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martedì 28 novembre 2006

Vivi e lascia... morire

Calma. Non mettetevi in testa strane idee dalla lettura di questo titolo (lo ammetto, un pò forte): adesso spiego tutto.

L'argomento è di quelli delicati, e non so, sinceramente, né come impostare il discorso, né se questo blog sia la sede più adatta. Ma io su questa vicenda mi sono fatto una mia idea, e visto che questo è il posto in cui "butto fuori" quello che ho dentro, ve la voglio dire.

Dunque, penso che più o meno tutti conosciate (magari anche solo per sentito dire) la storia di Piergiorgio Welby (ne hanno parlato spesso sia i tiggì che i giornali). Piergiorgio è co-presidente dell'associazione Luca Coscioni, un movimento che si batte per la libertà della ricerca scientifica. A 20 anni gli viene diagnosticata la Distrofia Muscolare Progressiva, una malattia genetica "crudele", come viene definita dal personale medico e scientifico che la studia. E questo perché la sua progressione non intacca le facoltà intellettive di chi ne è vittima, ma solamente il fisico, provocando via via la claudicanza, la paraplegia, la tetraplegia, fino ad arrivare all'insufficienza respiratoria.

Questa è la situazione in cui versa oggi Piergiorgio. Costretto in maniera permanente in un letto nell'immobilità più assoluta: impossibilitato a muoversi, a parlare, a scrivere al suo pc, perfino a respirare (lo aiuta uno speciale ventilatore polmonare).

Il 22 settembre di quest'anno, Piergiorgio scrive una lettera al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, chiedendo l'eutanasia, cioè il diritto a farla finita, ottenendo una (vaga) risposta appena l'indomani. Va detto che l'eutanasia non è permessa nel nostro paese dalla vigente legislazione, ed è equiparata all'omicidio.

Tuttavia io ritengo che sia perfettamente legittima la sua richiesta, e se la legge non lo consente, allora va cambiata la legge. Pergiorgio, pur nelle condizioni fisiche in cui si trova, è intellettualmente perfettamente lucido, e ha semplicemente fatto una richiesta: finire di soffrire e interrompere quella che secondo lui non è più possibile definire vita. Questi sono alcuni passi della lettera che Piergiorgio ha inviato al Presidente della Repubblica:

[...] "Io amo la vita, Presidente. Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico. Vita è anche la donna che ti lascia, una giornata di pioggia, l’amico che ti delude. Io non sono né un malinconico né un maniaco depresso – morire mi fa orrore, purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita – è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche. Il mio corpo non è più mio ... è lì, squadernato davanti a medici, assistenti, parenti. Montanelli mi capirebbe. Se fossi svizzero, belga o olandese potrei sottrarmi a questo oltraggio estremo ma sono italiano e qui non c’è pietà." [...]

Cosa spinge chi ama la vita a chiedere la morte? Semplice, la constatazione che quella che comunemente si definisce vita in realtà non lo è più. Ed è proprio perché Piergiorgio ama la vita, che ha preso questa decisione.

Purtroppo noi ci portiamo dietro una vecchia eredità cattolica secondo la quale l'uomo ha bisogno di una specie di "tutela morale" che lo accompagni da quando nasce a quando muore. E invece no. L'uomo, specialmente quando è perfettamente in grado di capire, deve avere il diritto di poter scegliere quello che ritiene meglio per sé, che è poi quello che avviene da tempo in quasi tutti gli altri paesi europei. Riporto un altro passo preso sempre dalla lettera di Piergiorgio:

[...] "Sua Santità, Benedetto XVI, ha detto che “di fronte alla pretesa, che spesso affiora, di eliminare la sofferenza, ricorrendo perfino all'eutanasia, occorre ribadire la dignità inviolabile della vita umana, dal concepimento al suo termine naturale”. Ma che cosa c’è di “naturale” in una sala di rianimazione? Che cosa c’è di naturale in un buco nella pancia e in una pompa che la riempie di grassi e proteine? Che cosa c’è di naturale in uno squarcio nella trachea e in una pompa che soffia l’aria nei polmoni? Che cosa c’è di naturale in un corpo tenuto biologicamente in funzione con l’ausilio di respiratori artificiali, alimentazione artificiale, idratazione artificiale, svuotamento intestinale artificiale, morte-artificialmente-rimandata? Io credo che si possa, per ragioni di fede o di potere, giocare con le parole, ma non credo che per le stesse ragioni si possa “giocare” con la vita e il dolore altrui." [...]

L'argomento, mi rendo conto, è molto complesso e non pretendo di averne colto tutti gli aspetti e le sfumature. Proprio in virtù di questa complessità, che implica valori etici, morali e giuridici, ognuno avrà sicuramente (e giustamente) opinioni e pareri diversi. Io la penso così, e ho quindi sottoscritto la relativa petizione indirizzata al Parlamento Italiano perché si attivi nell'introduzione alla discussione di questo tipo di legge.

Se qualcuno vuole dire la sua, lo spazio dei commenti è come al solito aperto a tutti.

5 commenti:

  1. Le cose che hai detto sono condivisibili però è dificile dare un opinione dal di fuori, bisognerebbe trovarcisi dentro.

    Franco

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  2. Sì, certo, non discuto. Io, comunque, sento di poter dire che se mi trovassi nella situazione di Piergiorgio, avrei esattamente il suo stesso desiderio.

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  3. Io credo che in questo caso, come spesso succede, ci sia un errore nell'uso delle parole.
    Me l'ha fatto capire un medico (rianimatore se ricordo bene) che ha telefonato ieri a Prima Pagina: quello che chiede Welby non è l'eutanasia, ma la fine dell'accanimento terapeutico.
    Come quella donna che mesi fa ha rifiutato l'amputazione di una gamba, andando incontro coscientemente a una morte terribile, una persona perfettamente in grado di intendere e di volere può, ha il diritto di rifiutare qualsiasi trattamento terapeutico. Il problema è lì: l'alimentazione forzata e soprattutto la ventilazione forzata sono trattamenti terapeutici? Quel medico non aveva dubbi, criticando il parere dei medici che avevano espresso un parere contrario.
    Questo quindi è un problema: chi decide cosa è accanimento? Non credo che questa decisione così delicata possa essere demandata caso per caso alla coscienza del medico, immagino che si dovrebbe colmare questo vuoto legislativo, ovviamente dopo aver sentito il parere dei medici (mi rendo conto che questo è un problema, visto come vengono votate le leggi...).
    Io non lo so, non conosco la legislazione italiana in questo campo, ma mi pare che parlare di eutanasia in questo caso sia un errore, fatto da alcuni in buona fede e da altri in cattiva fede. Credo che per certe forze politiche sia facile sfruttare il dolore di questa persona per far passare l'idea che l'eutanasia sia necessaria. Ciò mi fa orrore, perché con questo pretesto spostano il problema su un piano inaccettabile, almeno per adesso, per la maggior parte degli Italiani, Parlamento e opinione pubblica compresi. Sfruttano quindi il dolore di Piergiorgio per i loro fini, non importa quanto nobili siano, allungando la sua agonia.
    Il problema invece dovrebbe spostarsi su una chiara legislazione sull'accanimento terapeutico e sul testamento biologico: qui ci potrebbe essere veramente un'intesa politica che prenda in carico il problema di questa estrema sofferenza, giungendo a liberare le tante o poche persone che soffrono così.

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  4. @ nad: Si, condivido. Infatti, come avrai notato, ho preso in considerazione il caso di Piergiorgio in quanto lui, pur malato terminale, è perfettamente in grado di intendere e di volere. E quindi non vedo perché non debba essere preso in considerazione un suo legittimo desiderio.

    Per quanto riguarda l'eutanasia provocata da terzi, beh, qui la questione si complica. In linea di massima sono comunque favorevole a ché i parenti più stretti del malato terminale abbiano il diritto di decidere di staccare le macchine quando risulta evidente e accertato che non vi sia più alcuna possibilità di ripresa (eccetto un miracolo, ma quello è un altro discorso).

    Questo, almeno è quello che vorrei io se mi trovassi in una situazione simile.

    @ Silvana: condivido i pensieri (e i dubbi) che hai espresso nel tuo commento, specialmente quando dici "chi decide cosa è accanimento?"

    Come ho scritto anche nel mio post, infatti, la questione è molto complessa e non pretendo di averne colto tutti gli aspetti e le sfumature.

    Una cosa è comunque chiara: la latitanza dell'apparato legislativo del nostro paese. In quasi tutti gli stati membri dell'unione europea, queste decisioni sono già state democraticamente prese e trasformate in leggi che regolano questa materia.

    Da noi, il paese dei balocchi, si continua a perdere mesi per decidere se applicare o no un c***o di superbollo ai suv, o per discutere (e poi purtroppo approvare) leggi-vergogna come quella dell'indulto, quando invece queste sarebbero le vere priorità su cui prendere delle decisioni(che è poi quello che Piergiorgio ha voluto in qualche modo denunciare nella sua lettera a Napolitano).

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  5. Sono proprio d'accordo con te.
    Speriamo che almeno dopo la finanziaria si sveglino.
    Ciao!

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