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sabato 30 aprile 2016
Bergoglio e l'infallibilità papale
Naturalmente chi non è cattolico tende solitamente a relegare la faccenda dell'infallibilità nella categoria L'angolo dell'umorismo, tipo quello della Settimana Enigmistica, per intenderci, mentre i devoti cattolici cercano solitamente di eludere come meglio possono le inevitabili sfumature di imbarazzo che tale dogma presenta loro.
Comunque tranquilli, la faccenda morirà qui e non se ne parlerà più.
Cosa facevo trent'anni fa?
Di internet a quell'epoca non c'era ovviamente traccia, come del resto non c'era traccia di pc né di telefonini (il primo lo acquistai, se non ricordo male, a metà degli anni '90, ma non sono sicuro). Niente cellulari, niente internet, niente blog, niente social, eppure mica si stava male, anzi. Lo so, si dice sempre così, ma credo sia proprio vero. Il primo pc lo comprai solo nel 2001, un bel pc nuovo di zecca (ben 512 MB di RAM, che allora sembravano chissà che cosa) su cui girava il leggendario Windows Xp, che aveva da poco visto la luce e che era agli inizi uno dei sistemi operativi più bacati di tutta la storia dell'informatica - anche in seguito non è che le cose siano poi cambiate granché, a dire il vero. Erano i tempi in cui ti potevi beccare virus in qualsiasi modo: tramite mail, tramite floppy o cd, visualizzando certi siti, insomma si facevano di quelle collezioni...
Quando lo comprai, qui a Poggio Torriana (allora Poggio Berni) non c'era neppure l'adsl, che sarebbe arrivata solo nel 2007, e per navigare mi collegavo alla rete coi vecchi modem analogici a 56K, quelli che quando attivavi la connessione internet emettevano suoni molto simili a quelli che si odono ancora oggi telefonando a un fax. Ovviamente la connessione, oltre a essere lentissima (i video su Youtube erano pura utopia, a meno che si avesse voglia di fare almeno mezzora di buffering preventivo) era a tariffa oraria, e quindi si controllava quanto si stava connessi onde evitare salassi in bolletta, senza contare che quando ci si connetteva a internet veniva occupata la linea telefonica, quindi il telefono era muto con annessi relativi disagi.
Rispetto a quei tempi è passata più di un'era geologica, "connettivamente" parlando; oggi c'è il ruoter always on a cui si può collegare ciò che si vuole, tutto il tempo che si vuole e senza sorprese in bolletta, e siamo tutti più felici, no?
Sì, può darsi, ma i tempi del mio Ciao Px fumo di Londra...
Pannoloni e pannolini (e suicidio demografico)
Quelli de Il Foglio, assieme al Giornale e Libero (da un po' di tempo è ottima anche L'Unità) uno dei migliori prodotti per incartare il pesce, lanciano uno dei loro formidabili scoop, svelando - udite udite! - che il mistero del suicidio demografico dell'Europa si spiega con l'aumento delle vendite dei pannoloni in concomitanza con la contrazione delle vendite dei pannolini. Ora, potremmo provare a spiegare a questi veri e propri segugi dello scoop che, anche senza tirare in ballo il mercato dei pannolini, si poteva constatare la cosa con due semplici clic del mouse su un motore di ricerca e consultare la prima tabella di andamento demografico in Europa che fosse capitata a tiro. Solo che così lo scoop sarebbe andato a farsi benedire: meglio i pannoloni.
Tra l'altro non ho capito bene la questione del suicidio. Cosa significa suicidio demografico? La popolazione europea è in costante aumento, mica diminuisce. Viaggia attualmente sui 750 milioni di individui e si prevede che supererà gli 800 nel 2050. Non vedo alcun suicidio, a meno che quelli del Foglio si riferiscano alla composizione demografica, che registra un costante aumento del tasso di invecchiamento perché in Europa, come del resto qui in Italia, non si fanno più figli - ma a riequilibrare la situazione provvedono notoriamente gli immigrati. Insomma, io 'sto suicidio demografico non lo vedo, vedo semmai un progressivo suicidio del giornalismo di qualità, ma questo è un altro discorso.
giovedì 28 aprile 2016
Nazareno (di nuovo)
Chissà se a qualche elettore del Pd, magari in uno dei rari momenti di connessione sinaptica funzionante, è mai tornata alla memoria l'aura di rottamatore che il tipo di Rignano si era costruito con così tanta perizia ai suoi esordi.
mercoledì 27 aprile 2016
Per i nostalgici del conflitto d'interessi
Per quelli, ingenui o in malafede, che pensavano che fosse finita l'epoca delle leggi ad personam e dei conflitti d'interesse, c'è da segnalare che i verdiniani, tra i pilastri del governo Renzi, si opporranno strenuamente alla proposta di aumento dei tempi di prescrizione per i reati commessi dai colletti bianchi. Perché se passasse, per Verdini potrebbe mettersi male.
Il bello è che poi s'incazzano con Davigo quando denuncia proprio queste cose qua.
martedì 26 aprile 2016
Crocifissi e motivazioni
Odifreddi e il suo NO al referendum costituzionale di ottobre
A quell’elezione ha partecipato solo il 75% degli aventi diritto. In realtà, dunque, sia il centro-sinistra che il centro-destra non rappresenta(va)no in Parlamento che il 22% circa degli elettori, e il Movimento Cinque Stelle il 19% circa: tutte piccole minoranze, cioè. Ma il centro-sinistra ha comunque ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera, grazie appunto all’indegna legge maggioritaria.
Come se non bastasse, la Corte Costituzionale ha dichiarato in seguito incostituzionale l’abnorme premio di maggioranza da essa assegnato, pur non annullando le elezioni e non dichiarando decaduto il Parlamento eletto con la “legge truffa”. La decenza politica avrebbe comunque richiesto che un tale Parlamento si limitasse a gestire l’ordinaria amministrazione, invece di arrogarsi addirittura il diritto di cambiare una Costituzione approvata a suo tempo nei ben diversi modi descritti sopra, e per cambiare la quale l’elettorato non aveva dato alcun mandato esplicito.
Alla faccia della decenza, a volere e a fare la riforma è stato invece un Partito Democratico che rappresenta soltanto il 25% dei voti espressi, pari a circa il 18% degli aventi diritto (dunque, meno del Movimento Cinque Stelle), ma che ha alla Camera ben 297 seggi, ottenuti grazie a un premio di maggioranza che però veniva assegnato alle coalizioni, e non ai partiti! Peccato che quelle coalizioni ora non esistono più, perché si sono sfaldate nei tre anni di legislatura, con la conseguente transumanza di deputati e senatori da un gruppo parlamentare all’altro.
Per completare il quadro va ricordato che il governo è presieduto da Matteo Renzi, che non era candidato alle elezioni del 2013, e ha scalato Palazzo Chigi grazie alle sole primarie di fine 2013 per la segreteria del Partito Democratico: elezioni alle quali hanno preso parte meno di tre milioni di elettori, cioè solo circa il 6% dell’elettorato, meno di due milioni dei quali hanno votato per Renzi.
Articolo completo qui.
lunedì 25 aprile 2016
Il codice del traditore
Sia messo agli atti che della conquista dello scudetto da parte della Juventus non mi frega una beata fava, e dicasi lo stesso per la vittoria di Valentino in Spagna. Non per snobismo, ovviamente, ma semplicemente perché non mi interesso di sport ma di altre cose, come i libri, ad esempio (ma va'? Scommetto dirà qualcuno).
Tra ieri e oggi ho letto Il codice del traditore, un libro che si inserisce nel fin troppo inflazionato filone dei thriller storico-medievali con contorni di biblioteche, abbazie, cattedrali gotiche, codici segreti, complotti e via dicendo, e che narra di un complotto ordito per uccidere il re d'Inghilterra durante la guerra civile che insanguinò quelle terre nei primi decenni del 1600. Il libro è discretamente noioso e con poco mordente, e anche la trama non brilla per originalità. Gli unici aspetti interessanti riguardano la descrizione del contesto storico in cui si inserisce la vicenda, compresi molti particolari sulla vita, le usanze, le leggi e più in generale la vita dell'Inghilterra del 1600. In ogni caso, tutto molto più interessante delle vicende riguardanti la Juve o Valentino.
domenica 24 aprile 2016
Il bazar dei brutti sogni
Alla fine, nonostante abbia letto e legga regolarmente opere di tantissimi altri autori, Stephen King, che cominciai a leggere da ragazzino e che mi tiene compagnia ancora oggi, rimane sempre il mio preferito - e che il cielo gli conceda di vivere ancora a lungo. Amo sia i suoi romanzi oceanici, quelli "che coinvolgono profondamente autore e lettore, nei quali la narrativa ha occasione di diventare quasi un mondo reale", che le antologie di racconti come questa che ho appena terminato di leggere.
Sono piccoli affreschi, pezzi di vita, storie coinvolgenti, in cui l'autore mescola sapientemente, con la nota maestria che lo distingue, l'ironia, la paura, la ferocia, l'amore, la malinconia. Peculiarità di questa opera: King scrive una breve introduzione a ogni storia, raccontando la genesi e le vicende della vita reale (letture, fatti, situazioni) che ne hanno ispirato le relative stesure.
(...)
Se fossi stronzo, avrei piacere che il greggio fuoriuscito si sversasse in mare e contaminasse la costa ligure solo come smentita alla odiosa sicumera di Toti. Per fortuna la mia pur modesta intelligenza mi permette di tenere posizioni un tantino più elevate.
sabato 23 aprile 2016
Giornata mondiale del libro
Tra le tante giornate mondiali di qualcosa che ci vengono propinate ogni giorno, oggi c'è quella del libro. Non ho mai capito fino in fondo il senso di queste celebrazioni (ufficialmente sono una forma di sensibilizzazione su un tema specifico), dal momento che dal giorno successivo ogni traccia della suddetta sensibilizzazione svanisce come polvere al vento, ma questo è. Leggo su Wikipedia che l'istituzione di questa giornata il 23 aprile non è casuale, ma scelta perché nel 1616 morirono tre grandissimi scrittori: Miguel de Cervantes, William Shakespeare e tale Inca Garcilaso de la Vega, quest'ultimo a me totalmente sconosciuto - abbiate pazienza, mica sono Umberto Eco, eh. In realtà l'accorpamento di questi tre nomi è frutto di una forzatura, dal momento che il 23 aprile di Shakespeare è riferito al calendario giuliano, ma non stiamo troppo a sottilizzare.
I libri, è noto, sono la bestia nera degli italiani, come si evince da ogni dato reperibile. Oltre il 60% della popolazione italiana sopra i sei anni non ne apre neppure uno all'anno, e non è che ci sia granché da commentare. Sì, lo so, leggere richiede tempo, un certo impegno e una propensione abbastanza elevata a tenere desta l'attenzione, e capisco perfettamente che chi arrivi a casa la sera dopo una giornata di lavoro, magari portando sul groppone incazzature e scazzi con colleghi e superiori, preferisca di gran lunga buttarsi nel dopo cena sulla televisione, che non richiede al cervello alcuno sforzo particolare. Però è una giustificazione che regge fino a un certo punto, probabilmente è più un alibi, dal momento che non penso che tutti quelli che non leggono perché non hanno tempo abbiano i weekend sempre impegnati. La verità è che la lettura, come ogni altra cosa, è una passione, e se non si ha non si ha, specie se fin da piccoli non si è stati abituati a prendere con essa confidenza. Come infatti scrive l'Istat, "La propensione alla lettura è fortemente condizionata dall'ambiente familiare: leggono libri il 66,9% dei ragazzi tra i 6 e i 14 anni con entrambi i genitori lettori, contro il 32,7% di quelli con genitori che non leggono libri."
L'aspetto curioso, a tal proposito, è che l'istituto di statistica classifica come "forti lettori" quelli che leggono un libro al mese, dal che deduco che la mia non sia più una passione ma una patologia, da cui ovviamente non voglio guarire.
venerdì 22 aprile 2016
Gasparri e Prince
Scrivere a penna
Prendo spunto da questo bel post di Gwendalyne per fare finalmente outing: non so più scrivere a penna. Finora ho sempre cercato di far finta che non fosse vero, ho continuato a negare a me stesso che fosse diventato difficoltoso farlo, ma non è che si possa mentire a se stessi per sempre. Intendiamoci, se prendo carta e penna scrivo, ma non lo faccio più con la stessa naturalezza di quando andavo a scuola - ricordo ancora le soste obbligate per fare riposare la mano dopo aver riempito pile di fogli protocollo. La mia scrittura a penna non è più pronta, scorrevole, lineare, e spesso devo addirittura ripassare alcune lettere a causa della forma che do ad esse, che le fa sembrare degli indecifrabili sgorbi.
Non c'è nessun mistero in tutto ciò: non so più scrivere a penna perché non ho più occasioni per farlo. Sono uno che scrive parecchio, ma lo faccio solo tramite pc o cellulare (ultimamente più quest'ultimo, credo). Ho scritto col cellulare anche un paio di racconti di quelli che trovate elencati nei link qui di fianco, per dire. Accade così per tutto, non solo per la scrittura. Se da oggi smettessi ad esempio di guidare la macchina, tra vent'anni non ricorderei più come si fa e dovrei fare pratica per riabituarmi, e lo stesso discorso vale per la scrittura. È un male? Non lo so, penso che faccia tutto parte del naturale evolversi delle cose. Ovviamente un po' mi dispiace, ma che ci posso fare?
Prince in magazzino
Mi spiace che sia morto Prince, anche se a me il suo genere musicale non ha mai detto granché. Mi spiace soprattutto perché qui in magazzino RDS ci sta fracassando le appendici pendule coi suoi pezzi (l'ultima volta che ne trasmise uno, prima di oggi, potrebbe essere stato un paio d'anni fa).
mercoledì 20 aprile 2016
Neppure Farage?
Piercamillo Davigo
Mi piaceva (e mi piace ancora), Davigo, perché cose semplici, intelligenti e di buon senso non le dice più nessuno, oggi. Volete una prova? Ascoltate per 10 minuti, non di più, un qualsiasi politico che parli in tv e provate a verificare se qualcuno dei tre aggettivi che ho citato sopra possa essere associato alle cose dette in quei 10 minuti. Avrete scoperto, se già non lo sapevate, che dai politici escono in genere solo ovvietà, banalità, balle e populismo, nient'altro. Mi si obietterà che un politico, a differenza di un magistrato, è una persona che deve guadagnare (o mantenere) voti e consenso, quindi da un certo punto di vista è normale che il suo tipo di dialettica sia un po' sopra le righe, pure un po' romanzato e fantasioso. Concesso. Ma la linea che divide il romanzato e il fantasioso dalle palle plateali i politici la travalicano fin troppo spesso, mi pare.
Ecco perché mi è piaciuta assai l'intervista concessa da Piercamillo Davigo a Marco Travaglio sul Fatto di oggi. Perché con poche, semplici e intelligenti battute ha liquidato gli attacchi e le accuse di Renzi alla magistratura degli ultimi tempi - a proposito: il ragazzo sembra stia diventando nervosetto, ultimamente, o è un'impressione mia? - attacchi molto più frequenti da quando la Procura di Potenza ha cominciato a mettere il naso in certe faccende petrolifere molto vicine a lui e al suo entourage. Davigo ha smontato, dati alla mano, le accuse alla magistratura di lentezza, di non arrivare mai a sentenza (una sciocchezza astrale: anche una sentenza di prescrizione è appunto una sentenza), senza eludere i temi sempre spinosi delle intercettazioni e della durata dei tempi di prescrizione.
Ascoltare Davigo fa bene, sempre.
martedì 19 aprile 2016
Il terremoto in Ecuador e la nostra mente
Mentre riflettevo su questa cosa, mi è venuto in mente ciò che scrisse Umberto Galimberti in un suo saggio che lessi l'anno scorso - il titolo mi sfugge, abbiate pazienza. Riassumendo brutalmente, il noto sociologo diceva che il sostanziale disinteresse per tragedie che avvengono lontano da noi non è cinismo, come frettolosamente si potrebbe pensare, ma è conseguenza di un naturale meccanismo psicologico umano, in base al quale la nostra mente tende a interagire e a relazionarsi maggiormente con ciò che accade vicino ad essa e tende a disinteressarsi di ciò che avviene lontano. È lo stesso meccanismo che ci porta ad esempio a disperarci fino alla morte per la dipartita di un congiunto, a dispiacerci molto per la morte di un vicino di casa e a dispiacerci molto poco per la morte di un lontano parente o conoscente che magari abiti pure lontano da noi.
Insomma, se non ricordo male dovrebbe essere così.
lunedì 18 aprile 2016
La demagogia non paga
Tra le esternazioni post consultazione referendaria, la quintessenza dell'egocentrismo ha dichiarato che "essere demagogici non paga." Ora, cosa è la demagogia bene o male lo sappiamo tutti, ma per fugare ogni eventuale dubbio che chiunque può legittimamente avere, riporto pari pari la definizione che ne dà la Treccani, ossia questa: "In origine, genericamente, arte di guidare il popolo; in seguito (già presso gli antichi Greci), la pratica politica tendente a ottenere il consenso delle masse lusingando le loro aspirazioni, specialmente economiche, con promesse difficilmente realizzabili."
Ora, alla luce di questa definizione, alla luce di tutte le palle che ha raccontato da quando è lì (ma anche da prima), alla luce dei famosi 80 euro con cui si comprò gran parte del consenso di cui gode ora, come può dire che la demagogia non paga? Eppure l'ha detto.
(Ci sarebbe anche da commentare quel "300 milioni di euro buttati via" chiedendogli, magari in una di quelle occasioni in cui risponde in diretta ai fans su qualche social, se pensa che i costi del suo nuovo mega aereo presidenziale siano da considerare soldi spesi bene, ma forse è meglio lasciar stare.)
I "tempi" di Repubblica
Mi sono accorto che se si consulta il sito di Repubblica con un dispositivo mobile (smartphone, tablet ecc.), per ogni articolo viene indicato, in minuti, il tempo necessario a leggerlo. Non so se lo facciano anche altri siti, non ho avuto voglia di controllare, ma mi domandavo a chi potesse servire, e a cosa, tale indicazione. Il tempo necessario a leggere un articolo è per caso una sorta di discriminante tra il leggerlo e il saltarlo a pie' pari? Se ci vogliono due minuti sì e se ce ne vogliono cinque no? E poi mi piacerebbe sapere in base a quale parametro si è fatta tale misurazione. La velocità di lettura non è uguale per tutti, ci sono persone che leggono più in fretta e altre più lentamente, alcune che leggono in maniera fluida e scorrevole e altre che hanno più difficoltà a causa di molteplici motivi. Oltretutto c'è da considerare - e non credo che Repubblica l'abbia fatto - che spesso interi periodi necessitano di una rilettura perché molti giornalisti distribuiscono le virgole un po' a pene di cane, quindi capita che il senso del periodo non sia immediatamente comprensibile, di qui la necessità di rileggere il tutto con conseguente ulteriore perdita di tempo.
Ecco, adesso che ho posto all'attenzione dei miei 42 lettori questo fondamentale quesito per l'umanità, vado a fare qualcosa, va'.
domenica 17 aprile 2016
Il fallimento non è del referendum sulle trivelle
Una affluenza tra le più basse della storia recente. Nessuno che fosse sano di mente si aspettava ovviamente il raggiungimento del quorum, ma credo che fosse altrettanto difficile aspettarsi una debacle simile. In fondo non c'è neppure granché da stupirsi. Il quesito era molto tecnico e, come osserva giustamente Malvino sul suo blog, all'italiota medio non si può chiedere di spremere troppo le meningi, specie se ciò richiede lo sforzo di documentarsi un pochino e specie se il quesito referendario non lo tocca da vicino - un ipotetico referendum su una faccenda di calcio, ad esempio, avrebbe ottenuto partecipazioni plebiscitarie.
Quindi siamo punto e a capo, meritiamo tutto ciò che ci capita e tutte le angherie, sapientemente edulcorate, che quotidianamente ci sottopongono quelli lassù, dal momento che ogni volta che siamo chiamati a partecipare a iniziative che possono fare da input a qualche forma di cambiamento ce ne sbattiamo i coglioni e diamo retta a certi figuri orribili, che si ergono a sedicenti salvatori della patria mentre sono solo salvatori di se stessi e dello status quo. Ecco perché il fallimento vero non è del referendum.
sabato 16 aprile 2016
Sabato pomeriggio
Domani andrò a votare
Partiamo da ciò che ha detto Renzi. "Questo referendum riguarda le fonti di approvvigionamento italiane". Falso, o almeno è falso l'enunciato messo giù in questo modo. Il gas e il petrolio ricavato dalle trivelle a rischio chiusura, nel 2015 hanno soddisfatto il totale del fabbisogno italiano rispettivamente nella misura del 3% e 1%. Niente, praticamente. Nessuna apocalittica crisi energetica si aprirebbe in caso di vittoria dei sì (quorum permettendo, ovviamente), né saremmo obbligati a rinunciare all'auto o al condizionatore d'estate. C'è poi lo spettro dei lavoratori a rischio, che il premier agita a ogni comparsata pubblica. Nell'ultima versione riportata da Repubblica, principale house organ del governo, sarebbero ben 11.000. Ovviamente è sufficiente qualche clic su Google (ad esempio qui e qui) per rendersi conto che si tratta di numeri ben poco attinenti alla realtà. In più, da come la buttà giù Renzi sembra che se si dovesse raggiungere il quorum e dovessero vincere i sì, da lunedì i lavoratori sarebbero automaticamente a casa, cosa che ovviamente non è vera perché la prima trivella verrebbe sigillata nel 2018 e l'ultima nel 2034, e non sarebbe certamente difficile ricollocare nel frattempo gli eventuali nuovi disoccupati dal momento che si tratta per la maggior parte di manodopera qualificata.
Queste, ridotte all'osso, sono le principali motivazioni che domani mi spingeranno verso il seggio. Ovviamente da queste parti nessuno si fa grosse illusioni sul raggiungimento del quorum, d'altra parte basta guardare l'andamento statistico dell'istituto referendario negli ultimi lustri per rendersi conto dell'andazzo, ma è anche vero che in passato qualche rara sorpresa c'è stata, e sarà bello vedere le facce di Renzi e Napolitano in caso succeda il miracolo.
venerdì 15 aprile 2016
Consiglio di Stato, canone (e zappa)
Altroché braccia rubate all'agricoltura, questi non saprebbero neppure reggere una zappa.
Avvisiamo Renzi e Napolitano?
Il sempre attento Malvino fa notare sul suo blog che esiste una legge del 1970, attualmente ancora in vigore, che in un suo articolo prevede la punizione con la reclusione da sei mesi a tre anni per «chiunque investito di un pubblico potere [...] si adopera [...] ad indurli [gli elettori] all’astensione».
Che si fa?
giovedì 14 aprile 2016
Di trivelle, di Napolitano e di cittadini
Insomma, per uscire un po' dai pleonasmi e alla luce di quanto ha affermato il tipo di Rignano, le modalità con cui saranno nominati i nuovi senatori non avranno niente di democratico, che è una delle ragioni di rifiuto che i detrattori della riforma rinfacciano al governo fin da quando decise di partire in quarta con questa riforma. Renzi, ovviamente, ha sempre respinto questo addebito, figurarsi, quindi la domanda alla fine è: come vanno inquadrati questi benedetti consigli regionali? È semplice: dipende dai contesti in cui si inseriscono. Se servono per dimostrare che una riforma costituzionale abominevole che darà molto potere all'esecutivo e ne ridurrà i contrappesi è cosa buona e giusta, allora sono democratici; se, viceversa, essi sono promotori di iniziative referendarie che al presidente del consiglio stanno abbondantemente sulle palle, allora sono antidemocratici. Tutto molto semplice, direi.
L'uscita molto infelice di Napolitano a favore dell'astensione, invece, che ha probabilmente provocato una abbondante eiaculazione al premier, non la commento perché non mi sembra ci sia granché da commentare. Uomini pubblici di spicco (politici, prelati ecc.) hanno in ogni occasione di referendum fatto pressioni per tirare acqua al proprio mulino o alla propria parte politica. Penso ad esempio a quella mezza sega di Ruini, che nel 2005, in occasione del referendum abrogativo della legge 40, che naturalmente fallì, andava in televisione ogni tre per due a raccomandare di stare a casa. Oppure penso a quando Craxi, nel '91, nel referendum con cui furono stracciati i voti plurimi di preferenza, invitava le gente ad andare al mare, e si potrebbe continuare. Napolitano, con la sua patetica uscita - d'altra parte è noto che raramente, a memoria, ha preso le parti della società civile - non ha inventato niente di nuovo.
Il bazar dei brutti sogni
mercoledì 13 aprile 2016
L'inondazione
Per la serie "libri in cui t'imbatti casualmente in biblioteca mentre cercavi tutt'altro", ho appena terminato L'inondazione, di Adrián N. Bravi. È la storia di un piccolissimo paese argentino, Río Sauce, che un giorno si ritrova sommerso dall'acqua a causa di una alluvione. Tutti gli abitanti se ne vanno, raccogliendo ciò che possono e abbandonando il paese al suo destino. Morales, un anziano signore settantenne, nato e vissuto sempre in quel paese, decide invece di restare, nella speranza, un giorno, che le acqua si ritirino e il paese torni a popolarsi e alla vita di prima. Trasferisce le cose che gli servono nella soffitta e continua la sua vita lì, circondato dall'acqua e uscendo ogni giorno utilizzando una piccola barca.
Colpisce, di questo romanzo, l'attaccamento di questo anziano signore alle sue cose, alle sue radici, alla sua casa natìa, in definitiva alla sua vita, attaccamento che si manifesterà in tutta la sua pienezza e forza nell'irremovibile rifiuto di venderla a una combriccola di imprenditori cinesi, intenzionati a comprare l'intero villaggio per specularci poi su al ritiro delle acque. L'attaccamento di Morales alla suo paese e alla sua casa, pure in quelle disastrate condizioni, simboleggia la lotta che quotidianamente tantissime persone ingaggiano per non perdere le cose care che hanno e che si sono conquistate magari a caro prezzo nel corso della vita.
Lo chiede lui
Ci sarebbe da far notare che quel "saremo noi a chiederlo", che Renzi tende a far passare come gentile concessione, in realtà non è affatto una gentile concessione ma un passaggio obbligatorio previsto dalla Costituzione, che si pone in essere ogni volta che una modifica costituzionale si attua senza la maggioranza dei due terzi dei parlamentari di ogni Camera.
Così, giusto per amor di precisione.
martedì 12 aprile 2016
Casaleggio
Guardo gli undici (11) articoli sulla dipartita di Casaleggio che HuffingtonPost ha in home page in questo momento (http://archive.is/qlaMk), per non parlare di tutte le altre testate, e ho come l'impressione che la linea che idealmente divide il sacrosanto dovere di cronaca dalla inutile santificazione sia fin troppo sottile.
Impressione personale, ovviamente.
lunedì 11 aprile 2016
Tra Renzi, Grossi e le trivelle
Date queste premesse, mi viene da pensare che Renzi, effettivamente, se fosse stato un uomo con un minimo di senso civico e dello Stato avrebbe dovuto invitare i cittadini ad andare a votare, fosse pure ammantando l'invito di motivazioni a favore del no, la posizione a lui più confacente: non credo ci sarebbe stato niente di male. Il fatto invece che abbia spinto inequivocabilmente perché il referendum fallisca, che implicitamente presuppone l'auspicio che l'avente diritto piuttosto che andare a votare se ne vada al mare o in montagna, dimostra appunto l'immagine che ha lui dei cittadini, e in definitiva dà la dimostrazione palese di cosa è lui stesso.
Consiglio d'Europa, interruzione di gravidanza e dintorni
Là in Europa hanno comunque parecchio fiato da sprecare, dal momento che qua in Italia, specie in certe zone del sud, ci sono percentuali di medici obiettori che oscillano tra l'80 e il 90% del totale - e non saranno certo le loro reprimende a cambiare le cose.
Però la Meloni dice che a Strasburgo "sono ridicoli" e che "In Italia non è troppo difficile abortire: è difficile avere un bambino". Una scemenza di queste dimensioni ce la si poteva aspettare da un Gasparri, un Calderoli o qualcuno di simile, invece è arrivata dalla Meloni, che tutti sappiamo non essere mai stata una grande maître à penser, per carità, ma difficilmente immaginavamo potesse toccare tali vette di sciatteria e insulsaggine. C'è riuscita benissimo.
Ci sarebbe da spendere una parola anche sul commento di Beatrice Lorenzin, ministra della Salute, riassumibile in un laconico "sono stupita". Non si preoccupi, ministra, anche noi siamo stupiti che lei occupi il ruolo che occupa, ma piano piano ci siamo abituati. Abbiamo la fortuna di vivere in un paese dove bene o male ci si abitua a tutto.
domenica 10 aprile 2016
(...)
Cameron e noi
La differenza tra noi e gli inglesi è che là la gente scende in strada per contestare Cameron, per chiederne le dimissioni, mentre qua da noi la gente aspettava il teleimbonitore all'uscita del tribunale per applaudirlo.
Film già visti
Gli argomenti, oggi come allora, sono i medesimi, tutti abbastanza ridicoli e un poco capziosi. Si va dai magistrati che sono lenti e non arrivano mai a sentenza (cosa che è in parte vera, dal momento che da vent'anni in qua alla magistratura, come del resto alla scuola e altrove, vengono regolarmente tagliati fondi e risorse e oltre la metà delle procure italiane è sotto organico) alla diffusione indiscriminata delle maledette intercettazioni, sulle quali Renzi ha già promesso un giro di vite, lo stesso giro di vite tantissime volte promesso (e anche tentato) da Berlusconi. (A margine va detto che Renzi sa benissimo che la diffusione delle intercettazioni è già rigidamente normata e che basterebbe fare rispettare tali norme già esistenti. In aggiunta, non si capisce perché incolpi la magistratura per la diffusione delle summenzionate intercettazioni e non rivolga nemmeno una parola di biasimo ai giornalisti, a tutti gli effetti i veri artefici e anche beneficiari della loro diffusione, ma lasciamo stare.)
Notevolmente ridicolo anche il passaggio di Renzi che riprende pari pari un vecchio concetto espresso ripetutamente dal tipo delle cene eleganti, e cioè che è inammissibile intercettare un ministro, ancor di più il premier. Ovviamente Berlusconi sapeva benissimo che l'intercettato non era lui, ma le utenze dei simpatici signori con cui si intratteneva al telefono, tipo Tarantini, ad esempio; quindi, quando Renzi dice che "Intercettare il capo della Marina rappresenta un pericolo per la sicurezza nazionale" sa benissimo che era l'utenza di chi parlava con lui a essere sotto ascolto e non quella del capo della Marina. Ma è noto che la stragrande maggioranza dei destinatari degli sproloqui di Renzi non conosce certe sottigliezze, quindi se li può intortare come vuole.
E il film si ripete.
L'artista dei veleni
Non so se Stephen King abbia davvero letto questo thriller, scritto nei ritagli di tempo da uno sconosciuto avvocato hawaiano - spesso i crediti e le note di elogio che accompagnano i libri sono totalmente inventati per scopi pubblicitari. Fatto sta che il libro, almeno da metà in poi, inchioda alle pagine, tanti sono i colpi di scena di cui è impregnato, e pure riuscire a trovare la soluzione non è facile - io ci sono riuscito non molto lontano dall'epilogo.
Non conoscevo questo Jonathan Moore, ma chiunque sia è riuscito a raccontare in maniera magistrale la storia di un'ossessione, attraverso le figure di un ricercatore, un medico legale, un ispettore di polizia, una fantomatica e tenebrosa figura di donna a metà tra immaginazione e realtà (donna reale o trasposizione immaginaria nella realtà, da parte del protagonista, dell'immagine di donna raffigurata in un vecchio quadro di un vecchio museo?); e poi storie di veleni, rituali antichi, assenzio, il tutto inserito nella cornice del Golden Gate Bridge e della leggendaria San Francisco.
Ripensandoci, non è poi così improbabile che King l'abbia letto e che gli sia pure piaciuto.
sabato 9 aprile 2016
Aprile
Aprile è quel mese in cui si presenta un sabato pomeriggio qualsiasi, e in quel sabato pomeriggio qualsiasi avresti voglia di andare a fare una bella camminata in collina. Però ci sono certi nuvoloni e non sai bene cosa fare. Allora aspetti un po', tentenni, tieni d'occhio il cielo per cercare di capire come potrebbe evolvere la situazione. Poi vedi uno slargo tra le nubi e pensi che la situazione evolva nel verso giusto; allora ti metti le scarpe, infili gli auricolari ed esci di casa. Il tempo di arrivare dal portico al cancello e arrivano le prime gocce, che non sono neppure gocce ma secchiate.
E ti ricordi che aprile è anche questo.
venerdì 8 aprile 2016
L'eterno problema
Che poi è quello che si ripresenta puntualmente ogni volta che entro in biblioteca: cosa prendo? In genere ho già qualche idea, qualche titolo che mi sono preventivamente appuntato sul cellulare, poi però può succedere che quei titoli non siano disponibili perché già in prestito ad altri, oppure che venga calamitato da altri titoli sugli scaffali. Insomma, sia come sia, difficilmente torno a casa coi libri che mi ero prefissato di prendere.
Sul matrimonio di Bergoglio
La faccenda di come Bergoglio considera i gay, invece, non la commento per decenza.
giovedì 7 aprile 2016
Il papà di Eluana risarcito
Via libera a ministra
Lo so, all'orecchio occorrerà tempo ad abituarsi, ma tant'è.
mercoledì 6 aprile 2016
Dàgli al vespone
Boh, non so, a me sembra che ci siano ben altri motivi per strepitare, volendo, in particolare pensando a certi connubi tra mafia e politica nazionale e locale, ma evidentemente dare contro al vespone dà più gusto.
Non è solo colpa di Hamer
La progressiva refrattarietà all'uso della normale capacità di discernimento è in sostanza il terreno fertile su cui fioriscono e prolificano la maggior parte delle cretinate pseudoscientifiche che da tempo vanno per la maggiore, come l'affermazione dell'omeopatia, le cure "alternative", il rifiuto dei vaccini perché si dice facciano male, il caso Stamina e via di seguito. La domanda vera è quanti morti saranno necessari ancora prima che la gente si svegli, ma non mi sembra che l'andazzo offra validi motivi di ottimismo in questo senso.
Studiare Gasparri
Il ricordo di Schettino, invitato tempo fa da non ricordo più quale ateneo italiano, è ancora vivo, credo, nella memoria italiana. Ieri si è appreso che alla Sapienza si tengono lezioni con oggetto di studio i tweet di Gasparri.
Ora, pur con tutti gli sforzi possibili non riesco a immaginare quali aspetti del twittare dello sboccacciato senatore - sì, per chi si fosse dimenticato, Gasparri è un senatore - possano essere oggetto di studio, se si escludono naturalmente l'arroganza, l'ignoranza e la maleducazione. Forse la lezione verteva proprio su queste cose qua, e allora, in effetti, chi se non Gasparri avrebbe potuto essere oggetto di studi?
Che tristezza, però.
martedì 5 aprile 2016
L'ira (ilare) di Gentiloni
Fuor di ricordi, che comunque fa sempre piacere rivivere, sarebbe interessante che Gentiloni entrasse un po' più nello specifico e indicasse in cosa consisterebbero queste fantomatiche (e ritorsive) contromisure - da queste parti si sarebbe gravemente curiosi, dal momento che con al-Sisi siamo culo e camicia (Renzi va a trovarlo un giorno sì e l'altro pure) per quanto riguarda certi rapporti economico-commerciali e non solo.
Attendiamo fiduciosi i dettagli.
lunedì 4 aprile 2016
Saramago e i puristi
Non so quanti tra i miei 42 lettori abbiano mai letto qualcosa del premio Nobel per la letteratura José Saramago. Chi l'avesse fatto si sarà sicuramente accorto che il celebre scrittore portoghese, scomparso nel 2010, faceva uso di un tipo di prosa particolare, di cui ci si può fare un'idea scorrendo il brano nell'immagine qui sopra, che è tratto dal romanzo Memoriale del convento, pubblicato nel 1982, che sto leggendo in questi giorni. Tra le peculiarità che caratterizzavano il suo stile di scrittura, c'era ad esempio un utilizzo estremamente anticonvenzionale della punteggiatura, contraddistinto dalla totale assenza di quasi tutti i normali segni di interpunzione. Gli unici utilizzati erano il punto, la virgola e solo in rarissime occasioni il punto e virgola. Nient'altro: né punto esclamativo, né interrogativo, né due punti, né virgolettati per contraddistinguere il discorso diretto - di quest'ultimo si intuiva l'incipit dalla maiuscola inserita nella prima parola. Ne risultavano periodi a volte lunghissimi, caratterizzati da altrettanto lunghe sequenze di incisi, con risultati spesso spiazzanti per il lettore, obbligato a dedicarsi ad una vera e propria "interpretazione" del senso dei suddetti periodi.
Mentre riflettevo sul modo di scrivere di Saramago, pensavo a tutti quelli che sui social e altrove si ergono ad alfieri dell'ortodossia sintattica della lingua scritta, compresi i puristi della punteggiatura, quelli ad esempio a cui vengono le coliche quando si accorgono della presenza contemporanea in una frase della virgola e della e con funzione di congiunzione. Ecco, costoro si leggano un romanzo qualsiasi di Saramago, capiranno che la lingua non è qualcosa di granitico, di statico, ma di liquido, che si trasforma e cambia col passare del tempo - per rendersene conto, senza necessariamente andare a sbattere negli eccessi dello scrittore portoghese, è sufficiente leggere qualsiasi classico in una edizione di qualche decennio fa.
domenica 3 aprile 2016
Cicchitto docet
A chi sia invece rimasto ancora qualche brandello della summenzionata memoria storica, come ad esempio allo scrivente, l'uscita di Cicchitto non può non suscitare una qualche ilarità, per una serie di motivi. Ne cito alcuni.
Fabrizio Cicchitto è stato, nel periodo in cui il sacro berlusconiano impero era nel suo massimo fulgore, oltre che un galoppino di gran fama - uno dei tanti, intendiamoci - anche uno dei principali sostenitori del presunto complotto della giustizia a orologeria. Sintentizzando brutalmente a beneficio dei poveri di spirito, questa scemenza cospirazionista, che in quanto a cretinaggine può tranquillamente essere equiparata a complottismi undicisettembrini, scie chimiche ecc., prevedeva che la magistratura avesse un piano segreto ordito per far cadere e mandare a casa l'illustre cavaliere. Su quali basi si reggeva tale teoria? Sul fatto che alla vigilia o poco prima (a volte pure dopo: dettagli) di ogni appuntamento elettorale, tacchete!, si faceva vivo in qualche modo un Pubblico Ministero o un Giudice. Coincidenze? Sì, coincidenze, e la spiegazione, che valeva allora come vale adesso, è semplicissima: in Italia si vota molto frequentemente (referendum, elezioni comunali, regionali, politiche ecc.) ed esponenti più o meno noti della classe politica locale o nazionale vengono messi sotto inchiesta un giorno sì e l'altro pure. C'è quindi un complotto? No, c'è un ceto politico per larghissima parte corrotto e disonesto e c'è una magistratura che fa quello che è deputata a fare. Tutto ciò che esula da questo semplice quadro può con poco margine di dubbio essere classificato come scemenza.
Oggi il cavaliere non è più in sella, al suo posto c'è il suo naturale erede, e al povero Cicchitto - lui c'è ancora - non sembra vero di poter di nuovo dare aria alla bocca per propinare lo stesso ritornello con cui ci ha fracassato i cabasisi durante il ventennio berlusconiano - e poi, via, ogni essere umano, anche il più insignificante, si dice abbia uno scopo sulla Terra: Cicchitto va inquadrato esattamente in quest'ottica, quella di ricordare ai tre gatti e mezzo che ancora lo ascoltano che esiste un complotto chiamato giustizia a orologeria.
Uno degli aspetti curiosi della faccenda, è che a dare spazio ai deliri del poveretto è L'Unità, la testata che nell'epoca berlusconiana spernacchiava il cavaliere e i suoi corifei ogni volta che tiravano fuori la scempiaggine della giustizia a orologeria. Adesso che L'Unità è per Renzi l'equivalente di ciò che Il Giornale era per Berlusconi, ecco che ciò che era stato sempre etichettato come stronzata viene riabilitato da Rondolino, elevato al rango di notizia e come tale dato in pasto ai lettori de L'Unità, che se tanto mi dà tanto non devono essere granché dissimili da quelli del Giornale.
sabato 2 aprile 2016
Tra Renzi, Guidi e Boschi (e Berlusconi)
Altro aspetto interessante che magari a qualcuno è sfuggito, invece, è costituito da due dichiarazioni di Renzi e della Boschi che, pur lessicalmente differenti, esprimono lo stesso concetto: "...il provvedimento 'Tempa Rossa' e' giusto, porta posti di lavoro, una cosa che avevo annunciato io stesso. E' una cosa sacrosanta, io lavoro perche' si creino posti di lavoro." (Renzi) "Tempa Rossa è un progetto strategico per il paese che prevede molti occupati nel Mezzogiorno e lo rifirmerei domattina." (Boschi)
Le due dichiarazioni, per chi ha buona memoria, riportano a ciò che spessissimo recitava il tipo delle cene eleganti ogni volta che la magistratura metteva il naso nei suoi affari, e cioè che lui era un grande imprenditore che dava lavoro a decine di migliaia di persone e quindi, in virtù di ciò, i giudici avrebbero dovuto avere un occhio di riguardo nei suoi confronti. Il ragionamento è ovviamente capzioso e logicamente fallace perché tenta surrettiziamente di mettere sullo stesso piano due concetti diversi fra loro: la capacità imprenditoriale e il rispetto delle leggi, descrivendoli come se fossero in qualche modo complementari, mentre invece non lo sono affatto. Si può infatti essere bravissimi imprenditori rispettando le leggi così come si può essere delinquenti senza essere più o meno bravi imprenditori. Usando un'iperbole si potrebbe esemplificare il concetto affermando che Madre Teresa di Calcutta sarebbe stata perseguita per omicidio pur essendo Madre Teresa di Calcutta. Ovviamente la stragrande maggioranza dei sostenitori sia di Berlusconi (allora) che di Renzi (oggi) non è formata da persone che brillino particolarmente per capacità critiche e intellettive - in caso contrario nessuno dei due figuri sarebbe stato primo ministro - e quindi sia Renzi che la Boschi possono tranquillamente addurre i posti di lavoro come contropartita, o peggio come sorta di lenitivo penale, di presunti reati o illeciti senza che nessuno abbia nulla da eccepire.
Pape Satàn Aleppe
Io mi sono principalmente divertito, oltre che a volte commosso e altre volte irritato, perché l'analisi della società, dei suoi mutamenti (messi sotto la lente dal punto di vista politico, della comunicazione, di internet, della linguistica, della storia, della cultura ecc.), delle sue assurdità e contraddizioni Eco la fa appunto utilizzando spesso l'arma dell'ironia, quel'ironia che ha buon gioco a utilizzare chi è possessore di un bagaglio culturale e di intelligenza praticamente sterminati.
Alcuni suoi articoli li ho riletti più volte, tanto mi sono piaciuti, e in più di un'occasione mi sono ritrovato di punto in bianco a profondermi in improvvise e gustose risate che hanno attirato l'attenzione e la curiosità di chi si trovasse in qualche stanza attigua, e che a volte faceva capolino dalla porta per assicurarsi che stessi bene.
Ovviamente stavo bene, come sto sempre bene quando ho in mano un libro. Se poi è un libro di Eco...
venerdì 1 aprile 2016
Il problema non è solo Bertone
Con andamento ciclico ritorna fuori la storia dell'appartamento di Bertone, una storia che, diciamo la verità, ha abbondantemente frantumato le appendici pendule maschili. In tutto questo bailamme di attacchi, invettive e sfottò indirizzati al cardinale, pochi mi sembrano abbiano capito che il problema non è lui ma qualcos'altro, lui semmai è il dito che tutti guardano mentre il problema è la Luna a cui pochissimi prestano attenzione. E la Luna, cioè il problema vero, è l'immenso patrimonio immobiliare, in Italia (più di un quarto di quello di Roma appartiene al Vaticano) e nel mondo, che è riconducibile alla Chiesa Cattolica, e la cui stima precisa crea difficoltà pure a quest'ultima. Bertone e gli altri trenta cardinali - dice lui - che stanno in appartamenti pure più grandi del suo, come se questa fosse una giustificazione, sono la parte più trascurabile del problema, sono dettagli, è come se si discutesse se togliere una badilata di sterco da un mucchio alto come il monte Carpegna faccia qualche differenza.
Certo, è normale che la gente s'incazzi di fronte a queste cose. La stragrande maggioranza delle persone, per riuscire a impossessarsi di un appartamento o una casa dieci volte più piccoli di quello di Bertone e soci, spesso deve lavorare una vita, e imbarcarsi in mutui da portare sul groppone per svariati decenni, quindi è logico che queste storie quando vengono alla luce rimangano indigeste. D'altra parte, come potrebbe essere diversamente? Ma questa, ripeto, è solo una parte del problema.