giovedì 30 ottobre 2025

"L'Atlantico, immenso, di fronte"

In questi giorni Francesca, la figlia più "apolide" e giramondo della famiglia, si trova in Portogallo con un po' di amici e sta visitando alcuni posti. Lunedì, ad esempio, erano a Lisbona, oggi invece mi sono arrivate un po' di immagini di lei sugli strapiombi sull'Atlantico di Ribeira Da Janela. A me il Portogallo richiama immediatamente alla mente due cose, la prima è José Saramago, la seconda è una certa canzone (ci arrivo).

Lunedì, quando Francesca ha fatto arrivare alcune foto da Lisbona, ho pensato immediatamente al grande scrittore portoghese e al rapporto ambivalente che nella sua vita ha avuto con questa città, che forse, chissà, un giorno avrò occasione di visitare anch'io. Saramago non è nato a Lisbona ma ci ha vissuto parecchi anni. L'ambivalenza del suo rapporto con la città si esplicita in una sorta di affetto non romantico né idealizzato, ma critico, lucido, spesso malinconico. Amava la città ma non chiudeva gli occhi davanti ai suoi "difetti". Ne vedeva al suo interno la bellezza della cultura portoghese e, al tempo stesso, le ferite di un paese diseguale, spesso ingiusto e pieno di contraddizioni. In uno dei suoi libri più celebri, Il vangelo secondo Gesù Cristo, un libro che in tempi un pochino più remoti sarebbe stato bruciato nei cortili di tutte le parrocchie, Lisbona appare come una presenza viva, quasi un personaggio. È una città avvolta dalla nebbia, enigmatica, ma piena di storia, di ironia e di contraddizioni. Ecco, mi piacerebbe un giorno poterla visitare anche per provare a "vederla" come la vedeva Saramago.

La canzone cui accennavo sopra, invece, dai cui versi è estrapolato il titolo del post, si chiama Canzone della bambina portoghese ed è un vecchio pezzo di Guccini, pubblicato nel 1972 all'interno dell'album Radici




Radici è il quarto album in studio del cantautore modenese e contiene canzoni ormai entrate nel mito come Il vecchio e il bambino, Incontro, Canzone dei dodici mesi, La locomotiva, Piccola città e la già citata Canzone della bambina portoghese, quella che mi viene in mente ogni volta che sento la parola Portogallo. 

Con questa canzone, costellata di metafore (compresa la bambina che se ne sta sulla spiaggia "al limite di un continente"), Guccini parla dell'idea che con un'intuizione si può quasi raggiungere la verità ma senza mai afferrarla completamente, e il punto geografico specifico, la fine dell'Europa di fronte all'Atlantico, simboleggia questo limite, questo ignoto e questo infinito oltre il quale si può intravedere qualcosa ma mai afferrarlo. È una canzone poetica, malinconica, evocativa, dove più che cercare un significato nelle parole lo si deve cercare nelle immagini evocate dal racconto. È anche una canzone sulla ricerca del senso della vita e dell'esistenza, uno dei pallini fissi del cantautore a cui ha dedicato più di una canzone. 

Di questa traccia sono in circolazione un'infinità di versioni e di cover, a me è sempre piaciuta molto questa dei Nomadi. Un giorno metterò da parte le titubanze e comincerò su questo blog a dedicare un post di spiegazione a ogni canzone che ha scritto Guccini :-)

E poi, e poi, se ti scopri a ricordare, ti accorgerai che non te ne importa niente 
E capirai che una sera o una stagione son come lampi, luci accese e dopo spente  
E capirai che la vera ambiguità è la vita che viviamo, il qualcosa che chiamiamo esser uomini E poi, e poi, che quel vizio che ti ucciderà non sarà fumare o bere, ma il qualcosa che ti porti dentro, cioè vivere, vivere, e poi vivere...


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