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sabato 19 dicembre 2015
Per Dominique Velati
Dominique Velati, la signora 59enne di Borgomanero affetta da un tumore incurabile, domani andrà in Svizzera a morire. Ci andrà perché stanca e sfibrata dalla sofferenza, dal dolore, dagli inutili interventi chirurgici e dalla chemioterapia. Ci andrà perché il tumore al colon e le metastasi al fegato, scoperti a settembre, non concedono appello: sorte segnata. Ci andrà perché ritiene che quella che sta vivendo non sia sufficientemente dignitosa per essere etichettata come vita. La signora Dominique, come tantissime altre persone prima di lei, andrà in Svizzera perché il nostro cazzo di paese, a differenza di tutti gli altri, non ha ancora uno straccio di legge che regoli il fine vita, e non ce l'ha nonostante del testamento biologico si parli da decenni e in tutto questo tempo sia stato chiesto a gran voce da cittadini, associazioni e pure parlamentari.
Niente da fare, una qualche forma di regolamentazione del fine vita in Italia non si fa, perché il governo che lo portasse in porto perderebbe il voto dei cattolici. E allora niente, si soffre, come ha sofferto il Piergiorgio Welby di allora e tutta la schiera di malati terminali fino alla signora Dominique oggi, perché una certa cultura, di cui purtroppo è impregnato chi dovrebbe legiferare per tutti, ci spiega che la vita non è nella nostra disponibilità ma in quella di terzi.
Siete mai stati a un funerale in chiesa? Se sì, avete sentito il celebrante lodare il Signore perché il poveretto di turno ha finalmente lasciato le tribolazioni e le sofferenze di questo miserando passaggio terreno per approdare finalmente alla vita vera. Bello, no? Però se il poveretto vuole arrivarci quando desidera lui, allora no: anatema! Cioè, prima ci sfiniscono con la storiella che la nostra mèta ultima è di là, e poi di qua ti obbligano a stare incatenato a un letto fra tremila tubicini e magari attaccato a una macchina per poter restare in vita, cioè restare di qua. Stronzi e ipocriti.
Noi siamo ancora nel 2015, in pieno terzo millennio, forse l'ultimo paese al mondo in cui i suoi abitanti devono andare all'estero per vedersi riconoscere il diritto di morire dignitosamente, per vedersi riconosciuto il diritto di sposare chi si vuole, per vedersi riconosciuto il diritto di procreare con le modalità più confacenti alle proprie esigenze. Siamo il paese di chi non ha diritti, a meno che non si abbiano le disponibilità finanziarie per procurarseli altrove. Aberrante.
Bion viaggio, signora Dominique, con l'augurio e l'auspicio che la sua storia serva a smuovere qualcosa in questo cimitero.
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