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giovedì 14 aprile 2016

Di trivelle, di Napolitano e di cittadini

Tra le motivazioni addotte da Renzi a supporto della sua convinzione che la consultazione sulle trivelle è basata su una sorta di malinteso/bufala e va quindi disertata, c'è quella secondo cui "Il referendum [è] voluto dai consigli regionali, non dai cittadini". Ora, volendo filosofare un pochino, l'asserzione giustificata da questo tipo di premessa è che i consigli regionali non rispecchiano il volere dei cittadini, le loro richieste e le loro aspirazioni, quindi, spingendosi ancora un pochino più in là con le deduzioni, possiamo tranquillamente affermare che consigli regionali e democrazia hanno ben poco da spartire, secondo Renzi. Se Renzi pensa questo, e, come abbiamo visto, da quanto dice lo pensa, ci sarebbe da fargli notare che dei 100 senatori di cui sarà composto il Senato dopo la riforma costituzionale di cui si parla ampiamente in questi giorni, 74, cioè quasi i 3/4, saranno nominati dai consigli regionali, gli stessi consigli regionali che proprio oggi ha bollato come antidemocratici o comunque lontani da qualunque tipo di istanza riferibile alle volontà dei cittadini.
Insomma, per uscire un po' dai pleonasmi e alla luce di quanto ha affermato il tipo di Rignano, le modalità con cui saranno nominati i nuovi senatori non avranno niente di democratico, che è una delle ragioni di rifiuto che i detrattori della riforma rinfacciano al governo fin da quando decise di partire in quarta con questa riforma. Renzi, ovviamente, ha sempre respinto questo addebito, figurarsi, quindi la domanda alla fine è: come vanno inquadrati questi benedetti consigli regionali? È semplice: dipende dai contesti in cui si inseriscono. Se servono per dimostrare che una riforma costituzionale abominevole che darà molto potere all'esecutivo e ne ridurrà i contrappesi è cosa buona e giusta, allora sono democratici; se, viceversa, essi sono promotori di iniziative referendarie che al presidente del consiglio stanno abbondantemente sulle palle, allora sono antidemocratici. Tutto molto semplice, direi.
L'uscita molto infelice di Napolitano a favore dell'astensione, invece, che ha probabilmente provocato una abbondante eiaculazione al premier, non la commento perché non mi sembra ci sia granché da commentare. Uomini pubblici di spicco (politici, prelati ecc.) hanno in ogni occasione di referendum fatto pressioni per tirare acqua al proprio mulino o alla propria parte politica. Penso ad esempio a quella mezza sega di Ruini, che nel 2005, in occasione del referendum abrogativo della legge 40, che naturalmente fallì, andava in televisione ogni tre per due a raccomandare di stare a casa. Oppure penso a quando Craxi, nel '91, nel referendum con cui furono stracciati i voti plurimi di preferenza, invitava le gente ad andare al mare, e si potrebbe continuare. Napolitano, con la sua patetica uscita - d'altra parte è noto che raramente, a memoria, ha preso le parti della società civile - non ha inventato niente di nuovo.

4 commenti:

  1. Faccio mia una frase che diceva uno dei miei capi quando ad invitare all'astensione era B.: "Se Napolitano dice che non bisogna ad andare a votare...io mi comincio a vestire!". Cristina

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  2. I politici non dovrebbero mai invitare all'astensione, fanno abbastanza schifo.

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  3. Io sarei per votare sì solo per fare un dispetto a entrambi, anche se mi rendo conto non essere un ragionamento eticamente molto elevato.

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  4. Sua Eccellenza il cavalier Matteo Renzi ha deciso che non bisogna votare e quindi non bisogna andare a votare.
    Vuoi mettere in discussione sua eccellenza? (benedetto sia il suo nome).
    vuoi forse contrariare il Presidente (benedetto sia il suo nome).
    chi sei tu per criticarlo (bendetto sia il suo nome).

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