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venerdì 19 gennaio 2018

Via l'appello per gli assolti

Nel clima da mercante in fiera di questi giorni, dove è in atto una specie di competizione a chi la spara più grossa, spunta la proposta del tipo delle cene eleganti di abolire l'appello per gli assolti in primo grado. Perché? Boh, non si sa, la giustificazione addotta dalla mummia imbalsamata è che così i PM non possono più richiamare l'eventuale tapino in appello rovinandogli la vita, che detto da chi (caso Ruby) è stato condannato in primo grado e poi assolto in appello e in Cassazione - eh, 'sti maledetti giudici comunisti! - è tutto dire. 

Non sono naturalmente un esperto di cose giuridiche, ma da quel poco che so una delle molteplici cause della annosa lentezza della giustizia in Italia, al netto delle chiacchiere da bar e degli slogan, sta in una norma riguardante appunto l'appello. Questa norma prevede che un condannato in primo grado che vi faccia ricorso non può vedersi comminata una pena superiora a quella avuta la prima volta, come spiegato qui. Piccolo esempio.

Tizio si becca cinque anni in primo grado per bancarotta fraudolenta (pena inventata, non so quanto sia in realtà e non ho voglia di andare a cercare). Se fa ricorso in appello e la colpevolezza viene riconosciuta anche lì, la pena non può essere superiore ai cinque anni beccati all'inizio, ma uguale o inferiore. Qual è la conseguenza? Ovvio, che il ricorso in appello lo fanno tutti; chi sa di essere innocente perché vuole giustamente provarlo, chi sa di essere colpevole perché sicuro che con una seconda condanna al massimo gli verranno dati i cinque anni del primo grado, ma intanto la può tirare per le lunghe dilatando così i tempi del processo (e della giustizia).

Solo nel nostro paese esiste questa norma, in tutta Europa gli anni comminati in appello possono tranquillamente essere maggiori di quelli comminati in primo grado, quindi chi sa di essere colpevole ci pensa due volte, forse pure tre, prima di ricorrere. Probabilmente già solo la modifica di questa assurdità contribuirebbe ad accelerare un po' i tempi della giustizia, ma è noto che una giustizia che vada più veloce e sia più efficiente non è ben vista da un Parlamento in cui metà dei componenti ha a vario titolo problemi con essa, molto meglio dare la colpa ai magistrati fannulloni che non hanno voglia di lavorare. Che ci saranno anche, certo, come del resto i vagabondi ci sono dappertutto, ma che non sono certo la causa principale dello stato in cui versa la giustizia.

Quindi, alla fine, non si capisce la ratio della proposta del tipo di Arcore. Anzi sì, si capisce benissimo se inquadrata nel clima da mercante in fiera di cui sopra.

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