Nessuno, nemmeno chi ama trascorrere le proprie giornate facendosi devastare il cervello da telequiz cretini in tv, credo sia così sprovveduto da non aver capito che quello di Giulio Regeni è un omicidio di stato destinato a rimanere insoluto e che finirà a breve nel dimenticatoio. È tristemente inevitabile, questo epilogo, e da una certa prospettiva è auspicabile che arrivi pure in fretta: se non altro avremo finito di farci prendere per il culo dal governo egiziano - pure la BBC fa notare che l'ultima versione partorita dalla congrega di Al Sisi è una solenne minchiata.
I motivi per cui tutto finirà in niente, o al massimo con l'inghiottire senza troppi problemi una qualsiasi versione di comodo egiziana, stanno anche nei 5,7 miliardi di dollari di interscambio (dati 2014) tra i due paesi, che entrambi si sono impegnati a portare a 6 entro la fine di quest'anno; sta nella presenza di Eni, Enel, Edison, Ansaldo, Banca Intesa Sanpaolo, Pirelli, Italcementi e altre 123 aziende italiane in Egitto; sta nell'Italia primo paese importatore dell'economia egiziana.
Ora, che il governo italiano accetti tutto questo - le apparentemente dure proteste di Renzi sono a esclusivo beneficio di telecamera - a qualcuno potrà anche andar bene; che si voglia sacrificare la verità su un crimine così efferato (Giulio Regeni è stato barbaramente torturato per giorni prima di essere finito) sull'altare del partenariato commerciale qualcuno lo potrà pure trovare plausibile, ma chiunque sarà ancora convinto che la dignità e il diritto di ottenere giustizia e verità vengono prima dei rapporti economici, non potrà non dire a questo governo di non essere d'accordo.
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