Pagine
martedì 29 settembre 2020
Fuori dalla storia
Monaco
domenica 27 settembre 2020
Questo bacio vada al mondo intero
Questo romanzo, che ho letteralmente divorato, è la dimostrazione della fondatezza di una vecchia teoria molto nota agli appassionati di libri: quando si va in biblioteca o in libreria, ma anche quando si gira per bancarelle di libri usati, e io lo faccio spesso, non è mai il lettore che è in cerca di un libro ma è il libro che cerca il lettore.
Non conoscevo Colum McCann né avevo mai sentito parlare di questo libro, mi è capitato in mano per caso e l'ho preso solo perché incuriosito dal titolo e dall'immagine di quella figura stilizzata che cammina in equilibrio tra due palazzi. Immagine che non è casuale, perché McCann ha scritto questo romanzo ispirandosi alla camminata che Philippe Petit, nell'agosto del 1974, fece realmente su un cavo teso tra le torri gemelle del (fu) World Trade Center di New York, a oltre 400 metri di altezza dal suolo.
Il filo di questo funambolo passa attraverso le storie narrate nel romanzo. Ogni capitolo è una storia che solo apparentemente è slegata dalle altre, mentre in realtà tutte sono in qualche modo connesse tra loro non solo dal filo del funambolo ma anche dai medesimi personaggi che, inaspettatamente, capita che facciano capolino in capitoli diversi. È un romanzo corale, scritto in una prosa a tratti molto poetica, in cui i personaggi sono caratterizzati da una intensa umanità. È un libro che parla di vita, di amore, di dolore, di tristezza, ma anche di morte e delle modalità con cui essa si può palesare e in un momento cambiare le carte sulla tavola dei programmi e delle pianificazioni che tanto si ama fare.
Quel filo teso sull'abisso, dal quale in un attimo si può perdere l'equilibrio e cadere, credo sia la metafora perfetta con cui l'autore ha voluto rappresentare tutto questo. Uno dei romanzi più belli che mi sia capitato di leggere quest'anno.
sabato 26 settembre 2020
Quindici giorni (prorogabili), non un mese
Il calcio
giovedì 24 settembre 2020
Contagi e libertà
Estranei metropolitani
mercoledì 23 settembre 2020
Springsteen
C'è questo signore che oggi compie 71 anni. Bruce Springsteen è per me un musicista abbastanza anomalo, nel senso che in casa non ho né CD né vinili suoi eppure di pezzi scritti da lui ne conosco parecchi. Mi sono sempre ripromesso di comprare qualche suo album ma non mi sono mai deciso. Forse per timore che una volta acquistato si riveli una mezza delusione e quella delusione faccia crollare quell'aura di mito che gli ho costruito attorno. Chissà...
martedì 22 settembre 2020
Autunno
lunedì 21 settembre 2020
Quanto ce l'abbiamo lungo
domenica 20 settembre 2020
Affluenze
Rossana Rossanda
La religione come psicoterapia collettiva
Come ho scritto spesso in queste pagine, per vari motivi, anche di lavoro, ho molti conoscenti che professano una qualche religione (cattolici, protestanti, musulmani ecc.) coi quali mi capita spesso di discutere. Naturalmente sono dialoghi che non portano a niente perché per loro natura non possono portare a niente, dal momento che io discuto secondo una logica di tipo razionale e loro di tipo fideistico. Ma si fa così, giusto per speculare e analizzare i vari punti di vista. E la cosa, tutto sommato, è anche piacevole.
Ieri, ascoltando la conferenza di Umberto Galimberti che pubblico qui di seguito, ho scoperto una lettura della religione a cui non avevo mai pensato, cioè avevo pensato ma a livello di slogan, senza approfondirla più di tanto, quella cioè della religione vista come psiche collettiva, intesa cioè da un punto di vista sentimentale come lenitivo delle umane sofferenze.
In sostanza, il filosofo dice: Ma se certe pratiche religiose fanno stare bene, procurano un beneficio all'anima, perché no? Perché si vuole impedire che vengano utilizzate opponendo loro obiezioni di tipo razionale? Già la vita è di per sé difficile, se c'è qualcosa che aiuta a lenirne il peso, perché no?
In realtà la proposizione di Galimberti non è una novità. Sulla religione intesa come lenitivo avevano già scritto prima di lui filosofi e teologi di ogni epoca. Persino Guccini, una trentina d'anni fa, in Libera nos domine definiva Dio come un'utopia per lenire questa morte sicura.
Per chi fosse interessato, i pochi minuti in cui Galimberti analizza questa argomentazione molto interessante partono da 1:32 circa.
sabato 19 settembre 2020
venerdì 18 settembre 2020
Alla fine, nuova versione di Blogger anche per me
Referendum: Sì o No?
Qualche tempo fa, qui su queste pagine, avevo espresso la mia intenzione di votare No al referendum costituzionale di domenica e lunedì prossimi, che ha come oggetto la diminuzione del numero dei parlamentari. Sono rimasto sostanzialmente della mia idea, cioè votare No, anche se devo ammettere che alcune delle argomentazioni minori che ho letto e ascoltato a supporto del Sì mi sembra abbiano una loro validità.
Riassumendo un po', le principali motivazioni sbandierate dai sostenitori del Sì sono due: riduzione dei costi della politica e maggiore efficienza del funzionamento del parlamento. La motivazione economica è pura demagogia, dal momento che si parla di risparmi talmente risibili che solo chi non ne ha ben chiara l'entità può ritenerla solida ed elevarla a rango di argomentazione. (Mi viene anche da chiedermi come mai, se la motivazione economica è così pregnante, non si sia pensato di tagliare lo stipendio a tutti i parlamentari invece di tagliare i parlamentari stessi, cosa che tra l'altro si sarebbe potuta fare in maniera più semplice e spedita tramite legge ordinaria e senza andare a toccare la Costituzione.)
Per quanto riguarda invece la presunta maggiore efficienza che avrà un parlamento meno pletorico, beh, mi pare che siamo in presenza di una pura ipotesi. In base a quale principio dovrebbe scattare infatti tale automatismo? Non si sa. Ho provato un po' a fare qualche ricerca tra le pagine e le dichiarazioni dei sostenitori del Sì e non ho trovato nulla di convincente. Tutti affermano genericamente che l'efficienza del parlamento migliorerà ma non ho trovato nessuna argomentazione che spieghi perché. Immagino dipenda dal fatto che, alla fine, anche i sostenitori del Sì sanno perfettamente che l'inefficacia del parlamento in gran parte dipende non dal numero di parlamentari ma dai meccanismi di formazione del processo legislativo, meccanismi che non vengono minimamente toccati dalla riforma.
La debolezza e l'inesistenza di ragioni valide e sufficientemente ed esaustivamente argomentate a supporto del Sì - parere personale, ovviamente - mi spingono a restare sulla mia posizione. Quindi voterò No.
Alla fine, comunque, referendum a parte, ciò che a me importa sarebbe l'introduzione di una legge elettorale in grado di dare all'elettore la possibilità di scegliersi il candidato che preferisce, cosa che non è più possibile fare da quando, nel 2005, Calderoli sfornò il cosiddetto Porcellum, poi cambiato nel nome e nelle forme esteriori nel corso degli ultimi lustri ma senza mai modificarne la sostanza.
giovedì 17 settembre 2020
Cuore di tenebra? Mah...
Visite a pagamento
Ora, che la sanità privata sia più efficiente e veloce (e costosa) di quella pubblica non è una novità, ciò che è certo è che l'esplodere della pandemia ha sicuramente aggravato questa situazione. Ma la domanda è: chi non può permettersi una sanità privata, come fa? Semplice: non si cura, come già facevano 12 milioni di italiani ben prima che arrivasse la pandemia.
Ma in Italia, è noto, il problema più grosso che abbiamo è quello dei migranti.
martedì 15 settembre 2020
Fu sera e fu mattina
lunedì 14 settembre 2020
Non è ora di smetterla con questo benedetto "contro natura"?
Sotto questa luce, contro natura significa - correggetemi se sbaglio - che va contro ciò che ha previsto la natura, cioè contro le leggi di natura. Ma due uomini o due donne che provano sentimenti di affetto reciproci o che si danno piacere sessuale reciproco, sono contro natura? Infrangono qualche legge di natura? No. Lo farebbero, che ne so, se per ipotesi una donna corresse alla velocità della luce o un uomo facesse la fotosintesi clorofilliana, giusto per fare i primi due esempi che mi vengono in mente. L'omosessualità, quindi, dal punto di vista della natura, concetto caro al consigliere e purtroppo a tanta gente, non infrange alcunché.
Infrange semmai delle leggi morali o culturali. Da questo punto di vista la proposizione del consigliere avrebbe avuto un senso nei termini di "contro cultura", se cioè avesse detto che l'omosessualità è contro cultura (o contro morale). Ma i contesti culturali o morali non sono la stessa cosa dei contesti naturali, perché le leggi di natura sono uguali in ogni luogo della terra, i contesti culturali sono diversi a seconda del luogo del pianeta in cui ci si posiziona, al punto che ciò che magari è considerato moralmente riprovevole in un luogo può essere moralmente più che lecito in un altro.
Capite perché la locuzione "l'omosessualità è contro natura" non ha alcun senso? È lo stesso discorso di chi blatera di famiglia naturale, che non significa assolutamente niente perché, anche qui, il concetto di famiglia è diverso a seconda di dove si va. Se qui in occidente la famiglia naturale è formata da papà e mamma sposati con prole, basta spostarsi in medio oriente e si ha la poligamia, se si va in estremo oriente si trova ancora la poliandria, se si va in alcune zone tribali dell'Oceania il concetto di famiglia è allargato al villaggio, nel senso che la famiglia è il villaggio e i figli sono figli dell'intera comunità. Ecco perché se c'è un prodotto culturale per antonomasia è proprio il matrimonio e la famiglia che ne deriva, perché frutto di elaborazioni e di impegni esclusivi del ragionare umano.
Per l'omosessualità è lo stesso identico discorso, e viene da chiedersi come si possa considerare innaturale un comportamento praticato da tutte le specie animali eccetto i ricci di mare. Chissà, magari il consigliere di FDI ha una risposta.
domenica 13 settembre 2020
Giornalismo
Credo che in questo paese sia ormai diventata improcrastinabile una seria riflessione collettiva su cosa è diventato oggi il giornalismo.
sabato 12 settembre 2020
Eco in edicola
Di solito non uso queste pagine per fare pubblicità. Faccio eccezione quando vengono promosse iniziative come quella partita da Repubblica, che il 15 e 16 settembre allegherà al quotidiano due saggi di quel genio in terra che rispondeva al nome di Umberto Eco (dettagli qui): Il fascismo eterno e Migrazioni e intolleranza.
Per tutta una serie di motivi che non sto qui a spiegare, Umberto Eco è stato uno di quegli uomini che mi hanno cambiato la vita. Oddio, forse ho esagerato, ma comunque dopo averlo conosciuto, e soprattutto aver conosciuto i suoi libri (alcuni, tutti è impossibile), ho cambiato molti parametri con cui vedevo il mondo.
Condanne severe e certe?
venerdì 11 settembre 2020
Cattiva memoria
La tesi proposta dallo storico Marcello Flores (nel 2014 ha pubblicato un libro bellissimo chiamato Il secolo dei tradimenti. Da Mata Hari a Snowden, 1914-2014, se vi capita leggetelo) in questo saggio storico è interessante e a mio avviso originale: la memoria storica può fare sì che vengano banalizzati gli eventi oggetto di quella memoria. Spiego brevemente.
A partire dagli anni Novanta del secolo scorso sono state istituite giornate della memoria per ricordare alcuni dei tragici eventi che hanno caratterizzato il Novecento, il più tristemente noto dei quali è sicuramente la Shoah. Queste giornate della memoria sono state istituite decenni dopo i fatti che vogliono proporsi di ricordare. È cosa buona che ci siano queste giornate? Sì, indubbiamente.
Tuttavia, siccome la storia è per sua natura complessa, il ricordare un fatto senza che si conoscano gli antefatti, i mille motivi e le mille cause che l'hanno originato può portare a banalizzarlo e/o a ridurne l'importanza e la portata storica. Oppure, peggio ancora, a brandirlo strumentalmente come clava politica. Perché? Le giornate della memoria che ricordano i tragici genocidi del Novecento sono sempre accompagnate dalla riproposizione delle testimonianze, dirette o indirette che siano, di quegli eventi, attraverso la lettura di documenti oppure interpellando direttamente i sopravvissuti - basta pensare a Liliana Segre, ad esempio.
Le testimonianze, però, tendono in questo senso a parlare da sole, se così si può dire, a presentarsi cioè con l'immediatezza della tragedia e della sofferenza a scapito dei connotati storici in cui le tragedie testimoniate sono immerse. Diventano in sostanza mere rappresentazioni del male e non crimini inseriti nella storia, e ciò può portare alle banalizzazioni strumentali che oggi sono sotto gli occhi di tutti.
Quando ad esempio Salvini o la Meloni vergano tweet ogni 10 febbraio per ricordare i massacri delle foibe non lo fanno perché a loro interessano i militari e i civili italiani massacrati in quegli eccidi, ma lo fanno perché gli autori dei massacri erano i partigiani comunisti agli ordini del maresciallo Tito, di qui la valenza strumentale e politica di quel tweet. Ma gli eccidi delle foibe sono un tragico episodio che, per completezza (e correttezza), andrebbe inquadrato all'interno di un contesto storico infinitamente più ampio e variegato, che affonda le radici nella disputa plurisecolare che ha visto contrapposti italiani e slavi per il dominio dei confini orientali del nostro paese.
Siccome però la storia è complessa e noiosa (infatti non interessa più a nessuno), ecco che si può prendere una parte minoritaria di un evento storico e spacciarla strumentalmente come il tutto. È lo stesso tipo di banalizzazioni che proponeva Berlusconi quando affermava che Mussolini è stato un grande dittatore perché mandava gli oppositori politici in villeggiatura, oppure che in fondo sì, ha sbagliato a fare le leggi razziali ma fino al '38 ha fatto molte cose buone (successi politici, economici ecc.), un ritornello oggi molto in voga tra chi non sa niente e che è diventato ormai memoria comune.
Questi alcuni dei motivi per cui, oggi specialmente, è così difficile fare i conti con la storia, come recita il sottotitolo del libro. Sostanzialmente perché viviamo ormai in una società che rifiuta la complessità, la riflessione, l'approfondimento critico, che si ferma ai titoli, agli slogan, ai tweet e passa oltre, e che quindi assicura il successo a chi meglio sa sfruttare questa sua intrinseca debolezza.
Il patriarca Filaret e la punizione di Dio
giovedì 10 settembre 2020
La scelta
I tre ripiani della mia libreria evidenziati nel cerchietto arancione sono quelli che contengono i libri in attesa (in quello centrale c'è l'opera omnia di Philip Roth). Davanti a questo scenario è facile intuire come, una volta terminato un libro, scegliere il successivo sia una di quelle imprese la cui difficoltà può essere compresa solo dai lettori compulsivi. In realtà dovrei finirla di portare a casa libri immaginando che prima o poi li leggerò - mi riprometto continuamente di smettere - ma credo di trovarmi nella stessa situazione del fumatore accanito che un giorno sì e l'altro pure si ripromette di smettere.
Lynyrd Skynyrd
mercoledì 9 settembre 2020
Campi di concentramento
Sospesi i test del vaccino anti Covid (e i novax?)
martedì 8 settembre 2020
Non penso sia un problema di palestre
A mio parere, che naturalmente va preso per quello che vale, le palestre non c'entrano nulla. Le cronache sono piene di persone che ammazzano altre persone, perfino in modi più truci, e senza frequentare palestre. Il problema credo stia in una società (famiglia, scuola ecc.) che fa crescere i giovani in quella che si chiama psicoapatia, ossia incapacità di avere risonanza emotiva degli atti che compiono.
Una volta lessi un libro, non ricordo se di Andreoli o di Crepet, in cui si parlava proprio di questo argomento. L'autore raccontava di essere andato nel carcere in cui stavano i fratelli Furlan, quelli che anni fa, nel vogherese, balzarono ai vertici delle cronache per il "gioco" di gettare sassi dai cavalcavia sull'autostrada sottostante (ci scappò anche il morto, purtroppo). Quando l'autore chiese a questi ragazzi se erano coscienti che nelle macchine che passavano sotto il ponte da cui gettavano pietre ci fossero delle persone, questi risposero che a loro non importava, per loro era un gioco in tutto e per tutto simile ai videogiochi di casa.
Stesso discorso per i quattro responsabili della morte del povero ragazzo, i quali, dopo la loro "impresa", hanno pubblicato video compiaciuti sui social. E cosa c'entra la palestra? C'entra semmai il fatto che oggi vengono su generazioni di giovani cresciuti come bestie, totalmente abbandonati a se stessi e alle loro pulsioni, giovani a cui nessuno insegna il valore dell'empatia e del rispetto per la vita e per gli altri.
E qui torna sempre il discorso sul tipo di società che abbiamo costruito, che rappresenta il "brodo di coltura" in cui questi giovani vengono al mondo e crescono.
Voglio la vecchia versione
Lavorando da pc, ho notato che la bacheca di gestione del blog ha una nuova versione che, presumo, nelle intenzioni dei creatori dovrebbe essere più efficiente e funzionale. Per me non è così. La trovo pesante, lenta, inutilmente arzigogolata e poco intuitiva. La pesantezza e lentezza che noto immagino siano per gran parte dovute all'obsolescenza del mio hardware (scrivo su un vecchio Esprimo su cui ho dovuto intallare una versione più leggera di Linux - Lubuntu - per poter lavorare decentemente).
Rivoglio la vecchia versione della bacheca di Blogger. Finché mi sarà permesso di tornarci cliccando sull'apposito link, bene; quando non mi sarà più possibile farlo, penso che cambierò piattaforma.
lunedì 7 settembre 2020
Scriviamo e leggiamo di più?
Detta così, la cosa apre il cuore. Il problema è che non si tratta di lettura e scrittura intesi nell'accezione più nobile dei termini, ma in quella più scadente: si leggono e si scrivono miliardi di sgrammaticati messaggi su whatsapp o cinguettii su Twitter. Se quel leggere e scrivere come mai si è fatto in passato fosse infatti riferito alla lettura di libri e alla scrittura di testi anche solo mediamente articolati e corretti, probabilmente il baratro culturale in cui galleggia il nostro paese non sarebbe così profondo e Salvini dovrebbe trovarsi un lavoro.
E invece no. D'altra parte l'Ocse aveva già messo nero su bianco nel 2016 che l'Italia è agli ultimi posti in Europa per la comprensione di un testo scritto, ed è altrettanto risaputo che qui da noi i libri non li legge più nessuno. Siccome è noto che le nazioni progrediscono a partire dal loro livello culturale, non deve poi stupire che siamo messi come siamo messi.
Però scriviamo miliardi di messaggi sgrammaticati su whatsapp. Magari può essere una consolazione, sotto qualche punto di vista.
domenica 6 settembre 2020
[...]
sabato 5 settembre 2020
Negazionisti in piazza
Sdoganati questi, mi aspetto a breve manifestazioni di piazza dei terrapiattisti, dei negazionisti dell'Olocausto, di quelli che sulla Luna non ci siamo mai andati, di quelli che le torri gemelle gli americani se le sono buttate giù da soli e compagnia bella, tutti appartenenti a un'unica grande famiglia che potremmo tranquillamente denominare i no-brain.
Contemplare la natura
Pur non essendo cristiano apprezzo spesso alcune delle cose che dice Bergoglio, oggettivamente una delle ultime voci di una certa rilevanza che un giorno sì e l'altro pure si leva contro la mentalità mercantile e capitalista su cui è ormai imperniata la nostra società, tanto da essere apostrofato da molti come l'ultimo comunista rimasto (in realtà Bergoglio non c'entra nulla col comunismo, molto più semplicemente mette le persone prima dei princìpi, contrariamente ai suoi predecessori).
Poi, certo, ogni tanto qualche incongruenza salta fuori. Quando ad esempio esorta con fervore a un ritorno alla comprensione e alla contemplazione della natura, dimentica di dire che la visione della natura come materia prima e non come oggetto di contemplazione è anche un lascito del cristianesimo, che origina dalla famosa direttiva data all'uomo da Dio di soggiogare la Terra e dominare sui pesci del mare, gli uccelli del cielo e ogni altro essere vivente (qui il cristianesimo va inteso come cultura, inconscio collettivo e modo di pensare, ossia ciò che ha fatto da collante dell'Occidente per più di un migliaio di anni, non come religione). È piuttosto difficile, infatti, a meno di non prodursi in azzardate acrobazie semantiche, rendere compatibile la categoria del dominio con quella della preservazione e custodia della natura.
Se c'è insomma una cultura che intende la natura come oggetto di contemplazione e non come mera materia prima non è certo quella occidentale originata dal cristianesimo, sono semmai quella greca antica o certe culture orientali, come scrive ad esempio Galimberti in Cristianesimo, la religione dal cielo vuoto, ammesso che pure di queste sia oggi rimasto qualcosa. Ma è una piccola incongruenza che si perdona volentieri, dal momento che, come dicevo, papa Bergoglio è rimasto forse l'ultima voce autorevole a spendersi con lodevole ostinazione contro lo sfruttamento, il consumismo, la riduzione dell'uomo a merce e lo scempio economico e sociale originato dal capitalismo.