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mercoledì 30 giugno 2021

Pestaggi

Un politico con un minimo di contezza del ruolo che ricopre, dopo i fatti di Santa Maria Capua Vetere avrebbe solidarizzato con le vittime delle torture e dei pestaggi, non con i loro carnefici, ma tant'è; ormai non mi pare abbia più molto senso fare notare certe cose. 

Ho guardato un minuto del video che documenta le sevizie e le torture ai danni dei detenuti e poi ho spento, e mi è venuto in mente un libro che lessi qualche anno fa intitolato Tortura. Lo scrisse lo storico Mimmo Franzinelli e documenta le pratiche di tortura messe in atto dagli apparati di repressione dell'antifascismo, nella repubblica di Salò, tra l'armistizio dell'8 settembre 1943 e l'aprile del 1945, quando caserme, carceri ed altri edifici vennero requisiti e utilizzati dai nazifascisti per torturare ed estorcere confessioni ai Partigiani catturati durante la Resistenza. 

Sono fatti diversi, epoche diverse, contesti e motivazioni diversi, ma hanno entrambi in comune la spirale di violenza che ha come unico scopo l'umiliazione del "nemico", dove il valore della vita si degrada fino ad annullarsi. 

Solidarizzare con chi si rende responsabile di simili atti (nello specifico si tratta di pestaggi pianificati, ritorsioni nei confronti di detenuti che chiedevano tamponi e mascherine per proteggersi dal covid) significa porsi allo stesso disumano livello dei carnefici. Ed è risibile motivare questa solidarietà con le condizioni difficili in cui sono costretti a operare gli addetti alle carceri. Lavorare in condizioni difficili è una giustificazione per un massacro?

domenica 27 giugno 2021

Domanda sui pregiudizi

Come è prassi, al termine di ogni conferenza di Umberto Galimberti si apre un piccolo spazio in cui chi lo desidera può porre domande al professore. Ieri sera ho rotto il ghiaccio io, ponendo una domanda relativa ai pregiudizi. La risposta è stata, come sempre accade, esaustiva e articolata. Chi fosse interessato trova domanda e risposta a partire dal minuto 1:32. La mia voce a tratti è tremolante e costellata di qualche balbettio a causa dell'emozione. Abbiate pazienza, non sono abituato a parlare in pubblico.

sabato 26 giugno 2021

Conferenza vs partita

Sono a Misano Adriatico, nel parco della biblioteca comunale. Alle nove, mentre l'Italia intera sarà davanti agli schermi per la partita, qui comincerà una conferenza di Umberto Galimberti dal titolo Figure del tempo. Galimberti è un filosofo che amo molto, come qualche mio lettore avrà intuito, e visto che questa sera è qui dalle mie parti, non ho voluto perdere l'occasione di venirlo ad ascoltare. 

Il parco è pieno in ogni ordine di posto e molte persone hanno già cominciato ad accalcarsi all'ingresso cercando posti a sedere che non ci sono più. Questa cosa è abbastanza rincuorante, fa piacere vedere come ci siano ancora tante persone che "sacrificano" un sabato sera estivo per venire ad ascoltare un filosofo. Chi fosse interessato, può seguire la conferenza in streaming qui.

Forse occorre rivalutare i "sepolcri imbiancati"

Sto leggendo in questi giorni Il cristianesimo antico. Da Gesù a Costantino, un saggio dello storico Paul Mattei (è francese, quindi presumo si pronunci "Matteì") che racconta come nacque e si sviluppò il cristianesimo prendendo in esame i tre secoli che vanno dalla nascita di Cristo all'imperatore romano Costantino, colui che, tra le altre cose, sdoganò il cristianesimo nell'Impero romano e creò Costantinopoli, l'odierna Istanbul.

Il libro in questione si dilunga molto nella descrizione della società giudaica precristiana dell'epoca e del contesto sociale e politico in cui nacque Gesù, e ho trovato una cosa interessante riguardo ai famosi/famigerati farisei, gli appartenenti alla casta sacerdotale (una delle tante, all'epoca) che nel Vangelo Cristo prende a male parole definendoli "sepolcri imbiancati", un epiteto che diventerà un loro marchio di infamia e che, ancora oggi, viene largamente utilizzato per designare chi indulge in vistosi e ipocriti formalismi. 

Ecco, proprio riguardo ai farisei, l'autore scrive: "Di loro i vangeli hanno divulgato un'immagine detestabile: sepolcri imbiancati, ipocriti che insegnano ma non agiscono, e soccombono al più sterile legalismo. Di fatto abbiamo già visto che Gesù, per più di un aspetto, poteva assimilarsi ai maestri farisei. Si aggiungerà che, come loro, egli credeva alla risurrezione della carne, e che, come lui, essi non ignoravano l'esigenza di amore verso ogni prossimo. Inoltre, da quanto sappiamo non risulta che i farisei siano stati i sostenitori più accaniti della rovina del Nazareno."

Il riferimento sotteso, qui, è a un'altra casta sacerdotale: i sadducei, i grandi sacerdoti custodi esclusivi del culto del Tempio. Una casta sacerdotale chiusa, arrogante, fortemente autoreferenziale e totalmente impermeabile al diffondersi del nascente culto cristiano, laddove, invece, la casta dei farisei si era dimostra fin dall'inizio molto più tollerante e aperta. I sadducei - con loro Gesù non ebbe mai nulla a che spartire -  erano aristocratici che disprezzavano fortemente il popolo, e furono gli unici, per opportunismo, a scendere a patti coi romani. C'è poi da aggiungere che due dei maggiori fautori della condanna di Cristo, Anna e Caifa, erano importanti sacerdoti sadducei. Stando così le cose, risulta abbastanza misterioso il fatto che Gesù si sia scagliato contro i farisei e non abbia mai menzionato i sadducei, che da una prospettiva filo-cristiana erano sicuramente ben peggiori. Comunque, questo è.

Tutto questo discorso per dire, tornando a oggi, che la valenza fortemente negativa che ruota attorno al sintagma "sepolcri imbiancati" forse così negativa non è, e che quando diamo a qualcuno del fariseo forse non lo carichiamo di un'offesa così grave.

Psicodrammi calcistici

Mi pare di capire che la giornata odierna, e presumo anche le prossime, saranno tutte incentrate sulla fondamentale questione inginocchiarsi sì o inginocchiarsi no. Io avrei una modestissima proposta: chi si vuole inginocchiare, lo faccia; chi non si vuole inginocchiare, non lo faccia, a patto che la si smetta di trasformare ogni cosa in una specie di psicodramma nazionale. Sì, lo so, un gesto simbolico presupporrebbe unità, coesione, ma siccome pretendere una cosa simile è da sempre pura utopia, nella nostra società (e lo sport non è esente), allora che ognuno si regoli come crede e la si chiuda lì. Ho semplificato troppo?

giovedì 24 giugno 2021

Fine della Torre


Ho terminato un paio di giorni fa La torre nera, settimo ed ultimo romanzo che chiude l'omonima saga fantasy di Stephen King. A dire il vero, il capitolo conclusivo sarebbe La leggenda del vento, l'ottavo libro, ma si tratta di un'opera collaterale, una specie di "di più" nato dalla bulimia di King che non influisce sull'economia complessiva dell'opera e che può anche essere letto a parte o saltato.

Big Steve ha scritto questa monumentale saga in un arco di tempo che copre circa tre decenni (il primo libro della serie, L'ultimo cavaliere, risale al 1982; l'ultimo, La leggenda del vento, al 2012), e può senza alcun timore essere paragonata a opere ben più blasonate come il leggendario Il signore degli anelli, di Tolkien, o I segreti di Nicholas Flamel, l'immortale, di Micheal Scott, ma probabilmente anche ad altre (cito queste due perché le ho lette, quindi posso fare il paragone con l'opera di King).

Come i miei lettori di più vecchia data sanno, leggo King da quando ero ragazzo e a cinquant'anni suonati non ho ancora smesso (finché lui continuerà a scrivere, io continuerò a leggerlo). Sullo scrittore di Portland si può dire ciò che si vuole, può piacere o non piacere, ma per quel che mi riguarda due caratteristiche gli vanno riconosciute: è uno che sa scrivere (sembra una banalità ma non tutti gli scrittori lo sanno fare); ha una fantasia e un'immaginazione smisurate. E tanto basta.

mercoledì 23 giugno 2021

Dietro

Non essendo io un letterato ed avendo una media dimestichezza con la grammatica, maturata nel corso degli anni solo grazie alla moltitudine di libri che leggo, mi trovo spesso preda di dubbi atroci, dubbi che a volte si trascinano per anni. Uno di questi è il seguente: si scrive "dietro il" o "dietro al"? È corretto "dietro la scrivania" o "dietro alla scrivania"? "Dietro la porta" o "dietro alla porta"? Nei libri, se la memoria non m'inganna, si trovano generalmente entrambe le versioni, quindi io ho sempre pensato che fosse indifferente una forma o l'altra. Stamattina, però, ho voluto approfondire un po' la cosa.

La spiegazione migliore l'ho trovata qui, dove si dice che essendo la parola "dietro" una preposizione (seppure impropria), non è corretto farla seguire da un'altra preposizione come "a", "al", "alla" ecc., ma è corretto farla seguire da un articolo. Per cui si dice "dietro la scrivania", "dietro la porta" ecc. Dovrò ricordarmi di segnalare questa cosa a Francesco Guccini (magari gli manderò una mail), il quale nella bellissima Autogrill scrive: "La ragazza dietro al banco mescolava birra chiara e Seven Up".

L'anziano babbo

Negozio di alimentari. Una delle due figlie, dietro il banco, intima all'anziano padre, in modo brusco, di togliersi di lì. Lui stava semplicemente sistemando alcune cassette nel reparto frutta e verdura. Ora, capisco che una persona anziana, in un negozio, possa essere a volte più di intralcio che di aiuto, ma dispiace assistere a certe scene.

martedì 22 giugno 2021

Concordato e ddl Zan

Dal punto di vista formale, l'intervento diretto del Vaticano nell'iter di approvazione di una legge dello stato italiano, nel caso specifico la richiesta di modifica di alcuni articoli del ddl Zan, è ineccepibile, in quanto trattasi di una procedura prevista dalla revisione del Concordato del 1929, stipulato tra Mussolini e il cardinal Gasparri, fatta da Craxi e Casaroli nel 1984. Le motivazioni che stanno alla base di questa richiesta, a mio giudizio sono grossolanamente e ridicolmente pretestuose. Come possa infatti rappresentare una limitazione alla libertà di pensiero dei cattolici la non esenzione per le scuole paritarie dall'organizzazione di iniziative per la sensibilizzazione sui temi che sono oggetto della legge, a me risulta un mistero, ma questo è.

Per il resto, c'è da notare l'irritualità dell'intervento, in quanto è la prima volta che il Vaticano interviene direttamente, attraverso i suoi canali diplomatici, nella discussione di una legge dello stato italiano. Certo, di ingerenze della chiesa nelle faccende legislative italiane sono piene le cronache storiche degli ultimi decenni, ma finora si era sempre trattato di prese di posizione estemporanee, di appelli generici, uscite mediatiche papali o cardinalizie, ma niente di ufficiale.

Che il Vaticano sia da sempre schierato contro il ddl Zan, già da quando era ancora una bozza, non è una novità e non stupisce. Da che mondo è mondo, infatti, sui temi etici e sui provvedimenti che ruotano attorno alla morale e alla persona la chiesa e la peggiore destra sono storicamente sempre andate a braccetto. Stupisce, semmai, questo dispiegamento di forze (si è mosso addirittura l'equivalente vaticano del nostro Ministro degli esteri), basato, a mio giudizio, su argomenti assolutamente pretestuosi. A meno che sotto non ci sia qualcos'altro. 

A pensare male si fa peccato ma spesso ci si azzecca, amava ripetere Giulio Andreotti, uno che, guarda caso, con la chiesa è sempre andato d'accordissimo. A margine, sarebbe interessante che qualcuno imbastisse, prima o poi, una seria discussione sull'opportunità, oggi, di mantenere in vita un anacronistico e ingombrante accordo tra stato e chiesa, sottoscritto più di 90 anni fa e voluto da Mussolini con l'obiettivo di incanalare nel fascismo il cattolicesimo nazionale. Ma le basi per avviare tale discussione mi sembra di non vederle ancora, all'orizzonte.

lunedì 21 giugno 2021

Siamo solo impauriti

[...] I popoli si mischiano, da sempre, fin dalle più antiche e remote età. Le culture si ibridano, le tradizioni si creano spesso per caso e pochi anni prima che vengano spacciate per antichissime. La storia scorre: non decade, scorre e si trasforma e basta. E noi siamo solo piccole gocce in questo flusso, destinante a confonderci con le altre. Lo tenessimo più presente, tante sciocchezze sulle razze e le identità che diciamo e in cui magari crediamo ci apparirebbero per ciò che sono: sciocchezze, piccole boe a cui tentiamo di aggrapparci perché siamo solo spaventati che il flusso ci travolga, mentre è semplicemente naturale che prima poi noi ci perdiamo in esso, e via.

Raramente cito pari pari post di altri blogger, ma Galatea Vaglio, che stimo molto e di cui ho letto alcuni libri, riesce a dire le cose come solo lei sa. Il post integrale da cui ho citato l'estratto è qui.

Bottiglie e soldi

La vicenda di Ronaldo che nasconde le bottiglie di Coca-Cola in conferenza stampa; l'azienda che dopo il gesto del giocatore perde qualche miliardo di dollari in borsa e la UEFA che ipotizza sanzioni a carico del giocatore, mi pare descrivano come meglio non si potrebbe cos'è il calcio oggi. 

Ora, intendiamoci, nessuno è nato ieri e non credo esista ancora qualcuno così ingenuo da scoprire solo oggi qual è il "motore" che muove tutto, ma a me stupisce sempre la chiarezza con cui questi meccanismi si palesano, così come ancora mi stupisce il fatto che non si faccia neppure più nulla per tentare di dissimularli. 

Non c'è nulla di cui scandalizzarsi, naturalmente, né si dicono queste cose per mettere in campo ridicoli moralismi. Semplicemente, si constata come ormai, eccetto poche eccezioni, ogni aspetto e ogni accadimento della società si muova in ossequio a quello che è "il generatore simbolico di tutti i valori", senza che ci si preoccupi neppure più di nasconderlo.

domenica 20 giugno 2021

Giornata mondiale del rifugiato

Oggi è la Giornata mondiale del rifugiato e mi è casualmente venuto in mente che, giusto ieri, Roberto Mercadini aveva pubblicato un video dove, con un paio di surreali esempi, aveva messo in luce la stupidità del noto ritornello "tu quanti ne hai accolti a casa tua?" Ritornello molto in voga tra un certo tipo di pubblico e di elettorato. E l'ha fatto con le ormai note sagacia e ironia.

Patriottismo calcistico

Scrive il Carlino che, secondo un sondaggio, il 76% degli italiani si emoziona all'ascolto dell'inno nazionale che precede le partite di calcio dell'Italia negli europei in corso. Il calcio mette tutti d'accordo. Gioca l'Italia e la nazione intera, notoriamente divisa su tutto, si ritrova tutta dalla stessa parte: destra e sinistra, 25 aprile e foibe, vaccini sì e vaccini no, credenti e atei, Sfera Ebbasta e Guccini, repubblicani e monarchici, occupati e disoccupati, automobilisti e ciclisti, vegani e onnivori, quelli che hanno letto un milione di libri insieme a quelli che non sanno nemmeno parlare (cit.) e chi più ne ha più ne metta.

Va benissimo, per carità, è cosa lodevole che ci sia un minimo comune denominatore che mette insieme la nazione. Sarebbe cosa ancora più lodevole se questa unità si ritrovasse attorno a motivi un pelino più nobili, ma, è noto, non si può avere tutto.

sabato 19 giugno 2021

Code

Ci sono code allo snodo di Bologna e per buona parte dell'A14 verso Rimini. I cartelli luminosi scrivono eufemisticamente "Code a tratti", quando in realtà si tratta di vero e proprio traffico bloccato. Ma si sa, la parola d'ordine da parte di Autostrade è minimizzare, edulcorare, tanto poi nei fiumi di lamiere roventi mica ci stanno loro. Mi viene in mente quella bella canzone di Max Gazzé che a un certo punto fa: "Santi numi, ma che pena mi fate, strozzati e inghiottiti come olive ascolane, spiedini di carne in fila sulle autostrade. Saldare al casello [quando si arriva] tanto per ringraziare, sentirsi arrivati dopo un lungo weekend."

Io, che detesto il mare (in estate, in inverno mi piace), i fiumi di lamiere roventi, il casino, la folla, me ne sto qui sulla mia sedia, seduto all'ombra, sotto il portico, col mio fedele libro in mano. Soffia anche un po' di brezza, che rende il tutto più gradevole. Poi, più tardi, andrò probabilmente a fare una camminata nella solitudine delle colline qui dietro a casa mia, quelle colline da cui, in lontananza, se la giornata è tersa, si vede Rimini col suo casino infernale.

Cacciari

Massimo Cacciari che sbotta infastidito e risponde in maniera brusca a Lilli Gruber, quando quest'ultima gli chiede se si sia vaccinato, mi fa pensare che anche chi non guarda più la televisione da anni, come me, non può esimersi dal venire a sapere ciò che accade in televisione. Per il semplice fatto che, il giorno dopo, screzi e "incidenti" televisivi vari finiscono puntualmente nelle prime pagine dei vari Corriere, Repubblica ecc., corroborando ciò che è ormai universalmente noto riguardo allo stato dell'informazione nel nostro paese.

Per quanto riguarda l'episodio in sé, che dire? Cacciari è sempre stato un filosofo sopra le righe, abbastanza imprevedibile e noto per aver spesso esulato dal "protocollo" televisivo che prevede risposte allineate alle domande poste dal conduttore, e questo la signora Gruber lo sa benissimo. Poi, certo, poteva esternare il suo sacrosanto diritto alla riservatezza in maniera meno ruvida, ma allora non sarebbe stato Cacciari.

venerdì 18 giugno 2021

Diabolik

Stamattina, al lavoro, pensavo che se potessi essere un personaggio dei fumetti mi piacerebbe essere Diabolik. È un criminale, è vero, ma ha comunque una sua morale, un suo codice etico. E poi i personaggi dei fumetti hanno il pregio di non invecchiare mai, rimangono forever young, degli eterni Peter Pan.

Poi, ripensandoci razionalmente, penso che va bene così, va bene che la vita faccia il suo corso e buonanotte: vivere per sempre dev'essere, alla lunga, una noia mortale.

giovedì 17 giugno 2021

Non era obbligatorio guardare il video

Fossi stato il direttore di una qualsiasi testata giornalistica, il video in cui si vede la tragedia della funivia del Mottarone non l'avrei pubblicato. La maggior parte delle testate, invece, ha agito diversamente, scegliendo di ossequiare la esecrabile strada, già ampiamente battuta, della monetizzazione del dolore. Vorrei però fare notare, al di là dello sciacallaggio mediatico di un certo tipo di giornalismo (quasi tutto, diciamolo pure), che guardare quel video non era obbligatorio, se ne poteva benissimo evitare la visione semplicemente non cliccandoci sopra nelle home page dei vari Repubblica, Corriere ecc.

Allora, forse, se tantissime persone l'hanno guardato, accanto al problema dell'"offerta", diciamo così, c'è anche un problema relativo alla "domanda". È pacifico, infatti, che se certi contenuti ai lettori non interessassero i giornali non li pubblicherebbero. Qui, però, il discorso si fa complesso, perché si insinua nel campo dell'umano e del suo modo di gestire il fenomeno della morbosità e dei sommovimenti emotivi che essa genera.

Il meccanismo psicologico che ha indotto tante persone a guardare il video della tragedia, credo infatti che sia il medesimo che fa affollare i luoghi in cui ci sono incidenti automobilistici o di qualsiasi altro tipo. Quand'ero ragazzo ho svolto il servizio di leva nei Vigili del fuoco, e ricordo benissimo che quando si correva sul posto dove si era verificato un grave incidente, spesso era problematico farsi largo in mezzo alla folla degli osservatori. 

Per tutta una serie di motivi che non sono in grado di spiegare, la morte incuriosisce, attrae, affascina, sia che avvenga in un incidente stradale, su una funivia o in qualsiasi altro posto e modo. Questo, i direttori di giornali lo sanno benissimo, così come conoscono benissimo la differenza tra informazione e speculazione, e certe ghiotte occasioni non se le lasciano scappare. Penso quindi che, oltre a condannare (giustamente) lo sfruttamento economico del dolore, bisognerebbe farsi anche qualche domanda sui motivi per cui questo "mercato" è così fiorente.

mercoledì 16 giugno 2021

Hard to say i'm sorry

Oggi pomeriggio maltrattavo un po' il pianoforte, e maltrattandolo mi è venuta fuori, quasi per caso, questa melodia. Mentre la suonavo cercavo di ricordare che canzone fosse, e mi ci è voluto un po' perché riuscissi a ricordarne il titolo. Poi, all'improvviso, la folgorazione (strani i giochi della memoria, eh?): Hard to say i'm sorry, dei Chicago, un pezzo del 1982 che, ricordo, all'epoca - avevo dodici anni - si sentiva spessissimo sia in televisione che in radio.

Ah, prima che qualcuno me lo faccia notare, sì, lo so, il pianoforte necessità di un'accordata. Mi riprometto sempre di farlo accordare ma non mi decido mai. D'altra parte l'indecisione è parte costituente del mio carattere, per cui...

lunedì 14 giugno 2021

Ricorrenze

C'è un signore che oggi compie gli anni, un signore che coi suoi libri, le sue canzoni, la sua poetica, ha indirizzato e influenzato gran parte della mia vita, del mio modo di essere e di pensare.

Buon compleanno, Francesco.

sabato 12 giugno 2021

Spostamento dei conflitti

Da qualche tempo in qua mi pare che abbiamo perso il "gusto" della conflittualità politica che si era sempre espressa nel dualismo destra vs sinistra. Non che sia scomparsa l'ideologia politica relativa a queste due, ormai desuete e anacronistiche, categorie novecentesche, del resto basta leggere la cronaca politica di ogni giorno per rendersene conto, ma è venuto meno il campo di battaglia, se così si può dire, entro cui le due categorie si confrontavano. Chi, come lo scrivente, non è più giovanissimo, ricorderà che fino a dieci o quindici anni fa c'era una dicotomia nettissima tra destra e sinistra. Dal dopoguerra fino ai primi anni Novanta era espressa dall'antagonismo tra Democrazia Cristiana e Partito comunista. Poi, più o meno a partire da Tangentopoli, questa dicotomia si è incarnata nella contrapposizione tra Berlusconi e i vari Prodi, D'Alema, Veltroni ecc., insomma tutti i leader che hanno guidato governi di centrosinistra in contrapposizione a quelli del cavaliere.

La stampa, su questa divaricazione netta e guerrigliera ha lucrato enormemente e senza esclusione di colpi, con i giornali che facevano riferimento alla destra che ogni giorno sparavano in prima pagina le nefandezze che a loro dire combinava la sinistra e quest'ultima che, per converso, faceva la stessa cosa relativamente alle nefandezze che faceva la destra (in particolare quelle del suo leader). Il conflitto si esprimeva naturalmente anche in ambito familiare, quando, a ogni simposio che prevedeva la partecipazione di tutto il parentame, nascevano quelle accese discussioni politiche che, non infrequentemente, sfociavano in risse con morti e feriti.

Oggi tutto questo non esiste più. L'ideologia destra-sinistra rimane, ma non ha più la possibilità di agganciarsi a riferimenti politici precisi e definiti. Il governo Draghi, giusto per stare ai giorni nostri (ma il discorso vale più o meno anche per gli ultimi che l'hanno preceduto), è retto sia dal PD che dalla lega che da Forza Italia, e come fai, a tavola coi parenti, a litigare quando destra e (pseudo)sinistra sono coalizzate? Ecco quindi che questa contrapposizione destra-sinistra, non potendo più esprimersi in ambito politico, lo fa su altri campi da gioco come i vaccini, ad esempio: i no-vax riferiti idealmente alla destra, i pro-vax che trovano la loro area politica di riferimento nel centrosinistra. Oppure i migranti, coi teorici dei respingimenti e del tornino a casa loro ascrivibili all'area di destra, i teorici dell'accoglienza ascrivibili all'area della sinistra. Cosicché, oggi, sia a tavola coi parenti che sui giornali, e soprattutto sui social, non ci si scanna più su destra e sinistra e relative nefandezze ma ci si scanna su vaccini sì/vaccini no e migranti sì/migranti no, che sono espressione dell'antico dualismo destra-sinistra rimasto orfano di qualunque aggancio politico.

Col tempo, poi, anche questi due appigli passeranno di moda (quello dei migranti è già sul viale del tramonto e quello dei vaccini scemerà al risolversi del problema del covid) e perderanno il loro appeal. Ma ne nasceranno altri a cui agganciarsi per guerreggiare. Perché i conflitti ideologici, specialmente quelli politici, che portano con sé la delicata questione dell'identità, non sono faccende che possono essere "spente" agendo su un interruttore, come si fa con la luce.

Obiezione di coscienza e sociale


Raramente mi è capitato di sentire parole più adeguate di queste per esprimere il concetto di obiezione di coscienza: "Una coscienza che non si fa carico del sociale non è una coscienza". Intendiamoci, so benissimo che l'argomento è complesso, ma Galimberti (dal min. 24 circa), nei cinque minuti in cui ne parla, riesce perfettamente a esprimere, sintetizzandolo, un pensiero con cui mi trovo perfettamente d'accordo. 

venerdì 11 giugno 2021

Dio e La donna cannone

Se credessi in Dio, non avrei alcuna difficoltà a immaginare che potrebbe avere ispirato De Gregori quando scrisse La donna cannone. Ci penso ogni volta che la suono al pianoforte: fatico a credere che un uomo, da solo, abbia potuto concepire una melodia e un testo del genere. Eppure è così.

giovedì 10 giugno 2021

Vaccinato

Stamattina, dopo un mese di attesa dalla prenotazione a causa di alcuni disguidi di tipo telefonico che non sto qui a descrivere (li ho sintetizzati in questo commento sul blog di Gwendalyne), ho ricevuto la prima dose del vaccino anti-covid (Pfizer). Sto bene: niente mal di testa, né febbre (per ora), né dolori muscolari, né altro. Neppure il classico dolore post-iniezione al braccio. 

L'ho fatto alla Fiera di Rimini e devo dire che l'organizzazione è stata perfetta: pochissima attesa e orario assegnatomi rispettato. 

Curiosità. Sono in fila, in piedi, su un percorso transennato che va a zig-zag. Si avanza un metro alla volta. Davanti a me c'è una ragazza che legge un libro, un tomo che così, a occhio, sarà stato di 800 pagine. Ogni tanto alza lo sguardo e si accorge che la fila è avanzata e lei è rimasta indietro. Così si riporta avanti e ricomincia a leggere, restando naturalmente ancora indietro. La divertente scenetta si ripete tre o quattro volte, poi la ragazza è costretta, suo malgrado, a mettere via il tomo perché arrivata all'accettazione.

Eh, lo so, brutta malattia, i libri. E per questa non c'è vaccino che tenga, per fortuna.

lunedì 7 giugno 2021

Michele Merlo

È naturale che si dica che non è giusto, così come è naturale provare dolore e rabbia. Ma spesso ci si dimentica che la natura e la biologia non ragionano con le stesse categorie antropologiche che ci siamo dati noi umani. Anzi, non ragionano proprio. La natura - e la malattia fa parte della natura - è sostanzialmente indifferente alla condizione umana, e dal suo punto di vista che una persona campi 90 anni o ne campi 20 non fa alcuna differenza, diversamente da quanto accade per noi. Il problema è che generalmente facciamo una fatica incredibile ad interiorizzare questo concetto.

Africa, una storia da scoprire

Ho appena terminato questo interessantissimo saggio storico, scritto da Joan Roig. Racconta la storia del continente africano, necessariamente riassunta in molte parti e suddivisa in quattro macroperiodi. Il primo di questi racconta l'Africa antica e copre l'arco di tempo che parte circa da sei milioni di anni fa, quando sul continente comparvero i primi ominidi, fino al XV secolo; il secondo prende in esame l'età in cui ci furono i primi contatti con l'Europa e l'inizio del fenomeno della tratta degli schiavi, cioè il periodo compreso tra il XV e il XIX secolo; il terzo riguarda l'epopea (tragica) del colonialismo, cioè gli anni compresi tra il 1884 e il 1960; il quarto, dal 1955 ad oggi, si occupa del periodo postcoloniale.

Alcune cose che mi hanno incuriosito e che sono, a mio parere, degne di nota. Fino al XIX secolo era opinione diffusa, anche tra molti storici, che l'Africa fosse un continente senza storia e che i millenni, là, fossero trascorsi caratterizzati invariabilmente da riti tribali e poco altro. Questa credenza era diffusa per il semplice motivo che i pochi libri che affrontavano la storia africana erano in realtà libri sulla storia degli europei in Africa, e si pensava che la storia dell'Africa partisse appunto da lì, mentre invece non è affatto così. Scrive l'autore: "L'Africa vanta una storia ricchissima. Per due terzi della sua esistenza l'essere umano è stato presente solamente nel continente africano. Proprio lì, senza alcun dubbio, ebbero origine le guerre, l'odio e l'amore. E tutto sta a indicare che fu proprio quello il luogo in cui si sviluppò il linguaggio umano - alcuni esperti assicurano addirittura che tutte le lingue del pianeta derivino, in maggiore o minore grado, da una lingua primigenia che si sarebbe sviluppata in Africa."

Negli ultimi decenni, la collaborazione tra discipline diverse (principalmente storia, archeologia, paleobotanica e antropologia) ha permesso di fare luce sul lunghissimo periodo ritenuto senza storia capovolgendo questa narrazione. La storia africana è stata una storia ricchissima in cui si sono succeduti regni e imperi, alcuni dei quali caratterizzati da una grande magnificenza e grandiosità. La società africana è stata una società estremamente dinamica caratterizzata da forme di organizzazione sociale naturalmente molto diverse da quelle occidentali, come del resto lo sono in buona parte tuttora, in particolare quelle del XX secolo. Il primo macroperiodo preso in considerazione dal libro descrive appunto la storia di questi imperi.

Le due capitoli che invece affrontano i temi dell'arrivo degli europei, della tratta degli schiavi e del colonialismo sono probabilmente quelli di cui, in generale, si ha maggiore conoscenza collettiva, nel senso che si tratta di periodi storici generalmente contemplati anche dai programmi scolastici. La tratta atlantica degli schiavi, nella quale gli europei ebbero un ruolo di primo piano, conobbe il suo massimo "splendore", se così si può dire, tra il 1725 e il 1850. Gli storici hanno calcolato, con buona approssimazione, che circa 14 milioni di africani siano stati resi schiavi e deportati nelle americhe e in Europa, e un numero più o meno simile ha interessato l'altra tratta in cui si svolse questo traffico, quella orientale verso le Indie.

La storia del colonialismo, invece, che già conoscevo per aver letto altri libri, è forse uno dei capitoli più tragici, e per certi versi vergognosi, della storia umana. A partire dalla fine del 1800 fino alla decolonizzazione, iniziata al termine della Seconda guerra mondiale, l'Africa fu letteralmente presa d'assalto dagli europei per accapparrarsi non solo schiavi, ma tutta la serie di materie prime con le quali l'Europa si è sviluppata e ha costruito il suo benessere e la sua potenza. Ogni società e potenza europea corse per spartirsi territori, insediare colonie, costituire protettorati. A metà del Novecento non esisteva una sola porzione del continente africano che non fosse in qualche modo sotto il controllo dell'Europa.

Anche noi italiani, naturalmente, seppure in ritardo rispetto agli altri, ci buttammo in questa corsa folle per portare a casa un pezzettino di Africa, riuscendo però ad accapparrarci pochi territori in Eritrea, Somalia e Libia. Nel 1896 tentammo di conquistare l'Abissinia (l'attuale Etiopia) ma tornammo a casa con le pive nel sacco dopo essere stati sconfitti dalle truppe del re Menelik II. Ci riprovò Mussolini una quarantina d'anni dopo, tentando di assaltare l'Abissinia dall'Eritrea. Gli abissini resistettero eroicamente, finché Mussolini, deciso in ogni modo a portare a termine con successo la guerra, concepita in chiave di un aumento di prestigio del fascismo, ordinò di ricorrere a bombardamenti massicci e alle armi chimiche. Ciò che il nostro esercito fece, laggiù, ricorrendo all'uso dei gas chimici, è forse una delle pagine più vergognose della nostra storia militare recente. Alla fine della guerra, il generale Rodolfo Graziani, su richiesta del governo etiope, fu inserito dalla Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra nella lista dei criminali di guerra, ma non venne mai processato e l'Italia negò sempre la sua estradizione. Fu invece processato in Italia e condannato a 19 anni per collaborazionismo. Fu scarcerato dopo soli quattro mesi e aderì al nascente Movimento sociale diventandone poi presidente.

Perché è interessante questo libro? Perché permette di farsi un'idea complessiva della storia dell'Africa dalle origini fino a oggi, e quindi consente di comprendere meglio molti degli accadimenti in cui siamo oggi convolti anche noi, come ad esempio quello delle migrazioni e altri.

domenica 6 giugno 2021

Motivazioni su Patrick Zaki

Mi piacerebbe leggere le motivazioni dei provvedimenti con cui il tribunale egiziano del Cairo prolunga all'infinito, 45 giorni alla volta, la detenzione di Patrick Zaki, ammesso che l'amministrazione della giustizia da quelle parti preveda l'obbligo di motivare una carcerazione preventiva. 

Mi piacerebbe vedere, ad esempio, se come motivazione scrivono, che ne so?, pericolo di fuga (da un carcere egiziano?), oppure pericolo di reiterazione del reato (quale reato, tra l'altro?), oppure pericolo di inquinamento delle prove (prove di quale reato?) o altre motivazioni ancora. A meno che, molto più semplicemente, l'unica motivazione stia in un assurdo e arbitrario accanimento giudiziario nei confronti di uno studente colpevole di nulla, se non di essersi sfortunatamente trovato stritolato in un ingranaggio più grande di lui, ingranaggio mosso da aguzzini in toga che là vengono chiamati giudici.

A chi si lamenta che i nostri governi (l'attuale e il precedente) si sono mossi finora in questa faccenda senza sbraitare più del dovuto, segnalo questa pagina, in cui è elencato in numeri il giro d'affari tra noi e l'Egitto, e quest'altra, dove sono elencate le attività dell'Eni da quelle parti. Da qui si capisce benissimo che quando tutto il discorso sui diritti umani, di cui amiamo tanto riempirci la bocca, confligge col mercato, beh, questi ultimi si possono momentaneamente anche accantonare.

sabato 5 giugno 2021

Poca fede

Giovanni Panettiere, su Il resto del Carlino di stamattina, snocciola alcuni dati sul crescente fenomeno dell'ateismo nell'ultimo quarto di secolo, ben riassunti da questo grafico.


Il fenomeno dell'aumento dell'ateismo non è peculiarità del nostro paese, ma, con numeri addirittura più elevati, interessa anche paesi come Germania, Francia e molti del nord Europa. In generale è tutto l'Occidente che, progressivamente, tende ad abbandonare la religiosità in favore di una visione più disincantata dell'esistenza, e ciò è particolarmente evidente nei giovani.

Il fenomeno è complesso e ricco di sfaccettature, specialmente in riferimento a cosa si intende per fede. Il cardinal Martini, tempo fa, diceva che i credenti sono principalmente ascrivibili a due categorie: quelli della linfa e del tronco seguiti da quelli della corteccia, metafora che non mi pare necessiti di essere spiegata.

A questi ultimi, quelli della corteccia, appartengono i cosiddetti fedeli abitudinari, quelli che (a parole) dicono di credere ma che sono forieri di una religiosità che con la spiritualità non c'entra niente. Sono i credenti in chiave anti-islam, ad esempio (tipo Salvini), oppure i credenti per tradizione familiare o politica o di altro tipo. Oppure sono i credenti che in una religione cercano soprattutto un senso di conforto, di appartenenza, di comunità, di comunanza, di ritrovo, di sicurezza, in una società sempre più frammentata in cui la dimensione collettiva viene sempre più messa da parte in favore della dimensione individualistica.

Vittorino Andreoli, mi pare, in un suo libro scriveva che quando vede le grandi adunate in piazza San Pietro o altrove, dubita sempre che siano motivate solo dalla fede, quanto semmai dal bisogno delle persone di ritrovarsi con altre persone che condividono gli stessi valori religiosi, dove non è importante il valore religioso in sé quanto il bisogno di sentirsi meno soli.

In fondo, se ci si pensa, da questo punto di vista le religioni, tutte le religioni, hanno da sempre rappresentato una grande forma di terapia.

venerdì 4 giugno 2021

Quando viene la sera

Un mio collega, stamattina, diceva che sono tutti uguali, versione edulcorata del celebre "Il più pulito ha la rogna". È qualunquismo allo stato puro, naturalmente, anche se pure a me, qualche volta, è capitato di pensarlo. Ogni volta che mi capita di sentire questa cosa, o di pensarlo, mi viene sempre in mente La storia, di De Gregori, in particolare il passaggio che recita: "...e poi ti dicono 'tutti sono uguali, tutti rubano nella stessa maniera', ma è solo un modo per convincerti a restare chiuso dentro casa quando viene la sera".

Restare chiusi in casa quando viene la sera è una bellissima metafora che io interpreto in questo modo: l'incedere della sera rappresenta l'arrivo dei periodi bui, un po' come quello, molto lungo oltretutto, che stiamo vivendo, i periodi cioè in cui tutto (politica, economia, società ecc.) sembra andare a ramengo. Restare chiusi in casa durante la sera, ossia in questi periodi, significa quindi abbandonarsi all'ignavia, all'indolenza, al menefreghismo, un po' anche alla rassegnazione. E quelli, come il mio collega, che dicono che tutti sono  uguali è un po' come se utilizzassero questa proposizione come pretesto per giustificare la loro, tutto sommato comoda, indolenza. Siccome sono tutti così - dicono costoro - è inutile adoperarsi per tentare di cambiare le cose.

La metafora di De Gregori l'ho interpretata in questo modo. Lunedì, quando tornerò al lavoro, proverò a sentire col mio collega cosa ne pensa.

mercoledì 2 giugno 2021

Breve storia triste (di Trump)

Dopo essere stato bannato per sempre sia da Twitter che da Facebook a causa delle troppe, pericolose stupidaggini che vi scriveva, lo staff di Trump aveva convinto l'ex presidente degli USA ad aprire un blog. Il suddetto staff, e in particolare Jason Miller, avrebbero però dovuto mettere in conto che i blog sono ormai vecchi arnesi informatici non considerati più da nessuno e che per esistere, oggi, bisogna essere sui social, e infatti, dopo appena un mese, Miller e soci hanno deciso di chiudere il blog di colui che voleva sconfiggere il coronavirus iniettando disinfettante ai contagiati (anche Reagan, al confronto, appare un gigante) per mancanza di lettori. Probabilmente il sipario definitivo su uno dei figuri più imbarazzanti che abbiano mai varcato le soglie della Casa Bianca.

Dal Portogallo con amore

Mi chiedo se ci sia un nesso tra il calo costante di consensi della Lega a favore della Meloni (siamo in prossimità del sorpasso) e sceneggiate come quella postata l'altro ieri a favore delle masse da Fatima, nota località portoghese dalla quale l'ex felpato ha raccomandato tutti gli italiani alla locale Madonna. Il tipo non è nuovo a queste sceneggiate, naturalmente, l'aveva già fatto da Medjugorje e a cadenza più o meno regolare ha sempre fatto pubblico sfoggio di rosari, croci, vangeli e amuleti religiosi vari (aspetto con ansia il giorno in cui comparirà in abito talare munito di aspersorio), sceneggiate religiose perfettamente coerenti con le immagini di un paio d'anni fa quando infilava il naso nel generoso décolleté di una cubista del Papeete.

Forse il travaso di consensi dalla macchietta a capo della Lega all'altra macchietta che sta a capo di Fratelli d'Italia sta nel fatto che quest'ultima non si è ancora fatta prendere, o almeno non più di tanto, da questa mania mistico-religiosa che ha da qualche tempo obnubilato il labile apparato intellettivo dell'ex ministro dell'Interno.

Rimane in piedi il grande mistero di come possa un consumato attore del genere, uno che non ha un'idea sua su nulla e che ha come unico faro la ricerca del facile consenso, godere ancora del seguito che ha, pure se trattasi di seguito in lento ma costante declino. In realtà non c'è alcun mistero: la narrazione religiosa ha una ben definita funzione politica pro-tradizioni e anti-islam, una narrazione che da sempre fa breccia nelle menti più semplici, che vedono nel don Matteo dei salumi forse l'ultimo paladino che si batte con furore in difesa delle nostre tradizioni culturali e religiose. 

Rimane questa cosa (non è la prima volta che lo fa), per lo scrivente abbastanza irritante, di essere tra quelli che per sua intercessione vengono affidati a una divinità che, sempre per lo scrivente, è totalmente priva di valore, come del resto ogni qualsiasi altra divinità. Mi affido da sempre a me stesso, grazie, e finora mi è sempre andata bene.

"Sono stato io a farti. Tu non puoi essere lì"

Tutto succede nelle ultime pagine de La canzone di Susannah, il sesto degli otto libri che compongono la lunghissima saga de La torre nera: Stephen King e Roland di Gilead si incontrano. Lo scrittore e la sua creatura si vedono, si parlano, e il primo quasi cede all'incredulità, in un'atmosfera surreale, quasi onirica, mentre il secondo tenta di riportarlo alla "realtà". 

Mentre leggevo queste pagine mi veniva in mente una bellissima canzone di Giorgio Faletti: Come un cartone animato, dove si racconta di un disegnatore che abbozza una figura su un foglio e prosegue fino a quando la figura disegnata su quel foglio prende vita, si volta e guarda in su per vedere chi lo ha disegnato. 

"È la storia, non colui che la racconta". Parola di King.


martedì 1 giugno 2021

Unanime condanna per la scarcerazione di Giovanni Brusca

"La politica unanime condanna la scarcerazione di Giovanni Brusca", titola Huffingtonpost, e a seguire tutto l'elenco dei commenti estremamente indignati dei pezzi grossi del momento, dall'immancabile Salvini alla Meloni passando per Letta e Carfagna fino ad arrivare al redivivo Tajani. Tutti a chiedersi come sia possibile che un criminale di tal fatta sia libero, a strillare che è inaccettabile, una schifezza, una vergogna, e nessuno che accenni al fatto che Brusca è uscito dal gabbio grazie a una legge dello stato fatta da quella stessa politica che oggi si indigna.

Viene in mente De André quando in Don Raffae' canta che lo stato "si costerna, s'indigna, s'impegna, poi getta la spugna con gran dignità". Alla fine, le parole più intelligenti e di buon senso, in mezzo a questo mare di ipocrisia, le ha dette Maria Falcone, sorella del giudice ucciso proprio da Giovanni Brusca, che non essendo in politica e non avendo quindi un elettorato da coccolare a suon di slogan ipocriti diretti alla pancia, ha detto: "Umanamente è una notizia che mi addolora, ma questa è la legge, una legge che peraltro ha voluto mio fratello e quindi va rispettata."

La notate la distanza che separa il buon senso dall'ipocrisia?