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sabato 30 ottobre 2021

Il buon Biden può fare la comunione (e anche Berlusconi)

Bergoglio e Biden si sono incontrati, ieri, e nei novanta minuti di chiacchierata è stato sciolto, tra gli altri, il doloroso nodo riguardante l'accesso al sacramento della comunione da parte del presidente USA. Bergoglio, alla fine, ha confermato che sì, si può fare, e Biden, tutto contento, a favore di telecamere ha dichiarato che per il papa è un buon cattolico e può quindi continuare a ricevere il sacramento. D'altra parte, qualche tempo fa fu lo stesso papa Francesco a dichiarare che lui la comunione non l'ha mai negata a nessuno, ed era francamente difficile ipotizzare che potesse interrompere la consolidata consuetudine cominciando proprio da un presidente degli Stati Uniti. Sarebbe difficile anche immaginare la scena: l'incontro, le strette di mano, gli abbracci, le foto, lo scambio dei regali, i convenevoli di rito, le chiacchiere e poi zac: no, tu la comunione non la puoi fare! Alla fine, come da prassi consolidata ad ogni latitudine del globo, la realpolitik ha avuto la meglio. E poi ormai si sa, papa Ciccio è uno di larghe vedute, ha approcci tendenzialmente progressisti alle umane vicende, quindi la controversia non poteva che avere questo esito. Se al suo posto ci fosse stato uno più reazionario, tipo il suo predecessore Ratzinger, o addirittura un Wojtyla, l'assoluzione non sarebbe forse stata così scontata.

La faccenda della comunione al cattolico Biden è cominciata all'inizio dell'estate, quando l'ala più conservatrice della chiesa cattolica americana approvò a larga maggioranza un documento sulla "coerenza eucaristica" in cui si chiedeva la scomunica del neoeletto presidente americano a causa delle sue posizioni a favore del diritto all'aborto. La faccenda fece parecchio rumore e irritò pure le alte gerarchie vaticane qua in Italia, le quali, senza troppi giri di parole, intimarono ai prelati USA di chiuderla lì e poche storie. Ieri il papa ha messo definitivamente la parola fine alla vicenda, con buona pace dei prelati oltranzisti americani. C'è da dire che la spaccatura nella chiesa americana sugli atteggiamenti da assumere nei confronti dei politici favorevoli all'aborto non nasce con l'arrivo di Biden ma ha radici piuttosto antiche. Nel 2009, ad esempio, fu negata la comunione a Patrick Kennedy, deputato democratico e nipote del più noto JFK, sempre a causa delle sue posizioni pro-aborto.

Ma la comunione non crea problemi solo ai politici e ai presidenti americani, ma anche nostrani. Nel 2010, ad esempio, in occasione dei funerali di Raimondo Vianello il povero Silvio Berlusconi si lagnò pubblicamente col vescovo di Tempio Pausania a causa del divieto di poter accostarsi al sacramento in quanto divorziato, e chiese al prelato sardo di intercedere presso il papa affinché si ponesse fine a questo incomprensibile divieto. Il problema è che all'epoca al soglio pontificio non c'era quel bonaccione di Bergoglio, che - dice - non ha mai negato la comunione a nessuno, ma c'era Benedetto XVI, il pastore tedesco. Tutt'altra pasta. Non è dato sapere se il povero vescovo si avventurò nella mission impossible di intercedere per Berlusconi presso Ratzinger, ma si può ipotizzare cosa gli avrebbe risposto Ratzinger, conoscendolo. Berlusconi, notoriamente refrattario all'osservanza di ogni regola (figurarsi quelle religiose), si presentò quindi al funerale di Raimondo Vianello e si mise in fila come tutti per la comunione. Il povero don Walter se lo trovò davanti e gliela diede. La cosa mandò su tutte le furie i divorziati cattolici di tutta Italia, naturalmente, i quali si chiesero perché lui sì e loro no. Risposta ovvia: lui era Berlusconi e loro no. Il povero prete, assediato dalle polemiche, si difese come poté: "Me lo sono trovato davanti, cosa dovevo fare?" Diciamo che anche qui ha vinto la realpolitik.

Tornando a Biden e ai suoi problemi con la comunione, c'è da tenere in considerazione che tra una quindicina di giorni si riunirà la conferenza episcopale degli USA per decidere, tra le altre cose, come comportarsi nei confronti dei cosiddetti politici "pro-choice", e qui dovrà decidere se sconfessare la sue posizioni o sconfessare il papa, oppure riuscire in qualche modo dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Visto l'andazzo, alla fine anche qui è probabile che avrà la meglio la realpolitik.

14 commenti:

  1. Io ho sofferto molto per non poter prendere la comunione, ero separata, ora sono vedova, ma credo che avrei ugualmente problemi a giudizio di qualche prete.
    Quando mi sono occupata di mia nonna pre tre anni, avevo già mia madre ammalata (mio padre era mancato e si era consumata la vicenda doloroso del mio ex marito) ci sono state persone con lo stesso vincolo di parentela verso l'inferma che non hanno mosso un dito, nondimeno hanno sempre potuto accedere ai sacramenti.
    Quindi fregarsene di una nonna inferma non è un peccato. Sarà una virtù?
    Nel frattempo il mio 8 per mille ha preso una destinazione meno ipocrita.
    Vado molto meno in chiesa, comunque sempre distinguendo i servi dal Padrone di Casa.

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    1. Non sono esperto fino a questo punto di regolamenti riguardanti la dottrina cattolica, ma, a naso, mi verrebbe da dire che con la condizione di vedovanza il divieto venga a cadere. Però, ripeto, è un'ipotesi.

      Per quanto riguarda l'8x1000, il mio lo do da molti anni ai Valdesi, l'unico modo per essere realmente sicuro che non vada alla chiesa cattolica.

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    2. Si, però poi subentrano altre cose, sempre con molta ipocrisia.

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  2. Fantastico.
    Non sapevo nulla della vicenda accaduta al funerale di Raimondo Vianello.
    Scriverò una lettera a Berlusconi e gli dirò che se ci tiene, faccio una scorta di ostie e gli cedo le mie. :P

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    1. Occhio a scherzarci su: potrebbe anche accettare, conoscendolo :-)

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    2. Ahahaha
      Quasi quasi ne faccio un business. Lui potrebbe essere il mio primo cliente.

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  3. Non sto a dire della comunione ai potenti perchè mi disgusta ma tengo a precisare che al fatto della cominione al b. chiacchieratissimo il papa era Ratzinger.
    La posizione di Papa Francesco non è facile e non ha tutto quel potere che gli si attribuisce per via delle lotte interne che tendono a mantenere un passato anacronistico. La chiesa, per come la penso, è diventata un organo politico a cui lui tenta di attribuire il significato originario che dovrebbe avere.
    Appena eletto disse pubblicamente, a chi gli chiedeva come si sarebbe regolato con le problematiche di genere, "chi sono io per giudicare?" Questo mi aveva fatto credere che sì, le regole ci sono, debbono esserci, ma che ognuno deve essere responsabile delle scelte fatte... intendeva sottolineare quanto fosse indispensabile educare le coscienze... un progetto rivoluzionario (utopistico) che non credo sarebbe piaciuto a nessuno dei "suoi". Credo gli piaccia ancora questa idea che ogni tanto trapela ma non è libero di attuarla perchè i tempi non sono maturi e forse mai lo saranno.
    Ciao Andrea.

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    1. Sì, al tempo dei fatti di B. il papa era Ratzinger, come ho scritto nel post.

      Per quanto riguarda la chiesa, per come la vedo io è sempre stata un organo politico, fin dalla sua fondazione. La religione è una cosa, la spiritualità un'altra, ed è molto difficile che i due aspetti possano andare a braccetto, se non operando delle forzature semantiche e concettuali. Sara, qui sopra, credo abbia voluto dire questo quando ha scritto della distinzione tra servi e Padrone di casa. D'altra parte fu lo stesso cardinal Marcinkus, anni fa, a dire che non si può pretendere di governare la chiesa con le Ave Maria. La struttura della chiesa è fatta di gerarchie, liturgie, riti, regole, tutte cose ascrivibili a contesti di tipo sociale, politico, non certo spirituale. Poi, certo, è logico che una grande religione organizzata e strutturata, come appunto il cristianesimo, per stare in piedi abbia bisogno di leggi codificate, di punti di indirizzo, di insegnamenti che regolino i comportamenti di chi aderisce ad essa, ed è appunto mettere insieme queste cose con la spiritualità che crea i problemi.

      Papa Francesco fa quello che può, e cerca nei limiti del possibile di mediare tra la componente più reazionaria del cattolicesimo e la componente più progressista, e non è cosa facile. Una certa agevolazione in questo compito credo gli venga dato dal lassismo con cui certi dettami della dottrina cattolica sono interpretati a più o meno libero piacimento. La frase di cui parli, "chi sono io per giudicare?", che disse pronunciandosi sul "problema" dell'omosessualità, di per sé è una frase piuttosto ad effetto che dà l'idea di una certa tolleranza e apertura nei confronti dell'omosessualità, di una rottura col passato, ma al lato pratico è comunque una posizione che lascia il tempo che trova, perché per il catechismo ufficiale della chiesa cattolica l'omosessualità è un peccato grave che ti garantisce il passaporto per l'inferno. Come la mettiamo, quindi? Ha valore ciò che dice il papa o ha valore ciò che dice la dottrina? Perché è palese che le due cose non stanno insieme.

      Tra l'altro, poi, riguardo alla questione dell'inferno, fu Wojtyla stesso a dire che in realtà è fatto più di "un'interiore inestinguibile infelicità che di fuoco e fiamme", è un luogo dello spirito più che un luogo fisico. C'è una bella differenza, mi pare, tra le due cose; senza contare che se questa cosa dell'inferno come forma di infelicità fosse stata detta subito, fin dall'inizio, l'umanità si sarebbe risparmiata duemila anni della più potente macchina di controllo e dominazione di massa della sua storia.

      Tutto questo, in definitiva, per dire che il compito del papa di tenere insieme le varie anime del gregge è da una parte sì gravoso, ma dall'altra anche agevolato dall'elasticità con cui i dettami possono essere inquadrati.

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  4. Risposte
    1. Non so come ma penso che quel che scrivi non sia in contrasto con quel che ho detto, pur con animo diverso.
      Grazie. Ciao.

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    2. No, forse no, ma anche se fosse non ci sarebbe niente di male, no?
      Ciao.

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    3. Assolutamente no. Amo il confronto e farlo con un rispettoso come te è utile.
      Ciao!

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  5. Non è un problema mio perchè anche se non sono separata è dal tempo della prima comunione che non la faccio.

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    1. Io ho smesso più tardi, verso i diciotto anni, più o meno in concomitanza col mio avvicinamento ai libri.

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