le dichiarazioni di Bersani, che pur essendo a mio avviso abbastanza fondate vanno comunque lette in chiave politica, c'è da mettere in conto anche ciò che ha detto Confindustria, la quale non può essere certo inquadrata come organizzazione di sinistra. Pur avendo dato atto al governo che vista la situazione contingente di più non si poteva fare, ha ammesso infatti che "Le misure adottate 'sono finanziariamente limitate e molti settori in difficoltà non possono beneficiare dei vantaggi previsti dagli interventi'". Ha aggiunto poi la Marcegaglia: "'E' un piccolo aiuto a settori che hanno avuto andamenti molto negativi, sono pochi soldi ma e' un supporto' [...] Anche perche' i fondi sono limitati ed e' previsto un meccanismo a semaforo: finite le risorse si blocca lo sconto". Insomma, mi pare che gli ingredienti che consentono di inquadrare il tutto più come una manovra elettorale che altro ci siano a tutti - qualche associazione dei consumatori ci va giù pure in modo più pesante. Piccola nota a margine: 300 milioni di euro sono quasi l'equivalente del costo annuo per mantenere il Quirinale, e non sono che una piccola parte rispetto al miliardo e mezzo di euro (dati 2007) che lo stato spende ogni anno per la sola Camera dei Deputati. Chissà se un giorno qualcuno penserà di prelevare qualcosa anche da lì?

Restando in tema di decreti annunciati in pompa magna e poi rimasti lettera morta, vale la pena ricordare quello sulla lotta alla corruzione. Ricordate no? Era il primo marzo e Berlusconi e il fido Alfano, sull'onda degli scandali e delle inchieste che ruotavano attorno alla Protezione Civile, appalti al G8 e riciclaggio nella vicenda Telecom-Fastweb, annunciavano in pompa magna un grande decreto per combattere la corruzione. Qualcuno ne ha più sentito parlare? Qualcosa in proposito scriveva il Sole24Ore di sabato scorso: "Che fine ha fatto il pacchetto di misure anticorruzione varato di gran carriera dal governo Berlusconi il 1° marzo? A venti giorni da quella decisione, il disegno di legge non è mai arrivato in Parlamento. Non sono tempi fisiologici. [...] I contrasti continuano oggi su altri aspetti di quel Ddl che non sembra più tanto urgente come avevano detto Angelino Alfano e Silvio Berlusconi: resta fermo al Dagl, il dipartimento per gli affari giuridici e legali di Palazzo Chigi". Insomma, nelle intenzioni si vorrebbe combattere la corruzione, ma nei fatti non si sa bene come - i motivi sono facilmente intuibili.

Tutto questo, comunque, rientra a pieno titolo nel modus operandi del "governo del fare" (annunci).

Nessun commento:

Posta un commento