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domenica 17 ottobre 2021

Resoconti dal bar

Non c'è luogo più adatto di un bar per ascoltare dal vivo, cioè dalla viva voce dei protagonisti, i deliri che di solito si leggono sui social e che, spesso, vengono poi ripresi da stampa e TV. Non ce l'ho coi bar, intendiamoci, dato che a causa della mia leggendaria pigrizia li frequento regolarmente per fare colazione prima di recarmi al lavoro. Ci sono giorni, poi, come ad esempio il sabato o la domenica mattina, in cui cappuccino e brioche costituiscono un piccolo dettaglio all'interno del rito piacevole di mettersi seduti al tavolo e immergersi nella lettura dei giornali. Ed è appunto durante questi momenti che succede di ascoltare i suddetti deliri. Tipo ieri mattina, ad esempio. Ecco la scena.

Io me ne sto seduto al tavolino per i fatti miei, intento a leggere sull'inserto Tuttolibri de La Stampa un interessantissimo articolo su Cesare Pavese, il quale aveva fin da ragazzo un grande sogno: essere un poeta. Alcune poesie le scriverà e pubblicherà, ma diventerà famoso come romanziere, più che come poeta, e nell'articolo de La Stampa si dice che tra pochi giorni uscirà un volume con le tante poesie inedite scritte durante la giovinezza.

Mentre leggo l'articolo in questione entrano tre tipi nel bar, tutti rigorosamente senza mascherina. Alla barista della cosa non può naturalmente fregare di meno, dal momento che neppure lei la indossa e, oltrettutto, fuma beatamente la sua sigaretta dietro il bancone mentre farcisce alcuni tramezzini. Dettagli. I tre si avvicinano al bancone lamentandosi ad alta voce del governo e della polizia, come il tipo alla stazione di quella vecchia canzone di Baglioni di cui non ricordo il nome. E qui, mentre leggo di Pavese, posso ascoltare l'intero coacervo di deliri dei tre, ai quali, naturalmente, si aggiungono quelli della barista, perfettamente in sintonia col terzetto. Si va dalla immancabile dittatura sanitaria ai vaccini che non funzionano; da Bill Gates (sempre presente nel repertorio del perfetto complottista) al complotto ordito dallo Stato per mandare in rovina e far fallire il paese. Ora, dove stia la logica nell'ipotizzare che uno Stato si adoperi per fare fallire sé stesso mi sfugge, ma io vado avanti col mio Pavese facendo finta di niente.

La sceneggiata-comizio prosegue, sempre permeata da una certa animosità, col più incattivito dei tre che si mette a girovagare nervosamente per il bar, tipo orso in gabbia allo zoo, lanciando anatemi contro il governo ladro, un sempreverde delle invettive anti-governative, che con le tasse si porterebbe via l'80% del suo già magro fatturato (qui l'esagitato potrebbe avere qualche ragione, se non fosse per quell'eccessivo 80%), per poi passare ai lavori usuranti e alla profonda ingiustizia insita nella metodologia con cui alcuni mestieri sono stati classificati in questo modo e altri no (il suo mestiere immagino non sia stato riconosciuto come tale) e chiudere il cerchio tornando al famigerato green pass e relativa dittatura sanitaria.

Nel frattempo la barista si avvicina al mio tavolo e porta via la tazza vuota del mio cappuccino e il piattino in cui c'era la brioche. Poi mi porta via pure Il resto del Carlino, che avevo intenzione di leggere dopo La Stampa e che si trovava sotto quest'ultimo. Le faccio presente che devo ancora leggerlo e lei replica che lo leggerò dopo, quando avrò terminato La Stampa. Non vuole vedere disordine sui tavoli e aggiunge (testuale): "Non va bene che i giornali stiano a contatto, il virus potrebbe essere sulla superficie di uno e attaccarsi a quell'altro, e quindi attaccarsi alle mani di chi lo leggerà dopo". Questa meticolosa attenzione al passaggio del virus tra quotidiani, in un posto frequentato da no vax, dove nessuno indossa la mascherina, dove non esiste un dispenser per igienizzarsi le mani e dove chi osa entrare indossandola correttamente viene pure fatto oggetto di dileggio, rappresenta forse una delle vette apicali di ridicolo in cui mi sia capitato di imbattermi da un anno e mezzo in qua.

Lascio quindi perdere Il resto del Carlino, pago quanto dovuto, inforco la mia bicicletta e me ne torno a casa, pensando a Cesare Pavese, ma anche a Bukowski, il quale diceva che l'umanità è il più divertente spettacolo del mondo e per assistere non si paga neppure il biglietto.

12 commenti:

  1. Io eviterei quel bar come la peste.
    Non ne hai altri in alternativa?
    Io ne giro tre quattro alla mattina , alternativamente.
    Però se la brioche è buona e pure il cappuccino …
    Poster e’ la canzone di Baglioni.
    I deliri ormai sono anche su alcuni blog pochi per fortuna come i no vaccinati ma ci sono.
    A me invece diverte leggere quei deliri : dal vivo per fortuna non “sopporto” molti
    Buona domenica

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    1. Ci vado, ogni tanto, perché c'è sempre poca gente e c'è la scelta tra molti giornali, e comunque pure le brioches non sono male :-)

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  2. La mia barista è no vax, però è simpatica.
    Non affrontiamo più l'argomento, perchè io non ho il coraggio di dirle che le sue sono idiozie.
    A dire il vero io avevo smesso di prendere il caffè, paradossalmente è stato il covid a farmi ricominciare, perchè ho cercato di star vicino, nel mio piccolo, a chi ha subito la chiusura.

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    1. In realtà in questo bar le bariste sono due e si danno il cambio. Una è una no vax "radicalizzata", se mi si passa la terminologia presa in prestito dal fanatismo religioso, con l'altra invece ci si parla.
      Per quanto riguarda il caffè, allo stato puro non lo bevo più da qualche anno perché ho avuto problemi di ipertensione, ora risolti. Però lo bevo ancora, ogni tanto, nel cappuccino.

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  3. "quelli del bar" sono solo più rumorosi ma sono solo una minoranza, o almeno questo è quello che spero ( oggi mi sono svegliato ottimista🙃)

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    1. Sì, sono una piccola minoranza, come dimostrano i dati sulle vaccinazioni, ma una minoranza a volte abbastanza divertente :-)

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  4. A me fa piacere sostenere le attività che maggiormente hanno risentito della pandemia... ma quando i gestori mostrano di non aver imparato niente da quello che è successo, visto che non fanno rispettare le regole in materia di green pass, mascherine e distanziamento, allora non mi sento per niente in colpa se opto per il boicottaggio.

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    1. Eh, ti capisco. A mia parziale discolpa posso dire che si tratta di un bar in cui vado abbastanza di rado.
      Devo comunque dire che, finora, di tutti i bar in cui mi sono avventurato e in cui mi sono seduto al tavolino, non ne ho trovato uno che mi abbia chiesto il green pass. Anzi, uno c'è stato, adesso che ci penso, ma me l'ha chiesto sulla fiducia, che equivale a non chiederlo. Per qualche motivo che non so spiegare, i bar, a differenza di ristoranti e pizzerie, è come se fossero una specie di zona franca. Mah!

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  5. Se fossi in te cambierei bar.I clienti dicono tante idiozie,la barista è pure maleducata.Buon pomeriggio.

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  6. La canzone dovrebbe essere "Poster".
    Un locale pubblico senza gel igienizzante e gestito da personale senza mascherina lo farei chiudere così come hanno chiuso in casa noialtri tutte le sere con uno stupido coprifuoco cercando in insegnare a un virus quando potersi diffondere. A prescindere dalla clientela colta o bifolca che ci puoi incontrare.

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    1. Chiudere non so. Diciamo che il pensiero di una soffiatina alle forze dell'ordine mi ha anche sfiorato, ma non è nel mio stile.
      So che qua nel riminese controlli a campione ne fanno, e se il bar prosegue con questo andazzo non è escluso che prima o poi nei guai ci finisca.

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