Mi ha sempre incuriosito il fatto che la Pasqua sia - io almeno ho questa impressione - una celebrazione più "piccola", più dimessa, più tranquilla rispetto al Natale.
Il Natale lo si comincia ad aspettare almeno un mese e mezzo prima che arrivi, il clima natalizio precede di molto il 25 dicembre e si prolunga almeno fino all'Epifania.
La Pasqua, invece, si "consuma" in un attimo: domenica, lunedì e tutto finisce. Sì, ok, c'è tutto il periodo della Quaresima, ma mi sembra molto meno "sentito" del periodo cosiddetto di Avvento che precede il Natale.
È curiosa questa cosa perché, se ci si pensa, il fulcro del cristianesimo non sta nella nascita di Cristo, tra l'altro mutuata da un antico rito pagano, ma (per chi crede, ovviamente) nella sua risurrezione. Se non c'è questa crolla l'asse portante su cui si regge la religione cristiana. Eppure nelle celebrazioni e nel "sentire" comune sembra che sia molto meno importante. Ma magari è un'impressione mia, che vedo il tutto da fuori.
Cristo ha detto che non è di questo mondo e il Papa rincara la dose affermando che il mondo ha scelto Caino.
RispondiEliminaUno che crede parla continuamente con Dio attraverso la preghiera.
Purtroppo le due solennità in pratica sono solo un'occasione per mangiare meglio.
E anche per altro, come giorni di riposo dal lavoro - per chi fa mestieri non proprio leggeri, come me, è tutto grasso che cola.
EliminaSono d'accordo con te.
RispondiEliminaLa Pasqua è una festività cattolica di serie B.
Un po' come l'onomastico e il compleanno.
Quanti di noi ricordano l'onomastico degli affetti più cari? Mentre, di sicuro, il loro compleanno non ci sfugge.
Per quanto riguarda me, tollero poco il Natale, dunque sono ben felice che per la Pasqua non vi sia nessuna celebrazione invadente.
Per i cattolici, invece, è effettivamente buffo che si possa prediligere una ricorrenza piuttosto che un'altra.
In ogni caso, auguri a te.
Pagani, s'intende. ;)
Grazie Claudia. Contraccambio :-)
EliminaIl cristiano conosce bene l'importanza della Pasqua di Resurrezione. Tutti gli altri mangiano panettone e casatiello, e forse neanche di questi distinguono il sapore.
RispondiElimina"Casatiello"?
EliminaVero che andate a piadina, ma il casatiello pasquale napoletano è Patrimonio dell'Umanità ;)
EliminaAh, ok. Lo assaggerò :)
EliminaIl casatiello è un ciambellone salato ripieno. Lo assaggiai nella mia precedente "incarnazione" onnivora, ma circolano ricette vegane, che lo farciscono di verdure e legumi a iosa... Ovviamente i napoletani inorridiscono, ma so' brava gente e non lo danno a vedere. 😄
EliminaLa colpa è del proverbio che recita: "Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi"... ahaha...
RispondiEliminaTornando all'argomento del post, penso che una nascita sia qualcosa di gioioso che mette tutti d'accordo. Il fatto non impegna perchè un piccolo non divide e tutti possono festeggiare. A Pasqua c'è un uomo, morto d'una morte che muove paure e che ha lasciato un'eredità non da poco. Quel "fate questo in memoria di me" implica un impegno su cui non si può ragionare nè mediare. La croce non ha alternative e per non pensare troppo ci si dilunga, a Pasqua come non mai, a discutere sul credere o meno nella resurrezione mentre è bene ricordare, a chi crede, che sotto la paglia del natale c'è una croce.
Porgo il mio augurio di buona pasqua, Andrea, traducilo come credi.
Grazie Sari. In occasione di ricorrenze religiose tendo sempre a porgere gli auguri ricorrendo alla formula, abbastanza neutra, "buone feste", augurio che poi ugnuno fa suo nel modo a sé più confacente e a seconda della proprie convinzioni religiose.
EliminaNon essendo io credente, prendo sempre gli auguri che mi vengono rivolti (che siano "buon Natale", "buona Pasqua" ecc.) in maniera laica, nel senso che immagino che mi venga augurato di trascorrere quei giorni in serenità. Molto semplice.
Contraccambio gli auguri, Sari. Traducili come credi ;-)
Le ragioni dell'invadenza del Natale vanno ben al di là dell'aspetto religioso: Natale è diventato sinonimo di regali, addobbi... consumismo, insomma. Tutto questo, tradizioni gastronomiche a parte, per la Pasqua non ha mai preso piede. E il presepe è esteticamente assai più piacevole del crocifisso, diciamolo. ;-)
RispondiEliminaVerissimo. A questo proposito giova ricordare che dell'adozione del crocifisso dobbiamo "incolpare" quel megalomane visionario di Costantino, che nel IV secolo ebbe la famosa visione, dopo abbondanti libagioni, della croce nel cielo ("in hoc signo vinces"). Da lì il crocifisso divenne il simbolo del cristianesimo, mentre nei secoli precedenti l'iconografia aveva sempre riportato un pesce, come ancora oggi si vede in certe rappresentazioni pittoriche del passato.
EliminaSenza Costantino il simbolo del cristianesimo sarebbe forse rimasto quello, ed effettivamente sarebbe stato più gradevole :-)
Quindi prima di Costantino non si faceva il segno della croce ma del pesce? 🤔😂
EliminaLa spiegazione secondo me è semplicissima: nel Natale ci riconosciamo tutti perché ci siamo passati, nella Pasqua... molti di meno. Da qui si è consolidato il celebrare quest'ultima con meno preparazione, forse meno consumismo, sebbene sia religiosamente più importante del Natale.
RispondiEliminaPer me oramai entrambe lasciano pressoché indifferenti: certe ricorrenze si vivono in famiglia, ad avercela.
>nel Natale ci riconosciamo tutti perché ci siamo passati
EliminaSai che non avevo pensato a questa cosa? Potrebbe essere una valida spiegazione :-)
E poi, dai, la morte è molto meno popolare della nascita. Siamo tutti pronti a nascere, quasi nessuno a morire. Ma la vita di tutti è un ciclo continuo di morti e rinascite, ma per rinascere bisogna accettare di morire, cioè di perdere e cambiare qualcosa dentro di noi, in una parola, di andare verso il nuovo, che spesso ci fa paura.
RispondiEliminaGià, ci vuole coraggio a morire per rinascere, che è lo stesso coraggio che richiede lasciare una strada battuta e conosciuta, sicura, confortante, per imboccarne una nuova.
EliminaL'aveva capito bene Francesco d'Assisi, che non a caso la chiamava "sorella", riferendosi sia alla morte fisica, quella che rinnova l'umanità, sia alle tante "morti" in cui capita di imbattersi nella vita.
Natale è una festa meravigliosa, perché celebra una nascita e quindi è intrinsecamente ricca di gioia: rappresenta il principio, la vita che entra nel mondo, la bellezza e l'innocenza dell'essere neonati. Poi il presepe è splendido, perché rappresenta un Dio che ha deciso di nascere povero e reietto, un'immagine molto potente sul piano simbolico e ricca d'importanti implicazioni. Solo una persona ottusa non riesce a vederle o "sentirle".
RispondiEliminaMa il Natale è anche una bellissima festa d'inverno, perché ci aiuta ad affrontare, con tanti bei colori caldi e un clima allegro, il lungo buio della stagione più fredda dell'anno. Perciò il Natale è amato un po' da tutti, anche da chi non ha fede, perché come si fa non lasciarsi trasportare dall'atmosfera del periodo? Tra l'altro, rappresenta anche i valori della nostra cultura, come l'importanza della famiglia e degli affetti, che possiamo condividere anche se non siamo credenti.
La Pasqua, invece, è molto impegnativa sul piano psicologico, perché celebra la morte e la resurrezione, che non sono sciocchezze di persone superstiziose, ma temi fondamentali che attraversano tutta la nostra vita in modo doloroso e intenso.
Non è forse vero che tutta la nostra esistenza è costellata da morti e rinascite? Non solo perdiamo le persone più care, ma anche noi moriamo spesso nell'arco dell'esistenza, moriamo tutte le volte che dobbiamo affrontare mutamenti devastanti o cambiamenti radicali. E anche noi subiamo "crocifissioni" e torture quando soffriamo, abbiamo delusioni o restiamo sconvolti per qualcosa. Per rinascere, bisogna prima soffrire.
Pertanto, se non abbiamo fede tendiamo a declassare parecchio questa festa, considerandola al massimo solo un'occasione per un buon pranzo e una gitarella fuori porta. E ci rifiutiamo di riflettere sull'archetipo morte-rinascita che la Pasqua rappresenta: la morte non è mai un annullamento definitivo, ma porta con sé sempre un risorgere. Proprio come la primavera dopo l'inverno.
Ciao, Andrea, e buona Pasqua.
Bellissimo commento, Romina, che offre parecchi spunti di riflessione.
EliminaIl Natale, per come la vedo io, è forse la festività più "ecumenica" che ci sia, nel senso che ognuno, personalmente, lo "sente" e lo vive a modo suo in base al retaggio culturale, sociale, religioso, familiare in cui è cresciuto. E in base anche a quanto di quel retaggio gli è rimasto. Così, per un credente, sarà la festività importantissima che celebra la nascita del dio in cui crede; chi non crede lo vivrà come una buona occasione per riposarsi e svagarsi. Ad altri piacerà per l'atmosfera che inevitabilmente crea, per il perpetuarsi di una tradizione che affonda le sue radici in tempi molto remoti, come hai bene scritto molto bene nel tuo commento.
Però, francamente, mi sembra un tantino troppo tranchant l'accusa di ottusità nei confronti di chi, per qualsiasi motivo, non coglie, o le coglie in maniera diversa o minore, le implicazioni insite nel fatto che un dio decida di farsi uomo nelle spoglie di un povero e reietto. Chi crede e ha fede, ad esempio, è sicuramemte avvantaggiato nel cogliere queste implicazioni; per chi non crede immagino sia invece più difficoltoso ed è probabile che rimangano più in superficie o addirittura siano irrilevanti. Non credo sia ottusità, in questi casi; semplicemente, non ha avuto un "background" che gli abbia permesso di apprezzarle, ma magari ha altri tipi di sensibilità.
Per quanto riguarda il discorso del dio che sceglie di farsi uomo, cioè l'incarnazione (ma qui il discorso si farebbe lungo e complesso e temo di non essere in grado più di tanto di addentrarmici), io ho sempre pensato che sia una specie di... come dire?, arma a doppio taglio, se mi passi l'espressione. Nel senso che è vero che un Dio che si fa uomo lo fa più simile a noi, rende più facile entrare in sintonia con lui, rompe quell'ideale muro divisorio, invalicabile, tra Dio e uomo. Ma per come la vedo io, la cosa, accanto a questi aspetti, ha lo "svantaggio" di andare a detrimento di ciò che una volta veniva chiamato timore di Dio. La religione cristiana è l'unica, delle grandi religioni monoteiste, che vede appunto un Dio che si fa uomo. Non succede né nell'islam né nell'ebraismo; ma se un dio si fa uomo significa allora che diventa uguale all'uomo, dal che ne consegue che anche l'uomo è uguale a Dio. Dio e uomo diventano la stessa cosa, con tutto ciò che ne consegue. Io credo che buona parte della crisi del cristianesimo, oggi, derivi proprio da questo, dal non avere più un dio da "temere", e anche tutta la incessante retorica sul dio buono, misericordioso, che in fondo in fondo alla fine perdona tutto ci ha messo del suo. Nelle altre religioni non è così. Dio (o Jahweh o Allah) è sì buono, ma anche terribile. E anche nella Bibbia viene presentato un Dio che di buono ha ben poco mentre invece ha molto di terribile. Dio è Dio e l'uomo è uomo. In mezzo c'è un abisso. Ma a questo punto temo di essere andato fuori tema. Chiedo venia :-)
Tornando al Natale, come dicevo è forse la festività più democratica che ci sia, e in fondo lo stesso vale per la Pasqua.
Buone feste anche a te, Romina.
Sono tranchant nei confronti delle persone molto istruite che fingono di non sapere o di non capire, e lo fanno solo per interessi di bottega, come certi pensatori famosi e un po' disonesti, che diventano ottusi per partito preso.
EliminaIn effetti non l'ho scritto in modo esplicito, ma era ciò che pensavo e che continuo a pensare.
Non mi riferivo agli indifferenti, a chi non ha fede o a chi non può approfondire, ed è giusto precisarlo.
Per il resto, in una società tecnologicamente evoluta e sviluppata sul piano economico e scientifico, la religione entra in crisi. Si tratta di un processo inevitabile a mano a mano che avanza il pensiero razionale.
Sono completamente d'accordo con te. Grazie per la precisazione.
EliminaCiao, Romina.
Non credo che sia stato sembre così, il cristianesimo è una religione storica, duemila anni di civiltà sono tantissimi! Dell'antico mito pagano è rimasta un'aneddotica da wikipedia, semmai per l'antropologia comparara Cristo è fratello di Dioniso e di Osiride.
RispondiEliminaAneddotica a parte, è un dato di fatto che la croce diventa simbolo del cristianesimo a partire dal tardo II secolo, mentre prima ci si riferiva a Gesù Cristo con "ichthys", ossia col simbolo del pesce.
EliminaTu e Franco mi avete convinto. Lo assaggerò :-)
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