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sabato 12 marzo 2022

Galimberti a Cesena

 

 

Uno dei momenti più emozionanti di ieri: Umberto Galimberti che mi autografa I miti del nostro tempo, uno dei suoi saggi più belli sulle distorsioni e le contraddizioni della società contemporanea. 

Come avevo scritto in un post precedente, ieri ho assistito a una sua conferenza, a Cesena, nella chiesa di sant'Agostino, sui temi della scuola, dell'istruzione e dell'educazione. Con me c'erano mia moglie, mia figlia maggiore, che riguardo a questi temi è molto sensibile essendo educatrice in una scuola media, e il fidanzato di lei. 

Purtroppo l'intervento di Galimberti è stato abbastanza breve, poco più di un'oretta, probabilmente anche a causa del gelo che regnava nella chiesa in cui si è tenuta la conferenza, totalmente priva di riscaldamento. (Capisco che le chiese siano generalmente luoghi freddi, visto che anche Nietzsche le definiva "le fosse e i sepolcri di Dio", ma gli organizzatori avrebbero potuto attivarsi in qualche modo per riscaldare un po' l'ambiente. Pazienza.)

Il filosofo, nel suo intervento, ha fatto una panoramica sullo stato della scuola dal suo punto di vista, descrivendo le molte carenze sia strutturali che programmatiche di cui soffre. Impossibile, naturalmente, riportare in un post una conferenza intera, mi limiterò a riassumere brevissimamente qualche punto.

Uno di quelli su cui ha battuto di più riguarda l'educazione. A suo parere, infatti, la scuola non dovrebbe essere mero strumento di passaggi di nozioni dall'insegnante all'allievo, non dovrebbe solo istruire, ma dovrebbe anche educare. Educare significa seguire l'allievo non solo dal punto di vista didattico ma anche emotivo/sentimentale. Uno potrebbe obiettare che l'educazione dev'essere a carico della famiglia, non della scuola. Che in linea di principio è vero. Il problema è che la nostra società è strutturata in modo che una famiglia, oggi, per poter tirare avanti, necessiti del lavoro di entrambi i genitori, e questo influisce più di quanto si possa pensare sull'educazione dei figli.

Ma la scuola non educa non perché non voglia, semplicemente perché oggettivamente non può farlo. Per seguire un ragazzo anche dal punto di vista emotivo, oltre che didattico, occorre infatti che le classi siano composte al massimo di 14 o 15 studenti. Non esistono oggi scuole con meno di 30 allievi per classe, quindi si è già deciso in partenza che la scuola non deve educare, ma solo insegnare (quando riesce).

Altro punto su cui ha battuto molto è la funzione del ruolo, che secondo lui andrebbe abolito (mugugni in platea, qui, visto che molti dei partecipanti erano insegnanti) per evitare che insegnanti totalmente inadeguati possano demotivare generazioni di studenti. Se un insegnante non ha capacità didattiche, relazionali, empatiche, lo sa il preside, lo sanno i colleghi, lo sanno i genitori, lo sa il consiglio d'istituto, lo sanno tutti però nessuno lo può muovere di lì perché è di ruolo. Sarebbe come se uno volesse fare il meccanico senza sapere niente di motori, dice Galimberti, o come se uno alto un metro e mezzo volesse fare il corazziere. Non lo fai, fai qualcos'altro. 

Oltre a questo, i professori, specie quelli delle medie, che hanno a che fare con giovani che sono nel delicatissimo passaggio dall'infanzia all'adolescenza, prima di insegnare dovrebbero seguire corsi di psicologia dell'età evolutiva, e anche di teatro, come accade già in molti paesi del nord Europa. Perché la cattedra è anche un palcoscenico, e se un professore sa spiegare la Divina commedia come Benigni, magari i ragazzi la studiano pure. "Io non ho nessun problema con un professore che mi plagia una classe" dice Galimberti, "io ho un problema con un professore che me la demotiva". Molto bella, a questo proposito, la citazione di Platone secondo cui per aprire la mente di una persona devi prima aprirgli il cuore. Tutti, del resto, abbiamo studiato più volentieri le materie dei professori che ci piacevano, no?

Questi sono stati, tra i tanti, i punti che mi sono piaciuti di più. Ho dato un'occhiata su Youtube ma questa conferenza non è stata ancora caricata. C'era però un tipo che faceva delle riprese con una telecamera, quindi presumo che verrà messa online a breve. Quando sarà disponibile lo segnalerò nei commenti.

Terminata la conferenza, siamo andati a scaldarci in una pizzeria lì nei dintorni, e naturalmente ne è nata una bella chiacchierata in cui ci siamo scambiati pareri su ciò che avevamo appena ascoltato. È stata una bella giornata.

11 commenti:

  1. Grazie del resoconto, Andrea.
    E sono contento che abbiate passato una serata piacevole. ;) (Y)

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    1. Di niente. Spero venga messa presto online così chi vuole se la guarda da sé. In un post è difficile rendere l'idea ;)

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  2. Un'altra cosa che ho sentito dire a Umberto Galimberti sulla scuola è il "via tutti i genitori". Secondo lui le ingerenze dei genitori sono più negative che di controllo dall'esterno vero e proprio.
    Sono abbastanza d'accordo con lui.

    Trovo, però, contraddittorio quel suo "lo sanno i genitori". Magari l'ha messo lì per riempiticcio. Per simboleggiare un po' il "lo sanno tutti, ma nessuno può far nulla". Ma i genitori dall'esterno penso che siano le ultime persone che possano valutare la condotta professionale di un docente. Spesso, poi, basandosi solo sui racconti di figli alterati da una valutazione negativa o da un richiamo sulla condotta.

    Un organo di controllo ci deve essere. Una volta erano gli ispettori del ministero; abbastanza manovrabili, date le ispezioni troppo isolate. Oggi, sulla didattica, c'è il dirigente scolastico. Ma che lavora lì. E spesso, chi dirige, cerca di essere affabile per avere rapporti decenti. Soprattutto nel pubblico penso che valga la disequazione "O dirigente bravo ma odiato, o amicone di tutti ma dirigente blando".
    Insomma, per concludere: quel mandar via gli insegnanti inadeguati manca di un punto cruciale: Chi li manda via? Una persona sola che dirige e decide? Una commissione interna? Una commissione esterna, che magari ha una visuale offuscata della realtà interna?

    Individuare i problemi è facile. Dall'interno, più che dall'esterno. Ma poi le soluzioni non sono sempre istantanee.

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    1. Riguardo alla presenza dei genitori a scuola, lui dice che va bene che ci siano nei primi anni delle elementari, per aiutarli nel primo passaggio famiglia-scuola, poi devono sparire definitivamente. Anche perché, dice, i genitori a scuola non servono a niente, se non a fare i sindacalisti dei figli. Ai genitori interessa che il figlio sia promosso, di tutto il resto non gli importa niente. Magari un po' drastico, eh, ma sicuramente efficace. Tra l'altro se l'è presa anche coi professori che fanno gli "amici" degli studenti, con cose tipo andare a mangiare la pizza insieme e altro. Secondo lui è sbagliatissimo perché indebolisce il principio di autorità che deve sempre esistere tra insegnante e allievo. Autorità, non autoritarismo, chiaramente. "Il successo di Dio è nessuno l'ha mai visto" dice, un po' scherzando, per supportare questo concetto :-)

      Per quanto riguarda il ruolo, non sono un esperto di queste cose, ma penso che se si facesse una legge che lo elimina, contestualmente si prevederebbero le modalità per mettere in pratica nei dettagli questa eliminazione (chi è abilitato a farlo, in quali modi ecc.).

      Le soluzioni... eh, come dici giustamente tu, è sempre più facile individuare i problemi che proporre soluzioni. Tuttavia, a volte, la soluzione è nell'eliminazione del problema. Galimberti ha raccontato che una volta, in una trasmissione televisiva in cui c'era un sottosegretario all'istruzione ha proposto alcune cose, tipo fare classi di massimo quindici studenti, oppure tenere aperte le scuole il pomeriggio e la sera anche fino a tardi, per permettere ai ragazzi di poter studiare, fare i compiti, fare anche attività diverse, socializzare. Risposta del sottosegretario: "Tutto bello, ma chi mi paga i bidelli?" Alla fine siamo sempre lì: in teoria si potrebbe risolvere ogni problema, ma manca la volontà (e il denaro).

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    2. Per le attività pomeridiane un po' di movimento c'è. Da qualche anno ci sono i PON https://www.istruzione.it/pon/

      Sono progetti tenuti da "esperti" esterni e finanziati con soldi pubblici (nazionali ed europei, ma non so in che proporzione).
      Non so dirti di preciso se devono essere presenti gli insegnanti scolastici. Ma immagino di sì, per una questione di responsabilità dell'istituto. Di sicuro i collaboratori scolastici hanno la presenza pomeridiana per qualsiasi evenienza (e anche pulizia e chiusura struttura).

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  3. Secondo me ha ragione su tutti e tre i punti, condivido soprattutto il primo e il terzo. Le mie osservazioni le baso sulle esperienze avute con i miei due figli.
    Educare: la scuola non può e non deve sostituire la famiglia, però è vero che deve anche educare. Per esempio, ci dovrebbe essere molta più attenzione riguardo al problema del bullismo e, quando gli insegnanti si accorgono che ne è avvenuto qualche episodio nella loro classe, non dovrebbero fare come se niente fosse elevando un muro di omertà verso tutti (cosa accaduta a uno dei miei figli in quarta elementare).
    Ruolo: capisco benissimo che gli insegnanti presenti non fossero d'accordo, il posto fisso è il sogno di tutti. Però è vero che quando un insegnante è di ruolo, per quanto pessimo, non lo si può rimuovere. Altra cosa vissuta sulla mia pelle: alle medie uno dei miei figli la geografia l'ha imparata a casa perchè l'insegnante in classe non faceva nulla. Per tre anni. E sì, un genitore attento certe cose le sa, non perchè si fida ciecamente di quello che dicono i propri figli (cosa che crea continue interferenze che finiscono per impedire il lavoro degli insegnanti), ma perchè è in grado di analizzare imparzialmente la situazione - poi ovvio che non tutti i genitori sono uguali XD
    Psicologia e teatro: ma certamente sì! Da anni sostengo che il tradizionale insegnamento frontale non funziona più, i ragazzi sono cambiati, non sono più come quelli di cinquant'anni fa. Perciò ben vengano insegnanti che riescono a interessare alla lezioni anche con metodi non convenzionali. Uno dei ricordi più belli che ho del liceo è quando la professoressa di scienze spiegò il sistema solare e la rivoluzione dei pianeti facendo interpretare i pianeti stessi ad alcuni miei compagni.

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    1. Guarda, sul problema del bullismo ti rimando a questi cinque minuti di un suo intervento. Mi sembra che non serva aggiungere altro.

      Per quanto riguarda la fascinazione degli studenti, ricordo che alle medie (o erano già le superiori? Sai che non ricordo?) mi innamorai perdutamente della professoressa di italiano e storia (ah ecco, adesso ricordo: erano le medie), la signora Tamagnini, e infatti in quelle due materie avevo tutti otto, e quarant'anni fa un otto non era come un otto di adesso, oltretutto :-)

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  4. Grande filosofo e bella la "Conferenza" che ci hai riportato, grazie, anche se, tuttavia, per quanto riguarda il discorso sugli insegnanti impreparati non sono molto d'accordo. Essere insegnate, come essere un medico, lo si impara sul campo, certo dopo lo studio, ma come tutte le attività che hanno a che fare con le persone le prime "doti", dopo la teoria, sono l'empatia, la capacità di osservazione, di accoglienza e di ascolto e quella dote di saper trasmettere i saperi in modo accattivante, e, credimi, di insegnanti ne ho conosciuti tanti per via del lavoro e dei figli, la gran parte di loro queste doti le possiede e in abbondanza.
    sinforosa

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    1. Hai perfettamente ragione, sinforosa. D'altra parte, come si dice: Nessuno nasce imparato :-)
      Per quanto riguarda le doti di cui parli, Galimberti è stato chiarissimo: non si imparano: o si hanno o non si hanno.
      Il problema nasce con quegli insegnanti (che mi auguro comunque che siano una netta minoranza) che non le hanno e producono i danni di cui sopra, e che purtroppo non si possono allontanare appunto per la questione del ruolo.

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  5. Argomenti molto importanti per il futuro del nostro Paese, ma di strada per percorrerli come giustamente vorrebbe Galimberti ce n'è ancora temo parecchia. Professori demotivati? Penso a tutti quelli che hanno scelto questo mestiere (malpagato) come ripiego perché non hanno trovato altro.

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    1. Non ce n'è parecchia, ce n'è troppa, e oramai probabilmente incolmabile.

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