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sabato 23 aprile 2022

Breve resoconto della presentazione di un libro di Vera Gheno

A volte è sorprendente come gli avvenimenti capitino per caso e stravolgano il corso di una giornata che sembrava incanalata sui soliti binari. Così doveva essere anche questo sabato: un sabato come gli altri. Invece stamattina, mentre sfogliavo il giornale al bar davanti ai soliti cappuccino e cornetto, ho casualmente letto che nel pomeriggio ci sarebbe stato, qui alla "mia" biblioteca di Santarcangelo, la biblioteca Baldini, un intervento di Vera Gheno, che avrebbe parlato di comunicazione, lingua, linguaggio, e avrebbe presentato il suo ultimo saggio Le ragioni del dubbio. Ho quindi deciso di andarci pur non conoscendo, se non vagamente di fama, l'autrice in questione, e anche perché il titolo del libro mi sembrava interessante. 


 

Mi ha fatto piacere rimettere piede, dopo un tempo abbastanza lungo, nella mia amata biblioteca, dove ho scoperto (cosa che mi ha fatto molto piacere) che c'è un gruppo di lettura formato da ragazzi tra i 12 e i 15 anni che si ritrova regolarmente per leggere La bambina che amava Tom Gordon, di Stephen King.

 

 

La presentazione, interessantissima, aveva purtroppo i tempi abbastanza contingentati ed è durata solo un'ora. Peccato. Vera Gheno è una affabulatrice nata: ironica, spigliata, competente; per un'ora ha intrattenuto i presenti raccontando un po' di sé: i suoi studi, le sue pubblicazioni, il suo ruolo di ricercatrice all'università di Firenze. La parte più interessante dell'intervento ha riguardato, ovviamente, le sue discettazioni su comunicazione e linguaggio. Mentre parlava ho preso alcuni appunti, ma solo durante la prima mezzora, poi ho lasciato perdere perché ascoltarla era talmente interessante che non volevo distrarmi, scrivendo, col rischio di perdere qualcosa del suo intervento.

Elenco qui di seguito, brevemente, alcuni dei temi toccati.

Uno su cui ha insistito molto riguarda la facilità con cui oggi, tramite la rete, possiamo accedere alla comunicazione, alle notizie. Ma com'è la qualità di questa comunicazione? Il maggiore problema che la riguarda, oggi, è che coi media digitali e con la televisione abbiamo a disposizione un flusso ininterrotto e velocissimo di notizie, immagini, stimoli, che proprio a causa di questa velocità non riusciamo a fissare. Se si viene sommersi da una quantità eccessiva di stimoli, la nostra mente non riesce a elaborarli compiutamente, deve giocoforza operare una selezione. Per riuscire a renderli il più possibile digeribili, questi stimoli vengono quindi forniti in maniera semplificata, eliminando la loro complessità, perché complessità e velocità non sono compatibili, e la prima vittima di questa velocità è la possibilità/capacità di pensare.

Questo concetto non è nuovo - ne ho già parlato anch'io, in passato, su queste pagine -, è già stato studiato da sociologi e psicologi tra cui Andreoli, Crepet, Galimberti e altri. Galimberti, ad esempio, definisce la nostra epoca l'epoca della velocizzazione del tempo. Noi non viviamo, come hanno fatto le generazioni precedenti alla nostra per migliaia di anni, nel tempo, ma nella velocizzazione del tempo. Tutto dev'essere immediato, non esiste più la possibilità della riflessione, della ponderazione; a un messaggio bisogna rispondere subito con altro messaggio pena l'insorgenza di ansia e angoscia. Vera Gheno ha fatto l'esempio delle mail, raccontando che le capita spesso di ricevere messaggi di posta elettronica a cui, se non risponde in tempi ristrettissimi, segue subito una seconda mail o altro tipo di messaggio coi quali le si chiede ragione della mancata risposta. Questa velocizzazione del tempo costituisce, anche se noi non ce ne rendiamo conto, una mutazione antropologica radicale a cui non siamo abituati, che ci prende in contropiede e obbliga alla semplificazione. È anche a causa di questo che nascono le cosiddette polarizzazioni manichee dove tutto è solo bianco o solo nero, dove c'è un cattivo e un buono, uno che ha totalmente ragione e l'altro totalmente torto, uno rigorosamente in possesso della verità e l'altro della fallacia. E tutto ciò che sta nel mezzo, le sfumature, le gradazioni, in altre parole la complessità, non conta, non è importante, ruba troppo tempo.

A proposito di mancata complessità, la Gheno ha fatto un interessante riferimento al modo in cui, a volte, vengono strumentalmente confezionati i titoli che devono attirare la nostra attenzione. L'ha fatto prendendo come esempio il recente caso di cronaca - avevo letto qualcosa anch'io - in cui a un gruppo di persone disabili è stato negato l'accesso a un treno. Se un giornale fa un titolo tipo "Negato l'accesso a un treno a un gruppo di persone disabili" la prima cosa da fare è drizzare le antenne, mettersi sul chi va' là, evitare la immediata reazione/indignazione di pancia. Perché è tutto troppo bello, troppo semplice; in un titolo del genere viene già indicato nettamente al lettore chi è il buono (i disabili) e chi il cattivo (l'addetto che fisicamente ha impedito loro di salire, in senso più generale le ferrovie). Ma magari la situazione non è così semplice, ci possono essere (e immagino ci siano sicuramente) motivi diversi a noi sconosciuti che hanno generato e che spiegano questa incresciosa situazione, ma noi non li sappiamo perché magari sono nascosti in qualche minuscola riga in fondo all'articolo. A noi viene dato in pasto il titolone strumentale col preciso scopo di spingerci ad abbandonarci a reazioni di pancia e inondare i social di post indignati. In altre parole, ci siamo cascati, e ci siamo cascati perché non abbiamo più la possibilità e/o la capacità di pensare che le cose possono essere più complesse di quanto raccontato nel titolo. E poi, diciamolo, come si fa a rinunciare al piacere che dà poter esternare davanti all'universo mondo la nostra sacrosanta e fondamentale indignazione, evitando di prendere in considerazione l'idea di tacere fino a quando, magari, della vicenda si è capito qualcosa di più?

Altri punti toccati, ma li elenco solo altrimenti finisco domattina, riguardano l'assurdità della pretesa di democrazia nell'informazione, in ossequio alla quale un terrapiattista può vedersela alla pari in un dibattito televisivo con chi dice che la terra è sferica; oppure il fastidio recato dagli esperti in una materia che si trasformano in esperti di tutto, tipo certi virologi che diventano anche esperti di linguistica, geopolitica e tanto altro.

Alla fine, naturalmente, il libro l'ho comprato e mi ci butterò non appena avrò terminato il saggio di Anna Politkovskaja che sto leggendo in questi giorni. E so già che mi piacerà.

 

3 commenti:

  1. Interessantissimo. Se non sbaglio la Gheno è anche una grande sostenitrice dello schwa e del linguaggio inclusivo. Credo che leggero il libro, grazie di averlo segnalato.

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  2. Si, sostiene il linguaggio inclusivo e ne ha parlato anche durante la presentazione.

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  3. "tanti stimoli che non riusciamo a fissare"... ehi, ma parla di me! 😃

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