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lunedì 31 agosto 2009

Testamento biologico, il Vaticano richiama i preti ribelli

La Chiesa, si sa, su testamento biologico e temi etici in generale ha una propria visione, che personalmente non mi trova d'accordo per niente, come ho già scritto svariate volte in queste pagine, ma che è comunque, almeno dal suo punto di vista, più che legittima. La visione per così dire laica della questione testamento biologico, quella che in sostanza appoggia la libertà dell'individuo di poter scegliere come morire e si oppone al cosiddetto "sondino di stato", gode però di un certo appoggio anche tra alcuni fedeli e sacerdoti. E questo non va bene, almeno alle alte gerarchie ecclesiastiche.

E' di queste ore infatti la notizia che il Vaticano ha censurato 41 tra sacerdoti e religiosi firmatari di un appello in tal senso. A rivelarlo è adistaonline.it, che proprio oggi dà notizia di questa inizativa censoria del Vaticano nei confronti dell'appello sulla libertà del fine-vita lanciato alcuni mesi fa, in concomitanza con la vicenda Englaro, da Micromega.

Ad agosto – riferiscono ad Adista fonti vaticane – sarebbe infatti partita dalla Congregazione per la Dottrina della Fede una lettera indirizzata ai vescovi diocesani e ai superiori provinciali dei 41 preti e religiosi contenente un ordine preciso: convocare i sacerdoti per richiamarli all’ordine ed eventualmente punirli. La libertà di pensiero e di espressione, secondo la Santa Sede, la colpa dei firmatari che avrebbero dato la loro adesione ad un testo giudicato contrario alla dottrina cattolica, dal momento che ammette la possibilità di rifiutare alimentazione e idratazione. L’aggravante è che il testo è stato pubblicato su MicroMega, cioè una rivista in ritenuta in Vaticano laicista ed anticlericale. (fonte)

L'appello a cui fa riferimento adistaonline.it è ancora consultabile in questa pagina di Micromega, e in calce allo stesso potete leggere i nomi dei religiosi firmatari. Pare - scrive Micromega - che le lettere siano in viaggio e prossime a essere recapitate ai destinatari, i quali dovranno decidere come comportarsi e che provvedimenti adottare nei confronti dei religiosi ribelli che non si riconoscono, perlomeno in questi temi, nei dettami della Chiesa.

Ora, ognuno è libero di pensarla come vuole, per carità, ma a me l'idea che nel terzo millennio ci sia ancora una Chiesa che utilizza parole come "richiamo all'ordine", "punizione" nei confronti di suoi sottoposti che magari non si riconoscono in alcune sue direttive, dà un po' i brividi.

Scontrini diversi a seconda di chi si presenta alla cassa

Esistono veramente in certe zone d'Italia esercizi commerciali (bar, ristoranti, ecc...) che lavorano col sistema del doppio scontrino? Quello che finora era più che altro solamente ipotizzato, ha trovato conferma a Milano, dove i cosiddetti "furbetti del barettino" userebbero con una certa frequenza questo sistema per spennare i turisti.

L'esperimento l'hanno fatto due giornalisti di Repubblica girando per alcuni bar di Milano. Ecco parte del loro racconto:

In due, ci siamo seduti in tavolini diversi del medesimo bar consumando le stesse, identiche cose: una con la piantina di Milano alla mano, una rivista francese e un inglese sicuro; l’altro con un quotidiano italiano, il casco e l’aria da milanese rimasto in città a lavorare. Il risultato? Tra spremute d’arancia, caffè, acqua minerale, toast e gelati in quattro locali su dieci la “turista” ha pagato molto di più, in un paio di casi addirittura il doppio. In altri tre casi, il conto era lo stesso, ma alla “straniera” non è stato consegnato lo scontrino fiscale.

Ed ecco qui sotto il raffronto di uno degli scontrini emessi (le immagini degli altri le trovate qui):


Ora, forse ricorderete che durante l'estate sono spesso balzati all'onore della cronaca episodi riconducibili a questo accaduti in varie parti d'Italia, tipo ad esempio i due turisti giapponesi che a Roma hanno pagato più di 500 euro per un pranzo in un noto ristorante - del caso si interessò pure il ministro Brambilla.

Ecco, non mi pare che, come italiani, da episodi come questi ne usciamo bene.

La solidarietà tutta italiana dei giornali

Non mi pare ci sia molto da aggiungere sulla querela per diffamazione che Berlusconi ha intentato contro Repubblica - quel poco che dovevo dire l'ho già detto qui. C'è però in questa vicenda un fatto piuttosto interessante che mi pare in pochi abbiano notato: nessun quotidiano italiano si è sentito in dovere di solidarizzare con Repubblica. Me ne sono accorto ieri mattina, in agenzia, mentre passavo velocemente in rassegna i quotidiani che stavano per uscire in edicola. E la conferma l'ho avuta una volta a casa spulciando le relative versioni online.

Intendiamoci, la notizia ha fatto un certo scalpore (almeno quello) ed è stata riportata in maniera piuttosto vistosa da tutti i quotidiani, ma è stato un riportare e basta, quasi si fosse obbligati perché non si poteva fare diversamente. Non c'è stato nessun giornale che abbia sentito la necessità di scrivere un articolo, o magari un breve editoriale, o anche solo un trafiletto tipo "la redazione del quotidiano tal dei tali è solidale con Repubblica". Niente, sembra quasi che il fatto che un capo di governo denunci un quotidiano per il solo fatto di aver fatto il suo mestiere, e cioè delle domande, appartenga all'ordine naturale delle cose.

Questo fatto la dice lunga sul livello a cui è giunta la nostra informazione - cosa peraltro già certificata da tempo da autorevoli organismi internazionali - e chiunque se n'è potuto rendere conto di persona ad esempio durante i giorni "caldi" degli scandali Noemi, escort, e festini vari a Villa Certosa: per aggirare la censura che si sono autoimposti la maggior parte dei giornali e telegiornali nostrani (esemplare quella del tg1) bisognava paradossalmente spulciare la stampa estera. In pratica in tutto il mondo si parlava di queste cose tranne che da noi, se si esclude l'eccezione di Repubblica (guarda caso querelata) e pochi cani sciolti. Adesso la cosa si ripete. Il servizio di SkyTg24 che trovate qui sotto è stato pubblicato sabato, e mostra il modo in cui i media stranieri hanno reagito alla notizia della querela nei confronti di Repubblica. Media stranieri, non italiani, alcuni dei quali, per dimostrare la loro solidarietà a Repubblica, hanno addirittura ripubblicato le famose 10 domande che sono costate la denuncia al quotidiano italiano.

E tutto questo per un motivo molto semplice: nei paesi normali è considerato perfettamente normale, e non un atto eversivo, il fatto che la stampa faccia domande.

domenica 30 agosto 2009

Animal instinct

E' da un po' di anni che Dolores O'Riordan & c. non si fanno più sentire. Dolores, anche se non in maniera ufficiale, ha infatti lasciato la band nel 2003 per intraprendere la carriera solista, anche se voci sempre più insistenti danno come imminente una reunion, e da allora la band è praticamente ferma.

La canzone qui sotto, "Animal Instinct", è dedicata a tutte le mamme, specialmente quelle che sanno cosa vuol dire combattere per i figli.

Buona domenica.

sabato 29 agosto 2009

Chiarimenti in vista

Questa segnatevela:

"Ci andiamo per ricordare che la nostra matrice e' cristiana e cattolica. La Lega e' l'unico partito che veramente ha radici cristiane".

(Calderoli e Bossi in procinto - dicono loro - di recarsi in Vaticano)

Libero Grassi
















Ci ricordiamo di tante cose, più o meno utili e più o meno importanti. E ascoltiamo spesso proclami roboanti di politici intenti a darci da intendere che assesteranno il colpo definitivo alla mafia e alla criminalità.

Il 29 agosto del 1991 moriva una di quelle persone che la mafia non la combatteva coi proclami, ma coi fatti.

La giornata più calda dell'informazione (o di quel che ne resta)

In attesa che la cronaca quotidiana, in particolar modo quella che ci propina la stampa e la tv, dimentichi di essere in agosto e cominci a raccontarci cose che ci servono, tipo ad esempio cosa pensa di fare il governo in vista dell'imminente autunno, che sul fronte occupazionale e economico non sembra offrire grossi motivi di ottimismo, ci tocca continuare ad occuparci di gossip ferragostano, anche se ferragosto è ormai definitivamente alle spalle.

In verità non si tratta di gossip vero e proprio. Quello che è successo ieri, infatti, è qualcosa di peggiore del gossip, di ancora più nefasto. Si tratta probabilmente dell'atto finale di una guerra aperta che si trascina da tempo tra il presidente del Consiglio e il suo seguito e l'informazione, o almeno una certo tipo di informazione, quella che da alcuni illustri esponenti politici e della carta stampata (perlopiù entrambi filogovernativi) viene definita "informazione dal buco della serratura" . Ma cos'è successo di preciso ieri? Vediamo di riassumere un po', anche se al momento in cui scrivo la situazione è ancora in evoluzione.

Principalmente, i fatti degni di nota sono due. Il primo riguarda il quotidiano Il Giornale, uno dei principali organi di informazione più marcatamente filogovernativi (il proprietario è fratello dell'attuale presidente del Consiglio). Ieri mattina, il suddetto quotidiano se n'è uscito con un articolo in prima pagina in cui il neodirettore, Vittorio Feltri, ha pubblicato stralci di una sentenza di condanna per molestie a carico dell'attuale direttore dell'Avvenire, il quotidiano ufficiale della CEI. Perché la decisione di rendere pubblica questa vicenda che risale al 2002? Vedremo, ma intanto qui c'è già da segnalare un fatto piuttosto interessante. Nell'articolo citato si legge (il neretto è mio):

«Articolo 660 del Codice penale, molestia alle persone. Condanna originata da più comportamenti posti in essere dal dottor Dino Boffo dall’ottobre del 2001 al gennaio 2002, mese quest’ultimo nel quale, a seguito di intercettazioni telefoniche disposte dall’autorità giudiziaria, si è constatato il reato».

Se la memoria non mi inganna, e ancora state sicuri che non lo fa, Il Giornale è sempre stato uno dei quotidiani che in misura maggiore ha cavalcato la battaglia contro l'abuso (presunto) delle famigerate intercettazioni telefoniche. Voi sapete che è all'esame del Parlamento - verrà ripreso in autunno - il famoso ddl intercettazioni, quello che tra le altre cose prevede appunto forti limitazioni all'uso di questo strumento di indagine, ufficalmente - dicono loro - per tutelare meglio la privacy degli italiani. In appoggio a questa campagna di delegittimazione delle suddette intercettazioni, Il Giornale non ha esitato in passato a pubblicare articoli tipo questo, secondo cui gran parte degli italiani sarebbe vittima di una sorta di "grande orecchio" che evidentemente non ha niente di meglio da fare che ascoltare le loro chiacchierate al telefono. Ecco, oggi queste maledette intercettazioni, che sono evidentemente all'origine di tutti i mali che affliggono il nostro paese, vengono utilizzate dallo stesso organo di informazione che, guarda un po', fino a ieri le ha demonizzate. Evidentemente quando servono servono.

Ma torniamo al quesito precedente: perché Feltri ha deciso di pubblicare questo articolo? Beh, qui ovviamente si tratta di un'impressione mia, personale, in base alla quale l'iniziativa del nuovo direttore de Il Giornale si inserisce in quella che si potrebbe definire una nuova strategia comunicativa: dimostrare che "così fan tutti". Voi sapete che l'Avvenire, quotidiano di cui Boffo è attualmente direttore, pur senza esagerare è stato tra i giornali più critici verso il premier e le sue vicende private (Noemi, escort, festini, ecc...), ha insomma rinfacciato spesso a Berlusconi la poca moralità della sua condotta. Ecco, se vogliamo fare due più due sembrerebbe quasi che Il Giornale voglia dire: chi è Boffo per fare la morale a Berlusconi? Se a questo si aggiunge che da un certo periodo di tempo i principali house organ di governo stanno conducendo una campagna piuttosto aggressiva contro le presunte evasioni fiscali di Agnelli, verrebbe spontaneo pensare quanto scrivevo sopra: su moralità (sessuale e fiscale) nessuno ha le carte in regola per attaccare il premier. Una sorta di "Muoia Sansone con tutti i Filistei", insomma. Da registrare, a margine, che lo stesso presidente del Consiglio si è dissociato da questo articolo di Feltri, che, per sua stessa ammissione, ha contribuito a mandare a ramengo pure l'agognato incontro di Berlusconi con le alte gerarchie vaticane previsto ieri a L'Aquila.

L'altro fatto di una certa rilevanza accaduto ieri, è stato la querela per diffamazione presentata da Belusconi nei confronti di Repubblica. O meglio, nei confronti delle ormai famose 10 domande che dalla primavera scorsa il quotidiano di De Benedetti rivolge a Berlusconi. Qui, non mi ha lasciato perplesso tanto la querela, che bene o male forse quelli di Repubblica l'avevano messa in conto, quanto il fatto che il quotidiano sia stato querelato per delle domande e non delle affermazioni. Io ovviamente non sono esperto di queste cose, ma non sapevo che una domanda potesse essere veicolo di diffamazione. Ciò significa che se io dico ad esempio "lei, Pinco Pallino, ha avuto frequentazioni omosessuali!" equivale a dire "Lei, Pinco Pallino, ha avuto frequentazioni omosessuali?". Questa cosa mi lascia sbalordito, e se il tribunale di Roma che si occupa del caso darà alla fine torto a Repubblica e ragione a Berlusconi, vorrà dire che dovrò probabilmente rivedere il mio modo di scrivere certe cose qui nel blog, presumo.

Per il resto non ho molto da dire, se non il fatto che vedo questa mossa come una sorta di intimidazione (Ghedini, oltre a Repubblica, ha querelato anche alcune testate estere) a uno dei pochissimi quotidiani non allineati che continuano ancora a fare critica e domande scomode. Sarà interessante vedere come va a finire.

venerdì 28 agosto 2009

C'è un Agnelli da prendere a martellate

Da un certo periodo di tempo, dopo le denunce di Margherita - c'è in ballo un'eredità mica da ridere e presunti fondi neri all'estero di tutto rispetto -, i principali house organ di famiglia del premier hanno preso di mira il fu Gianni Agnelli, principale azionista e leader indiscusso della Fiat, morto nel 2003 per cancro alla prostata.

Secondo Travaglio, alla base di tanto accanimento ci sarebbe il tentativo di dimostrare una sorta di "così fan tutti" per tentare, forse, di "alleggerire" la posizione dell'attuale presidente del Consiglio.

Da quando il fisco indaga sulle denunce di Margherita Agnelli a proposito del presunto miliardo e mezzo nascosto in Svizzera dal padre Gianni, gli house organ di casa Berlusconi e dintorni hanno scoperto all’improvviso gli orrori dell’evasione. Dal Tg5 al Giornale, da Libero a Panorama al Riformista, è tutto un gongolare: evviva, l’Avvocato era peggio del Cavaliere. Sono soddisfazioni. In verità Agnelli non risulta aver corrotto giudici o testimoni, né ospitato mafiosi in casa sua e pare non sia mai stato capo del governo. Ma sono dettagli. Sul suo cadavere s’è subito avventato Vittorio Feltri, appena tornato al Giornale, con la leggiadria che gli è propria: “furfante”, “peccatore”, “cattivo maestro”, “modello per gli evasori”, “derubava gli azionisti” e “il popolo”. Tutto questo Agnelli, mentre quell’educanda del premier si limita - scrive il nobiluomo bergamasco - a “toccare il sedere a una ragazza cui va a genio farselo toccare”. Ergo: “Se un simile sospetto (le evasioni agnelliane, ndr) gravasse sulla testa di Berlusconi, i giornali non si occuperebbero d’altro”, perché “i soldi sottratti al fisco sono un danno allo Stato e ai cittadini”. (continua)

Il testamento biologico e il "libero convincimento" dei senatori

Le bordate lanciate dal nuovo esponente di punta del Pd, e cioè quel Gianfranco Fini intervenuto l'altro ieri alla festa dei democratici a Genova, erano troppo pesanti per qualcuno, e difficilmente si poteva pensare che non arrivasse una replica. Ma cos'aveva detto Fini di così grave da meritare addirittura l'onore di una replica congiunta da due dei senatori più "in" che bazzicano a Palazzo Madama? Vediamo di approfondire un pochino.

In realtà l'intervento di Fini alla festa del Pd a Genova ha toccato parecchi temi, tra cui l'immigrazione clandestina, l'eccessiva sudditanza del Pdl alle istanze della Lega ed altri, ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso (e il travaso di bile di qualcuno) sono probabilmente state le sue parole sulla questione del testamento biologico. Parole semplici, chiare e - almeno da parte mia - totalmente condivisibili.

"Credo che non si tratti di favorire la morte ma di prendere atto dell'impossibilità di impedirla, affidando all'affetto dei familiari e alla scienza dei medici la decisione". Per questo il presidente della camera, Gianfranco Fini, ribadisce che farà "il possibile per correggere alla Camera un testo che difetta nel rispetto di questo principio".

Ospite della festa del Pd di Genova, Fini sottolinea di non voler fare "alcuna crociata contro i cattolici, per i quali ho il massimo rispetto ma - sostiene - chi dice che su queste questioni decide la Chiesa e non il Parlamento per me è un clericale. Per me spetta al Parlamento decidere".

Questo perché "ogni cittadino e ogni parlamentare deve rispondere alla sua personale coscienza. Su questioni relative alla vita e alla morte non ci può essere un vincolo di maggioranza o di partito".

Cosa c'è di sbagliato in quello che ha detto? Niente. Fini ha solamente ribadito due concetti molto importanti: (1) la scelta su come e quando morire spetta solo alla singola persona e (2) le leggi in Italia le fa il Parlamento e non la Chiesa, se è vero, come è vero, che la nostra Costituzione dice che viviamo in uno stato laico. Tutto questo mentre, praticamente in contemporanea, un altro ministro, Sacconi, auspicava al Meetenig di Rimini l'approvazione della "leggina" costruita ad hoc per Eluana Englaro, quella famosa porcata fortunatamente bloccata in extremis da Napolitano.

Puntuale, come dicevo, è arrivata la replica congiunta dei Senatori Quagliarello e Gasparri - quello che a me fa venire l'orticaria.

La legge sul testamento biologico approvata a Palazzo Madama è frutto del libero convincimento dei senatori, i quali non solo non possono essere tacciati in alcun modo di clericalismo, ma hanno avuto la possibilità di esprimersi nella libertà della loro coscienza anche rispetto ai gruppi di appartenenza, anche quando, come nel caso del PdL, all'esito di una lunga, approfondita e laica discussione si era giunti all'individuazione di una linea largamente maggioritaria.

Ora, nessuno mette in dubbio che il disegno di legge così com'è concepito sia il "frutto del libero convincimento dei senatori", come dice Gasparri, ma il punto è un altro: siamo sicuri che questo convincimento sia in linea con quanto pensa la maggioranza degli italiani? Qui, al contrario, il dubbio viene, e molto. Sondaggi ufficiali in merito non mi pare che esistano, ma sondaggi singoli effettuati da varie associazioni di rilevazione vanno tutti nella stessa direzione: la maggioranza degli interpellati vuole decidere autonomamente come morire (qui Aduc e qui Corriere, solo per segnalarne un paio).

Il nodo principale, quello che da più di un anno ormai è il fulcro delle polemiche, come avrete sicuramente capito ruota tutto attorno alla questione se il mantenimento dell'idratazione e della nutrizione (il famoso sondino) debbano essere considerati imprescindibili dalla volontà del paziente (come vorrebbe la legge così com'è scritta), oppure no. E' un nodo cruciale, come capite, che a seconda di come verrà "sciolto" determinerà in maniera incontrovertibile se siamo ancora liberi di scegliere, se l'autodeterminazione ha ancora un senso e se la libertà di coscienza in questo paese vale ancora qualcosa oppure no. Fini ha detto che farà di tutto per cambiare in questo senso il testo prima dell'ultimo passaggio in Parlamento. Non lo so come andrà a finire, ma se la legge resterà così com'è la sconfitta più grande sarà la nostra, in quanto non avremo più neppure la facoltà di decidere cosa fare della nostra carcassa.

E tutto questo, paradossalmente, grazie a un partito che si chiama Popolo della Libertà.

(fonte immagine: voglioscendere.it)

giovedì 27 agosto 2009

Il digitale terrestre è obbligatorio?

Secondo Il Giornale sì:

"Entro il 2012 tutti gli italiani dovranno passare al segnale digitale terrestre, perché l’analogico verrà spento".

Secondo Gilioli no:

"Una balla allucinante, pure un po’ minacciosa. Nessuno “deve” passare al digitale terrestre, perché esistono delle alternative (dal satellite all’Iptv), ammesso e non concesso che sia necessario seguire quella fabbrica di menzogne e omertà che sono le tivù italiane."

Leggendo i due articoli, a me convince di più quello di Gilioli.

Cercasi film-balla da contrapporre a Videocrazy

Ricordate il trailer di "Videocrazy"? il film-documentario che ripercorre l'"evoluzione" di 30 anni di televisione commerciale e i nefasti effetti che ha avuto a livello di rincoglionimento di massa degli italiani?

Bene, la notizia è arrivata oggi: sia Mediaset che Rai si sono rifiutate di inserire il trailer nella normale programmazione che reclamizza i film in uscita al cinema. Se per Medisaet, in fondo, la cosa può sembrare abbastanza comprensibile, lascia stupefatti il fatto che pure la Rai abbia sostanzialmente censurato il trailer. Il motivo ufficiale sta in un comunicato pubblicato oggi da Repubblica.

A lasciare perplessi i distributori di Fandango e il regista sono infatti proprio le motivazioni della Rai. Con una lettera in stile legal-burocratese, la tv di Stato spiega che, anche se non siamo in periodo di campagna elettorale, il pluralismo alla Rai è sacro e se nello spot di un film si ravvisa un critica ad una parte politica ci vuole un immediato contraddittorio e dunque deve essere seguito dal messaggio di un film di segno opposto.

"Una delle motivazioni che mi ha colpito di più è quella in cui si dice che lo spot veicola un "inequivocabile messaggio politico di critica al governo" perché proietta alcune scritte con i dati che riguardano il paese alternate ad immagini di Berlusconi", prosegue Procacci "ma quei dati sono statistiche ufficiali, che sò "l'Italia è al 67mo posto nelle pari opportunità"".

A preoccupare la Rai sembra essere questo dato mostrato nel film: "L'80% degli italiani utilizza la tv come principale fonte di informazione".

Insomma, per farla breve, la Rai vede in ciò che racconta il film un'implicita critica al governo in carica, e siccome (tenetevi forte) "il pluralismo alla Rai è sacro", per poter mandare in onda quel trailer ce ne vorrebbe un altro che sostenga le tesi opposte. Insomma, serve il trailer di un film-balla da mandare in onda per riequilibrare la verità raccontata dal primo.

Ci sono da spostare alcuni detenuti

Il Meeting di Rimini, in svolgimento in questi giorni, vede sempre più sovente l'intervento, oltre che di uomini di cultura, di scienza e di spettacolo, di personalità più o meno in vista (e a volte più o meno discutibili) del mondo della politica. In questi giorni sono passati ad esempio Calderoli, Formigoni, Sacconi, Alfano e altri di cui non ricordo il nome. L'intervento di Alfano, almeno stando a quanto riporta la stampa, merita sicuramente di essere commentato.

Come sapete, Alfano è il ministro della Giustizia. A me non sta particolarmente simpatico, in primo luogo perché estensore del famoso lodo che porta il suo nome - quello che ha provvisoriamente (in autunno ci sarà la sentenza della Consulta in merito) salvato il cavaliere dal processo Mills -, e poi per la riforma della giustizia che ha intenzione di portare all'esame del Parlamento al termine della pausa estiva dei lavori parlamentari. Ma non è di questo che voglio parlare adesso. Volevo, come scrivevo sopra, solo commentare alcuni passaggi del suo intervento a Rimini.

In sostanza Alfano si è lamentato con l'Unione Europea per il livello di sovraffollamento in cui versano le carceri italiane. E ciò in virtù del fatto che - dice sempre il ministro - circa 20.000 dei 60.000 e passa detenuti nelle carceri italiane sono stranieri.

Nelle carceri italiane "ci sono oltre 63mila detenuti. Oltre 20mila sono stranieri, il che vuol dire che le carceri italiane sono idonee ad ospitare i detenuti italiani. Con l'aggiungersi degli stranieri agli italiani si supera la capienza regolamentare ma anche quella tollerabile".
[...]
"Un fenomeno a cui l'Unione Europea -insiste Alfano- deve prestare attenzione. La Ue deve farsi promotrice di trattati o dare risorse economiche agli stati piu' interessati dal problema per costruire nuove carceri. Noi non intendiamo procedere sulla via seguita per 60 anni dalla Repubblica: trenta provvedimenti di indulto per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri".

Alfano, se non ho capito male, auspica che l'Unione Europea presti attenzione a questo fenomeno, magari rivedendo qualche trattato o qualche convenzione oppure tirando fuori i soldi per costruire nuove carceri, visto che l'Italia, in proposito, non pare esattamente in condizione. Sarebbe interessante a tal proposito capire bene cosa intende il ministro, anche perché non penso che si possa mettere in discussione il "dogma" che chi commette un reato viene incarcerato nel paese in cui lo commette. E questo vale anche per gli italiani.

Probabilmente qualche mio affezionato lettore ricorda la vicenda di Luca e Davide, i due ragazzi qui di Santarcangelo trovati in possesso durante una vacanza in Grecia di 20 grammi di hashish. La vicenda si è poi chiusa bene, ma inizialmente i due sono stati tradotti in un carcere greco e successivamente, dopo il rilascio temporaneo su cauzione, lo stesso stato ellenico ne aveva chiesto e ottenuto l'estradizione per essere processati in Grecia. Insomma, chi sbaglia paga nel posto dove ha sbagliato. Alfano - penso - vorrebbe forse, quindi, cercare di cambiare questo stato di cose, magari con l'avallo dell'Europa. E qui si impone un'altra riflessione.

Alfano pare seguire, quasi si fossero messi d'accorso, la via già intrapresa dal suo collega e ministro degli Esteri Frattini, il quale ha dichiarato pochi giorni fa, dopo le tragiche vicende di Lampedusa, che l'immigrazione è un problema di cui anche l'Europa si deve fare carico (in pratica ogni paese dell'unione dovrebbe secondo Frattini beccarsi la sua parte di immigrati clandestini che entrano illegalmente dall'Italia). Quindi, ricapitolando, pare che entrambi i ministri stiano giocando a una sorta di rimpiattino con l'Europa, la quale, secondo loro, dovrebbe farsi carico di due grossi problemi - immigrazione e sovraffollamento - tipicamente italiani. Problemi, specialmente quello dell'immigrazione, che era stato, come ho già scritto in altri post, uno dei cavalli di battaglia della campagna elettorale dell'attuale esecutivo. Insomma, se l'Europa non ci aiuta qui non se ne esce.

Qualche nodo comincia a venire al pettine?

mercoledì 26 agosto 2009

"Clienti" importanti


Secondo voi mi devo preoccupare? :-)

Due parole sulla visita di Berlusconi in Libia

E così pare ormai cosa fatta: Berlusconi presenzierà, domenica prossima, alle celebrazioni in Libia per il 40° anniversario del colpo di stato ordito da Gheddafi che portò alla deposizione, nel 1969, di re Idris: di fatto l'inizio di una lunga dittatura che dura fino ad oggi. Nel corso di questo ultimo periodo sono accaduti parecchi fatti che hanno come epicentro la Libia, o che comunque sono attinenti, magari anche indirettamente, al paese governato da uno dei migliori amici, ovviamente dopo Putin, del nostro presidente del Consiglio.

Innanzitutto va detto che tra il nostro paese e lo stato nordafricano esistono da lunga data rapporti economici e commerciali di una certa rilevanza. L'Italia, almeno fino al 2008, risulta ad esempio essere il primo partner commerciale della Libia, con scambi valutati in qualcosa come 20 miliardi di euro (dati sempre riferiti all'anno 2008). Se a questo si aggiunge che lo stesso Gheddafi detiene quote rilevanti di azioni di parecchie società italiane quotate in borsa (Juventus, Eni, Unicredit e altre), si capisce come la visita in Libia di Berlusconi per il quarantennale di insediamento di Gheddafi sia quasi una scelta obbligata. ("impegno da rispettare", dice La Russa e "visita più che necessaria", dice Frattini).

Ma non è tutto così perfetto; ci sono parecchie cose che indicano che sotto un certo punto di vista non hanno tutti i torti quelli, specialmente dell'opposizione, che non ritengono opportuna la presenza di Berlusconi alla cerimonia. Innanzitutto c'è la questione Lockerbie; come forse ricorderete, solo pochi giorni fa il governo inglese ha concesso il rimpatrio, per motivi "umanitari", di al-Megrahi, il terrorista libico responsabile della strage di Lockerbie. Le immagini del terrorista omicida che viene accolto all'aereoporto di Tripoli con balli e canti di gioia hanno fatto il giro del mondo, e sinceramente, almeno da parte mia, non è stato un bello spettacolo - sarà interessante, poi, vedere come Berlusconi si giustificherà con Obama, che ovviamente non ha preso bene per niente la liberazione del libico.

E poi c'è la questione, tutt'altro che da sottovalutare, di quella che finora si è rivelata una delle più grosse prese in giro della Libia nei nostri confronti: la gestione del fenomeno clandestini. Come sapete, uno dei punti forti della campagna elettorale dell'attuale governo è stato l'impegno a combattere, anche attraverso accordi bilaterali, il fenomeno dell'immigrazione clandestina. Per fare questo, sono stati presi diversi accordi con la Libia affinché si impegnasse a contrastare quanto più possibile il fenomeno controllando le sue stesse coste. Ricordate, a marzo di quest'anno, il famoso incontro in tenda in cui Berlusconi si impegnò a versare alla Libia 5 miliardi di euro nei prossimi 20 anni a titolo di risarcimento per danni di guerra, ricevendo in cambio, tra le altre cose, l'impegno di Gheddafi a contrastare le partenze dei clandestini dalle coste libiche? Lettera morta. Berlusconi e Gheddafi continuano a essere grandi amici, il signorino viene qua in visita ufficiale (e tenda beduina al seguito) accolto con tutti gli onori nonostante le pagliacciate, ma le belle parole sono rimaste belle parole e i clandestini, esattamente come hanno sempre fatto, continuano a partire da lì e ad arrivare qua (l'ultimo gommone è arrivato ieri).

E il bello è che il governo, per bocca dei suoi vari portavoce, continua a dare la colpa di tutto alla scarsa collaborazione dell'Europa, ai criminali che organizzano i viaggi, a Malta. Insomma, la responsabilità pare essere di tutti tranne di chi ci ha messo la faccia e si è impegnato in questi accordi bilaterali (anche con la cessione di motovedette italiane alla Libia utilizzate paradossalmente dai libici per sequestrare i pescherecci italiani in acque internazionali): e cioè il governo italiano. Berlusconi, in barba a tutto questo - in fondo gli affari sono affari -, ha detto che non solo andrà volentieri alla festa di Gheddafi, ma ci porterà pure le frecce tricolori.

"Sono tanti i paesi che ogni anno ci chiedono i nostri piloti acrobatici, perché avremmo dovuto dire di no proprio a Tripoli?"

Dico, scherziamo?

martedì 25 agosto 2009

Anche questa è Italia...

...anche se il Tg1, naturalmente, non lo racconterà mai.



(via danielemartinelli.it)

Nuove forme di turismo

Mi sono sempre chiesto - e forse anche qualcuno di voi lo ha fatto a volte - cos'abbiano da festeggiare quelli (come definirli?) che saltano e urlano fuori e dentro le ricevitorie quando esce una vincita grossa al superenalotto, magari prima ancora che si sappia che è il fortunato di turno - sempre che ciò accada.

Assieme a questo, mi chiedo anche il senso di quella che sembra essere l'ultima tendenza del momento: il "turismo della fortuna", che altro non è che il pellegrinaggio nella ricevitoria dove si è verificata la vincita (e dove fino a poco prima gli innominabili stappavano le bottiglie). Pare infatti che Bagnone, paesino del nord della Toscana recentemente baciato dalla fortuna, da sabato scorso sia méta di vere e proprie spedizioni vacanziere da parte di turisti che vogliono respirare l'aria della fortuna. Addirittura, scrive Repubblica, "I telefoni squillano senza sosta, gli assessori si riuniscono perché - dice il sindaco - c'è da sfruttare turisticamente la vincita più alta d'Europa: l'immagine del paese della fortuna va spesa sul mercato delle vacanze".

Probabilmente il senso di tutto questo si inserisce in qualcosa di più grande, qualcosa che ha un respiro più ampio e che passa attraverso il boom di maghi e cartomanti, della superstizione e di telegiornali che trasmettono cose simili senza che nessuno si indigni.

lunedì 24 agosto 2009

Omofobia fuori dai luoghi comuni

Non so in verità se si tratti di un vero e proprio luogo comune; fatto sta che, andando a memoria, ogni volta che nel nostro paese sono accaduti fatti di cronaca all'insegna dell'intolleranza e della discriminazione verso i gay, la stampa e i media in generale cosiddetti di sinistra hanno sempre dato molto più risalto a questi episodi della relativa controparte (l'ultimo solo pochi giorni fa).

E invece non è così. Anche la stampa di destra, spesso e volentieri, prende di petto la questione e non esita a denunciarla pubblicamente, sfatando appunto questo luogo comune della cui fondatezza ero convinto pure io. E la prova l'abbiamo avuta proprio con lo spiacevole episodio accaduto ieri qua a Rimini. Scrive Il Giornale in proposito (il neretto è mio):

Daniele Priori, giornalista di 27 anni, attivista politico del centrodestra e il suo compagno, il cantautore Ciri Ceccarini, 29 anni, noto per il suo brano Sono ciò che sono presentato al Gay Pride di Genova, hanno affermato di essere stati presi a pugni e schiaffi da un vicino di casa.

Ecco, è sufficiente che l'aggredito sia politicamente "corretto" e tutti i luoghi comuni scompaiono.

A chi serve la scorta

Le scorte armate sono utili: servono a proteggere uomini politici, uomini di stato, magistrati in prima linea, collaboratori di giustizia che cantano. Il problema è che a volte si rimane perplessi di fronte al criterio con cui vengono gestite, al metodo di assegnazione. Ci sono stati tristi casi che hanno fatto storia, purtroppo in negativo, anche nel recente passato. Penso ad esempio all'omicidio del consulente del lavoro Marco Biagi (foto), assassinato nel 2002 a Bologna dalle brigate rosse. Nonostante le ripetute minacce di cui da tempo era oggetto, pubblicamente denunciate dallo stesso Biagi e portate a conoscenza anche dei più alti vertici istituzionali e politici, il ministero dell'Interno dell'epoca, diretto da Claudio Scajola, Forza Italia, pensò bene di revocargli la scorta. Gli effetti di questa sciagurata decisione sono diventati poi tristemente noti e oggetto di varie inchieste, che fanno passare in secondo piano anche l'epiteto con cui all'epoca venne apostrofato il giuslavorista da Scajola in un suo celebre sfogo con alcuni giornalisti (vedi qui e qui). Ma queste sono inezie.

Ma perché tutto questo pistolotto sulle scorte? Beh, perché il Corriere alcuni giorni fa ci ha deliziato con una notizia che sicuramente avrà fatto tirare un sospiro di sollievo a molti: a Vittorio Sgarbi il ministero dell'Interno ha infatti deciso di assegnare una scorta, una forma di tutela in seguito ad alcune telefonate minacciose che l'illustre personaggio ha dichiarato di aver ricevuto, e che lo stesso ipotizza provenire da alcuni pericolosi elementi eversivi riconducibili al noto terrorista Beppe Grillo.

Ora, intendiamoci, fin qui niente di male. Se Sgarbi teme per la sua incolumità e il ministero competente ritiene che ci siano gli estremi per assegnargliela, è giusto che lo faccia, specie dopo l'esperienza Biagi. Quello che stona in tutta questa vicenda è che mentre a Sgarbi viene assegnata, a un personaggio sicuramente meno noto ma probabilmente molto più a rischio, è stata tolta già dal settembre 2008. La storia di Pino Masciari l'avevo già raccontata in un mio vecchio articolo risalente all'anno scorso; se volete, potete dare un'occhiata anche alla sua pagina su Wikipedia: magari potreste condividere i miei stessi interrogativi sulla questione scorte.

Ma quant'è affascinante l'ingenuità?


Ho sempre avuto un debole per l'ingenuità, la faciloneria, la credenza acritica alle cose più inverosimili. Non un debole specificamente per questi argomenti, intendiamoci, ma semmai per i meccanismi psicologici che si celano dietro a questi atteggiamenti. Perché, ad esempio, c'è ancora un sacco di gente che abbocca alle e-mail truffaldine che chiedono di inserire i dati personali? Perché c'è gente che crede ai complotti di qualsiasi tipo (11 settembre, scie chimiche, ecc...)? Perché Wanna Marchi è riuscita a fare un sacco di soldi (e a finire in galera) truffando un così elevato numero di persone? E si potrebbe continuare.

I motivi, da quello che ho potuto capire dalla mia esperienza e leggendo un po' in giro, sono principalmente due: la mancanza di spirito critico e l'ignoranza - ignoranza, ovviamente, intesa nel senso di non conoscenza. Per quanto riguarda internet, ad esempio, molti utenti - e questo l'ho notato personalmente - tendono a sopravvalutare l'importanza e la portata del mezzo. E questo accade in particolar modo quando si tende a dar credito aprioristicamente a qualsiasi cosa o si contribuisce ad alimentare via e-mail certe catene di S.Antonio senza farsi il minimo scrupolo. Recentemente, per fare un esempio, aveva ricominciato a circolare su Facebook un appello che chiedeva sangue per un bambino malato di leucemia ricoverato al Meyer di Firenze. Molti, appena letto, l'hanno condiviso coi rispettivi contatti i quali a loro volta hanno fatto altrettanto. E nessuno a cui sia venuto il minimo dubbio circa la bontà dell'appello. Bastavano invece due secondi su Google per scoprire che l'appello non solo era obsoleto (la versione originale risale al 2007), ma anche inutile in quanto il bimbo, fortunatamente, è stato nel frattempo dimesso e continuare a divulgare la cosa sarebbe servito solo a intasare inutilmente i centralini dell'ospedale fiorentino.

Quando ho fatto notare la cosa, le reazioni sono state un misto tra incredulità e varie forme di autogiustificazione (non avevo mai letto il messaggio, mi metto nei panni del genitore che cerca di salvare il proprio figlio, anch'io sono madre-padre-zio-nonno, ecc...). Tutte reazioni che sono il risultato dell'emozione che deriva dalla tragicità del messaggio e la conseguente convinzione che una cosa così grave non possa essere una bufala: elementi che scavalcano il naturale senso di diffidenza che dovrebbe essere la prima cosa a cui fare riferimento.

E poi c'è tutta la questione delle credenze, delle superstizioni. Penso ad esempio all'astrologia, ai miracoli, alla religione, ai sogni, agli extraterrestri, ai maghi, ai veggenti, a quelli che parlano coi morti, al culto delle medicine alternative, e anche qui si potrebbe continuare all'infinito. Prendete i maghi, ad esempio. Secondo un'inchiesta di Repubblica risalente all'anno scorso, ogni anno qualcosa come 12 milioni di italiani si rivolgono a maghi e cartomanti per una cifra che si aggira attorno ai 6 miliardi di euro. Qui, per la verità, non bisogna a mio avviso inoltrarsi in complicate analisi psicologiche, che oltretutto non mi competono, ma penso che il tutto si possa spiegare con la suggestionabilità favorita dall'ignoranza - non a caso, come risulta dall'inchiesta, il livello di istruzione di queste persone è mediamente piuttosto basso.

Credenze e superstizioni in cui inserisco tranquillamente anche la religione. Non vorrei essere tacciato di blasfemia, ma, pur coi dovuti distinguo, secondo voi che differenza c'è tra chi va da un mago per cercare di risolvere un problema e chi segue i dettami di un movimento religioso ad esempio per ottenere la vita eterna, o perché magari è convinto che se segue certe regole e si comporterà secondo certi precetti troverà dall'altra parte un certo numero di vergini ad attenderlo? Vedete differenze voi? Io no. Eppure la religione è questo, semplicemente una forma - se vogliamo più evoluta - di superstizione. Prendete il cattolicesimo - un esempio a caso, la cosa vale anche per gli altri: come si fa a prendere per buona una religione secondo cui se osservi certe regole e ti comporti bene sarai premiato altrimenti condannato? E sulla base di cosa poi? Chi ha stabilito questi parametri? Dio? Ma il sistema comportamento/conseguenze non ha niente di divino, è un ragionamento e un modo di pensare e di agire perfettamente umano. A mio avviso la religione è stata ormai totalmente "sconfitta" dalla scienza. Se ci pensate, una sua ragione d'essere e di esistere poteva essere plausibile qualche secolo fa, quando certe cose non si potevano spiegare e si addebitavano a qualche divinità: penso ad esempio ai fulmini, alle eclissi, al movimento del mare, dei pianeti. Tutte cose a cui, se ci fate caso, storicamente sono state abbinate delle divinità - pensate solo alla mitologia greca, per fare un esempio. Poi la scienza è progredita, dimostrando tutta l'infondatezza dell'origine religiosa delle cose man mano che ai vari fenomeni veniva data una spiegazione razionale e scientifica.

E questo spiega come mai la Chiesa, ad esempio, in certi periodi storici - se avete letto Il nome della rosa di Eco capite a cosa mi riferisco - abbia con tutti i mezzi, anche i più crudeli e moralmente discutibili, cercato di impedire il divulgamento e la diffusione della conoscenza e del sapere, abbia reso la vita impossibile a gente come Galileo o come tutti quegli scienziati che all'epoca avevano già elaborato teorie e spiegazioni che avevano il solo difetto di andare contro i dogmi stupidi e sterili delle gerarchie ecclesiastiche. Ecco perché a mio parere, oggi, la religione è da considerare al pari di una qualunque forma di superstizione, superstizione che se analizzata attentamente in alcune sue forme e "varianti" è addirittura infantile. Mi rendo conto di aver divagato un po' troppo e di aver probabilmente mischiato un po' troppo concetti, date e periodi storici differenti tra loro, ma penso che il senso di ciò che volevo dire sia chiaro.

Tornando ai giorni nostri e sempre restando in tema di faciloneria, ingenuità, bufale e balle, vale la pena seguire - grazie maury per la segnalazione - un breve ma interessante servizio andato in onda giovedì scorso nella trasmissione Superquark di Piero Angela. Si parla di paranormale, astrologia, cartomanti e compagnia bella, visti però in un ottica particolare.

Buona visione.

domenica 23 agosto 2009

Little tin soldier

Ci sono musicisti, mi viene in mente ad esempio Bob Dylan, che entrano nella storia e ci rimangono anche se, passato il boom - meritato - di un certo periodo, campano successivamente più che altro di rendita. Ci sono musicisti, invece, coi quali questo meccanismo non funziona: entrano nella storia per un determinato periodo, per aver scritto magari alcuni bellissimi pezzi, dopodiché inizia la parabola discendente e finiscono inevitabilmente nel dimenticatoio nonostante siano tuttora in attività.

E' il caso ad esempio di Donovan Phillips Leitch, in arte Donovan, un cantautore scozzese che per tutti gli anni '60 ha suonato e cantato in stile puramente folk accompagnandosi quasi esclusivamente con la chitarra e l'armonica. Dai '70 in poi il progressivo declino, non tanto a livello compositivo o di attività, ma di riscontro del pubblico verso i lavori più recenti.

Del periodo più "in voga" rimangono comunque bellissime tracce, tra cui questa struggente Little tin soldier.

Buona domenica.

sabato 22 agosto 2009

Notizie in pillole (26)

Tragedia dei clandestini a uso e consumo di chi serve. Un barcone carico di migranti è stato soccorso l'altro ieri al largo della Sicilia, mandando sostanzialmente a farsi friggere i famosi accordi bilaterali Berlusconi-Maroni-Gheddafi. I sopravvissuti raccontano che all'inizio erano un'ottantina, poi, dopo una ventina di giorni in mare con le imbarcazioni incontrate che tiravano dritto come se niente fosse, sono rimasti in 5. La chiesa: "Come la Shoah..."; il Pd all'attacco: "Il governo riferisca [cosa? nda]!"; Gasparri: "E' colpa dei criminali che organizzano i viaggi"; Buttiglione: "Vergogna per l'Italia e colpa del governo". Oh, ci fosse almeno uno col buon senso di tacere.

Gelmini avanti tutta. Ricordate la sentenza del tar del Lazio secondo cui gli insegnanti di religione non possono influire sulla determinazione del credito scolastico? Bene, la Gelmini ha deciso di fregarsene e di fare per il prossimo anno scolastico come se niente fosse. Non entro nel merito: mi limito a osservare come per questo governo - vedi il caso Englaro e altri - le sentenze dei tribunali siano semplicemente carta straccia.

Abdel al Basset al Megrahi torna a casa. E' stato accolto in patria come un eroe, con feste, canzoni e applausi, il terrorista libico responsabile della strage di Lockerbie, che provocò nel 1988 la morte di tutti i 259 passeggeri del volo Pan Am 103 e di 11 abitanti della cittadina, Lockerbie appunto, su cui il Boeing precipitò. Londra giustifica la liberazione con motivazioni umanitarie - il tipo ha un cancro alla prostata.

L'acqua del Vaticano? A carico degli italiani. I vantaggi fiscali di cui gode il Vaticano sono perlopiù noti: 8 x 1000, obolo di San Pietro, agevolazioni varie, esenzione ICI, finanziarie varie con articoli ad hoc, ecc... Forse però non tutti sanno che dal 1929 lo stato italiano si è fatto carico, tra le altre cose, di pagare l'acqua e i servizi fognari fino al 2004, anno in cui, grazie a un articoletto inserito nella finanziaria di quell'anno, il Vaticano si è dotato di un sistema proprio di gestione delle acque.

...dal 1929, è l'Italia a pagare i 5 milioni di metri cubi d'acqua consumati in media ogni anno dallo Stato pontificio. Per le acque di scarico, Città del Vaticano si allaccia all'Acea, ma non paga le bollette. Quando la società si quota in Borsa, nel '99, i 44 miliardi di lire di debiti li ripiana il ministero dell'Economia. Da quel momento, i circa 4 miliardi di lire annui dovevano essere a carico della Chiesa. La Finanziaria 2004 risolve il caso: stanzia 25 milioni subito e quattro dal 2005 per dotare il Vaticano di un sistema di acque proprio. (fonte)

La più rifatta dell'anno. Qua in Romagna, specialmente d'estate, non sono poche le occasioni in cui vengono allestiti concorsi e manifestazioni di dubbio gusto. Tra questi, c'è da segnalare quello che si è concluso in questi giorni qua vicino, a Riccione, dove è stata eletta la vincitrice del concorso Miss Chirurgia Estetica (un modo elegante per dire la più rifatta). Si tratta di una modenese 44enne, tale Patrizia Bruschi, che ha sbaragliato la concorrenza per essersi rifatta naso, contorno occhi, zigomi, labbra e seno. Spero che la moda non si diffonda; ho sempre avuto una particolare predilezione per le belle e prosperose (e naturali) signore romagnole.

venerdì 21 agosto 2009

Rimbalza il clandestino

C'è differenza tra un barcone che affonda - realmente - nel tratto di mare fra Tripoli e Lampedusa e un barcone che viene rimandato indietro "virtualmente" su Facebook?

Sì, una differenza c'è, e sta nella testa della persona che si trova tra la sedia e il monitor del pc.

Libertà e libertà

L’Italia è un paese libero e come accade in ogni paese libero, ognuno può vestirsi come gli pare. Che vada in piscina o al mercato o a pattinare, l’unico limite alla propria libertà è quello del danno arrecato ad altri: nel caso del burkini, questo problema non si pone. Se qualcuno in Italia vuole impedire a qualcun altro di vestirsi come gli pare, bisognerebbe spiegargli – anche a muso duro, visto che si tratta di una cosa piuttosto importante – che in un paese libero degno di questo nome queste cose non si fanno. Sono incompatibili con i principi fondanti dello stato. Ben venga quindi ogni richiamo e rimbotto sull’argomento, a condizione però che non provenga da questo o quell’imam, da quegli uomini interessati a difendere soltanto un’unica e indiscriminata libertà: la loro. Nell’attesa che anche in Arabia Saudita o in Somalia una donna possa andare in piscina o al mercato vestita come le pare, noi faremmo bene a mostrar loro come vanno le cose in un paese libero.

(via Francesco Costa)

Siamo sicuri che servono nuove carceri?

La domanda può sembrare inutile, vista la situazione in cui versa il nostro sistema carcerario. Ma forse non è così. Guardate questo video:


Si tratta di un servizio di Striscia la Notizia andato in onda poco meno di un paio di anni fa. Voi sapete che recentemente il ministro della giustizia Alfano ha dichiarato che in settembre porterà in Parlamento il suo piano carceri, che prevede la costruzione nel più breve tempo possibile di nuove strutture di pena. Il problema, paradossale, è che nel nostro paese ci sono già moltissime strutture carcerarie che sono totalmente abbandonate, come testimonia il video di Striscia. L'Aduc ha pubblicato recentemente il testo di un'interrogazione parlamentare in cui si chiede conto di questa situazione.

Ecco qui di seguito uno stralcio in cui sono elencate alcune di queste situazioni.

"1) a Udine i sindacati denunciano la chiusura della sezione femminile del penitenziario;
2) a Gorizia è inagibile un intero piano della galera;
3) chiusure parziali anche in Veneto, dove la capacità ricettiva è ridotta 50 unità sia a Venezia che a Vicenza;
4) a Pinerolo il carcere è chiuso da dieci anni e di quello nuovo c'è solo il terreno, non il cantiere;
5) nella provincia mantovana, a Revere, dopo 17 anni il carcere da 90 detenuti (costo 5 miliardi) è ancora incompleto. I lavori sono fermi dal 2000, ma i locali costati più di 2,5 milioni di euro sono già stati saccheggiati;
6) in provincia di Ferrara, a Codigoro, c'è un carcere che nel 2001, dopo lunghi lavori, sembrava pronto all'uso e invece è ancora chiuso;
7) Bologna si segnala per lo sperpero di milioni di euro (3,5) per la costruzione di un centro sportivo, destinati ai secondini, finito e abbandonato;
8) in Toscana, a Pescia, il Ministero ha soppresso la casa mandamentale e a Pontremoli, carcere femminile inaugurato nel '93; c'è posto per 30 detenute, ma in media le "ospiti" -rivela l'OSAPP- sono meno di 4 e da un mese e mezzo è sbarrato;
9) ad Ancona-Barcaglione con il carcere di 180 posti inaugurato nel 2005, nonostante le spese di mantenimento della struttura vuota ammontassero a mezzo milione di euro l'anno, gli ospiti non sono mai stati più di 20, i dipendenti 50;
10) in Umbria con la chiusura del vecchio carcere di Perugia-centro si è inaugurata la nuova struttura di Capanne. Ma un intero padiglione, con celle per 150 detenuti, risulta inutilizzato. Eppure nel vicino carcere di Terni un anno fa sono stati appaltati lavori per costruirne uno nuovo;
11) in Abruzzo, nel penitenziario di San Valentino, costruito da 15 anni, non c'è detenuto che vi abbia alloggiato: nella struttura le guardie raccontano di aver visto girare cani, pecore e mucche;
12) in Campania il carcere di Gragnano è stato inaugurato, funzionante e chiuso. Idem Frigento. Morcone, a due passi da Benevento, 45 chilometri da Ceppaloni, è pronto ma non parte;
13) in Puglia nel barese oltre a Minervino Murge (mai entrata in funzione, ma finita) c'è il giallo di Casamassima: per il SAPPE il mandamentale sarebbe già condannato all'oblio da un decreto del Dap, ma il sindaco, Vito De Tommaso, dice: "Non ne so nulla, c'è solo una trattativa col ministero". A Monopoli, nell'ex carcere mai inaugurato, non ci sono detenuti ma sfrattati che hanno occupato abusivamente le celle abbandonate da 30 anni. Ad Altamura si aspetta ancora l'inaugurazione di una delle tre sezioni della prigione;
14) in Capitanata non sono stati mai aperti i mandamentali di Volturara Appula (45 posti, incompiuto) e Castelnuovo della Daunia (già arredato da 15 anni);
15) sempre nel foggiano tre casi emblematici: Accadia (prigione consegnata nel ‘93, ora del Comune, inutilizzata), Bovino (una struttura da 120 posti, già pronta, chiusa da sempre) e Orsara;
16) a Spinazzola il carcere chiuso per anni è finalmente in funzione;
17) in Basilicata il carcere di Irsina, vicino a Matera, costato 3,5 miliardi negli anni '80 ha funzionato un anno, oggi è un deposito del Comune;
18) in Calabria nella mappa delle celle inutili oltre a Mileto c'è Squillace (ristrutturato e chiuso), Propani (ci abita un custode comunale), le carceri di Arena, Soriano Calabro, Petilia Policastro e Cropalati (quest'ultimo già convertito a legnaia) sono state soppresse;
19) a Reggio nel nuovo carcere di Arghilà, che doveva aprire due anni fa, i lavori vanno a rilento: alla fine costerà 25 milioni di euro;
20) in Sicilia c'è lo scandalo di Gela: carcere enorme, nuovo di zecca, mai aperto; a Villalba, Caltanissetta, vent'anni fa hanno inaugurato una prigione per 140 detenuti costata all'epoca 8 miliardi di lire, dal '90 è chiusa, recentemente ne hanno fatto un centro polifunzionale. Licata è off limit per 25 detenuti, ad Agrigento solo sei detenute occupano i 100 posti della sezione femminile;
21) in Sardegna, mandate in pensione le case mandamentali di Terralba, Sanluri, Santavi, Carbonia, Bono, Ales, Ghilarza e, soprattutto, Busachi (5 miliardi di lire mai inaugurata), c'è la storia del penitenziario "la Rotonda" di Tempio Pausania, ristrutturato e riadattato, mai riaperto. Di case di reclusione-lavoro sull'isola ce ne sono tre (Mamone, Is Arenas, e Isili) con grandi potenzialità ricettive per detenuti da reinserire. Solo a Mamone, negli anni '70, c'erano 1.500 ospiti. Ora 50". (fonte)

Ora, intendiamoci, nessuno dice che se anche tutte le strutture elencate dall'Aduc fossero in funzione il problema del sovraffollamento non esisterebbe, ma sicuramente non sarebbe ai livelli a cui siamo giunti. Quindi la domanda è d'obbligo: perché non vengono utilizzati gli istituti già pronti, o quelli in fase di ultimazione che potrebbero essere resi funzionanti con una spesa sicuramente inferiore rispetto a quella necessaria per costruirne di nuovi?

La risposta la dà la redazione di ristrettiorizzonti.it, in una lettera inviata a Striscia nel 2006 della quale vi cito qui di seguito alcuni stralci.

Gentile Striscia la Notizia, siamo la redazione di Ristretti Orizzonti, un giornale dal e sul carcere interamente realizzato da detenuti, detenute e volontari dell'Istituto Penale Femminile della Giudecca e della Casa di Reclusione di Padova, da dove produciamo anche un sito internet, http://www.ristretti.it, che è fra le più ampie fonti di informazioni sul mondo penitenziario che si possa trovare.

Abbiamo deciso di scrivervi perché è dal 2000 che scoprite carceri, nuove e seminuove, costruite e mai utilizzate, e continuate a chiedere al vento: "Ma se le nostre prigioni sono così sovraffollate, perché non si utilizzano tutte queste carceri abbandonate, che sono pure costate parecchi soldi?".

Visto che nessuna "autorità competente" si decide a darvi una spiegazione, abbiamo deciso che sarebbe stato troppo crudele lasciarvi ulteriormente arrovellare in questo interrogativo metafisico.
[...]
La questione è molto semplice: un carcere costa, costa in un modo spropositato. Costa talmente tanto che nessuno si sogna di dire ai contribuenti quanto devono sborsare per le nuove politiche del "tutti dentro" (salvo alcuni, ovviamente). La struttura fisica di un carcere (cioè i muri, le celle, i cortili, i termosifoni, le docce etc.), pur costando decine di milioni di euro, è paradossalmente la voce più a buon mercato di un istituto di pena.
[...]
Il vero problema è farla funzionare, mantenerla. E per far funzionare un carcere ci vuole tanta gente, ma proprio tanta. Per rendere funzionante una delle piccole carceri da 80-90 detenuti che avete scoperto ci vorrebbero come minimo (ma proprio minimo) 60 agenti di polizia penitenziaria (deve essere assicurato il servizio per le intere 24 ore per 365 giorni all'anno, e ogni tanto qualcuno va anche in ferie o si ammala), poi ci vogliono un direttore e un vicedirettore, un commissario, due educatori, assistenti sociali, almeno uno psicologo, tre medici (sempre per il discorso delle 24 ore), un paio di infermieri, un ragioniere. Sicuramente dimentichiamo qualcuno, ma diciamo che con questo personale si riuscirebbero a tenere i detenuti chiusi l'intera giornata in cella, senza ovviamente poter garantire loro un minimo di attività trattamentali, rieducative, lavorative e scolastiche. E tutta questa gente da quale cappello a cilindro dovrebbe saltare fuori?
[...]
Non vi tedieremo oltre elencandovi le singole voci di spesa che comporta un carcere, ci limitiamo a fornirvi un semplice dato che da solo è estremamente esplicativo: ogni singolo detenuto costa ai contribuenti fino a 250-300 euro al giorno. No, non ci è scappato uno zero di troppo, ogni detenuto costa fino a duecentocinquanta-trecento euro al giorno. In altri termini i 700 detenuti della Casa di Reclusione di Padova costano intorno ai 210mila euro al giorno, per tutti i 365 giorni dell'anno. E a Padova non è finita qui, perché c'è anche la Casa Circondariale con altri 250 detenuti. I 60mila detenuti attualmente rinchiusi nelle patrie galere costano più o meno 18 milioni di euro al giorno, 36 miliardi di vecchie lire ogni singolo giorno che il Signore manda sulla terra.

Se volete leggere la lettera integralmente, la trovate qui. E naturalmente la domanda - il titolo del post - che sarebbe interessante rivolgere ad Alfano rimane.

giovedì 20 agosto 2009

Come cucinare un gatto morto (mentre è in corso una collisione)

Pare che mentre il piccolo Piper impattava con l'elicottero sopra l'Hudson, il controllore di volo stesse parlando con la fidanzata di come cucinare sul barbecue un gatto morto. Ecco, io l'avrei licenziato solo per questo...

30 anni di rincoglionimento collettivo spiegati in un film

Il prossimo novembre uscirà Videocrazy, del regista italiano, ma residente in Svezia, Erik Gandini. Un film che svela i meccanismi televisivi attraverso i quali, per 30 anni, sono riusciti a plasmare utilizzando la tv la coscienza collettiva degli italiani.

Dacci oggi la nostra sabbia quotidiana

Forse almeno un merito il terremoto d'Abruzzo l'ha avuto: si è cominciato a parlare di sabbia. No, non la sabbia del mare. Cioè, sì, quella del mare, utilizzata però per costruirci i palazzi. Ricordate? Tutto cominciò i giorni immediatamente successivi a quel tremendo 6 aprile, quando venne alla luce che l'ospedale de L'Aquila, reso per il 90% inagibile dal sisma, era stato per buona parte costruito con cemento impastato a sabbia del mare. Da quel punto in poi è come se si fosse scoperchiato una specie di pentolone, che ha continuato, e continua tuttora, a vomitare storie e storiacce inerenti questo particolare (e pericoloso) "malcostume" edilizio, diciamo così.

I giornali hanno cominciato a scrivere di quanto accade in particolar modo al centrosud, dove pare che buona parte del patrimonio immobiliare sia stato costruito nel corso degli anni in questo modo. Storie che non riguardano solo le normali abitazioni e i palazzi, ma anche infrastrutture come il viadotto sulla Caltanissetta-Gela, sul cui cedimento, avvenuto a inizio estate, la locale procura è attualmente al lavoro per verificare collegamenti con le inchieste che sta conducendo sul calcestruzzo depotenziato. E' stata poi la volta dell'incredibile episodio venuto alla luce ad Agrigento, dove l'intero locale ospedale è stato posto sotto sequestro ed evacuato perché le analisi strutturali effettuate hanno certificato che potrebbe venire giù... col vento. Qualche giorno dopo (arriviamo ai primi di giugno) si è fatto vivo pure Bertolaso, il quale, per tagliare la testa al toro, ha dichiarato che in Italia ci sono circa 500 (cinquecento) ospedali che in caso di sisma potrebbero crollare e che per rimediare a questa situazione occorrerebbero una decina di finanziarie.

Il famoso malcostume cui accennavo prima, quindi, comincia a spostarsi. Vengono alla luce nuovi casi che testimoniano che non è solo il meridione a essere flagellato da questa piaga. E, a conferma di ciò, l'ultima storia, che risale all'altro ieri, arriva da Ostia, dove il comune ha ordinato lo sgombero forzato di alcune palazzine di sua proprietà perché a forte rischio crollo - in questo caso il cemento depotenziato è indicato come "leggenda". Insomma, pare che queste storie comincino a uscire con una certa frequenza dai trafiletti delle cronache locali per occupare le prime pagine dei giornali. Non che sia molto di consolazione, però...

mercoledì 19 agosto 2009

Forse ormai l'abbiamo metabolizzato

Il razzismo, intendo. Può essere che sia perché ormai gli episodi sono talmente tanti che non ci facciamo più caso. Così, magari, con un abile arzigogolo verbale suggellato da una delibera comunale, può darsi che venga giustificato (per non dare troppo nell'occhio) questa volta da motivi "urbanistici".

BERGAMO - Niente kebab nel centro storico di Capriate, nel bergamasco. Gli imprenditori stranieri che decideranno di aprire una attività nella cittadina, dovranno fare i conti con una delibera della giunta comunale leghista che vieta l'apertura di locali pubblici gestiti da immigrati nella centralissima via Vittorio Veneto. La decisione è stata presa nei giorni scorsi dall'amministrazione comunale e ha già provocato polemiche. Il divieto non vale infatti per gli imprenditori italiani che vorranno aprire pub o ristoranti nella zona. In paese c'é chi parla di discriminazione razziale, ma la giunta si difende spiegando che si tratta invece di una scelta dettata da esigenze di carattere urbanistico. (fonte)

Gli immigrati non rubano il lavoro agli italiani. Chi glielo dice ai leghisti adesso?

Beh, pare proprio che uno dei puntelli, forse il principale, sui quali si reggeva (e si regge tuttora) gran parte della propaganda leghista sia destinato a cadere. La Banca d'Italia, infatti, ha pubblicato uno studio intitolato "L'economia delle regioni italiane nell'anno 2008" dal quale si evince sostanzialmente che non è vero, come affermato da molti - non solo leghisti, per la verità -, che la crescita di manodopera straniera ha come effetto quello di sottrarre possibilità di lavoro alla manodopera nazionale, ma in alcuni casi è addirittura il contrario. Vediamo di approfondire un po'.

Lo studio - per chi ha voglia si spulciarselo è disponibile qui in pdf (la parte relativa al rapporto immigrazione/lavoro la trovate da pag. 62) - fissa sostanzialmente due punti. Il primo, come già detto, mette in discussione il famoso cavallo di battaglia della lega. Scrive Bankitalia (il neretto è mio):

L’afflusso di immigrati dall’estero nell’ultimo decennio ha sostenuto la crescita dell’occupazione in Italia, contribuendo a contrastare il progressivo invecchiamento della popolazione. Gli stranieri hanno un tasso di occupazione superiore a quello degli italiani e percepiscono redditi da lavoro significativamente inferiori; a ciò contribuiscono un più basso livello di scolarità e una maggiore concentrazione in settori e mansioni a minor contenuto professionale e in imprese mediamente meno produttive.
[...]
La crescita della presenza straniera non si è riflessa in minori opportunità occupazionali per gli italiani, che sembrano invece accrescersi per gli italiani più istruiti e per le donne.

In sostanza, Bankitalia non ha fatto altro che certificare quello che è sotto gli occhi di tutti, e cioè che la maggior parte della manodopera straniera va a coprire quei buchi rappresentati dai lavori a più basso reddito, considerati "umili" e in genere più faticosi degli altri: esattamente quelli che gli italiani in genere non vogliono fare. A questo si aggiunge il secondo punto interessante evidenziato sempre dall'istituto di via Nazionale.

Nostre analisi [di Bankitalia, nda] che tengono conto delle diverse caratteristiche individuali e dei mercati locali del lavoro, evidenziano in particolare l'esistenza di complementarietà tra gli stranieri e gli italialini più istruiti e le donne. Per queste ultime, la crescente presenza straniera attenuerebbe i vincoli legati alla presenza di figli e all'assistenza dei familiari più anziani, permettendo di aumentare l'offerta di lavoro. L'afflusso di lavoratori stranieri impiegati con mansioni tecniche e operaie può, inoltre, aver sostenuto la domanda di lavoro per funzioni gestionali e amministrative, che richiedono qualifiche più elevate, maggiormente rappresentate dagli italiani.

Non mi pare che questo paragrafo necessiti di grosse spiegazioni. Se io, donna, magari avvocato, manager, insegnante, ho la possibilità di contare su una colf o una babysitter che mi permetta di dedicare maggior tempo ed energie alla mia attività, il vantaggio è per entrambi: mio, che posso svolgere al meglio la mia professione, e di chi mi assiste i familiari a casa, professione anche questa a tutti gli effetti. Ecco la sinergia, la "complementarietà" di cui parla la Banca d'Italia nel suo studio.

Ovviamente, un tale documento, ripreso da tutte le principale testate, non poteva passare inosservato e lasciare indifferenti gli alti vertici leghisti. Il primo a farsi avanti per tentare di rimettere le cose a posto (a posto secondo loro, ovviamente) è il fine intellettuale Borghezio, secondo cui "E' una colossale balla che gli immigrati non tolgono lavoro agli italiani. Ed è opportuno che le istituzioni non contribuiscano a diffonderla". Ora, mi rendo perfettamente conto che ognuno ha la sua verità e che è giusto che cerchi di difenderla in tutti i modi. E d'altra parte come si fa non comprendere il travaso di bile di Borghezio? Scusate, a voi non capiterebbe lo stesso? Se qualcuno (metti ad esempio il centro studi della Banca d'Italia) se ne venisse fuori con uno studio documentato che di punto in bianco mette in discussione tutta la demagogia e i ragionamenti fatti con la pancia dati in pasto agli elettori, che hanno caratterizzato la vostra propaganda populista degli ultimi anni, non vi incavolereste un pochino? E non avreste delle ottime ragioni, quindi, a pretendere che le istituzioni non pubblicizzino tale documento? Visto che Borghezio in quest'occasione sembra un fiume in piena, direi di andare avanti e divertirci un altro po'.

"Io non credo a questa leggenda - sottolinea Borghezio - perché vedo una realtà molto diversa e Bossi ci ha insegnato a ragionare con quello che vediamo". Ecco, ragionare con quello che si vede è il peggior insegnamento che si possa dare a chi non riesce a vedere oltre il proprio naso. Se poi l'insegnante di riferimento è un soggetto di tale levatura...

Quel che vedo con i miei occhi - spiega - è che c'é un problema ancora vivo di cassa integrazione e licenziamenti per i nostri operai. Qui, certamente, il buon Borghezio non sbaglia. E' verissimo infatti che molte imprese, del nord come del sud, chiudono, o sono a rischio chiusura, o comunque continuano a fare massiccio ricorso alla cassa integrazione. Ma la domanda è: la lega dov'è? Borghezio dov'è? Cosa fa oltre a starsene all'europarlamento? Si è recentemente chiuso positivamente il caso Inns, l'azienda di Milano (di Milano!) salita alla ribalta nazionale per gli operai che per giorni, per cercare di salvare l'azienda dalla chiusura, se ne sono rimasti appollaiati su una gru a 50 metri da terra. Chi c'era al loro fianco a parte i colleghi di lavoro, le famiglie e le rappresentanze sindacali? Qualcuno ha visto per caso Borghezio o qualche esponente leghista nei paraggi? Qualcuno che abbia almeno rilasciato qualche dichiarazione di solidarietà? Era forse troppo impegnato ad andarsene a spasso col maiale per dissacrare qualche terreno da destinare a qualche moschea? (ah no, quello era Calderoli...). Borghezio dice che Bossi gli ha insegnato a ragionare con quello che si vede. Evidentemente la Inns era un'azienda troppo piccola (in fondo appena una cinquantina di operai) da vedere.

Ancora. Dov'era la Lega (e Borghezio) quando a gennaio scorso 850 lavoratori di Malpensa venivano messi in cassa integrazione in seguito alle conseguenze dell'accordo tra la nuova Alitalia di Colanninno e AirFrance, che di fatto ha penalizzato e ridimensionato enormemente lo scalo varesino in favore di Fiumicino, a Roma? Dov'era Borghezio? Boh, non si sa. Come non si sa come mai sia da tempo passata sotto silenzio questa storia. Avete notato? Una delle più grandi battaglie condotte dalla Lega (dalla base, però), quella di Malpensa (ricordate i titoloni de La Padania? "Futuri disoccupati... Grazie a Roma...") e della difesa dei lavoratori dello scalo varesino, nessuno parla più. Come mai? Massì, meglio soprassedere, meglio fare finta di niente e tornare a dare la colpa di tutti i mali del nostro paese ai lavoratori stranieri, giusto per continuare a tenere sotto sedativo gli elettori leghisti che magari cominciano a mostrare qualche segno di risveglio dal letargo.

martedì 18 agosto 2009

La scuola prima di tutto

Che a questo governo gliene sia sempre fregato poco della scuola era noto. Adesso è ufficiale.

Ciò significa che per tre anni consecutivi, a partire dal prossimo 1° settembre, spariranno circa 14 mila posti di personale Ata: in tutto 42.000 unità che verranno meno a seguito del piano di "razionalizzazione" avviato dal governo con l'ultima finanziaria.
Il piano attuativo dei tagli si abbatterà totalmente sul personale precario: un lavoratore Ata della scuola su tre viene infatti annualmente richiamato in servizio a settembre, dopo la scadenza del suo contratto avvenuta al termine dell'anno scolastico precedente (in genere il 30 giugno, per i più fortunati il 31 agosto).

(via Sole24Ore)

Per un'ora di bergamasco non so cosa darei...

Beh, nel frattempo la Lega si è fatta da moto di stizza a partito di governo, ma in vent’anni di manovre, urla e celodurismi le sue istanze sono al punto di partenza. Anzi, peggio, perché si va felicitando di un nuovo equilibrio assai meno conveniente, per il nord, di quello che si è rotto vent’anni fa: un compromesso per cui il Nord fornisce voti al governo e soldi alle sue clientele ottenendo in cambio solo simboli: simboli vuoti fatti di bandiere, inni, dialetti.

Una nuova Cassa per il mezzogiorno in cambio di un’ora di bergamasco alle medie: davvero straordinario il risultato della sua vita in politica, ministro Bossi.

(via Gilioli)

Confcommercio e la "canzone del pessimismo" (che non vale per i telefonini)

Se provassimo a seguire il pensiero (il)logico di qualcuno di nostra conoscenza, verrebbe quasi da dire che la nota associazione che raggruppa i commercianti si sia accodata a una certa sinistra colpevole di continuare a cantare la canzone del pessimismo. Effettivamente, i dati pubblicati ieri da Confcommercio e ripresi da tutti i giornali e telegiornali (manigoldi!) lasciano poco margine ad ambivalenze o a dubbi interpretativi. Curiosità: Confcommercio è la stessa associazione che non più tardi di un mesetto fa annunciava che il peggio era passato, che la maggior parte delle famiglie non aveva gettato la spugna e guardava al futuro con ottimismo (vi ricorda qualcosa?).

Beh, analizzando un po' i dati resi noti ieri, si evince chiaramente che riguardo ai telefonini, la spugna, le famiglie non l'hanno gettata sicuramente, anzi. Ecco infatti cosa riporta il sito dell'associazione in merito.

Calano i consumi delle famiglie nel 2008 (-1%) con una accentuata flessione per auto e moto (-15,1%), servizi di trasporto (-7,4%), elettrodomestici (-7,1%) e alcuni prodotti alimentari tra cui i prodotti ittici (-5,4%); bene, invece, i prodotti per la telefonia (+15,4%), le attrezzature per la casa e il giardino (+14,3%), i tessuti per la casa (+4,7%). Negli ultimi sette anni si registra un vero e proprio boom nell’acquisto di telefonini (+189%).

Sempre Confcommercio aggiunge poi che una lieve ripresa ci sarà nel 2010 e un ulteriore consolidamento nel 2011. Ma quello che è più interessante sono i dati.

Dalle percentuali, infatti, risulta che in media si rinuncia a comprarsi uno scooter, una macchina, si mangia meno pesce e carne ma al telefonino non si rinuncia - è infatti l'unico segmento in crescita, sia nel breve che nel lungo periodo. La cosa curiosa è che tutto ciò avviene nonostante le tariffe di telefonia mobile siano in Italia mediamente tra le più alte rispetto a tutto il resto d'Europa (rispetto all'Olanda, ad esempio, lo sono per il triplo), almeno secondo quanto affermato da uno studio dell'Ocse.

L’Italia primeggia in Europa per diffusione di telefonini (numero per abitante), ma si distingue anche per i costi delle tariffe, con bollette del valore triplo di quella olandese.
Il telefonino è più caro per chi ne fa un uso medio-basso, mentre è poco più conveniente per chi lo usa con più frequenza.
Sono alcune evidenze di uno studio Ocse, secondo cui nella classifica dei 28 Paesi presi in esame, l'Italia si posiziona sempre nella metà con i costi più alti: occupa infatti la 19esima posizione nel caso di utilizzo moderato del telefonino, la 20esima per chi fa un uso medio, la 16esima per chi invece ne fa un uso intensivo. (fonte)

Insomma, non importa la crisi, non importano le supertariffe, non importa che un giorno sì e l'altro pure qualche compagnia telefonica venga multata per pubblicità ingannevole, non importa che continuino a succhiarci soldi e spesso a truffarci con suonerie, loghi, oroscopi, canzoncine stupide e cretinate varie: al telefonino non si rinuncia.

Amen.

lunedì 17 agosto 2009

Smarrimenti

Secondo voi riusciranno mai a trovarla?


(via Repubblica)

Esternazioni a Ponte di Legno

Ponte di Legno è un bel paese alpino: piccolo, raccolto, tranquillo. Ci si arriva agevolmente scendendo giù dal Tonale verso Brescia. Ricordo di averlo visitato, qualche anno fa, mentre mi trovavo in villeggiatura con la famiglia a Vermiglio.

Ponte di Legno è anche - purtroppo, verrebbe da dire - una delle roccaforti della Lega, il posto in cui avvengono i raduni, gli incontri, e dove Umberto Bossi si reca ogni estate in vacanza, occasione questa in cui in più di ogni altra ne approfitta per dare fiato alle trombe. Anche quest'anno, naturalmente, c'è andato e i media non hanno perso tempo nel riportare qualche sua altra dichiarazione. Lo so, ci sarebbero cose più importanti a cui dedicare un post, ma suvvia, mezza Italia è in vacanza, lasciate divertire un po' anche me.

Sostanzialmente le - come chiamarle? - "cose" che raccontano i vari esponenti del carroccio sono sempre quelle, girano sempre attorno ai soliti argomenti. Ma si sa, l'elettorato medio della Lega non dà peso a queste inezie, l'importante è recarsi ai raduni vestiti da Obelix o da druido celtico e quelli lassù, dal palco, possono raccontare qualsiasi cosa, non ha importanza. Ecco che infatti, in ossequio a questa ciclica tendenza, Bossi è tornato alla carica con un vecchio cavallo di battaglia: l'inno di Mameli.

"Quando cantiamo il nostro inno, Và pensiero - il celebre coro del Nabucco di Verdi n.d.r. - tutti lo cantano perchè si conoscono le parole, non succede come con l'inno italiano che invece nessuno conosce".

Non so di preciso quanti siano gli italiani che non conoscono l'inno di Mameli. Due categorie sicuramente: i calciatori e lo stesso Bossi, giusto per dirne un paio. I calciatori si vede facilmente che non lo conoscono, basta guardare l'inizio di una qualsiasi competizione internazionale per rendersene conto. Bossi, invece, oltre a non conoscerne il testo non ne conosce neppure il significato, e questo lo ha portato a fare la famosa figura barbina dell'anno scorso, quando a un altro raduno, questa volta in Veneto, si scagliò contro il celebre versetto "che schiava di Roma Iddio la creò" pensando che Mameli, che probabilmente si starà ancora rigirando nella tomba, si riferisse all'Italia, mentre invece era alla Dea Vittoria. Oddio, non è che da questi signori si possa pretendere più di tanto, intendiamoci, ma suscita comunque ilarità il fatto che siano gli stessi che fanno le crociate contro gli insegnanti meridionali o per l'introduzione del dialetto nelle scuole.

Proseguiamo. Bossi, sempre a Ponte di Legno, ha poi presentato il trailer del film Barbarossa, che dovrebbe uscire in Italia a ottobre. Si tratta, come si evince facilmente dal titolo, di un film (scheda qui) che narra alcune delle gesta del famoso condottiero discendente dalla nobile famiglia tedesca degli Hohenstaufen. Bossi tiene molto a questa pellicola, come testimoniano alcuni passaggi ("perchè c'è Bossi che mi sta facendo una testa tanto [...] con questo cavolo di .. fiction .. di Barbarossa") di una nota intercettazione telefonica tra Berlusconi e Saccà. Chissà se lo stesso Bossi avrà avvisato (sempre ammesso che ne sia al corrente) che il regista, Martinelli, per riparmiare sui costi non solo ha utilizzato i rom (sì, avete capito bene) come comparse, ma ha addirittura girato gran parte delle scene in Romania al posto della gloriosa Legnano? Beh, non ha importanza, Bossi ai vari Obelix intevenuti ieri a Ponte di Legno non l'avrà sicuramente detto.

Al mitico raduno leghista è quindi arrivato Calderoli, un altro che in quanto a cultura non è secondo a nessuno, rilanciando ancora una volta la balzana idea di introdurre lo studio dei dialetti nelle scuole. Che non è più solo un'idea, almeno stando a quanto ha raccontato, ma ci sarebbe già in cantiere un progetto di legge apposito da presentare in Parlamento. Non so fino a che punto le trovate estive che sfornano in abbondanza questi signori possano essere considerate... trovate estive, appunto. Tenete sempre presente che questa gente è al governo e che cose come le ronde e il reato di immigrazione clandestina, impensabili fino a solo un paio di anni fa, sono diventate legge grazie a loro. Se a questo si aggiunge che perfino la Gelmini sulla questione dei dialetti non pare essersi buttata via, ecco che il cerchio comincia a chiudersi.

Racconta Repubblica che Bossi pare non abbia saputo trattenere le lacrime alla visione del trailer del film Barbarossa. Ecco, se penso a cosa ci aspetta in settembre, alla ripresa dei lavori parlamentari, qualche lacrima viene anche a me. Ma per tutti altri motivi.