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domenica 29 novembre 2020

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Ho sempre pensato che chi legge un libro, in qualche modo lo riscrive. L'autore porge delle indicazioni ma poi è il lettore che deve saper ricostruire con la sua immaginazione e il suo sapere il mondo in cui si trova a vivere attraverso i corpi estranei dei personaggi.
Per questo considero la lettura una vera gioia amorosa, non per i contenuti che mi offrono i libri ma perché leggere è un grande esercizio di soggettività. Leggendo ci si fa soggetto di una storia, di un discorso, di una riflessione, di una fantasia, di un sogno. E l'intensità di questo farsi non ha limiti, non ha cesure.
È anche per questo che non si può scrivere se non si legge. Senza il lettore la scrittura non esiste e senza la scrittura il lettore non esiste.

Il rapporto tra chi legge e chi scrive, pur essendo un rapporto tra due corpi, non è l'incontro naturale tra due persone che si parlano, si capiscono, si riconoscono: la comunicazione tra i due passa attraverso una convenzione molto complessa che è la scrittura. Il lettore deve decifrare un linguaggio, applicare un codice, compiere un'operazione che presuppone un grande lavoro di concentrazione.
Però, quando ci riesce, si prova un profondo piacere: si scopre di potere vivere tante vite diverse, di potere viaggiare nel tempo e nello spazio. Noi siamo chiusi dentro una vita limitata, prevedibile, spesso asfittica, e i romanzi danno la possibilità di attraversare altre esistenze, altri panorami, calzando altre scarpe, annusando altri odori, in un tempo che non ci appartiene. Quando si compie questo miracolo è come se si realizzasse un incontro al di là dello spazio e del tempo, nel mondo misterioso del possibile.
Il libro è il luogo di questo incontro.

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Una lingua parlata più vicina a quella scritta è nata da noi solo a partire dagli anni Cinquanta. Forse il mezzo di diffusione più efficace è stato la radio. In Germania la traduzione della Bibbia nel Cinquecento ha rappresentato una grande occasione di uniformazione linguistica e ha contribuito alla creazione di una vera lingua nazionale tedesca. In Italia non abbiamo mai avuto niente del genere: perfino la Chiesa con le sue ambizioni universalistiche e democratiche ha usato a lungo solo il latino. Avrebbe potuto diffondere l'italiano, ad esempio attraverso la messa, ma non l'ha fatto che secoli dopo, forse troppo tardi. La sua ritrosia verso il volgare derivava dalla preoccupazione di conservare, attraverso il mistero di una lingua morta, il segreto della sua autorità.
Inoltre la Chiesa ha sempre nutrito un certo sospetto verso la letteratura e ha preteso di svolgere un ruolo di forte mediazione tra libri e lettori. Da noi l'insegnamento religioso, la conoscenza del divino, dovevano essere filtrati dal prete, dalla dottrina, dall'interpretazione ecclesiastica. Perfino il libro che sta all'origine della religione cattolica, il Vangelo. Nessuno insegnava a leggere direttamente, personalmente i testi sacri, mentre nei paesi anglosassoni, protestanti, la Bibbia era in tutte le case. Poi si è aggiunto anche l'Indice dei libri proibiti che per decenni ha proibito la maggior parte dei libri di autori italiani di un certo prestigio e novità.

La Chiesa insomma per secoli ha sostenuto e preteso che la cultura rimanesse sotto tutela e questo ha allontanato gli italiani dalla lettura, frenando l'inquietudine intellettuale che spinge a cercare risposte nei libri. Il principio fondamentale del leggere, infatti, sta nell'assumersi il rischio della conoscenza e il lettore è colui che si avventura al di là dei confini, dei muri delle verità rivelate, in nome della libertà di ricerca, della libertà intellettuale.

(da Amata scrittura, Dacia Maraini, 2000)

4 commenti:

  1. Bellissinme parole, assolutamente vere.
    Amo molto Dacia Maraini, forse più come persona che come scrittrice: di lei ho letto veramente poco, ma la amo molto quando la vedo e la sento parlare di Moravia, di Pasolini e soprattutto di se stessa e delle sue scritture per il teatro e del suo impegno con e per le donne.
    Oggi mi ha fatto molto bene leggere le sue parole. Grazie.

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    1. Di nulla. Sai che è il primo libro che leggo della Maraini? Non è un romanzo, è più un saggio su lettura e scrittura. Molto bello; credo che terminato questo leggerò anche qualche romanzo.

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  2. Sì, si sente l'amore per la lettura e la scrittura.
    Grazie per la condivisione.

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