"Negli Stati costituzionali del secondo Novecento esistono alcuni criteri per verificare la validità di una norma: la legittimità di chi l'ha prodotta, le procedure che si sono adoperate e la coerenza del nuovo contenuto introdotto con i principî costituzionali.
Chi è l'artefice di questa riforma? Un Parlamento nominato con una legge elettorale bocciata dalla Consulta (sentenza n. 1 del 2014) che non ha imposto lo scioglimento delle Camere solo per assicurare continuità istituzionale e per il disbrigo degli affari contingenti, non certo perché esse lanciassero una riforma che va a toccare ben 47 articoli della Carta. Ancora, come ricorda Gustavo Zagrebelsky, questa riforma costituzionale è stata imposta dal governo, votata dalla maggioranza di governo e sostenuta, irritualmente, dall'ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che da imparziale custode della Carta si è trasformato in attivo promotore della sua revisione.
Nel 1947 Pietro Calamandrei si augurava tutt'altro, scrivendo che '...quando l'Assemblea discuterà pubblicamente la nuova Costituzione i banchi del governo dovranno essere vuoti; estraneo del pari deve rimanere il governo alla formulazione del progetto, se si vuole che questo scaturisca interamente dalla libera determinazione dell'Assemblea sovrana'".
[...]
"Se dovesse vincere il fronte referendario del sì, grazie alla combinazione della riforma Renzi-Boschi e della nuova legge elettorale Italicum, che ripropone le stesse criticità del Porcellum bocciato dalla Consulta, saranno un esecutivo rafforzato, una Camera composta da parlamentari in buona parte nominati e un Senato di non eletti i prossimi padrini delle future modifiche alla Carta. Con buona pace del principio costituzionale di sovranità popolare. Quali potranno essere poi le future revisioni, non è difficile da immaginare. Basta scorrere le altre indicazioni fornire da J. P. Morgan, come quella di porre un argine alle 'tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori' oppure alla 'licenza di protestare se vengono proposte sgradite modifiche allo status quo'".
(S. Settis - Costituzione!)
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