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domenica 31 ottobre 2021

I tempi nuovi

 

 

Non sono particolarmente appassionato di polizieschi. Cioè, se capita li leggo, ma se posso scegliere tra questi e altri generi, di solito vado verso gli altri generi. Faccio un'eccezione per Alessandro Robecchi e la sua collaudata coppia di sovrintendenti Ghezzi e Carella, e soprattutto per il pacioccone, ironico e un po' scanzonato investigatore privato Carlo Monterossi. Di noir di Robecchi ne ho letto più di uno e sempre con una certa soddisfazione; mi piace il suo stile diretto, colloquiale, molto spesso ironico (mi è capitato spessissimo di ritrovarmi a ridere tra le pagine), e mi piace anche la sua capacità di descrivere il carattere dei personaggi attraverso i loro dialoghi e la descrizione minuziosa del loro modo di fare.

I tempi nuovi, uscito un paio d'anni fa, è l'archetipo del romanzo noir/poliziesco targato Robecchi. La storia è imbastita sul filo di una doppia indagine, riguardante un omicidio e una sparizione, due fatti che inizialmente sembrano scollegati tra loro ma che, si scopre poi, sono in realtà due figli di un'unica situazione. La trama è abbastanza avvincente, anche se qua e là mostra qualche segno di stanchezza. Ma è interessante anche per la presenza di vicende collaterali alla storia, come ad esempio un episodio di cyber-bullismo ai danni di una ragazzina di 14 anni. Sono menzionati, nel libro, tantissimi luoghi (vie, piazze, quartieri) della città di Milano, e immagino che un milanese che legga il libro avrà sicuramente l'impressione di stare girando per la sua città.

Nel complesso, insomma, un Robecchi che non delude. Almeno, a me non mi ha deluso.

sabato 30 ottobre 2021

Perché noi sì e gli animali no?

Oggi, mentre camminavo, ascoltavo negli auricolari la lezione dello scienziato Edoardo Boncinelli che ripubblico qui sotto. A un certo punto, dal minuto 46 circa, Boncinelli parla delle differenze tra noi e gli animali, evidenziando il fatto che noi umani siamo per alcuni aspetti uguali ad essi e per altri diversi. Gli aspetti che ci rendono uguali a loro riguardano la biologia e la sua evoluzione. Cioè noi, esattamente, come gli animali, ci siamo biologicamente evoluti a partire da antenati comuni, i nostri processi vitali e biologici di base sono esattamente uguali a quelli della maggior parte degli animali e delle piante. Poi, a un certo punto, abbiamo preso una strada diversa. 

Circa due milioni di anni fa un nostro progenitore, una specie di scimmione che vagamente ci assomigliava, ha cominciato a scheggiare della selce per ricavarne uno strumento con una sua utilità; da lì è cominciata quella che viene chiamata evoluzione (o rivoluzione) culturale. Accanto a una evoluzione biologica, esattamente uguale a quella di tutte le altre specie, noi abbiamo dato inizio a una evoluzione culturale, prerogativa esclusivamente nostra e sconosciuta alle altre specie. Partendo da quella selce scheggiata abbiamo poi inventato la ruota, scoperto il fuoco, la scrittura, l'agricoltura, fino ai moduli spaziali per andare su Marte.

A nessun animale eccetto noi è consentito di "vedere" il mondo, oltre che di guardarlo; a nessun animale eccetto noi è concesso di mettersi a sedere e raccontare delle cose ad altri animali che gli si stringono attorno. A nessun animale è concesso di trasmettere un sapere ai suoi discendenti in modo che ogni nuovo nato non debba partire da zero. A noi è concesso. Ma la domanda da cento milioni di dollari è: perché è stato concesso a noi, che in fin dei conti nell'albero della vita non siamo che un piccolo e periferico ramoscello appena nato, e non a un'altra specie? Perché abbiamo avuto noi questo privilegio (che è un onore ma anche un onere) e non, ad esempio, i cavalli, o gli orsi, o una delle centinaia di migliaia di specie animali che popolano, o hanno popolato, il pianeta?

Non c'è risposta. O meglio, non c'è una risposta univoca ma infinite ipotesi. A tentare di rispondere a questa domanda cominciò Aristotele, permeando la sua risposta di una valenza metafisico-ontologica. Aristotele ipotizzò che noi, a differenza di tutti gli altri animali, siamo stati dotati di quegli strumenti eccezionalmente versatili e sofisticati che sono le mani. Anche Lucrezio ipotizzò che il motivo fosse questo, ma a differenza di Aristotele non disse che le mani ci sono state fornite da una divinità, o comunque un'ente superiore, perché era desiderio di quest'ultimo che noi ci differenziassimo e prevalessimo su tutte le altre specie, ma per puro caso, e tutto è successo grazie appunto a quell'evento puramente casuale. 

In realtà nessuno, oggi, è in grado di rispondere a questa domanda, domanda che forse non avrà mai risposta. L'unica parvenza di certezza è che a noi sia toccato questo destino per puro caso, quella casualità su cui Darwin ha basato tutta la sua poderosa produzione scientifica. Il problema è che a noi, che nasciamo e viviamo da sempre in un contesto culturale gravemente impregnato di teleologia, la spiegazione che tira in ballo il caso risulta controintuitiva, difficilmente accettabile, nonostante Darwin e nonostante ogni evidenza scientifica abbia ormai inequivocabilmente dimostrato che il grande naturalista inglese ci aveva visto giusto. Ma si fa giusto per amor di speculazione, dal momento che, come detto, questa domanda non avrà mai risposta.


Ah, voglio tranquillizzare i miei 32 lettori: quando cammino mi guardo anche intorno, non mi limito ad estraniarmi e perdermi in sofisticate elucubrazione su da dove veniamo, dove andiamo ecc. :-)


Il buon Biden può fare la comunione (e anche Berlusconi)

Bergoglio e Biden si sono incontrati, ieri, e nei novanta minuti di chiacchierata è stato sciolto, tra gli altri, il doloroso nodo riguardante l'accesso al sacramento della comunione da parte del presidente USA. Bergoglio, alla fine, ha confermato che sì, si può fare, e Biden, tutto contento, a favore di telecamere ha dichiarato che per il papa è un buon cattolico e può quindi continuare a ricevere il sacramento. D'altra parte, qualche tempo fa fu lo stesso papa Francesco a dichiarare che lui la comunione non l'ha mai negata a nessuno, ed era francamente difficile ipotizzare che potesse interrompere la consolidata consuetudine cominciando proprio da un presidente degli Stati Uniti. Sarebbe difficile anche immaginare la scena: l'incontro, le strette di mano, gli abbracci, le foto, lo scambio dei regali, i convenevoli di rito, le chiacchiere e poi zac: no, tu la comunione non la puoi fare! Alla fine, come da prassi consolidata ad ogni latitudine del globo, la realpolitik ha avuto la meglio. E poi ormai si sa, papa Ciccio è uno di larghe vedute, ha approcci tendenzialmente progressisti alle umane vicende, quindi la controversia non poteva che avere questo esito. Se al suo posto ci fosse stato uno più reazionario, tipo il suo predecessore Ratzinger, o addirittura un Wojtyla, l'assoluzione non sarebbe forse stata così scontata.

La faccenda della comunione al cattolico Biden è cominciata all'inizio dell'estate, quando l'ala più conservatrice della chiesa cattolica americana approvò a larga maggioranza un documento sulla "coerenza eucaristica" in cui si chiedeva la scomunica del neoeletto presidente americano a causa delle sue posizioni a favore del diritto all'aborto. La faccenda fece parecchio rumore e irritò pure le alte gerarchie vaticane qua in Italia, le quali, senza troppi giri di parole, intimarono ai prelati USA di chiuderla lì e poche storie. Ieri il papa ha messo definitivamente la parola fine alla vicenda, con buona pace dei prelati oltranzisti americani. C'è da dire che la spaccatura nella chiesa americana sugli atteggiamenti da assumere nei confronti dei politici favorevoli all'aborto non nasce con l'arrivo di Biden ma ha radici piuttosto antiche. Nel 2009, ad esempio, fu negata la comunione a Patrick Kennedy, deputato democratico e nipote del più noto JFK, sempre a causa delle sue posizioni pro-aborto.

Ma la comunione non crea problemi solo ai politici e ai presidenti americani, ma anche nostrani. Nel 2010, ad esempio, in occasione dei funerali di Raimondo Vianello il povero Silvio Berlusconi si lagnò pubblicamente col vescovo di Tempio Pausania a causa del divieto di poter accostarsi al sacramento in quanto divorziato, e chiese al prelato sardo di intercedere presso il papa affinché si ponesse fine a questo incomprensibile divieto. Il problema è che all'epoca al soglio pontificio non c'era quel bonaccione di Bergoglio, che - dice - non ha mai negato la comunione a nessuno, ma c'era Benedetto XVI, il pastore tedesco. Tutt'altra pasta. Non è dato sapere se il povero vescovo si avventurò nella mission impossible di intercedere per Berlusconi presso Ratzinger, ma si può ipotizzare cosa gli avrebbe risposto Ratzinger, conoscendolo. Berlusconi, notoriamente refrattario all'osservanza di ogni regola (figurarsi quelle religiose), si presentò quindi al funerale di Raimondo Vianello e si mise in fila come tutti per la comunione. Il povero don Walter se lo trovò davanti e gliela diede. La cosa mandò su tutte le furie i divorziati cattolici di tutta Italia, naturalmente, i quali si chiesero perché lui sì e loro no. Risposta ovvia: lui era Berlusconi e loro no. Il povero prete, assediato dalle polemiche, si difese come poté: "Me lo sono trovato davanti, cosa dovevo fare?" Diciamo che anche qui ha vinto la realpolitik.

Tornando a Biden e ai suoi problemi con la comunione, c'è da tenere in considerazione che tra una quindicina di giorni si riunirà la conferenza episcopale degli USA per decidere, tra le altre cose, come comportarsi nei confronti dei cosiddetti politici "pro-choice", e qui dovrà decidere se sconfessare la sue posizioni o sconfessare il papa, oppure riuscire in qualche modo dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Visto l'andazzo, alla fine anche qui è probabile che avrà la meglio la realpolitik.

venerdì 29 ottobre 2021

Pensioni

Lo so, ho solo 51 anni e quindi è prematuro che mi preoccupi del momento in cui andrò in pensione. Forse, però, è prematuro fino a un certo punto. Qualche tempo fa avevo fatto la simulazione sul sito dell'Inps e avevo scoperto che mi mancano ancora una dozzina d'anni scarsi. Alla data di oggi, con le regole della Fornero dovrebbero essere circa 11. Molti? Pochi? Dipende. Comunque sia, ogni tanto butto l'occhio alle varie riforme (in realtà riforme è una parola grossa, diciamo che si tratta di aggiustamenti in corsa) delle pensioni che ogni governo mette in campo. 

Archiviata la famosa Quota 100 di salviniana memoria, una misura essenzialmente propagandistica che è costata un botto di soldi alle casse dello stato (quasi 19 miliardi di euro fino al 2030) e non ha dato neppure lontanamente i risultati sperati in tema di crescita dell'occupazione, arriva adesso la Quota 102, fortemente voluta da Draghi: dal primo gennaio prossimo si potranno levare le tende dal lavoro con 64 anni di età e 38 di contributi. Quota 102 vale solo per il 2022, poi, dal 2023, se non interverranno altre modifiche, si tornerà alla tanto odiata riforma Fornero, quella in base alla quale dovrebbe andare in pensione lo scrivente.

La ratio di tutti questi aggiustamenti in corsa è naturalmente quella di cercare di spendere il meno possibile e di rendere sostenibile il costo delle pensioni per lo stato. Il problema della sostenibilità del sistema pensionistico non si porrebbe, oggi, o comunque si porrebbe in maniera molto più limitata se in passato il sistema pensionistico non fosse stato usato dalla politica come mezzo per ottenere consenso e rinsaldare il potere. Mi riferisco, naturalmente, al fenomeno delle cosiddette "baby pensioni". Ne parla, seppure in maniera eccessivamente sintetica, Il Post in questo articolo. In pratica, in concomitanza con l'inizio dell'esplosione incontrollata della spesa pubblica, a partire dai primi anni Settanta si cominciarono a mandare in pensione centinaia di migliaia di dipendenti pubblici (Poste, Ferrovie, Enel ecc.) dopo appena vent'anni di servizio. 

Il fenomeno delle "baby pensioni" si inserisce nel capitolo più ampio e generalizzato dell'aumento sistemico della spesa pubblica. Cito da un mio post in cui ne avevo già parlato: "A partire dal 1970 è scattato una specie di delirio collettivo che ha visto nella spesa pubblica fuori controllo un sistema gestionale che - si pensava - avrebbe alla lunga avuto ricadute positive sull'economia e sul welfare del paese (qui il craxismo ha avuto la parte del leone). Non solo da noi, certo; questa nuova religione della spesa aveva convertito quasi tutti i paesi europei, con la differenza che mentre in Europa la spesa pubblica raddoppiava, da noi quadruplicava. Nessuno esponente politico, destra o sinistra che fosse, si tirò fuori da questa follia collettiva. O meglio, quasi nessuno. E qui vale la pena citare due parlamentari di quegli anni: Beniamino Andreatta (Democrazia Cristiana) e Ugo La Malfa (partito Repubblicano). Furono gli unici due, in parlamento in quegli anni, a implorare che si fermasse quella follia collettiva perché "stiamo mettendo una bomba sotto il futuro delle prossime generazioni." Furono ascoltati? No, spernacchiati. Per cosa si spendevano questi soldi? In quali settori veniva convogliata la maggior parte della ricchezza prodotta dal boom economico degli anni Cinquanta e Sessanta? Nel consenso politico. Gran parte di questa ricchezza è stata usata ad esempio per mandare in pensione a quaranta o cinquant'anni i dipendenti pubblici di Poste, Ferrovie ecc. Io ti mando in pensione a quarant'anni e alle prossime elezioni mi voti (ho sintetizzato brutalmente ma è per rendere l'idea). In Italia, oggi, secondo i dati dell'Inps, abbiamo 400.000 pensionati che sono a riposo da 40 anni, e ben 1,7 milioni che lo sono da 30 anni. Avete presente cosa significa, no? Questo è uno dei tantissimi motivi per cui negli anni Ottanta si stava bene: perché si spendeva scriteriatamente accumulando quel debito che oggi è sulle nostre spalle e domani su quelle dei nostri figli."

Tutto questo per dare un'idea di come si sia arrivati a questo squilibrio e del perché oggi si tenda, coi vari ritocchini spacciati per riforme, a spostare sempre più in là il tempo di andare a riposo. Forse farei meglio a smettere di pensarci.

Vaccini a tutti

È passato abbastanza inosservato l'appello di Gordon Brown ai signori del G20, che si riuniscono a Roma in questi giorni, affinché i vaccini contro il covid siano distribuiti anche alla metà del mondo povera. L'Africa ha vaccinato il 5% della popolazione, Europa e America oltre il 70% e qua in Occidente siamo già alla somministrazione della terza dose. Come gli scienziati si sgolano a ripetere da tempo, non ha alcun senso vaccinare solo una parte del pianeta, perché nel frattempo il virus circola e sviluppa varianti nelle zone del mondo dove la copertura vaccinale è carente, varianti che poi arrivano qua e siamo punto e a capo. Se non si fa la cosiddetta "azione killer", che non è distribuire paternalisticamente qualche dose di vaccino rimasta alla parte povera del mondo, ma farlo arrivare a tutti il prima possibile, da questa pandemia non usciremo più.

Non stupisce, se ci si pensa, il poco risalto mediatico riservato all'appello dell'ex Primo ministro britannico; è un appello intelligente, e si sa che le considerazioni intelligenti non hanno mai goduto di buona stampa, sotto questi chiari di luna.

giovedì 28 ottobre 2021

Plastica

Ho letto in questi giorni un paio di articoli sul problema della plastica e del fatto che, probabilmente, se non si modifica il trend di utilizzo di questo derivato del petrolio, a breve il nostro pianeta ne sarà letteralmente sommerso, e noi con lui. Così, a sensazione, mi sembra che questo problema sia generalmente sottovalutato, come d'altra parte tendiamo sempre a sottovalutare le grandi questioni che pensiamo non ci riguardino personalmente. Diceva Telmo Pievani, in una sua conferenza di qualche tempo fa, che tenendo questi ritmi di utilizzo, entro il 2050 la massa totale della plastica presente nei mari avrà superato la massa totale di tutta la fauna ittica. In altre parole, ci sarà nei mari più plastica che pesce. I due articoli di cui parlavo sono qui e qui.

Voto segreto

Ai franchi tiratori che hanno contribuito ad affossare il ddl Zan preferisco i Salvini e i Pillon (e non sapete quanto mi costi dire 'sta cosa), che almeno, a differenza dei sepolcri imbiancati di cui sopra, dicono chiaramente come la pensano e votano di conseguenza. Personalmente sarei favorevole all'abolizione del voto segreto, sia alla Camera che al Senato. Non è consentito in nessuna delle due camere quando si tratta di votare leggi finanziarie o relative ad approvazione di bilanci, consuntivi e quant'altro, non si capisce perché sia consentito per le votazioni riguardo a temi etici o estensione di diritti. O forse, invece, si capisce fin troppo bene.

In ogni caso, le destre che esultano sguaiatamente in Senato per l'affossamento del ddl Zan danno perfettamente l'idea della distanza che separa governanti e governati. Come dice giustamente Giulio Cavalli, applaudire un mancato progresso sui diritti ha un nome: oscurantismo. Quell'oscurantismo grazie al quale si potrà tranquillamente continuare a urlare "froci" a due che si tengono per mano per strada senza timore di incorrere in grossi guai. D'altra parte, come la storia insegna, la destra è sempre stata sinonimo di negazione di diritti. 

martedì 26 ottobre 2021

Rasiglia e Foligno

Per una fortuita coincidenza, a me e signora è capitato qualche giorno di ferie, quindi ci apprestiamo ad andare via due o tre giorni. La mèta scelta è Rasiglia e dintorni. Rasiglia è un piccolo paesino vicino a Foligno, soprannominato la piccola Venezia umbra per via dei numerosi ruscelli che attraversano il piccolo borgo. Poi, naturalmente, visiteremo Foligno, che è lì a una manciata di chilometri, e poi boh... decideremo lì per lì cosa vedere e cosa visitare. Non abbiano pianificato niente di particolare, e comunque l'Umbria è tutta bella, per cui non ci si sbaglia. Aggiornerò questo post aggiungendo mano a mano alcune foto delle cose che vedremo, sperando che il tempo sia clemente. Le previsioni sono favorevoli; speriamo bene.

Primo giorno.

Prima fermata: Abbazia di Chiaravalle di Fiastra, nei pressi di Tolentino. 




Intanto, fuori, ottobre dà il meglio di sé.



E adesso si riparte. Destinazione: Foligno.

Tra i monumenti che a Foligno bisogna assolutamente visitare c'è Palazzo Trinci.



Palazzo Trinci, residenza della omonima famiglia che governò Foligno per tutto Trecento e metà del Quattrocento, ospita oggi la pinacoteca civica, il museo archeologico e un ciclo di affreschi del Quattrocento ad opera di Gentile da Fabriano. Alcune immagini dell'interno.







Nell'immagine qui di seguito si vede il Ponte sospeso, che collega Palazzo Trinci alla basilica di San Feliciano, patrono della città.


Piazza della Repubblica, cuore di Foligno, vista dall'interno di Palazzo Trinci.


Facciata della basilica di San Feliciano, purtroppo chiusa al pubblico per lavori. Peccato.


Qui di seguito, Palazzo comunale, risalente al XV secolo.


Altre due immagini del centro storico e dintorni.




Di solito non amo gli imbrattamenti fatti nei luoghi pubblici con le bombolette spray, ma a volte faccio delle eccezioni. 


E col grande Gino Strada, a cui qualcuno vorrebbe si dedicasse una via del centro storico di Foligno, si chiude questa bella e istruttiva giornata, che conferma, se mai ce ne fosse bisogno, quanto sia bella l'Umbria.

Secondo giorno.

La cosa più bella vista oggi è stato il paesino di Rasiglia, a una quindicina di chilometri da Foligno. È soprannominata la Venezia dell'Umbria a causa dei piccoli ruscelli che attraversano il centro della frazione. 
















Seconda tappa della giornata: Abbazia di Santa Croce di Sassovivo, un complesso benedettino fondato attorno all'anno mille alle pendici del monte Serrone.






E per finire, una puntata a Camerino e Norcia. 




Nelle due immagini qui sopra, una delle porte di accesso alla città. Come si vede, è puntellata e imbragata con tiranti in acciaio, in quanto a rischio crollo dopo il terremoto che colpì il centro Italia nel 2016. Camerino è oggi un paese fantasma: non ci sono abitanti, non ci sono attività, servizi. Nella piazza principale del paese staziona una camionetta dell'esercito, con alcuni soldati che controllano che eventuali visitatori non valichino la zona rossa. C'è un silenzio assoluto, le vetrine di quelli che una volta erano negozi sono impolverate e ricoperte di sporco. La maggior parte di case e palazzi sono imbragate con gabbie di acciaio tenute insieme da tiranti, tantissime sono puntellate. Girare per il centro storico e per le vie adiacenti è un'esperienza abbastanza inquietante.

Norcia, invece, nonostante la presenza di qualche zona rossa è una città più viva, dove resistono alcune attività e dove gli abitanti ci sono ancora. Molti edifici sono stati restaurati, molti altri, a distanza di cinque anni dal terremoto, sono ancora in alto mare, come ad esempio la cattedrale di San Benedetto da Norcia, che crollò quasi completamente.


Altre immagini della zona del centro storico.




Il negozio che vedete qui sopra è la norcineria dei fratelli Ansuini, uno degli esercizi ancora attivi nel centro del paese. Entrare qui dentro è una delizia per gli occhi e per l'olfatto. Se esiste un paradiso dei prodotti del maiale e del cinghiale, sicuramente ha le sembianze di questo negozio. 

Anche oggi giornata piena, interessante e, soprattutto, soleggiata. Domani si rientra a casa, non prima, però, di aver fatto qualche fermata in qualche altro bel posto sulla via del ritorno.

Cosa siamo e cosa abbiamo fatto

Se saltate agli ultimi dieci minuti (ma la lezione è interessantissima nel suo complesso), più o meno dal minuto 50 fino alla fine, ascolterete Pievani dire alcune cose particolarmente interessanti a proposito di globalizzazione. Dal fenomeno della globalizzazione, e in particolare dalle tre ragioni principali che portano i vari movimenti no-global a scendere in piazza e protestare contro di essa, il filosofo-scienziato prende poi lo spunto per collegarsi, seguendo un certo ragionamento, alle estinzioni di massa che si sono succedute nel corso della storia della vita. 

Le estinzioni di massa sono eventi caratterizzati dal fatto che in brevissimo tempo una grandissima quantità di specie, sia animali che vegetali, spariscono, si estinguono. L'esempio classico che si fa sempre in questi casi è la scomparsa dei dinosauri una sessantina di milioni di anni fa a causa del famoso meteorite che precipitò in quella zona in cui oggi si trova il Messico. Bene. Noi Homo sapiens siamo a nostra volta una causa di estinzione di massa, siamo un po' come quel meteorite. Da quando, circa novemila anni fa, abbiamo inventato l'agricoltura, siamo stati infatti direttamente responsabili dell'estinzione di quasi metà delle forme di vita presenti sul pianeta, e siamo inoltre la prima e unica specie apparsa sulla Terra che potrebbe volontariamente porre fine a sé stessa, semplicemente utilizzando il potenziale distruttivo dell'immenso arsenale a sua disposizione. Non sarebbe la fine della vita, la vita continuerebbe comunque e si svilupperebbe in altre forme e in altre storie. Sarebbe la nostra fine, e magari il pianeta si sarebbe tolto un fastidioso inciampo.

Valentino e l'evasione

Nel weekend che si è appena chiuso, qua a Misano si è celebrato l'addio allo sport di Valentino Rossi. Grandi festeggiamenti, ovazioni, sfilate e quant'altro. Nel 2007, dopo aver spostato la sua residenza a Londra, il fisco italiano contestò al campione pesarese una multa di 100 milioni di euro per evasione fiscale, per non aver dichiarato 60 milioni di euro guadagnati tra il 2000 e il 2004. Alla fine, dopo lunghe contrattazioni tra i suoi avvocati e l'Agenzia delle entrate, il pilota di Tavullia riuscì a ottenere di regolarizzare la sua posizione pagando 35 milioni invece degli oltre 100 iniziali (la cifra esatta che avrebbe dovuto pagare era 112 milioni). Gli fu anche accordato di poter versare la cifra in comode rate, un po' come la Lega coi suoi 89 milioni (vedi mai che avesse qualche difficoltà a restituirli in un'unica soluzione). Insomma, pagando un terzo di quanto dovuto, il pilota si rifece una sua verginità. 

Ma non si dica che il fisco fa discriminazioni tra cittadini di serie a e serie b. Un paio di settimane fa mi è arrivata a casa una multa di 63 euro per un divieto di sosta, e siccome l'ho pagata entro cinque giorni dalla notifica, ho avuto anche io un piccolo sconticino.

Dracula


Ho terminato il celebre romanzo di Bram Stoker, il capostipite che ha ispirato centinaia di film, libri, fumetti, videogiochi, musical e chi più ne ha, più ne metta. Mi ha catturato fin dalle prime pagine, un po' per la sua struttura epistolare, un po' per la trama avvincente, ma soprattutto per le descrizioni dei luoghi e dei personaggi che i protagonisti incontrano durante il viaggio che affrontano partendo da Londra per inseguire fin nella sua "tana" uno dei "conti" più famosi della letteratura mondiale.

Il romanzo, pur essendo stato scritto alla fine dell'Ottocento, mi pare denoti una certa modernità, molto lontana dai canoni classici del romanzo epistolare dell'epoca. In molte pagine, ad esempio, si trovano le trascrizioni dei resoconti fonografici del dottor Seward. Senza contare poi gli estratti da articoli di quotidiani dell'epoca. La struttura epistolare e in forma di diario dell'intera opera, poi, aggiunge quel di più che fa dell'opera un classico. Raccontare gli avvenimenti in forma di epistole e pagine di diario, infatti, non si limita a mettere al corrente il lettore circa i fatti e le vicende che compongono la storia, ma permette di venire a conoscenza in maniera approfondita delle personalità degli scriventi, cosicché i vari Wilhelmina "Mina" Murray, Jonathan Harker e John "Jack" Seward non hanno più segreti caratteriali.

Notevole, in aggiunta, la capacità dello scrittore di non cedere ai facili stilemi del "grandguignolesco" e dello splatter per descrivere l'orrore, ma di farne percepire la presenza attraverso atmosfere angoscianti ed emozioni, a differenza di quanto accade con autori contemporanei come Stephen King e altri, che in certe loro opere non lesinano certo sulla cruda descrizione dell'orrore.

A proposito di King, la seconda parte del romanzo, più o meno in coincidenza dell'inizio dell'inseguimento per tutta Europa del conte Dracula da parte dei protagonisti, mi ha ricordato a più riprese il celeberrimo It dello scrittore di Portland. Certo, sono due romanzi e due stili diversi (tranne forse nella corposità). Dracula è un romanzo corale, It è sì anche lui corale ma è soprattutto un romanzo di formazione. Tuttavia questo aggregarsi di personaggi per distruggere definitivamente una incarnazione del male, il pagliaccio assassino nel caso di It, il vampiro nel caso di Dracula, mi pare sia una peculiarità che li accomuna.

Ero partito un po' titubante, a dire il vero, si è invece rivelato uno dei libri più belli letti finora quest'anno.

Semestre bianco

Se potessi, ma non posso, farei come Corrado: sei mesi di lavoro e sei mesi a casa. Ma non posso, purtroppo. Ciò che mi ha colpito della sua lettera è il rendersi conto che viviamo in una società troppo veloce, una società che impone all'uomo ritmi diversi da quelli che gli sono propri, e chi oggi ha la possibilità di poterli recuperare, probabilmente non si rende conto della fortuna che ha. 

Scrive Corrado: "Ho quanto mi basta per vivere, esattamente come dici tu. Buona parte del mio stipendio è sostituita dal tempo. Quello stesso tempo che non tornerà e che, per quelli come me, ha un valore non quantificabile in denaro. Il tempo per me non è denaro, è fare ciò che più mi piace. È vero, si rinuncia a qualcosa, si spende meno. Ma ha poi così tanto senso lavorare per spendere?"

No, non ne ha, ma a volte, purtroppo, non si può fare diversamente, e non possiamo rimproverare nessuno eccetto noi stessi per questo, perché i criteri con cui abbiamo definito la società e instaurato le condizioni per poterci vivere non sono piovuti dal cielo come entità immutabili imposte da un ente superiore, ma li abbiamo scelti noi.

sabato 23 ottobre 2021

Alec Baldwin

Leggo di sfuggita dell'incidente cinematografico capitato ad Alec Baldwin e penso alla tragica ironia insita nel fatto che là le armi non uccidono solo nella realtà quotidiana, nella vita normale di tutti i giorni, e tanto, ma uccidono anche nella finzione. È come se dicessero: facciamo talmente tanti danni, siamo talmente pervasive nella società americana, l'ultimo paese moderno a non riuscire a recidere il suo atavico legame col bisogno di sparare, che non va bene che ci sia un ambito, quello appunto della finzione cinematografica, in cui non possiamo lasciare il nostro zampino di morte.

Cattelan e Van Loon

Sull'inserto Tuttolibri de La Stampa, c'è stamattina un'intervista ad Alessandro Cattelan, che finora conoscevo vagamente solo per averlo sentito nominare qua e là per qualche motivo. Si parla di libri, naturalmente, e alla domanda se Cattelan sia mai stato sedotto da un libro, questi risponde: "La storia dell'umanità, di Henrick Willem van Loon, un libro che parla di tutta la storia dell'umanità. Il libro è stato anche aggiornato dal figlio."

Nel leggere il nome Van Loon mi si è smosso qualcosa nella memoria. Dove ho già sentito questo nome? A che proposito? Ma lì per lì non sono riuscito a stabilire il collegamento, quindi sono passato oltre e ho continuato a sfogliare le pagine. Poi, all'improvviso, quando ho aperto la pagina dei necrologi (coincidenza?) la folgorazione: Van Loon è il titolo di una bellissima e struggente canzone che Guccini dedicò al padre, padre che era appassionato di libri e in particolare di Henrick Willem van Loon. 

Scriverà Guccini a proposito di questa canzone: "Van Loon è dedicata a mio padre, che leggeva le opere di questo Piero Angela dei suoi tempi, cioè gli anni '30. Van Loon era un olandese (o un fiammingo, non ricordo bene) divulgatore di storia, geografia e umanità varia, i cui scritti si trovavano di frequente nelle case di chi, come mio padre, aveva molti interessi ma non aveva avuto l'occasione e i soldi per studiare. Una canzone molto intensa che ho provato più volte a inserire nella scaletta dei miei concerti. La provo e poi sono costretto a rimetterla via. Non riesco a farla senza star male e piangere, perché, nel frattempo, mio padre è morto." (da Wikipedia)

A volte rimango ancora stupito dalla capacità della memoria, anche della memoria di uno ormai anzianotto come lo scrivente, di stabilire collegamenti temporali e percorsi mentali partendo semplicemente da un nome letto per caso.

venerdì 22 ottobre 2021

Morta a causa del vaccino

Camilla, la ragazza di Sestri Levante deceduta a inizio giugno, balzata alle cronache per la presunta correlazione tra la morte e il vaccino anti-covid appena ricevuto, secondo i risultati delle perizie mediche è effettivamente morta a causa degli effetti collaterali di quest'ultimo, come scrivono il medico legale e l'ematologo nella perizia effettuata e consegnata ai pubblici ministeri che indagano sulla vicenda. Non c'è molto da aggiungere. Purtroppo può succedere, anche se in qui Italia credo sia il primo caso di cui sia stata effettivamente accertata la correlazione.

La cosa che mi ha un po' stupito è il poco rilievo che mi sembra sia stato dato alla vicenda. Abbiamo avuto mesi di terrorismo mediatico in cui ogni persona che moriva, per qualsiasi motivo, veniva collegata senza alcuna prova alla somministrazione del vaccino anti-covid, e ora che si presenta un caso in cui questa correlazione è accertata, la cosa viene quasi ignorata. Che tutto sommato va anche bene, dal momento che la triste vicenda darà sicuramente nuova linfa ai deliri della variegata galassia dei novax.

Al netto della triste vicenda, e giusto per non dare adito a dubbi, va rimarcato che i vaccini sono a tutt'oggi una delle armi fondamentali per contenere e, si spera, debellare una volta per tutte l'epidemia. Lo provano tutti i numeri, le statistiche e ogni dato empirico disponibile. Basta guardarli e saperli leggere. 

Passeggiata nel grigio

Stamattina è piovuto e secondo le previsioni sarebbe dovuto piovere per l'intera giornata. Invece poco fa ha smesso e, complice la giornata completamente e inaspettatamente libera (mi è stato "imposto" senza preavviso un giorno di ferie), ne ho approfittato per uscire a fare una delle mie solite passeggiate qua in collina. Sono stato indeciso se prendere con me l'ombrello, perché la minaccia della pioggia era comunque credibile, poi alla fine non l'ho preso, memore anche del fatto che una volta mi fu detto, da un altro camminatore incontrato sulla via, che "andare a camminare con l'ombrello porta sfiga". Sia mai che io voglia offrire il destro a colei che ci vede benissimo :-)

In effetti mi è andata bene e sono riuscito ad andare e tornare senza beccarmi una goccia di pioggia. Anche se la giornata non è granché, ho fatto qualche foto.



Come si vede, oggi domina il grigio. Nelle giornate terse, dalla cima della collina su cui c'è palazzo Marcosanti è possibile vedere San Marino e il tratto di costa che va da Cesenatico a Rimini. Oggi, solo nebbia e foschia. Però ci sono i colori di ottobre, che sono sempre bellissimi.


Poco prima di arrivare a casa ho incontrato una strana creatura che mi ha osservato a lungo con sguardo interrogativo :-) 

Mi sono fermato a osservarlo. Di solito i gatti scappano via quando mi vedono (come non comprenderli?); questo, invece, se ne è rimasto fermo al suo posto anche quando mi sono avvicinato per accarezzarlo. Chissà, magari domani, quando ripasserò, sarà ancora lì :-)