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sabato 3 luglio 2021

Poca voglia

Da un po' di tempo ho sempre meno voglia di scrivere. Mi avvicino al blog nei ritagli di tempo che ricavo tra il lavoro e i libri, clicco su "Nuovo post", poi magari comincio a scrivere qualcosa ma dopo qualche riga mi fermo, cancello tutto e torno al libro che stavo leggendo. Ogni tanto mi chiedo perché sedici anni fa mi sia impiccato a questo blog, perché non mi decida a chiuderlo una volta per tutte e chiusa lì. Non riesco a capire se questa indolenza, che ogni tanto nel tempo fa capolino, nasca dal fatto di avere poche cose da dire o di averne troppe. Leggo ciò che succede nel mondo e su ogni fatto che accade vorrei dire la mia, poi mi rendo conto che sarebbero pensieri superficiali, dettati dall'impressione di pancia del momento e assolutamente privi di qualunque autorevolezza, e questo perché viviamo in una società complessa, anche se spesso non ce ne accorgiamo e pensiamo che ogni cosa che accade possa essere agevolmente descritta in tutte le sue sfaccettature nei 280 caratteri di un tweet o in un post su un blog.

Prendete il cashback, ad esempio, di cui si parla tanto in questi giorni. La sua abrogazione è stata giusta o sbagliata? Chi lo sa? Leggi il parere di dieci economisti e ognuno di essi dice una cosa diversa: uno dice che è sbagliata perché era un ottimo strumento per combattere l'evasione; un altro dice che è giusta, l'abrogazione, perché ha costi sociali troppo elevati e i ritorni sono inferiori alle uscite per mantenerlo in vita e via di questo passo. Chiunque, quindi, per riuscire a capire come stanno realmente le cose dovrebbe prendersi una mezza giornata di tempo, andare a cercarsi per conto proprio tutti i dati, compararli e tirare conclusioni attendibili. Ma chi ha voglia e tempo di farlo? Io no sicuramente, coi tre ripiani della mia libreria in cui tengo i libri in attesa. E forse neppure il governo ne ha un'idea, dal momento che era partito in quarta con l'abrogazione e adesso sembra già averci ripensato. E così per tutto il resto, per ogni cosa che accade e che noi liquidiamo con leggerezza e superficialità, inglobando con nonchalance in queste leggerezza e semplicità ogni complessità.

Allora, forse, è meglio lasciare correre, lasciare che le umane vicende facciano il loro corso e fregarsene, e magari parlare di fiori, oroscopi e meteo. O magari di libri. Questa ultima settimana ho letto due libri: L'eredità dell'abate nero, di Marcello Simoni; La disciplina di Penelope, di Carofiglio. Il primo dei due l'ho iniziato con ben poche aspettative, mentre invece si è rivelato un ottimo thriller, ricco di colpi di scena e ambientato nella Firenze del '400 dei Medici, con ottime descrizioni della vita in quel periodo storico. Il secondo, invece, l'ho iniziato con buone aspettative e si è invece rivelato niente di che, sicuramente inferiore ad altri libri dello scrittore pugliese. Ma ci sta, il bello dei libri è anche nelle sorprese piacevoli e meno piacevoli che riservano.

Stamattina ho iniziato un libro di Alessandro Barbero chiamato Benedette guerre, una saggio storico sulle famose/famigerate Crociate e le differenze tra queste e un'altra guerra santa ancora molto attuale: il jihad. Mentre lo leggo deciderò cosa fare di questo blog.

13 commenti:

  1. Con la massima convinzione sottolineo e sottoscrivo una per una le tue considerazioni sul grado ormai raggiunto di complessità del reale, come te riferendomi ad una complessità vacua e vana che serve solo a complicare le cose all'ennesimo grado esasperandoci di fatica inutile.
    Ciò premesso, l'ipotesi che il tuo blog chiuda non mi lascia indifferente. Sarebbe una cosa bella in meno, e già ce ne sono così poche.
    Potrebbe essere un suggerimento quello di renderlo in qualche modo monografico, riducendo se non proprio solo ad uno magari a due o tre i temi trattati? Soprattutto scegliendo magari qualcosa che ti solletica particolarmente, e che possa servire da effettiva e stimolante ricerca/approfondimento per primo a te?

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    1. Potrebbe essere un'idea, anche se, a dire il vero, l'idea di un blog monografico non mi attira più di tanto. Il problema di fondo risiede nel fatto che sì, mi piace scrivere, lo faccio volentieri, ma amo infinitamente di più leggere, e il tempo speso qui lo vedo come un tempo sottratto a un qualcosa di più gratificante, che è appunto la lettura.
      Sedici anni fa, quando aprii questo blog, era invece il contrario: scrivere mi piaceva molto più che leggere, per cui scrivevo anche due o tre post al giorno, e la lettura era relegata in secondo piano. Oggi è il contrario.
      Comunque, grazie del suggerimento, lo prenderò in considerazione.
      Ciao, Siu :*

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  2. Se il blog diventa fatica o seccatura, vuol dire che se ne è persa la scintilla, la validità, la scossa passionale. Come se un giorno ti annoiasse prendere un libro in mano e l'avventurarti in ciò che narra diventasse improvviso macigno. Mi auguro non ti accada mai.
    Per l'evasione: pensa, ad esempio, quanto sarebbe comodo fermare ad un casello stradale tutte le auto di lusso per controllare a chi sono intestate. Facile no? Non sei tu che cerchi l'evasore, ma l'evasore che viene da te.
    Chissà perché non è stato mai fatto.. ;)

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    1. Forse perché sarebbe leggermente incostituzionale? ;-)

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    2. Guardia di Finanza che ti controlla incostituzionale?!?
      Stai scherzando?!

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    3. Scherzavo, dai. E comunque ho un fratello nella Finanza e mi conferma che no, non è incostituzionale :-)

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  3. Penso ad una soluzione semplice: il blog lascialo lì come sta. E' una memoria storica. E rimane in attesa. Quando vorrai scrivere qualcosa lo avrai lì pronto.
    Scrivere sul blog non è un dovere. Nessuno ti paga per farlo. Sei libero di scrivere ogni volta che ne avrai voglia e sei libero di non scrivere ogni volta che non ne avrai voglia.

    Chiuderlo (immagino intendi "farlo scomparire dal web") la trovo una cosa molto drastica.

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    1. Sì, per chiuderlo intendevo farlo scomparire dal web. Comunque hai ragione, scrivere sul blog non è un dovere, mentre a volte si ha la tendenza, spesso inconscia, a considerarlo tale.
      Dovrei cominciare ad applicare al blog la stessa filosofia utilizzata da Guccini per il suo mestiere di cantautore e descritta molto efficacemente ne L'avvelenata: "Io canto quando posso e come posso, quando ne ho voglia, senza applausi o fischi. Vendere o no non passa tra i miei rischi, non comprate i mei dischi e sputatemi addosso!"
      Magari evitando lo "sputatemi addosso" finale :-)

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  4. Quel sentire a volte il "peso" del Blog penso sia un sentire comune a tanti di noi. A me è capitato e capita sovente di domandarmi il senso di tutto questo e più di una volta ho fatto post sugli aspetti del comunicare con gli altri attraverso le parole di un post, tuttavia alla fine mi sono sempre detta che il Blog non deve essere vissuto come un dovere bensì come un piacere e quindi: postare solo quando si ha davvero voglia di comunicare qualcosa e se poi alla fine questa voglia sparirà del tutto forse significherà che il "tempo del Blog" si è concluso.
    Avanti tutta Andrea, di cuore.
    sinforosa

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    1. Concordo, quando la voglia di comunicare qualcosa sparirà del tutto, significherà che il tempo del blog si è concluso. Del resto, tutto passa e tutto se ne va, è normale che sia così, e i blog non sono certo esenti da questa legge.
      Buona serata, sinforosa.

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  5. “Tutto passa e quasi orma non lascia”. È senz’altro come scrive Leopardi. E i blog non si sottraggono a questa legge universale. Leggo che il tuo lo hai aperto sedici anni fa. Io ti ho scoperto da poco e trovo piacevole leggerti e mi dispiacerebbe se tu optassi per la scelta di chiuderlo. Scrivi davvero bene e le tue opinioni non sono mai banali. Sei un lettore. È l’unico titolo che valga per “coloro che sanno”. Io ho aperto il mio blog nel dicembre del 2008, fra mille reticenze e a volte, per stanchezza, ho pensato di chiuderlo, invece l’ho solo cambiato un po’ e diradato i post.

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    1. Grazie. Comunque no, non lo chiuderò; ogni tanto mi viene questa tentazione, poi la voglia di continuare a vergare i miei pensieri continua a tenere il sopravvento.
      Ciao, Ettore.

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