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giovedì 30 marzo 2023

Spam nei (miei) commenti


Che il funzionamento dei commenti sia da qualche tempo bizzarro su questa piattaforma, credo sia ormai noto a tutti. Il parossismo di questa bizzarrìa, per quanto mi riguarda, credo si sia raggiunto oggi, da quando blogger.com ha cominciato a classificare come spam i miei commenti.

Vietato (a prescindere)

Il prode ministro Lollobrigida ha vietato produzione, importazione e vendita in Italia della carne in vitro, altrimenti detta carne sintetica. Lo fa per noi, per la nostra salute e il nostro benessere, e anche per tutelare il made in Italy, certo. 

Molto in sintesi, il procedimento in laboratorio prevede che, da una sola cellula, in poche settimane si possono ottenere dieci tonnellate di carne, e il tutto senza abbattere una sola bestia, laddove, come scrive Mattia Feltri su La Stampa di oggi, ogni anno nel mondo si abbattono 50 miliardi di polli, un miliardo e mezzo di maiali, mezzo miliardo di pecore e così via. Senza contare l'impatto sull'ambiente (consumo di acqua, gas serra, deforestazione ecc.) degli allevamenti intensivi.

Anche la questione del made in Italy fa un po' sorridere, dal momento che circa metà della carne che consumiamo la importiamo dall'estero, Brasile principalmente (un milione di tonnellate di carne di maiale, 400mila tonnellate di carne bovina). Ma il ministro vieta perché va' a capire gli impatti sulla nostra salute della carne in vitro (evidentemente quelli della FDA americana, che hanno detto che non c'è alcun rischio per la salute, non capiscono niente).

Ma al di là della questione specifica della carne, su cui ognuno ha legittimamente le proprie opinioni, quello che salta all'occhio è che di fronte a problemi complessi questo governo vieta. Non è che si mette lì ad approfondire, analizzare, studiare, valutare e su queste basi decidere. La decisione, cioè, avviene sulla mera base della soddisfazione della pancia dell'elettorato. Il ministro dice: "Visto, ho vietato la carne in vitro perché io ci tengo alla vostra salute e salvo il made in Italy", e il popolo bue (a proposito di carne), che non sa niente però vede nel ministro un salvatore, applaude e tutti contenti.

Non si è in grado di capire/affrontare i problemi e allora si vieta. È più facile ed evita la fatica di rapportarsi alla complessità per incompetenza e per mantenere consenso.

Si vieta la carne in vitro, si vieta la registrazione dei figli delle coppie omogenitoriali, si vietano gli sbarchi. Si vieta. Non si affronta. È difficile affrontare, richiede impegno, tempo, fatica, risorse; vuoi mettere quanto è più facile proibire tout court? Nel frattempo il mondo va avanti, le società mature si muovono, cambiano, affrontano i problemi e cercano di risolverli. Le società imbalsamate vietano, e muoiono.

mercoledì 29 marzo 2023

L'altra Grace

Quasi 600 pagine divorate in tre giorni, e mi spiace doverlo riportare in biblioteca. 

Narra le vicende di Grace Marks - il romanzo è tratto da una vicenda di cronaca realmente accaduta - ed è ambientato nel Canada di metà Ottocento. Grace, addetta alla servitù in casa di un ricco possidente, viene accusata del suo omicidio e, dopo un processo piuttosto sommario, prima incarcerata e poi rinchiusa in manicomio perché sospettata di insanità mentale. Qui conoscerà il giovane dottore Simon Jordan, l'equivalente di uno psichiatra dei giorni nostri (all'epoca la scienza psicologica era ancora in embrione), col quale Grace, lentamente, riuscirà a instaurare un dialogo basato sulla fiducia e ad aprirsi. Comincerà così a raccontare al medico la sua vita. Simon Jordan resterà affascinato e ammaliato dalla personalità complessa e inafferrabile di Grace, e lentamente, scavando, riuscirà anche a portare a galla la verità sulle vere responsabilità dell'omicidio.

È un romanzo psicologico, poetico, scritto con una prosa accattivante, che scava in profondità nella natura umana e che racconta come in un certo passato le donne, spesso, siano state vittime del sistema sociale sia perché donne e sia perché povere, mettendo in luce le contraddizioni della società maschilista dell'epoca. Per me è un capolavoro.

martedì 28 marzo 2023

Eccesso di soccorso

Quindi la nave di Banksy è stata fermata e sanzionata perché nel tragitto verso il porto assegnatole dopo aver effettuato un salvataggio ha incrociato un'altra inbarcazione in difficoltà e l'ha soccorsa. È come se un'ambulanza che sta recandosi verso un ospedale con un ferito a bordo venisse sanzionata perché nel tragitto si imbatte in un sinistro con feriti e si ferma a soccorrerli.

Sono riusciti a inventarsi il "reato" di eccesso (colposo?) di soccorso, da contrapporre all'ormai anacronistica omissione di soccorso. Perché loro sono innovativi.

domenica 26 marzo 2023

Morte

 


 

Ho letto in un giorno questo bellissimo saggio filosofico di Daniela Steila. Il tema del libro è la grande rimossa della nostra civiltà occidentale: la morte. Si tende a non parlarne, è quasi un argomento tabù, un tema che è tanto universale e comune quanto difficile da accettare. È come se non stesse bene tirare in ballo l'argomento. La cosa è comprensibile, in realtà, dal momento che siamo pieni di "io" (io sono, io vivo, io faccio, io programmo, io progetto, io...) e la morte è la fine di tutti questi "io" (non a caso Sartre diceva che per l'uomo "la mort est l'absurde"). In più, come scriveva Max Scheler, "la società contemporanea ha prodotto una radicale negazione della morte attraverso l'idea del progresso e della sua infinità; la scienza moderna in particolare è nata per realizzare il dominio sulle cose del mondo e implica la rimozione della morte."

Questo interessantissimo libro è in pratica una rassegna in cui si analizza il modo in cui i grandi filosofi e pensatori della storia, da Platone a Heidegger, da Hegel a Sartre, passando per sant'Agostino, Tommaso D'Aquino, Montaigne, Marx, Freud, fino ai bioeticisti moderni, hanno descritto e inteso la morte (compresa la sua variante del suicidio), quale è stata la loro idea, come l'hanno inquadrata e spiegata. La filosofia si è occupata da sempre della morte, del suo significato, delle sue implicazioni morali, ma anche le persone comuni, prima o dopo, si sono interrogate su questo. D'altra parte noi umani, rispetto agli altri esseri viventi, abbiamo consapevolezza della nostra finitudine, quindi noi non solo moriamo ma pensiamo al nostro destino mortale, meditiamo sulla fine della nostra vita e di quella altrui. Da questo infinito pensare sono nate anche le idee che hanno tentato di neutralizzare e lenire l'assurdità inaccettabile della morte. Su queste basi è stata concepita ad esempio l'anima, la sua immortalità, l'idea della resurrezione, oppure quella di una vita oltre la morte, idee ricorrenti, queste, che ogni civiltà apparsa sulla terra ha elaborato.

È un libro che stimola molte riflessioni a cui generalmente non si pensa, appunto perché in genere si tende a rimuovere l'argomento, riflessioni che possono però aiutare a considerare la nostra umana vulnerabilità come un valore. Anche se non è facile.

sabato 25 marzo 2023

Paolo Nori a Misano

 

 

Ieri sera sono andato al teatro Astra di Misano ad assistere a una conferenza/monologo di Paolo Nori. Nori è lo scrittore che poco dopo l'inizio della guerra in Ucraina fu al centro delle cronache per la decisione dell'università Bicocca di annullare un suo ciclo di lezioni su Dostoevskij (ne avevo accennato qui), sull'onda degli insensati e un po' stupidi atteggiamenti collettivi volti a boicottare ogni espressione della cultura russa nei nostri paesi occidentali.

Paolo Nori è forse uno dei maggiori conoscitori di letteratura e cultura russa in Italia e ieri sera ha incentrato il suo intervento sulla figura di Anna Achmatova, la più grande poetessa russa del Novecento. Nella mia stratosferica ignoranza non conoscevo questa figura e ne sono rimasto affascinato. L'intervento di Nori ha poi spaziato prendendo in esame i grandi scrittori russi, la loro influenza e importanza nella cultura mondiale, il tutto descritto col suo modo di raccontare affabulatorio, spesso ironico, che cattura l'attenzione e rende godibili e gradevoli anche argomenti che a prima vista possono sembrare pesanti o noiosi.

Ho voluto partecipare a questo incontro anche come forma di presa di distanza dalla stupida ostracizzazione della cultura russa imperante, e mi chiedo come possiamo essere arrivati a un tale punto di ridicolo da non riuscire a distinguere tra cultura e attualità.

Antropologizzazione del mercato

Il presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro, in merito alla crisi europea delle banche di questi giorni, dice (La Stampa, 25.3.2023): "I mercati fanno il loro mestiere. Quando ci sono delle variazioni tendono ad accentuarle perché dall'accentuazione delle variazioni si guadagna. C'è nervosismo ed è bene che le banche centrali diano messaggi attendibili delle loro decisioni." 

Non so se ci avete fatto caso, ma espressioni che si sentono spesso come "i mercati sono nervosi" o "i mercati soffrono" danno l'idea di una antropologizzazione del mercato e dell'economia. Cioè, la nostra vita è talmente impregnata di economia, di denaro, di mercato che, forse senza accorgercene, abbiamo cominciato a descriverlo utilizzando categorie e sentimenti umani (nervosismo, sofferenza ecc.). 

Siamo ormai al punto in cui non esiste più distinzione tra mondo della vita e mondo dell'economia. Il guaio è che le due dimensioni, mercato e vita, non sono compatibili perché non hanno gli stessi fini né le stesse caratteristiche, e la loro equiparazione e fusione sarà forse il lascito più deleterio della società che abbiamo costruito.

venerdì 24 marzo 2023

Revisionismo meloniano


Le ipotesi sono due: o la signora Meloni non sa la storia o la sa ma la racconta a modo suo. Oppure, come è già successo, si tratta della riproposizione della nota tattica di sparare una corbelleria per distrarre le masse. 

Da quando il suo esecutivo governa, gli sbarchi sono infatti decuplicati, la riforma della giustizia che comprende il vecchio sogno berlusconiano di separare le carriere tra giudici e PM e azzoppare le intercettazioni si è persa nella nebbia; la tanto strombazzata riforma copernicana del fisco è un guazzabuglio dove tutto è in divenire e in cui l'unico punto chiaro sono le carezze ai benestanti e i calci in culo a chi non sa dove sbattere la testa (la Meloni pensa per caso di essere stata votata solo dalle fasce medio-alte? Spero di no, perché se è così temo che finita la luna di miele il risveglio sarà eufemisticamente brusco).

Diciamo che, alla luce di tutto questo, la teoria dell'uscita infelice sulla strage delle Fosse Ardeatine come arma di distrazione di massa ha parecchie chance di essere quella giusta.

giovedì 23 marzo 2023

Avviso ai naviganti


Raramente un romanzo mi ha così favorevolmente impressionato. Un romanzo che è spettacolare sotto diversi punti di vista: la bravura dell'autrice nella descrizione di terre lontane e sconosciute, bravura espressa attraverso uno standard descrittivo altissimo; la prosa accattivante e poetica, ricca di simbologie e metafore. 

Il protagonista è Quoyle, giornalista che sbarca il lunario scrivendo per un piccolo quotidiano newyorkese. Ha due figlie e una moglie infedele patologica. Una vita, quella di Quoyle, con pochissime gioie e molte frustrazioni. Un giorno, di punto in bianco, viene licenziato dal giornale in cui lavora e, di lì a poco, viene abbandonato dalla moglie che fugge con uno dei suoi amanti.

Si ritrova così solo, senza soldi e con due figlie da mantenere, una situazione che getterebbe chiunque nello sconforto e nella disperazione. In un moto di ribellione che sorprende anche il protagonista, Quoyle prende il primo traghetto per Terranova e si trasferisce, assieme alle figlie e a un'attempata zia, nella casa dei suoi avi, in un villaggio ai confini del mondo ricoperto di neve per gran parte dell'anno; un luogo aspro, estremo, legato ad antiche superstizioni e ricco di legami col passato, dove Quoyle riesce piano piano a riprendere in mano la sua vita e a ritrovarsi.

Per me questo libro è un piccolo capolavoro.

martedì 21 marzo 2023

Maternità surrogata

Quello della cosiddetta maternità surrogata è forse uno dei temi più delicati, spinosi, controversi e divisivi nella società contemporanea, e i motivi si capiscono facilmente. In linea di principio io non sono contrario. Tra persone viventi ci può essere donazione di polmoni, porzioni di fegato, midollo osseo, pancreas, intestino, non vedo perché chi lo voglia non possa donare l'utero per consentire una gravidanza.

Il tema, come dicevo, è divisivo ed è forse uno di quelli che maggiormente induce a dividersi e a polarizzarsi in maniera manichea. Naturalmente sono tanti anche quelli che a causa della complessità e degli innumerevoli risvolti di carattere etico e morale sospendono il giudizio o non hanno una idea precisa in merito.

Quelli de Il Post hanno pubblicato un lungo ed esaustivo articolo in cui - e loro sono da sempre maestri in questo - spiegano bene cosa è la maternità surrogata, questione spesso banalizzata, confusa e ridotta a slogan fuorvianti tipo utero in affitto e simili. Per chi fosse interessato, l'articolo de Il Post è qui, mentre qui c'è un ottimo scritto di Giulia Siviero nel quale la questione viene affrontata con serenità e onestà, lontano da strilli, strepiti e me contro te.

lunedì 20 marzo 2023

domenica 19 marzo 2023

Vittime della storia

Nella puntata di oggi pomeriggio di Mezz'ora in più ho stoicamente ascoltato la signora Roccella. Mentre la ascoltavo mi è venuto in mente il verso di Battiato che recita: "L'etica è una vittima incosciente della storia". Ora, io non so dire se la signora Roccella e la sua visione ideologica e identitaria del concetto di famiglia saranno vittime coscienti o incoscienti della storia, ma sul fatto che ne saranno vittime credo non ci sia discussione. Peccato che l'attesa allungherà solo i disagi di chi, oggi e nel prossimo periodo, rimarrà ostaggio di questa visione.

sabato 18 marzo 2023

Odifreddi a Misano

 
 

Ieri sera ho assistito a una conferenza di Piergiorgio Odifreddi, al teatro Astra di Misano Adriatico, in cui il noto divulgatore ha raccontato Bertrand Russell. Amo Odifreddi da sempre, ho letto alcuni suoi libri e seguo le sue conferenze e i suoi interventi su Youtube. È geniale, intelligente, colto, dissacrante, ironico.
 

Nella conferenza, tra le altre cose ha raccontato come il grande pensatore gli ha cambiato la vita, in particolare grazie al suo libro "Introduzione alla filosofia matematica", che Odifreddi comprò per caso da ragazzo su una bancarella di libri usati.

Ho scoperto recentemente che Odifreddi e Ratzinger sono stati ottimi amici, si sono frequentati per un certo periodo e addirittura hanno scritto un libro a quattro mani, che appena riesco a reperire ho intenzione di leggere.

Crimini di guerra

Accolgo con soddisfazione la decisione della Corte penale internazionale dell'Aia di spiccare un mandato di arresto nei confronti di Putin per crimini di guerra. Mi chiedo però perché nessuno abbia mai pensato di spiccare mandati di arresto per Bush o Blair per i crimini di guerra commessi da americani e inglesi durante le guerre in Iraq e Afghanistan. Non stiamo parlando di quisquilie, ma di centinaia di migliaia di civili morti (in molti casi uccisi deliberatamente) dalle forze che dovevano esportare la democrazia, crimini di cui esiste amplissima documentazione (googlate "crimini di guerra americani in Iraq e Afghanistan" e vi si aprirà un mondo di orrore) arrivata a noi anche tramite Wikileaks di Julian Assange, che gli americani stanno non a caso cercando di fare fuori da svariati anni.

Tra l'altro, tutto questo cancan mi sembra molto ideologico e ben poco concreto. La Corte penale internazionale dell'Aia è infatti un tribunale la cui legittimità non è riconosciuta dalla stragrande maggioranza dei paesi del mondo, tra cui Russia, Stati Uniti, Cina, India, Israele, e solo per citare i più importanti. Quindi è internazionale formalmente ma in pratica ha una sua legittimità solo tra i pochi stati che ne hanno sottoscritto il trattato di adesione.

Tutto questo non per polemizzare, solo perché mi sembra corretto che la sacrosanta persecuzione di coloro che si sono resi responsabili di crimini di guerra valga per ogni guerra, non solo per alcune.

giovedì 16 marzo 2023

Il pastore delle macchine e le invasioni della Russia da parte dell'Italia

Giornate lavorative come quella di oggi, lunga, infinita, ripetitiva, mi fanno venire in mente il filosofo Günther Anders, allievo di Heidegger, il quale negli anni '40 fuggì dalla Germania e riparò negli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzioni naziste (storia raccontata da Galimberti qui). Una volta arrivato andò a lavorare alla Ford. Dopo qualche tempo scrisse al suo maestro Heidegger e gli disse: "Maestro, lei mi ha insegnato che l'uomo è il pastore dell'essere, io qui sono il pastore delle macchine." Ecco, io oggi mi sento il pastore delle macchine.

Mentre tornavo a casa mi è capitato di sentire questo breve intervento di Alessandro Barbero in cui si racconta che l'Italia negli ultimi duecento anni ha invaso la Russia tre volte, che uno dice: l'Italia ha invaso la Russia? Sì. Poi, vabbe', è andata male tutte e tre le volte ma questo è un altro discorso.

Ah, se ai miei tempi avessi avuto un professore di storia come Barbero...

lunedì 13 marzo 2023

Collegamenti

Questo ottimo post di Diciotto Brumaio mi ha fatto venire in mente questo capolavoro di Guccini, in particolare i versi in cui dice: "Coraggio liberisti, buttate giù le carte, tanto ci sarà sempre chi pagherà le spese in questo benedetto, assurdo Belpaese".

domenica 12 marzo 2023

"Possibile che nel 2022 gli uomini facciano ancora le guerre?"

Non solo è possibile, ma è normale che sia così perché la conflittualità è la principale forma di interazione che contraddistingue gli esseri umani da quando sono comparsi sul pianeta. Dal punto di vista psicologico-antropologico la guerra è generata dagli stessi meccanismi che scatenano una rissa a una partita di calcetto o che in un ufficio creano una fronda di impiegati che fa fuori un capo. Qui di seguito dieci minuti di un grande Dario Fabbri, che queste cose le spiega molto meglio di me.


Almeno il gesto

Il consiglio dei ministri-sceneggiata a Cutro è già acqua passata. Non è servito a niente, naturalmente, come del resto era ampiamente prevedibile e come non porterà mai niente di concreto una gestione dell'epocale fenomeno delle migrazioni improntata esclusivamente a una visione emergenziale ed elettorale. Ma viviamo nell'epoca storica della visibilità multimediale e la politica, oggi, si fa anche (soprattutto?) a favore di telecamere e immagini. I messaggi che la politica vuole fare passare all'opinione pubblica, in altre parole, sono veicolati, oggi come non mai, dai gesti, più che dai discorsi e dai proclami.

Che a Meloni, Salvini e soci della gente che muore in mare non freghi assolutamente nulla è palese e si sa da sempre, e il fatto che nel periodo in cui il governo è stato in trasferta laggiù la signora sedicente mamma e cristiana non abbia trovato cinque minuti per andare su quella spiaggia, da dove ogni giorno continuano ad affiorare cadaveri, o per fare una visita nel palazzetto dello sport pieno di bare per gran parte occupate da bambini, veicola un messaggio chiaro che oltretutto - va detto - ha una sua coerenza. Di chi muore in mare alla Meloni non fregava niente prima, quand'era all'opposizione, continua a non fregare niente neppure ora che guida un governo.

sabato 11 marzo 2023

La donna cannone

Quando Francesco De Gregori pubblicò La donna cannone io ero un imberbe ragazzetto che con poca voglia frequentava le scuole medie e con molto più entusiasmo studiava musica. Già all'epoca avevo un discreto orecchio e riuscivo con poco sforzo a trovare gli accordi di molte canzoni, per lo meno di quelle non troppo complicate. Una sera chiesi al mio professore di teoria e solfeggio di darmi una mano a trovare gli accordi de La donna cannone e lui, sorridendo, mi rispose: "Non sono semplici, perché quella canzone è geniale e la musica geniale non è sempre semplice."

Mi è venuto in mente questo vecchio episodio della mia infanzia mentre seguivo il video di Claudio Cicolin che linko qui di seguito, video in cui il noto musicista spiega, chitarra alla mano, perché La donna cannone è geniale dal punto di vista della struttura armonica, melodica, degli arrangiamenti e anche del testo. Si può tranquillamente dire che questo pezzo ha rotto tutti gli schemi fino ad allora conosciuti entro i quali si muoveva la musica d'autore italiana.

Ah, il mio professore di teoria e solfeggio alla fine me li scrisse, gli accordi, e me li spiegò, perché alcuni non li avevo mai sentiti. Grazie, prof. Galassi :-)

Il video è qui.

giovedì 9 marzo 2023

Ragionevolezza (di Pillon)

 

 

Quello che Pillon chiama logico e ragionevole è in realtà intuitivo, nel senso che il nostro cervello è per sua natura strutturato in modo da pensare in termini di cause ed effetti (consiglio al senatore un saggio stupendo su questi temi: L'orologiaio cieco, di Richard Dawkins), mentre la casualità degli eventi è controintuitiva. Se volessimo posizionarci al livello argomentativo da quinta elementare di Pillon basterebbe ribattere che il darwinismo, che lui irride con la sua puerile vignetta, è un fatto, e nessuno scienziato, oggi, oserebbe dubitare del pensiero di Charles Darwin, la cui validità è confermata da infiniti dati sperimentali. Viceversa, non esiste un solo dato sperimentale che suffraghi la teoria del creatore.

Questo, come dicevo, se vogliamo restare al livello di Pillon. Per fare un piccolo salto di qualità si potrebbe dire che sulla questione scienza vs fede si sono espressi nel corso del tempo tantissimi pensatori, cristiani e non. Il punto è che se io voglio parlare di questo con un amico, lo invito a cena a casa mia e ci mettiamo con calma a discuterne, andando avanti anche tutta la notte, se necessario. Liquidare una questione così complessa e stimolante con una vignetta di tale banalità, è il migliore assist che si possa fare a un non credente.

Non c'è niente da fare, spesso il peggior servizio al cristianesimo lo fanno i cristiani.

mercoledì 8 marzo 2023

Dallo spazio al tempo

Un concetto espresso da Thomas Leoncini, che ho appena letto in La società liquida (sì, c'entra anche Bauman), il saggio che sto leggendo in questi giorni, mi ha sorpreso e fatto pensare. È il concetto dell'inversione delle categorie dello spazio e del tempo nella società di oggi. 

In milioni anni di storia umana - riassumo - la categoria dello spazio è sempre stata preponderante rispetto a quella del tempo. Cosa significa? Un nostro antenato che fosse dovuto andare per qualsiasi motivo in un posto lontano e sconosciuto non si sarebbe chiesto come prima cosa quanto tempo ci avrebbe messo, ma quanto sarebbe stato distante quel luogo. Questo perché la dimensione dello spazio era appunto più importante di quella del tempo. Nella società di oggi è l'inverso; una persona che parte per un luogo lontano e sconosciuto non si chiede quanto è distante, di questo magari si interessa successivamente, ma nell'immediato si chiede quanto tempo ci vuole per arrivare. Si tratta di un cambio di paradigma psicologico e antropologico epocale e recentissimo. 

Cosa comporta questo cambio? Comporta che il tempo individuale è diventato il centro, il fulcro di ogni nostra decisione, e diventando questo, siamo diventati intrinsecamente individualisti. Abbiamo cominciato a illuderci che la presenza dell'altro debba essere un piacere e non una necessità. Lo spazio, per definizione, è infatti condivisione. Quando la nostra forma mentis era organizzata in funzione dello spazio, significava che era pensata in funzione di luoghi condivisi con altri. Il cambio di paradigma psicologico spazio/tempo ha quindi progressivamente eliminato il senso di comunità a favore dell'individualismo. 

Quando oggi ci lamentiamo di vivere in una società individualista, possiamo immaginare che una delle cause stia in questo epocale cambio di paradigma. Ora la domanda è: cosa ha causato questo cambio?

lunedì 6 marzo 2023

Toh, chi l'avrebbe detto?

Il prode ministro Valditara (ricordate?) elogia - ha fatto benissimo, intendiamoci - il preside del liceo Carducci di Milano che ha condannato lo striscione in cui erano raffigurati lo stesso ministro e Giorgia Meloni a testa in giù. Sarebbe stata cosa buona e giusta che avesse elogiato anche la preside del liceo Michelangiolo, ma allora non sarebbe stato Valditara.

sabato 4 marzo 2023

Guerra e pace

 

 

L'ho terminato ieri sera tardi. Durante tutta la lettura mi sono frequentemente chiesto, tra le tante cose, quali riscontri avrebbe uno scrittore di oggi se pubblicasse un romanzo di una tale lunghezza e complessità (Wikipedia ha contato 580 personaggi, di cui svariate decine ricorrenti, spalmati su circa 1600 pagine). Certo, tomi di questa lunghezza vengono pubblicati anche oggi, ma sono comunque scritti con lo stile della narrativa contemporanea: veloce, immediata e generalmente poco riflessiva.

Guerra e pace, invece, come del resto altri classici simili, è un viaggio nel mare della tranquillità, si potrebbe dire, in cui le vicende sono raccontate con la "lentezza" e i tempi delle grandi epopee epiche. In realtà si tratta principalmente di un romanzo storico in cui vengono descritte la nobiltà e in generale la società russa nel periodo napoleonico; anzi, Tolstoj stesso non lo considerava neppure un romanzo e storceva il naso quando veniva appellato così, come scrive lui stesso nella postfazione. Probabilmente perché il termine romanzo lo trovava riduttivo, visto che contiene, oltre alle vicende narrate, riferimenti storici, filosofici, psicologici, scientifici. 

Nel complesso mi è piaciuto, anche se, abituato allo stile della narrativa contemporanea, ho spesso dovuto fare buon viso a cattivo gioco di fronte alle tante pagine in cui la prolissità è padrona (l'autore mi perdonerà se, di fronte alle decine di pagine con cui vengono descritte alcune battaglie, qualcuna l'ho saltata). Al di là di queste considerazioni, comunque, credo che si tratti di uno di quei libri fondamentali che almeno una volta nella vita bisogna leggere.

80 anni

Mio piccolo e insignificante omaggio a un gigante della musica d'autore che, se fosse ancora vivo, oggi spegnerebbe 80 candeline.


venerdì 3 marzo 2023

Napoleone è un prodotto, come Putin

Nelle pagine finali di Guerra e pace Tolstoj fa una interessante analisi delle dinamiche che muovono i popoli e della forza che produce gli eventi, e giunge alla conclusione che la potenza dei singoli personaggi storici non può essere considerata come una forza capace di per se stessa di produrre gli avvenimenti. 

In pratica, per stare al tema del romanzo, non è stata la volontà di Napoleone che l'ha spinto verso oriente fino ad arrivare a Mosca, ma è stata la volontà della società che ha generato Napoleone. Non esiste la Francia di Napoleone, ma Napoleone è figlio di quel tipo di Francia, nel suo caso della Rivoluzione francese, perché, scrive Tolstoj: "Il personaggio storico è un prodotto del suo tempo e la sua autorità è soltanto l'opera di forze diverse".

Questo assunto mi ha fatto venire in mente quanto ripete Dario Fabbri nelle sue conferenze riguardo alla questione russo-ucraina, in particolar modo quando dice che non ha senso parlare di Russia di Putin. Non esiste la Russia di Putin ma esiste Putin come prodotto di quel tipo di società, allo stesso modo in cui non esiste l'Afghanistan dei talebani ma i talebani sono il prodotto di quel tipo di società, e si potrebbe continuare. È la società russa che ha prodotto Putin ed è la società afghana che ha prodotto i talebani. 

Ragionando alla luce di questo cambio di prospettiva, gli avvenimenti assumono connotazioni diverse rispetto a quelle "standard" a cui siamo abituati a pensare.

giovedì 2 marzo 2023

Non rispondetegli


Piccolo consiglio non richiesto se per caso siete su twitter: non replicate ai tweet di Feltri. Ciò che lui scrive sono provocazioni e la provocazione è, per definizione, un atto che ha il solo scopo, come indica il termine stesso, di suscitare una reazione emotiva. La provocazione non ha una valenza pedagogica, non è foriera di qualche verità né di contenuti epistemologicamente validi; la provocazione ha il solo scopo di provocare e se rispondete a quelle di Feltri manifestando la vostra indignazione non fate nient'altro che il suo gioco. In altre parole, rispondendo ci siete cascati. 

Un altro motivo per non rispondere a Feltri è che le sue provocazioni sono crudeli e ciniche, e lo sono perché è affetto da quella che Umberto Galimberti chiama psico-apatia, ossia incapacità di provare risonanza emotiva rispetto agli avvenimenti che accadono. Gli psico-apatici sono morti dentro. Sono vivi esteriormente: respirano, si nutrono, dormono, camminano, ma nella loro interiorità c'è il vuoto. Non si interagisce coi morti. 

Quindi, se vi capita in tl un tweet di Feltri, passate oltre, silenziate, bloccate, lasciatelo immergere nell'oblio e nel dimenticatoio in cui merita di stare. Non tenetelo a galla.