Mi ha dato un pò fastidio questo articolo apparso oggi sulla Padania, l'organo politico della Lega Nord (contro la quale - ci tengo a precisare - non ho niente di personale, anzi alcune sue battaglie le condivido pure). Ho avuto infatti l'impressione (ripeto, impressione, ma potrei sbagliarmi) che il giornalista abbia tentato di "ridimensionare" la portata dell'accaduto.
Già nel titolo, infatti, l'aver dato risalto al fatto che i due manigoldi siano stati perdonati e che nel corsivo vengano descritti come onesti lavoratori quasi invisibili, mi "puzza", e soprattutto mi fa pensare: "Se il colpevole fosse stato il padre del bimbo, come in un primo tempo si era frettolosamente e imprudentemente pensato, l'articolo avrebbe avuto lo stesso tenore, o a caratteri cubitali si sarebbe lanciata una crociata contro i tutti i tunisini presenti sul territorio?".
Insomma, ho la sensazione che si sia tentato di sminuire la gravità del fatto per il semplice motivo che gli assassini sono gente del posto e non extracomunitari. Ripeto comunque che si tratta di mia personale sensazione.
Grazie per aver segnalato l'articolo. Diversamente da te, io personalmente non ci vedo un aver in qualche modo sminuito l'azione criminale, e potrei quasi dire che condivido abbastanza quanto scritto. Il punto che ci vedo dalla mia prospettiva è un altro: si punta bene il dito contro gli autori del fatto di sangue, nella loro eccezionale (nella gravità) condizione di coscienza personale che li ha spinti ad un gesto così efferato e ingiustificabile. Si responsabilizzano quegli individui senza attenuanti, senza ricorrere con faciloneria alla tipica retorica dell'attimo di "follia". Io di norma condivido questo tipo di lettura, contro altre letture in cui si cercano mille spiegazioni, concause o colpevoli esterni al fatto, quasi a scaricare in parte i colpevoli delle loro specifiche e incondonabili responsabilità.
RispondiEliminaIl punto per me è quando si fa questa analisi: se la si fa per tutto, tutti e sempre. In questo caso per il giornale tale analisi è utile per guardare ai fatti per quello che sono, perché toglie qualsiasi dubbio a chi pensasse che l'essere italiano, l'essere occidentale, l'essere moderno, l'essere "cristiano" (nominalmente) siano in una qualche misura concause dell'essere malvagio. Giustamente. Ma lo stesso trattamento non è mai riservato al tunisino di turno, per cui l'atto efferato diventa almeno in parte insito, o quantomeno correlato, all'essere straniero, all'essere irregolare, all'essere musulmano, all'essere un indultato. In effetti le prime reazioni di quel giornale furono non quelle di condannare una efferatzza ingiustificabile, ma di criticare aspramente l'indulto, fino a che non si scoprì che il marito non c'entrava nulla, né si fosse trattato di un regolamento di conti all'interno della malavita.
Per quel che riguarda il perdono del padre (ammirevole e straordinario) se ne sottolinea (penso giustamente) la matrice cristiana, salvo però sottolineare anche la non cristianità degli assassini. Ma qui casca l'asino, perché questa è un'etichetta messa a posteriori e quindi priva di valore, per cui si descrive ad eventi accaduti chi è nel giusto come cristiano, e chi è nell'efferatezza un non cristiano. Ma è un criterio che chiunque di qualunque religione o convinzione potrebbe applicare a posteriori ai porpri consimili. Salvo rari casi di "dottrine" malvagie, quasi tutte le dottrine, non solo religiose ma anche filosofiche, invitano ad agire in qualche modo nel "giusto", e per ognuna di esse allora si dovrebbe catalogare come non-dottrinato chi uccide senza motivo.
Sì, in effetti anche tutto quello che hai detto può essere visto come una corretta chiave di lettura dell'articolo che ho citato.
RispondiEliminaE sono anche d'accordo sul fatto del perdono, che non deve essere etichettato come "cristiano" per avere la patente di sincero e vero. Anche chi non è cristiano può benissimo essere capace di perdonare, anzi. Sai cosa diceva Gandhi (come ho anche commentato in questo post di Nad)?
"Solamente chi è forte è capace di perdonare, il debole non sa né perdonare né punire."
Mi hai fatto venire in mente Schindler che in Schindler's list tenta di convincere il comandante SS del campo di concentramento che la grandezza di un imperatore romano era quella di saper anche perdonare, all'occorrenza. Capacità che rendevano più grande e forte il potere dell''imperatore, e non più labile il suo potere.
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