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giovedì 5 agosto 2010

Il vero obiettivo della mozione di sfiducia

La mozione di sfiducia nei confronti del sottosegretario Giacomo Caliendo è naufragata ieri sera alla Camera. Non c'è molto da commentare; mi soffermo solo su un paio di aspetti.

La mozione, come probabilmente tutti avranno capito, non era pro o contro il sottosegretario sotto indagine per la vicenda P3, o almeno non solo. Certo, ufficialmente il motivo era questo, ma il vero scopo della mozione era mandare a casa il governo, o comunque verificarne la tenuta. Berlusconi a tal proposito è stato chiaro qualche giorno fa: "al primo 'incidente' si torna al voto". E l'incidente c'è stato, c'è stato eccome!

E' vero, alla fine la mozione è stata respinta, ma è come è stata respinta che non può lasciare tranquillo il governo. Basta guardare i numeri: 299 i voti per la maggioranza, 229 l'opposizione, 75 gli astenuti. 299 è ben sotto a quel 306 indicato dalla maggioranza come numero minimo di deputati per garantire governabilità. Se poi i 75 astenuti (finiani-udc-rutelliani) avessero appoggiato la mozione, tanti saluti a Caliendo e al governo.

Ecco perché, nonostante i patetici tentativi di dare a bere all'opinione pubblica che il governo c'è e tiene, in realtà non ha più la maggioranza né i numeri ("Andiamo avanti, non si vota per ora", ha dichiarato un incerto Bossi). Questi, infatti, i famosi numeri, ce li ha l'asse Fini-Casini-Rutelli, quelli che ieri si sono astenuti su Caliendo e che domani potrebbero tranquillamente votare contro una legge ad personam che magari a loro sta sulle scatole.

Insomma, siamo proprio nel pieno, e in futuro lo sarà sempre di più, di quel rosolamento a fuoco lento che Berlusconi voleva evitare con l'epurazione di Fini.

p.s.
Come al solito, l'intervento più da "opposizione" dell'intera seduta alla Camera è stato quello di Di Pietro.

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