Non è passato neppure un giorno e i 5 ministri (Alfano, Quagliariello, Lorenzin, Lupi e De Girolamo) che ieri hanno preso le distanze dalla linea "muoia Sansone con tutti i Filistei", voluta dal teleimbonitore, oggi sono già sotto il tiro di Sallusti, che ha dedicato loro, stamattina, un editoriale eufemisticamente velenoso. Alfano, incazzatissimo, ha però tirato fuori il cosiddetto "quid" e ha fatto sapere a Sallusti di non avere paura di lui e del suo "metodo Boffo". Ora, delle beghe tra questa gentaglia e Sallusti mi frega assai poco, ma la vicenda è comunque interessante e per molti versi emblematica.
Berlusconi è il boss e il Giornale è il suo braccio armato. Chi sgarra, chi esce dal seminato, chi contraddice, chi prova a esternare anche leggerissimi dubbi sulla linea indicata dal capo, sa cosa lo aspetta.
Lo impararono a loro spese il già citato Dino Boffo, Giangranco Fini e molti altri (l'elenco è fin troppo lungo). L'ultimo caso in ordine di tempo, giusto per restare nel periodo recente, è quello di Antonio Esposito, il giudice di Cassazione che questa estate ratificò la condanna definitiva di B. per frode fiscale. Sallusti, ricorderete, sguinzagliò i suoi "bravi" e la vita del poveretto fu rivoltata come un calzino (alla faccia della famosa privacy, invocata a reti unificate solo quando ci si occupa degli affaracci di B.).
Con l'editoriale di stamattina, zio Tibia il suo avvertimento l'ha lanciato, che vale per Alfano e soci e per tutti quelli che in futuro avessero intenzione di remare contro.
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