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Il sesso da dietro
Il titolo che leggete qui sopra, che di primo acchito può apparire intriso di uno stile collocabile tra il triviale e il pecoreccio, in realtà non ha niente di tutto ciò. Il sesso da dietro è infatti una delle tante posizioni sessuali (quella che oggi è volgarmente chiamata a pecorina) la cui liceità era nel Medioevo oggetto di discussione e regolamentazione da parte della Chiesa. Ma andiamo con ordine.
Bazzicando su YouTube mi sono imbattuto nella conferenza di Alessandro Barbero che ripubblico qui di seguito, una istruttiva e a tratti divertentissima lezione che ha per oggetto la questione sessuale nella società medievale. In pratica, Barbero, documentazione storica alla mano, spiega come era considerato il sesso dalla società, dalla Chiesa e dalla medicina dell'epoca.
Avendo tempo e voglia di ascoltarla per intero (dura un'oretta e siamo nel weekend, quindi potrebbe essere fattibile), si scoprirebbero cose molto interessanti, una delle quali, ad esempio, consiste nello smontaggio del luogo comune che il Medioevo sia stato un periodo storico dominato dal più spietato oscurantismo e dalla più feroce repressione sessuale. Avrete senz'altro letto o sentito cose tipo "Con Pillon torniamo al Medioevo" e simili. Niente di più sbagliato: in quell'epoca lì uno come Pillon avrebbe passato gran parte del suo tempo a rosicare e a difendersi dalle sacrosante pernacchie e altrettanto sacrosanti sfottò.
Questo perché, contrariamente a quanto appunto si pensa, in gran parte del periodo medievale il sesso, in tutte le sue varianti, compresa la tanto vituperata omosessualità, era considerato una cosa perfettamente normale. Il sesso si faceva, di sesso si parlava liberamente nella società, nella letteratura, e fare sesso era considerata una cosa perfettamente normale, anzi addirittura un diritto, come nutrirsi, dormire ecc. Sotto certi aspetti si può tranquillamente dire che era molto meno repressa quell'epoca lì di quelle successive, compresa la nostra. Certo, sia la società civile che la Chiesa avevano tutta una serie di norme e leggi che, ognuna nel proprio campo, regolamentavano i comportamenti sessuali, distinguevano l'illecito dal lecito, ma si trattava di un impianto normativo che aveva più una funzione di indirizzo che rigidi intenti regolatori e repressivi. In sostanza, le norme c'erano ma ognuno, alla fine, faceva ciò che voleva.
Questo fino al passaggio dal basso Medioevo all'età Moderna, cioè il periodo a cavallo tra il 1400 e il 1500. Da lì in poi, con l'apice nel Rinascimento, la regolamentazione della sfera sessuale ha assunto progressivamente, nella società e nella Chiesa, un carattere più rigido, ferreo e repressivo, e naturalmente meno interessante.
venerdì 16 luglio 2021
La fatica di essere Salvini (ma anche Meloni, Renzi e altri)
giovedì 15 luglio 2021
Serate così
Seconda dose
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Si sforano i parametri? Si cambiano i parametri
Insulti razzisti inglesi
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Le avventure della libertà
Personalizzazioni
sabato 10 luglio 2021
Orgogliosamente fragili e incoscienti
L'omeopatia vista come truffa
Salvo Di Grazia, medico e divulgatore scientifico noto in rete con lo pseudonimo MedBunker (qui trovate il suo blog), ha pubblicato un video in cui, in maniera succinta ma efficace, spiega cos'è l'omeopatia, come (non) funziona, quali sono le sue origini ecc. Tutte cose che più o meno sono note (tranne forse a molti di quelli che la utilizzano). L'aspetto che ho trovato interessante e a cui non avevo mai pensato, è l'idea di considerare l'omeopatia come una truffa.
Se ad esempio io compro una scatola di spaghetti convinto che al suo interno ci siano gli spaghetti e poi mi accorgo che al suo interno non c'è niente, la prima cosa che penso è che il negoziante mi abbia truffato. Per i prodotti omeopatici dovrebbe valere lo stesso discorso. Per le leggi della chimica, infatti, se si diluisce una sostanza più di un certo numero di volte in un diluente (acqua, zucchero, alcol ecc.), di quella sostanza non rimane più traccia, neppure una molecola del presunto principio attivo, ciò che resta è solo il diluente, cioè la scatola senza gli spaghetti.
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Riti di morte
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domenica 4 luglio 2021
Benedette guerre
Ho appena terminato questo ottimo saggio storico di Alessandro Barbero. Il libro si divide fondamentalmente in due parti: nella prima si racconta come e perché nacquero le Crociate, nella seconda il legame tra queste e il Jihad, legame che è più profondo e radicato di quanto comunemente si creda.
Cosa sono state le Crociate credo che bene o male si sappia, anche perché il loro studio è compreso nei programmi scolastici, o almeno lo era ai miei tempi, oggi non so. Comunque sia, sono stati eventi del Medioevo (la prima risale alla fine dell'anno mille e fu lanciata da Urbano II) e sono state più di una, tanto che è difficile ricordarsi perfino il loro numero. Sono state eventi sanguinosi che hanno comportato un durissimo conflitto tra l'Occidente cristiano e il mondo islamico. Scrive Barbero: "Eventi che la nostra civiltà ha dapprima celebrato con grandissimo entusiasmo, ai tempi in cui si scrivevano poemi come la Gerusalemme liberata, e di cui più di recente ci siamo vergognati: un po' perché abbiamo recuperato anche la consapevolezza dell'enorme violenza e della tremenda esplosione di odio per il diverso che le Crociate hanno rappresentato. Fra l'altro anche la violenza antisemita compare in Europa per la prima volta proprio durante le Crociate: i primi pogrom in Occidente li hanno compiuti le folle eccitate dalla predicazione della Crociata. Se poi adesso in Occidente il vento stia cambiando e qualcuno abbia ricominciato a pensare che le Crociate sono un'epopea da celebrare e non una tragedia di cui dolersi, è una di quelle domande che vale la pena di porsi quando pensiamo alle possibili attualizzazioni dell'argomento."
Uno degli aspetti interessanti delle Crociate è che, a differenza di quanto si pensa oggi, all'epoca non erano considerate guerre. Le Crociate erano considerate alla stregua di pellegrinaggi. Chi partiva lo faceva con lo stesso spirito (con le dovute differenze, ovviamente) di chi oggi intraprende il cammino di Santiago, tanto per fare un esempio, oppure va in pellegrinaggio ad Assisi, a Roma, a Padova, a San Giovanni Rotondo ecc. La differenza sta nel fatto che all'epoca andare in pellegrinaggio per pregare sul Santo Sepolcro era rischiosissimo, perché là c'era altra gente a comandare (Gerusalemme e quella parte di Medio Oriente erano sotto il dominio musulmano successivo alle conquiste arabe del VII e VIII secolo), quindi si partiva armati. Per tutto l'alto Medioevo il concetto di pellegrinaggio era tenuto in grandissima considerazione dai cristiani ed era sentito allo stesso modo in cui ancora oggi i musulmani sentono il pellegrinaggio alla Mecca. Per la vita di una persona era un momento catartico, se così si può dire, laddove, invece, oggi ha più che altro una valenza turistica. Anche perché, all'epoca, recarsi a piedi dall'Europa a Gerusalemme e tornare (quando e se si tornava) era una faccenda che richiedeva anni.
Un mito da sfatare a proposito delle Crociate è che esse siano state più che altro guerre, concepite con velleità di conquista e saccheggio. Certo, sono state anche questo, anzi si può tranquillamente affermare che le Crociate sono state la prima forma di colonialismo, sia economico che territoriale, perpetrato dagli Occidentali in Medio Oriente. Ma, prima di degenerare in guerra, sono state anche, e soprattutto, una faccenda spirituale, di fede. I vari signori, re, principi, conti, baroni ecc. che stavano ai comandi di questi pellegrinaggi avevano certamente mire più terrene che spirituali, ma nell'animo delle immense folle di contadini, artigiani, cavalieri che partivano, il sentimento prevalente era quello religioso.
Alessandro Barbero, nel sottotitolo del libro accosta Crociate e Jihad. Non è un accostamento casuale, perché le Crociate sono state a tutti gli effetti le prime guerre sante della storia, il Jihad è molto posteriore. Qui ci sarebbero da fare lunghissime dissertazioni dottrinali sul dilemma che ha attanagliato la Chiesa per alcuni secoli a partire dall'anno mille: come si concilia il comandamento "Non uccidere" con le Crociate? È inutile girarci attorno: le Crociate sono sì pellegrinaggi, ma sono anche guerre, e in guerra si uccide. Come se ne esce? Su questo groviglio teologico/filosofico insolubile si sono incaponiti per secoli i più grandi pensatori cristiani, compreso sant'Agostino, il quale, dopo aver soppesato e cercato di interpretare per anni ciò che in proposito era scritto nell'Antico testamento, dove si legge che i re degli ebrei fanno la guerra e sterminano i nemici perché è Dio che glielo comanda, in una delle sue opere più tarde, quasi spazientito scrive: "Ma cosa c'è da biasimare nella guerra, l'uccidere uomini che un giorno dovranno morire? Questo è un biasimo non degno di uomini religiosi. Talvolta è necessario che i buoni facciano la guerra contro i violenti, per comando di Dio e del governo legittimo, costretti dalla situazione al fine di mantenere l'ordine."
È un concetto che stride leggermente coll'evangelico "Porgi l'altra guancia", se notate, ma questo è. Da qui in poi gli omicidi e i massacri sono sdoganati in ossequio a questo supposto benestare di Dio; uccidere in guerra (che a questo punto diventa guerra santa) non è più considerato peccato ma è sacrosanto, e questo sdoganamento evolverà coll'andare del tempo fino a raggiungere vette impensate anche solo nella prima Crociata, riassumibili nel concetto che l'uccisione di un nemico di Dio è considerato viatico per il paradiso. Qui sta l'anello di congiunzione tra Crociate e Jihad, perché i due eventi poggiano sulle stesse basi: uccidere per Dio, e che il dio in questione si chiamo Signore o Allah non ha alcuna importanza. Jihad (il cui significato principale è combattere) fa in realtà parte di una espressione più complessa: jihad fi sabil'illah, che compare nel Corano e che significa combattere sulla via di Dio, che era ciò che accomunava crociati e mujahiddin islamici.
Probabilmente molti non sanno (poi chiudo, altrimenti vi racconto tutto il libro) che la stesura del Corano, il libro sacro dell'islam contenente le rivelazioni profetiche di Maometto, risale al VII secolo e attinge a piene mani da elementi della cultura ebraica. Maometto conosceva benissimo la Bibbia e quando detta le sue profezie relative alla guerra santa riprende quasi alla lettera i medesimi precetti contenuti nell'Antico testamento relativamente alle direttive che Dio dava ai re ebrei circa lo sterminio dei nemici. Quando oggi sentite i vari Ferrara, Sgarbi, Feltri e compagnia bella che lanciano anatemi sul Jihad, sulla guerra santa, che blaterano di scontro di civiltà, potete quindi sorridere, magari commiserandoli anche un po'.
A proposito di scontro di civiltà, chiudo questo fin troppo lungo post con ciò che scrive Barbero: "Possiamo parlare, allora, di Crociate come di scontro di civiltà? Sì, se vogliamo, a patto di avere ben chiaro che quando usiamo quest'espressione non dobbiamo pensare a due mondi completamente alieni l'uno all'altro, come ad esempio gli aztechi e i conquistadores. Quando parliamo di scontro di civiltà si tratta di solito di due mondi strettamente intrecciati l'uno all'altro, con radici comuni, che hanno sviluppato due sistemi di idee o di valori divergenti, e proprio perché riconoscono nell'altro il proprio simile lo vogliono sopraffare, come accadde nel Novecento col comunismo e il fascismo. Lo stesso avviene durante le Crociate: queste persone in fondo ragionavano in modo simile, adoravano lo stesso Dio anche se con regole diverse, e avevano atteggiamenti mentali analoghi, e forse proprio per questo le loro guerre erano così feroci. Una delle cose che colpiscono di più nei racconti delle prime Crociate è con quanta allegria i cronisti cristiani raccontano dei cavalieri che tornano vittoriosi con le teste dei turchi appese alle selle oppure issate sulle picche; ma d'altra parte anche i cronisti arabi, entusiasti, raccontano di come i loro guerrieri tornano indietro con le teste dei cristiani. Eppure le Crociate sono anche il momento in cui queste civiltà diverse, anche se così legate senza saperlo, si incontrano, si osservano e si descrivono a vicenda."
Per me questo libro è stato illuminante e interessantissimo. È anche un saggio molto agile (circa 120 pagine) che si legge tutto in un fiato. In più, l'ha scritto Alessandro Barbero; non credo serva aggiungere altro.
sabato 3 luglio 2021
Sulla mia via
Poca voglia
giovedì 1 luglio 2021
Vento
Sono giorni in cui tira vento. Un vento caldo, bollente quasi, che si leva verso metà mattinata e imperversa per tutta la giornata fino alle otto di sera, quando poi si placa improvvisamente e tutto si ferma: le tende della sala, i rami della magnolia in giardino, il cipresso vicino al cancello. Tutto diventa immobile. Questa sera la bonaccia è arrivata prima del solito: adesso - sono quasi le sette meno un quarto.
Sono sul divano intento a leggere La disciplina di Penelope, di Gianrico Carofiglio. L'ho iniziato da pochi minuti. A pagina undici la protagonista esce da un appartamento. È mattina presto. Si mette gli auricolari e ascolta Into my arms, di Nick Cave (Carofiglio cita sovente pezzi musicali nei suoi romanzi). Non la conosco, sono curioso, la vado a cercare su YouTube e mi piace subito, al primo ascolto. Credo che dovrò approfondire e conoscere meglio Nick Cave.