Ieri sera ho partecipato all'ultimo appuntamento della annuale rassegna filosofica misanese, che si svolge ogni anno in novembre al teatro Astra di Misano Adriatico. L'ultimo ospite di questo ciclo di incontri è stato Marcello Veneziani. Sono stato indeciso fino all'ultimo se partecipare; in primo luogo perché ero sveglio dalle cinque e avevo qualche timore di abbioccarmi (non sarebbe stata la prima volta); in secondo luogo perché Marcello Veneziani oltre che filosofo è anche giornalista e verga spesso editoriali su quotidiani tipo Il Giornale, La Verità, Panorama e compagnia bella. Questo ovviamente non significa niente, ma la cosa mi faceva comunque storcere il naso. Alla fine ho deciso di vincere i miei pregiudizi e il timore di abbioccarmi e ci sono andato.
Al termine della conferenza sono stato contento di esserci andato: il Veneziani giornalista e il Veneziani filosofo non sono la stessa persona, ennesima dimostrazione che spesso i pregiudizi irrazionali che albergano nella nostra mente sono appunto... pregiudizi. In realtà non posso neppure dire come sia il Veneziani giornalista, semplicemente perché non ho mai letto un suo articolo; so che scrive sui summenzionati giornali semplicemente perché quando sfoglio le rassegne stampa e passo in rassegna le prime pagine vedo i suoi editoriali, ma non ne ho mai letto uno. Potrei cominciare, magari scrive anche cose interessanti, vai a sapere.
Comunque sia, nell'incontro Veneziani ha presentato il suo ultimo saggio: Nietzsche e Marx si davano la mano. Nell'immaginario collettivo i due grandi pensatori del XIX secolo sono sempre stati considerati diversissimi per cultura e idee. Veneziani nel suo libro prende in esame le affinità e le divergenze tra loro e nota come le prime non siano poche, forse addirittura maggiori delle seconde. Insomma, secondo Veneziani i due non erano su sponde così opposte come comunemente si pensa. Per chiarire tutto ciò utilizza nel libro l'espediente retorico dell'incontro, attraverso il quale esplorare le loro vite e mettere a confronto i rispettivi pensieri. Nella realtà, invece, i due filosofi non si incontrarono mai pur essendo stati contemporanei.
Partendo da Nietzsche e Marx, Veneziani si è poi profuso in una interessantissima analisi sull'evoluzione (involuzione?) della società europea dall'Ottocento fino a oggi, facendo notare come buona parte delle previsioni formulate dai due pensatori si sono poi realizzate, come ad esempio la progressiva secolarizzazione, la perdita di valori e l'avvento del nichilismo conseguenti all'uccisione di Dio (Nietzsche) e alla progressiva alienazione dei lavoratori, concentrazione dei capitali e aumento progressivo delle disuguaglianze conseguenti all'affermazione del capitalismo (Marx). Difficile, oggi, negare la tragica correttezza di questi assunti. Poi, certo, anche loro hanno preso qualche cantonata. Nietzsche, ad esempio, preconizzava la nascita del suo "oltreuomo", in grado di creare nuovi valori che consentissero forme di emancipazione umana sconosciute fino ad allora. Non è andata così e oggi la popolazione europea è sostanzialmente una massa di individui omologati e piuttosto passivi. Marx, dal canto suo, prevedeva che il capitalismo e tutte le sue storture sarebbero implosi su se stessi e si sarebbe affermato il comunismo. Pia illusione.
Piccola nota a margine. Come forse ai più attempati tra i miei 32 lettori non sarà sfuggito, il titolo scelto da Veneziani per il suo saggio, Nietzsche e Marx si davano la mano, è la citazione di un verso di una vecchia canzone di Antonello Venditti, Compagno di scuola, una canzone che ho sempre amato molto. Veneziani ha spiegato di aver fatto questa scelta perché quel pezzo è sempre piaciuto molto anche a lui e anche perché i due ragazzi che nel racconto di Venditti si ritrovano al bar della scuola, con le loro idee politiche antitetiche, sono la perfetta metafora dei diversissimi Nietzsche e Marx che si danno la mano.
Ah, dimenticavo: alla fine non mi sono abbioccato :-)


"...al punto che ancora oggi io non so se Dante era un uomo libero, o un fallito, o un servo di partito": non l'ho capito neanch'io, però solo uno come Venditti poteva essere capace di mettere delle parole così nel testo di una canzone.
RispondiEliminaNoto tra l'altro che in questa versione la famosa ragazza del primo banco "l'ha data a tutti meno che a te", al posto del consueto e più canonico "filava tutti meno che te".
Quanto a Veneziani... prendiamo atto, anche se non credo che diventerò una sua fan. Oltretutto non sopporto i suoi capelli (criterio, com'è di tutta evidenza, profondamente filosofico;-))
Ciao Andrea, buona serata.
Diciamo che un servo di partito non poteva essere, visto che i partiti nascono a cavallo tra Settecento e Ottocento e al tempo di Dante non esistevano. Presumo Venditti abbia usato l'espressione come metafora per indicare una forma di asservimento di Dante a qualche potere dell'epoca. A proposito di Dante, mi viene in mente che una volta Umberto Eco disse che nel '700 non lo voleva vedere più nessuno ed è stato solo per qualche colpo di fortuna che non è caduto nel dimenticatoio della storia ed è arrivato fino a noi. Sarebbe stata anche un'ingiustizia, via, dal momento che l'italiano è una gemmazione del fiorentino :-)
EliminaPer quanto riguarda la sostituzione di "filava" con "dava", effettivamente il testo originale vede il più "tranquillo" filava, ma si sa che nei concerti i cantautori tendono a prendersi alcune libertà che nei dischi non possono permettersi.
Ciao siu :-)
Ghibellini e Guelfi, Guelfi Neri più vicini al papa e Guelfi Bianchi (Dante compreso) che vi si opponevano, in fondo possono essere assimilati a dei partiti per così dire ante litteram, no?
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RispondiEliminaGiusto. Possibilissimo. Non ci avevo pensato (la vecchiaia) ;-)
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