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sabato 12 dicembre 2020

Perché i classici

A circa tre quarti di lettura del monumentale Anna Karenina di Tolstoj, mi sono accorto di una cosa. Una cosa banale, in verità, che racconto partendo da una breve descrizione di un paio di episodi. Il fratello di uno dei protagonisti del romanzo è costretto a letto gravemente malato; i migliori medici del tempo (il romanzo è ambientato nella Russia della seconda metà del 1800) si prodigano al capezzale del malato ma ogni loro sforzo non sembra dare alcun risultato. Entra in scena la moglie del fratello del moribondo, la quale, accorgendosi delle condizioni esterne in cui giace (la camera è sudicia, maleodorante, la biancheria del letto è sporca ecc.) comincia a lavorare nel senso di migliorare questa situazione: pulisce la camera a fondo, la profuma, cambia la biancheria sporca con biancheria lavata e pulita, lava il malato e cura le piaghe da decubito che sono sorte a causa della mancanza di igiene. In pratica non cura farmacologicamente il malato ma cura la persona e il suo ambiente, al punto che col passare dei giorni questa cura della persona porta giovamento al malato e dei miglioramenti di salute che i medici non erano riusciti a ottenere.

Altro episodio. In una chiacchierata post-prandiale tra alcuni personaggi del romanzo (i protagonisti sono tutti appartenenti alla nobiltà e aristocrazia russa dell'epoca) si parla di controversie sociali, e alcuni di questi si interrogano ad esempio sulla giustezza del fatto che loro passino le loro giornate tra i divertimenti (battute di caccia, corse di cavalli, serate a teatro ecc.) mentre altre persone siano costrette a trascorrere l'intera giornata lavorando nei campi per pochi spiccioli, oppure se sia giusto che alcuni mestieri siano remunerati pochissimo mentre altri moltissimo (che nobili e aristocratici si pongano simili domande è senz'altro meritorio, tra l'altro).

Questi due episodi, in apparenza banali, focalizzano l'attenzione su due questioni che in questi tempi sono di estrema attualità. Una riguarda la spersonalizzazione dell'attività medica, che oggi, nell'epoca dell'efficienza e della produttività, considera il malato un numero, niente più che una sommatoria di organi - concetto già elaborato da Cartesio più di duecento anni fa - invece di considerarlo una persona e curarlo non solo agendo farmacologicamente sul singolo organo malato ma facendo ricorso a quella "umanità" ormai definitivamente perduta. L'altra questione riguarda il gigantesco problema delle diseguaglianze sociali, oggi talmente impellente che molti autorevoli economisti e sociologi lo considerano la causa primaria che porterà l'Occidente a quel collasso sulla strada del quale si è da tempo avviato. (Piccola nota a margine: per capire la gravità di questo problema, consiglio la lettura del saggio La grande frattura, del premio Nobel Joseph Stiglitz, è illuminante.)

Ecco, mentre leggevo il romanzo mi ha colpito il fatto che questi problemi, che a torto si potrebbero inquadrare come contemporanei, fossero già conosciuti più di 150 anni fa. Da qui si capisce l'utilità di leggere i classici e, più in generale, di conoscere la storia. Perché se leggendo Tolstoj ti rendi conto che alcuni dei più gravi problemi del presente erano già noti 150 anni fa e in questo lungo lasso di tempo non solo non sono stati risolti ma si sono pure incancreniti e aggravati, qualche domanda su come è organizzata la società in cui vivi te la poni. In generale, e questa è una nota banalità, conoscendo ciò che è successo in passato si riesce meglio a comprendere ciò che accade oggi. Ecco l'utilità, oltre naturalmente al piacere, della lettura dei tanto vituperati classici: la comprensione del presente. Perché, per quanto siano storie romanzate, sono comunque inserite nel contesto sociale dell'epoca in cui vengono scritte, e la descrizione di questi contesti viene generalmente inserita nell'economia del racconto.

Poi, certo, se si vuole una spiegazione sull'utilità della lettura dei classici fatta come si deve, c'è sempre il grande Umberto Eco, che con le sue leggendarie sagacia, intelligenza, ironia e cultura, lo spiega senz'altro meglio di me.

6 commenti:

  1. Sai cosa mi colpisce del tuo racconto? Che sembra che quando tu leggi pensi anche, fai delle libere associazioni, ascolti cosa ciò che leggi ti fa risuonare dentro, e questo, lasciatelo dire, per me è una cosa bellissima e tutt'altro che scontata.
    Poi mi fai pensare al rapporto tra lettura e tempo. Per fare una lettura profonda occorre dedicarvi tempo, non avere fretta di scoprire come andrà a finire. È tutta una questione di tempo e di anima. Leggere mette in relazione tempo e anima, consiste nel dedicare del tempo a nutrire la nostra anima. Il racconto del tuo leggere mi fa venire in mente queste riflessioni.

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    1. Dedico molto tempo alla lettura, praticamente ogni momento libero, ma sinceramente non l'avevo mai considerata nelle chiavi interpretative che hai fornito tu. Molto belle, ci penserò sopra.
      Personalmente ho sempre inteso la lettura facendo mio il noto aforisma di Flaubert, del quale tra l'altro ricorre oggi l'anniversario di nascita, che recita: "Non leggete, come fanno i bambini, per divertirvi, o, come gli ambiziosi, per istruirvi. No, leggete per vivere".

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  2. Capisco bene cosa dici perché lo provo anch'io, anche se forse in forma meno "razionale": mi capita, ad esempio quando rileggo le tragedie greche (Sofocle, Eschilo, Euripide) e Shakespeare o anche la Commedia che sto rileggendo lentamente in questo periodo, di pensare "ma questo autore mi conosce nel profondo!..." o anche "pare scritto ieri!..." (e invece l'autore scriveva nel IV sec. a.C.). Io concordo, da ignorante qual sono, con la definizione - e soprattutto con le motivazioni - di Umberto Eco.
    Volevo anche dire che mi piace moltissimo il commento, le riflessioni preziose di Giorgio scritte proprio qui sopra.
    Sono sempre più contento di aver conosciuto il tuo blog!

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    1. Devo ammettere che la lettura delle tragedie greche mi manca, e dopo questo tuo commento, che mi ha incuriosito, proverò a colmare questa lacuna.
      Anche per me il tuo blog è stata una bella scoperta.
      Ciao Orlando.

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  3. Ciao arrivo dal Meme di Cri.. che non sarà una lettura classica, ma fa crescere comunque... tornando a bomba, non ti dico i greci, ma i classici vanno letti e assimilati, perché comunque è da certa letteratura che sgorga tutto il fiume di scrittura che ci avvolge ora, degnamente o meno.
    Poi è vero come sostiene Giorgio, ci vuole tempo e passione, bisogna "dedicarsi", cosa che la frenesia attuale rende sempre pù difficile.. bentrovato!

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