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sabato 13 marzo 2021

A cosa si pensa

Ho saputo adesso che una donna, che abitava qui vicino a casa mia, questa mattina si è uccisa buttandosi giù dalle mura, a Santarcangelo. È un posto, quello che qua chiamiamo "le mura", tristemente noto ai santarcangiolesi perché, da sempre, è il più utilizzato da chi vuole farla finita. Si tratta di un'alta murata che delimita un lato dello Sferisterio, più noto come il campo del Tamburello. Alcuni anni fa il comune aveva provveduto a transennare la sommità del muro con ringhiere rialzate in ferro, ma non è servito a nulla.

Da ciò che ho saputo, la signora, di un'ottantina di anni circa, si è svegliata e ha fatto tutte le cose che faceva normalmente ogni giorno, compreso apparecchiare la tavola per la colazione, poi si è avviata a piedi a mettere in atto il suo programma suicida, con la stessa tranquillità con cui si va dal fornaio a comprare il pane. Non conosco i motivi che l'hanno indotta a compiere il gesto, magari non li sapeva neppure lei, ma mi chiedo, tra le altre cose, a cosa pensava mentre percorreva a piedi il tragitto tra casa sua e la morte, e non riesco a immaginarlo.

11 commenti:

  1. Non voglio pensarci. Mi viene la pelle d'oca anche solo a leggere il tuo post.
    Che amarezza.
    Purtroppo, di storie come questa ne leggeremo ogni giorno di più. A maggior ragione a partire da lunedì...

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    1. Sì, tra le probabili cause non è da escludere la situazione che si è creata con la pandemia, purtroppo.

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  2. Immagino che pensasse che la morte era meglio della vita, quindi che non trovasse più un senso o che la difficoltà di vivere non era più sostenibile.

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    1. Concordo, ma io mi riferivo a pensieri più specifici e meno... escatologici, diciamo così. Tipo, che ne so, cosa penseranno i miei conoscenti del mio gesto, o i miei parenti, i miei nipoti. Ma immagino che chi fa una scelta di questo genere, forse non si pone queste domande.
      Per quanto riguarda il senso della vita, casualmente ascoltavo poco fa un intervento di Umberto Galimberti proprio su questo tema che mi ha abbastanza sorpreso. In questo intervento (qui dal minuto 22 circa) dice, giocando un po' con le parole, che non ha molto senso cercare un senso alla vita, perché ciò implica di rivestire la vita di un'importanza che non ha. La vita è un percorso - dice - e solo alla fine di questo percorso, dalle cose che si è riusciti a fare, forse se ne desumerà il senso. Un concetto "forte", se vogliamo, ma che dà da riflettere.

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  3. Io dopo tanti anni non ho ancora compreso del tutto la scelta di un ragazzo che conoscevo di porre fine alla sua vita. Quando torno sul lago ogni tanto ci penso e mi blocco completamente e gli dico nella mente Forse avevi ragione tu. Forse avresti dovuto parlarci, ascoltarci. In cosa ho e abbiamo sbagliato?
    Una volta un dottore mi disse, Sai, ti è andata bene ma in fin dei conti avevi ancora un po' di voglia di vivere.

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    1. Una decina d'anni fa capitò una esperianza analoga anche a me: un ragazzo, mio vicino di casa e che quindi conoscevo benissimo, si suicidò gettandosi da un ponte qui vicino. È naturale porsi domande, e noi tutti ce le ponemmo e ce le poniamo ancora oggi, pur sapendo che non avranno mai risposta.

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  4. Dovresti vederti The bridge il ponte dei suicidi.
    È un documentario con riprese di gente che si lancia dal Golden Gate di San Francisco filmati dalle telecamere di sorveglianza.
    E una serie di interviste ad amici e parenti dei suicidati .
    Per capire le cause di queste loro gesta.
    Il suicidio è sempre una scelta e penso sia impossibile capire fino in fondo questo gesto senza correre il rischio di giudicare..e condannare.

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    1. Mah, non so, a dire il vero non mi attira granché. Mi dà l'idea di qualcosa di morboso e di inutile spettacolarizzazione della morte.

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  5. Non crederci , non c’è niente di spettacolare..anzi .
    Neanche quelli che si suicidano.
    Vedi gente che si butta giù dal ponte ripresa da diverse angolazioni da queste telecamere di sorveglianza..non vedi nemmeno l’impatto con l’acqua.
    Anzi se uno pensa di “divertirsi” immaginando di vedere la morte in diretta, resterà deluso.
    Ha tutti i crismi del documentario a volte l’ho trovato un po’ noiosetto.
    Di Interessante c’ha che gli intervistati son tutti amici e parenti di quello che si è suicidato/a e raccontano il loro caro/a senza pretese di voler fare gli psicologi o psichiatri.
    Non penso di ricordare male quando ti dico che tutti i suicidi son imputabili a problemi psichiatrici..in primis la depressione almeno per quanto riguarda quel documentario.
    Ricordo che i parenti sono molto impotenti di fronte a queste scelte.
    Un padre diceva che aveva capito le intenzioni del figlio trentenne ma non poteva sorvegliarlo 24 ore su 24.
    Poi son pure bravi a farti credere che le cose vanno meglio e quando meno te l’aspetti ti arriva una telefonata che il figlio ti è morto.
    Bisogna lasciarli andare ..rispondeva al giornalista ,puoi solo accettare l’inevitabile.
    In quel documentario c’è stato solo un ragazzo di vent’anni (personalità bipolare) che miracolosamente è riuscito a sopravvivere all’impatto con l’acqua...senza danni gravi permanenti.
    Dice che non lo rifarà mai più quel gesto ma non è felice di vivere lo stesso.
    Sai te in un certo senso ti sei fatto un film degli ultimi istanti di vita della tua conoscente.
    La “verità” di un documentario ti fa tornare con i piedi per terra...non ti resta tanto da immaginare una volta visto.
    E non c’è niente di spettacolare ne morboso.
    Alla fine ci chiediamo tutti cosa passa per la testa di uno che vuole uccidersi.
    Quel documentario aiuta a capirlo.
    Buona domenica

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  6. Il tema della morte mi ha sempre interessato, fin da piccola, quando chiedevo a mio padre "dopo la morte si risorge vero?", e lui mi rispondeva di no, facendomi piangere. Quello che mi spaventava di più era il fatto che la morte, al contrario della vita, sarebbe stata "per sempre", allora mi immaginavo un vortice di cui non vedevo il vertice, e quando avevo la febbre mi ci sentivo precipitare dentro, senza riuscire a fermarmi mai.
    A parte questa digressione che mi è uscita spontanea, quel che volevo dire è che, a mio parere, l'atto del suicidio è così innaturale da farmi pensare che l'aspirante suicida non sia, in quel momento, lucido.
    Pensa che, dove lavoro, qualche anno fa il giovane figlio di un neuropsichiatra si uccise.

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    1. Io, sinceramente, non mi sono mai interessato più di tanto al tema della morte. Non so bene perché; probabilmente perché da giovane, pur essendo cosciente della sua ineluttabilità, la vedevo come una cosa lontana a cui avrei fatto tempo a pensare. Ora che ho cinquant'anni e mi rendo conto che la strada che mi resta sarà più corta di quella già percorsa, comincio a pensarci.
      Per quanto riguarda il suicidio, è perfettamente normale che lo si veda come una cosa innaturale, perché noi lo vediamo dal nostro punto di vista e non dal punto di vista di chi ha deciso di farla finita. Facciamo fatica a entrare in quel tipo di alterità.
      Personalmente, non esprimo mai alcun giudizio nei confronti di chi si suicida, mi limito a pensare che se uno arriva a questo punto, significa che vivere è diventato per lui talmente pesante da vedere il gesto estremo come unico sollievo a questa pesantezza.

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