Ci sono libri che cambiano la vita. Oddio, forse cambiano la vita è esagerato, diciamo che consentono di cambiare radicalmente modi di pensare e convinzioni ormai assodati. La gravissima crisi idrica che ci sta flagellando in questo periodo, giusto per fare un esempio, non può venire interpretata allo stesso modo in cui si interpreta normalmente, dopo aver letto questo libro.
Di Jared Diamond, forse uno dei più competenti e autorevoli scienziati in materie ambientali ancora viventi, avevo letto qualche tempo fa Armi, acciaio e malattie (ne avevo parlato qui), che nel 1998 vinse il premio Pulitzer per la saggistica. In questo libro Diamond analizza i motivi che hanno portato, in passato, intere civiltà a collassare, collasso avvenuto sempre, o quasi sempre, in maniera velocissima subito dopo il massimo splendore.
Sono analizzate società e civiltà del passato come i Maya, i Vichinghi, l'isola di Pasqua, e anche paesi del terzo mondo di oggi (Ruanda, Haiti, Repubblica Dominicana). Di tutti questi casi viene fatta la storia e vengono analizzati i motivi che ne hanno determinato il tracollo, alcuni dei quali ricorrono abbastanza costantemente: sfruttamento scriteriato delle risorse disponibili (acqua, legname, terra, allevamento), deforestazione, variazioni climatiche, sovrappopolazione. Tutto ciò legato ad alcune peculiarità tipicamente umane: corruzione, follia, avidità, assenza di lungimiranza.
Una delle parti più interessanti del saggio è quella in cui Diamond, non senza difficoltà, cerca di rispondere alla domanda delle domande. Scrive Diamond: "La mia prima lezione [tenuta all'Università della California - UCLA - a Los Angeles], dopo un incontro introduttivo, riguardava la storia dell'isola di Pasqua. Nella discussione che è seguita alla mia presentazione, la domanda apparentemente semplice che tormentava i miei studenti era in realtà una questione complessa a cui fino a quel momento non avevo dato troppo peso: come era possibile che un popolo prendesse una decisione così apparentemente folle come quella di abbattere tutti gli alberi da cui dipendeva la sua sopravvivenza? Uno studente si è chiesto cosa stesse pensando colui che materialmente stava tagliando l'ultimo albero dell'isola."
Ovviamente la risposta a questa domanda è complessa, e Diamond cerca di strutturarla in alcuni punti, partendo dal presupposto che a tutti, nella vita, anche a livello individuale, succede di prendere decisioni sbagliate: ci si sposa con la persona sbagliata, si fanno investimenti disastrosi, si sceglie una professione non adatta a noi e così via. Ma qui siamo nel campo delle scelte individuali, quindi le conseguenze ricadono sul singolo, non sulla collettività. Comunque sia, i punti proposti da Diamond sono i seguenti: il gruppo non riesce a prevedere il sopraggiungere del problema; non si accorge che il problema esiste; se ne accorge ma non prova a risolverlo; cerca di risolverlo ma non ci riesce. Nel libro l'autore allarga ognuno di questi punti, cosa che non posso ovviamente fare io qui, e cerca in questo modo di rispondere alla domanda di cui sopra.
Ma la parte del saggio che più fa venire il magone è quella relativa all'analisi della società di oggi. Un'analisi che non lascia scampo perché corroborata da montagne di dati che Diamond riporta citando fonti e studi. E da questi dati si evince chiaramente che noi, oggi, ci stiamo comportando quasi esattamente come le società del passato che sono collassate. Ma in più abbiamo un'aggravante. Quando è collassata la società che viveva sulla piccola isola di Pasqua si era nel XV secolo, e quella società, isolata in mezzo al Pacifico a migliaia di chilometri dalla coste dell'attuale Cile, se n'è andata senza che nessuno se ne accorgesse; stesso discorso per i Maya o per i Vichinghi. Oggi, nell'era della globalizzazione (anche delle informazioni), si sa in tempo reale cosa succede in ogni remoto angolo del mondo, si conosce la storia delle civiltà passate, si hanno i dati relativi all'andamento climatico, all'economia, alla variazione della popolazione mondiale. Sappiamo tutto e abbiamo tutti gli strumenti per sapere a cosa andiamo incontro se non cominciamo a prendere provvedimenti seri.
Eppure, in ossequio alla leggendaria stupidità (ma anche altro) di cui siamo impregnati noi Sapiens (mi sono sempre chiesto con quale coraggio ci è stata affibbiata questa denominazione), stiamo facendo poco o nulla per evitare di fare la fine dell'isola di Pasqua e tutti gli altri. Ce ne freghiamo del climate change, noi Occidentali continuiamo a tenere un tenore di vita che non sarebbe più sostenibile neppure se il Terzo mondo con le sue pretese di uguagliarlo non esistesse: continuiamo a deforestare il pianeta, a modificare clima ed ecosistemi inquinando, continuiamo a sfruttare indiscriminatamente le risorse della terra, dei fiumi e dei mari. Siamo esattamente come gli abitanti dell'isola di Pasqua che tagliavano gli ultimi alberi della loro foresta. Potremmo quindi rivolgere a noi la famosa domanda che si ponevano gli studenti di Diamond: cosa pensava colui che materialmente stava tagliando l'ultimo albero dell'isola?
Noi siamo abbagliati dal mito del progresso e pensiamo di essere molto meglio di chi ci ha preceduto, ci meravigliamo che ci siano ancora atrocità nel 21esimo secolo. In realtà a livello emotivo e di sentimento siamo indietro anni luce, siamo incapaci di metterci tutti attorno a un tavolo per essere solidali, per remare insieme verso la stessa meta e salvarci. Ci autodistruggeremo a meno che, un attimo prima non avvenga un miracolo.
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