Al telegiornale danno l'importantissima notizia dell'approdo a Roma, al Circo Massimo, di tale Travis Scott, e il servizio del tiggì elargisce a piene mani immagini del fiume in piena della meglio gioventù che si dirige verso il luogo dove si terrà il grande concerto. Compare anche un papà, a un certo punto, coi suoi due giovinetti per mano, il quale dice che 'sto Travis ai suoi pargoletti piace tanto e in fondo non dispiace neppure a lui.
Io, che sono anziano, non ho la più pallida idea di chi sia l'idolo di questa sterminata marea di giovinetti festanti, quindi faccio un salto sul tubo e provo ad ascoltare qualcosa per farmi un'idea. Scopro che il tipo è un rapper e che scrive canzoni (il concetto di scrivere canzoni, in questo caso, mi sembra leggermente fuori posto ma facciamo finta che) dove il suddetto rapper si limita a parlare sopra una base campionata, elaborata da sintetizzatori, fatta da cinque (forse anche sei) note ripetute ossessivamente senza variazioni e innestate su una base ritmica elettronica. Stop.
Ora, come dicevo, io sono anziano, quindi non faccio testo. Però ricordo che ai tempi in cui avevo gli anni dei giovinetti di adesso, andavo a concerti dove, generalmente, c'era un cantante che cantava, non si limitava a parlare (era quindi un cantante, non un "parlante"). Ad accompagnare il cantante c'erano inderogabilmente un bassista, uno o più chitarristi, un tastierista e un batterista. La musica era quindi prodotta da musicisti in carne e ossa che suonavano strumenti anch'essi fatti di "carne e ossa", potremmo dire.
Quindi un ragazzino di allora, uscendo da un concerto di allora, sapeva cos'è una batteria, sapeva cos'è una tastiera, sapeva cos'è una chitarra e sapeva cos'è un basso, e quelli dotati di particolare arguzia riuscivano anche a intuire le differenze. Soprattutto, un ragazzino di allora imparava l'importantissimo concetto che un cantante canta.
Ora, non voglio qui fare il vecchio rottame romantico e un po' nostalgico. Si sa che ogni era geologica ha la sua musica ed è noto che quando rimpiangiamo qualcosa dei tempi andati, in realtà rimpiangiamo i tempi andati, non tanto la specifica cosa in sé. Chiarito questo, da musicista sono sinceramente dispiaciuto che tanti giovani, oggi, escano da un concerto senza conoscere la differenza tra un basso e una chitarra. Anzi senza neppure sapere della loro esistenza.
Come saprai, quelli che la pensano come me, anzi come noi, vengono chiamati boomer... e, anche se volendo essere pignoli anagraficamente non lo siamo, in casi come questo io mi proclamo tale con un certo orgoglio! ;-)
RispondiEliminaSai cosa? I vecchi rottami nostalgici non sono poi tanto male...
RispondiEliminaE qualche volta hanno addirittura ragione.
Il rap è un fenomeno musicale/mediatico che artisticamente non mi spiego.
RispondiEliminaPer fortuna ho la possibilità di scegliere e ascoltare altro, ma con chi mi dice che sul rap parto prevenuto, non parlo più di musica.
Questi ragazzi non hanno speranza. Da una parte di sono i pochissimi che si attivano per il clima, che producono contenuti meravigliosi e istruttivi sui social. Dall'altra un esercito di pecore analfabete, alle quali interessa solo in divertimento, qui ed ora, l'eterno presente della loro vita vissuta come una perenne cronaca in diretta tramite dispositivi. La non-musica di Travis Scott è uno dei tanti loro Golem con i quali si seppelliranno da soli quando noi ce ne saremo già andati.
RispondiEliminaSe tu sei anziano io sono decrepita, caro Andrea, comunque nulla ho voglia di sapere, e tanto meno sentire, di questo Travis Scott.
RispondiEliminaDetesto il rap, che essenzialmente mi pare un martellamento insopportabile e comunque quanto di più lontano ci sia dalla musica, mentre per quanto riguarda i testi, se tali si possono chiamare, da quel poco che ne ho sentito mi sembra si possano dimenticare senza rimpianti.
E non credo occorra essere particolarmente nostalgici o rivolti all'indietro, per ritenere che siamo stati una generazione superfortunata. Anzi, questa considerazione mi sale ancora più forte proprio pensando al vuoto, all'abisso di quel futuro che anche questo desolato e desolante panorama cosiddetto musicale sembra prefigurare. Una pratica utile probabilmente, insieme ad altre e più alienanti abitudini, ad obnubilare (legittimamente, in un certo senso) la coscienza di fronte appunto ad un vuoto pressoché totale di senso personale e collettivo, presente e a venire. Come ben certifica il nostro amato Galimberti.
siu
>Come saprai, quelli che la pensano come me, anzi come noi, vengono chiamati boomer
RispondiEliminaE che, non lo so? Le mie figlie è da una vita che me la menano con 'sta storia XD
>I vecchi rottami nostalgici non sono poi tanto male...
Dipende da chi li guarda, LadyJack. Agli occhi di un adolescente... mah, non sono così sicuro :-)
>Il rap è un fenomeno musicale/mediatico che artisticamente non mi spiego
Neppure io, e lo aggiungo all'infinito elenco di cose che non mi spiego.
>Da una parte di sono i pochissimi che si attivano per il clima, che producono contenuti meravigliosi e istruttivi sui social. Dall'altra un esercito di pecore analfabete
Mah, sai, l'umanità è per sua natura variegata e i fattori e le variabili che fanno sì che sullo stesso pianeta si affaccino Charles Darwin e Matteo Salvini sono pressoché infiniti. Io non generalizzerei. Nel mio post mi limito ad evidenziare l'incomprensibilità di certa musica di oggi. Poi, magari, a quel concerto ci sono andati anche ragazzi che un domani vinceranno un Nobel per la medicina o per la letteratura. Va' a sapere...
>E non credo occorra essere particolarmente nostalgici o rivolti all'indietro, per ritenere che siamo stati una generazione superfortunata
La penso esattamente come te, cara Siu. Poi, certo, tutto è sempre relativo, ma è innegabile che la musica mainstream di oggi sia infinitamente più povera (a livello musicale, concettuale e letterario) di quella di 40 o 50 anni fa. Ed è quindi anche specchio, credo, di una involuzione culturale generalizzata che credo sia oggi evidentissima.
ciao andrea
RispondiEliminadai un'occhiata a questo link
nell'articolo viene spiegato il funzionamento dell'auto-tune che permette la reimpostazione vocale del "cantante"
https://www.repubblica.it/tecnologia/2023/08/04/news/cher_auto-tune_bersani_sfera_ebbasta_radiohead_come_funziona_invenzione_musica-409939761/?callback=in&code=NMM0MZA3ZDCTOGJKMI0ZMDNMLWEZMDGTZTC2NMEYMZUWY2U4&state=0bbc67c68432478e834c034de9519cff&utm_source=pocket-newtab-it-it
È che bisogna rinnovare tutto. E non sempre il nuovo è migliore del vecchio.
RispondiEliminaNon è che bisogna rinnovare tutto, i cambiamenti in ogni ambito dell'attività umana non avvengono per obbligo ma per ineluttabilità. In altre parole, ci sono ed è impossibile eliminarli, si può solo tentare di gestirli in qualche modo.
RispondiEliminaInteressantissima la storia dell'auto-tune adal. In pratica, oggi un cantante per avere successo non importa che sia intonato (lì ci pensa il software), basta che funzioni esteticamente. Un'autentica rivoluzione XD
e quando il software non funziona il "cantante" stona, dimostrando di essere solo apparenza e non sostanza
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