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mercoledì 18 novembre 2015
Antoine Leiris
Venerdì sera avete rubato la vita di un essere eccezionale, l’amore della mia vita, la madre di mio figlio. Eppure non avrete il mio odio. Non so chi siate e non voglio saperlo, siete delle anime morte. Se questo Dio per il quale uccidete accecati ci ha fatto a sua immagine, ogni proiettile nel corpo di mia moglie avrà ferito il suo cuore.
Non vi farò questo regalo di odiarvi. Voi lo volete, ma rispondere con l’odio alla rabbia sarebbe cedere alla stessa ignoranza di cui siete fatti. Volete che io abbia paura, che guardi i miei concittadini con un occhio diffidente, che sacrifichi la mia libertà per la sicurezza. Perso. Il gioco è lo stesso e io sono lo stesso giocatore di prima.
L’ho vista stamattina. Finalmente, dopo notti e giorni di attesa. Era bella come venerdì sera prima di uscire, così bella come quando mi sono perdutamente innamorato di lei 12 anni fa. E’ sicuro: sono devastato dal dolore. Vi concedo questa piccola vittoria, ma durerà poco. Lo so che lei ci accompagnerà ogni giorno e che ci ritroveremo in quel paradiso di anime libere a cui voi non avrete mai accesso.
Noi siamo due, io e mio figlio, ma siamo più forti di tutte le armi del mondo. Non ho più tempo da dedicarvi ora, devo andare da Melvil che si risveglia dal pisolino. Ha solo 17 mesi, e mangerà il suo spuntino come tutti giorni, poi giocheremo come tutti i giorni e per tutta la durata della sua vita questo ragazzo vi farà l’affronto di essere felice e libero.
Perché no, non avrete nemmeno il suo, di odio.
Chi ha scritto questa lettera è Antoine Leiris, giornalista francese di 34 anni. Antoine ha perso la sua compagna venerdì sera, nell'inferno di Parigi, e adesso è solo con un bimbo di 17 mesi. Poteva odiare, secondo i comuni canoni a cui siamo abituati ne avrebbe avuto pieno diritto, ma la statura morale e umana di questo giornalista non è quella infima a cui ci hanno abituati i vari Belpietro, Allam e simili. C'è solo da inchinarsi. Credo che neppure io, al suo posto, ne sarei stato capace.
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