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mercoledì 29 novembre 2017

Veleno in tribunale

Non so se qualche scrittore dotato di elevate dosi di fantasia abbia mai scritto un libro o un racconto con un epilogo del genere: un imputato che si suicida bevendo veleno durante la lettura della sentenza che ne sancisce la condanna, com'è successo oggi all'Aia.

Difficile dire se col suo gesto estremo Lobodan Prajak abbia voluto semplicemente protestare contro quella che riteneva essere un'ingiustizia - ha continuato fino all'ultimo a dichiararsi innocente - o, più semplicemente, il tutto sia stato frutto di un calcolo.

La condanna che il giudice stava per infliggergli, infatti, prevedeva vent'anni di carcere, e lui ne aveva settantadue. Difficile, quindi, che sarebbe riuscito a uscire vivo dal gabbio e magari ha quindi pensato che tanto valesse darci un taglio subito. Con un notevole coup de théâtre, c'è da dire.

2 commenti:

  1. (Che fatica oggi pubblicare commenti sui blog di Blogger...)
    Un gesto simile venne compiuto anche da Goebbels, che si suicidò con una capsula di cianuro la sera prima dell'esecuzione, comunicando il chiaro messaggio "Il mio destino è sempre nelle mie mani, anche nella morte". Difficilmente i criminali di guerra accettano che sia qualcun altro a decidere per loro.

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  2. Le circostanze della mote di Goebbels non sono mai state chiarite definitivamente. Wikipedia, ad esempio, ma anche altri siti, riporta che col cianuro lui e sua moglie uccisero i loro sei figli dopo averli narcotizzati con la morfina, poi lui sparò alla moglie e rivolse quindi l'arma verso di sé. Comunque sia, insomma, una gran brutta storiaccia.

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