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sabato 3 settembre 2016

Charlie Hebdo

Io non ero stato Charlie Hebdo quando ci fu il tragico attentato alla sua redazione, non avevo messo i colori della Francia nel mio profilo Facebook o altrove. Non per snobismo o chissaché, semplicemente perché ritenevo inutile l'iniziativa così come ritenevo inutile mettere i colori dell'arcobaleno quando in Irlanda ci fu il referendum sui matrimoni gay o qui in Italia diventarono finalmente legge le unioni civili. Mi sembrava, e mi sembra ancora, semplicemente un aggregarmi poco sensato a un gregge, ma ovviamente è una idea mia, niente di più. Per venire a oggi, tutta la polemica nata attorno alle vignette sul terremoto della settimana scorsa mi pare sostanzialmente imbastita sul nulla. Quelle vignette sono offensive? Di cattivo gusto? Inopportune? Irrispettose? Per me no, specie se le si analizza in chiave di denuncia di un arcinoto malcostume italiano, quello di piangere dopo i disastri invece di adoperarsi per prevenirli, ma è più che naturale che ognuno le interpreti seguendo la sua sensibilità, e ci mancherebbe.
Se proprio vogliamo scendere più nei dettagli, a me sembra peggiore la vignetta cosiddetta "riparatrice", questa, per il semplice motivo che le case di Accomuli e Amatrice sono vecchie di secoli e non può averle certo costruite la mafia, che all'epoca non aveva ancora travalicato i confini siciliani. Qui sì che quelli di Charlie Hebdo hanno dimostra tutta la loro pirlaggine.

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