Il capitolo del libro che sto leggendo in cui si spiega che la coscienza ha un ruolo nell'apprendimento di una attività complessa (es. suonare il pianoforte) ma non nella sua esecuzione è interessantissimo. L'esempio del pianoforte è il più calzante.
Un pianista che sta suonando non pensa ai singoli tasti che preme ma alla melodia complessiva, o a singole parti di essa. Se pensasse ai tasti che corrispondono a ogni singola nota della partitura che sta leggendo (ogni diesis, ogni bemolle, ogni nota naturale, ogni pausa ecc.) non riuscirebbe a suonare.
Allo stesso modo in cui un velocista in gara non pensa a ogni passo che mette davanti all'altro e una persona che parla non si preoccupa più di tanto della struttura sintattica e grammaticale di ogni frase che pronuncia ma al significato complessivo che vuole comunicare.
Nello screenshot è spiegato meglio.
Ah, sto leggendo Il crollo della mente bicamerale e l'origine delle coscienza, dello psicologo statunitense Julian Jaynes. Tosto ma bello.
Sembra un libro interessante: aspetto la recensione finale!
RispondiEliminaIn un corso online che seguii anni fa (“Learn to learn” mi pare) veniva consigliata una tecnica di scrittura piuttosto interessante: scrivere con lo schermo del computer spento.
L’idea mi sembra affine a quella del libro che hai presentato: evitare che la vista di ciò che si scrive influenzi e condizioni il processo creativo.
Ogni tanto ho adottato questa tecnica con risultati validi... a parte gli inevitabili refusi!
È un saggio molto corposo e complesso, mi ci vorrà ancora un po' per finirlo. Poi proverò a scrivere qualcosa.
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